Capitolo 43

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Era la sorella, quella donna bellissima era sua sorella. Dai miei occhi continuarono a uscire lacrime e mi buttai fra le braccia di Davis, stringendolo forte dandogli dei leggeri baci, come fossero tocchi delicati di una mano.

''Davis, scusami, davvero.'' singhiozzai, '' non credevo fosse tua sorella non me ne hai mai parlato.''

''E' un passato che avrei voluto dimenticare. Erano anni che non incrociavo più i suoi occhi. Ma oggi quando l'ho vista il mio cuore si è frantumato nuovamente. L'ho lasciata andare e non avrei dovuto.'' disse restando fermo nel mio abbraccio. Alzai il volto e vidi delle lunghe e piene lacrime attraversargli il viso. Ora era fragile, pieno di vuoti e di mancanze, pieno di rimpianti ma vuoto di sé.

''Dovresti parlarle, non tutto forse è andato perduto Davis. Sei ancora in tempo. Finchè c'è speranza ognuno di noi è ancora in tempo per agire.'' dissi prendendo il suo volto tra le mie mani e asciugandogli le lacrime.

''Lei ormai è diversa Bea. Non è più la Rose che conoscevo un tempo, la bambina, la ragazza dalle mille preoccupazioni. Lei si è perduta, si è perduta dentro mentre cercava l'amore.'' disse triste abbassando lo sguardo.

''Puoi cambiare ora la sua vita Davis.'' dissi con tono sicuro.

''Devo trovarla, ora che è qui non posso abbandonarla di nuovo.'' si asciugò le lacrime e si distanziò da me.

''Scendo giù alla hall, chiedo di lei'' continuò prendendo in mano una giacca.

''Vengo con te. Aspettami'' presi il mio giaccone e lo seguì uscendo insieme dalla porta della nostra camera.

Arrivammo alla hall e Devis si avvicinò al bancone della reception.

''Mi scusi, cerco Rose Dallinton sa dirmi per favore il numero della sua camera'' si rivolse Davis al signore che era dietro ad un computer.

''Guardo subito'' gli rispose.

''Grazie'' continuò Davis mostrando un sorriso e mascherando il suo cuore infranto.

''Mi dispiace signore qui non c'è nessuna Rose Dallinton'' esclamò lui.

Il volto di Davis si fece bianco, vedevo le sue gambe che piano piano iniziavano a cedere.

''No credo che lei si stia sbagliando, l'ho vista entrare qui in questo albergo circa un'ora fa. Deve essere qui per forza.'' il tono di Davis si fece duro e senza speranza.

''Signore le ho detto che non è in questo albergo'' rispose in modo duro.

''Senta mi dica dov'è'' lo guardò fulmineo Davis avvicinando il suo viso al signore della reception

Gli occhi di lui erano spaventati mentre quelli di Davis ardevano, erano come un animale in gabbia, ma nello stesso tempo erano gli occhi più belli che io avessi mai visto, erano come gli occhi di una bestia selvatica che cerca di fuggire per non diventare preda, conservando in sé una speranza di vita.

''C'è qualche problema?'' disse avvicinandosi un uomo ben vestito. ''Sono il proprietario dell'albergo, forse vi posso aiutare.'' continuò.

''Senta sto cercando Rose Dallinton, questo signore qui dice che non è in questo albergo, ma io l'ho vista entrare un'ora fa. Mi dica dov'è.'' rispose Davis ricomponendo il suo tono.

''Rose Dallinton, Rose Dallinton'' continuava a ripetere pensieroso il capo dell'albergo. ''Ho già sentito questo nome, ma non riesco a ricollegare quando e dove'' continuò.

''Senta, veda di fare mente locale che ho un urgente bisogno di vederla'' disse Davis con tono serio.

''Ah si, ecco. Ora si fa chiamare Gisel. E' una delle nuove, è qui da poco.'' rispose. ''Guardi ora è impegnata, le posso fissare un appuntamento per questa sera intorno alle 22.00'' continuò guardando Davis con aria divertita. 

''Un appuntamento'' sussurrò Davis abbassando i suoi occhi.

''Beh si lei è..'' ma Davis lo interruppe subito.

''Si lo so cos'è. Mi prenda questo appuntamento e faccia in modo che lei ci sia non ho bisogno di perdere tempo'' disse Davis alzando il suo tono di voce e mostrandosi irrequieto. 

''Lo prendo subito.'' detto questo si allontanò da noi prendendo fra mani un piccolo tablet.

''Lei è?'' chiese il proprietario rivolgendosi a Davis.

''Davis Dallinton'' rispose con tono rigido. 

Il proprietario dell'albergo lo guardò spaesato. Si fissarono per alcuni secondi mostrando entrambi rigidità nel corpo e nello sguardo, come fossero stati colpiti da un destino comune. 

''Stanza 123 primo piano questa sera alle 22.00'' disse guardando Davis. 

''Grazie'' gli rispose girando il suo sguardo.

''Posso mandarla via se vuole'' disse il proprietario poggiando la sua mano sulla spalla di Davis.

''Si faccia i fatti suoi.'' gli rispose togliendo la sua mano dalla sua spalla. 

Mi prese per una mano e mi trascinò via con lui.


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