È sera ormai.
Tornare a casa dopo tanti giorni fuori è sempre una bella sensazione.
Tu sei al posto di guida, io al tuo fianco, e sul sedile posteriore, incastrata tra i mille bagagli, la gabbietta con dentro la nostra micia.
È tutto perfetto.
Il silenzio nell'abitacolo: è inutile accendere la radio, il segnale è pessimo tra le montagne, così preferiamo i nostri respiri al gracchiare degli altoparlanti.
Lo strusciare ritmico dei tergicristalli sul parabrezza.
«Dovremo cambiarli» mi dici. Io sorrido e ti confesso che stavo pensando la stessa cosa. Poi pianifichiamo anche il cambio gomme per il prossimo inverno.
La nostra vita è questa, fatta di piccole cose che ci uniscono e alle quali pensiamo assieme, anche se separatamente.
Partiamo da un'idea, qualcosa di semplice, a volte addirittura banale, come la pioggia, e ci perdiamo in discorsi contorti, seguendo il flusso dei nostri pensieri.
Le gocce continuano a battere insistenti sui vetri, sul cofano e sul tettuccio: a tratti sembra uno sfogo, come se l'acqua fosse riversata dalle nuvole in cielo; altre volte il getto si acquieta, dandoti respiro da quella concentrazione sulla guida, facendoti allentare la presa sul volante e rilassare la schiena sul sedile.
L'asfalto scivola sotto di noi, producendo suoni incoerenti, evidenziandone la fattura: nuovo e vecchio si alternano, drenante e poco poroso mostrano l'assenza o la comparsa di pozzanghere, che attraversiamo, schizzando sulle fiancate.
La nostra vita, fatta di alti e bassi, pieni e vuoti, sole e pioggia.
Parliamo. Io per farti compagnia. Tu per non addormentarti.
Mi sono sempre piaciuti i nostri viaggi, anche quelli brevi, perché sono solo nostri: sono gli attimi che ritagliamo per noi, in cui potremmo parlare di politica come di gossip, pregare di trovare parcheggio al nostro arrivo, o anche decidere cosa fare per cena.
Siamo noi due... E la gatta...
«Speriamo che non piova almeno al nostro arrivo, così non scarichiamo la roba sotto l'acqua.» Sollevo gli occhi al cielo per valutare l'entità del temporale, ma è troppo presto per fare previsioni: nulla è certo finché non lo si vive.
«Tu intanto porta su lei» indichi il trasportino alle nostre spalle: «così almeno è libera.»
E poi ci perdiamo nuovamente nei nostri sogni: trovare un appartamento tutto nostro, con un parcheggio, magari al coperto, che ci salvi da situazioni del genere; un posto in cui tornare e che possiamo finalmente chiamare "casa", perché sappiamo che è il posto in cui la nostra famiglia crescerà, il nido che abbelliremo con le nostre cose, il luogo dove nasceranno i nostri figli.
È la tenerezza a illuminarmi il volto. È l'amore a orientare il mio braccio: allungo una mano per posarla sulla tua, che avvolge il cambio.
Tu ribalti la situazione: stringi la mia e la porti sulla tua coscia, sotto la quale pulsano i muscoli, scattanti per la guida. Mi vuoi ancora più vicina, ma io sono qui. E premo sui jeans, come a farti sentire la mia presenza.
Sono qui e non vado da nessuna parte, senza di te.
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Il prompt era questo:
https://www.wattpad.com/726023046-concorso-seconda-fase
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