15 - Rabbit Café

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«La forza dei ghoul è limitata. Non possono apparire dove vogliono. Se sono così tanti a Chicago probabilmente non ne sono rimasti molti in giro per il pianeta. Se però avessero impiantato una solida testa di ponte qui potrebbero progettare altre infestazioni.»

«Ma è un caso che la tua Purple sia stata adottata in questa città e poi i ghoul siano divenuti così numerosi?»

«No, certamente no.»

Si erano diretti al Rabbit Café quel pomeriggio stesso, dovevano vedere il locale in un turno di giorno perché comunque fosse Kyoko aveva solo sedici anni al tempo e non era plausibile lavorasse di notte. Il locale si trovava in un quartiere abbastanza centrale della città, non molto lontano dal lago Michigan. Era un edificio basso adornato di immagini di coniglietti a cartoni animati che sembravano rubati a un manga. Non c'era da stupirsi se avevano accolto di buon grado una cameriera giapponese.

La zona sembrava sicura, i palazzi alti ben tenuti, in giro si vedevano uomini d'affari e famiglie con bambini. Nonostante questo Sylvia si guardava intorno come se si fossero trovati nel peggiore dei bassifondi. «Sono qui.»

«Cosa?»

«Il nido ghoul. Non può essere troppo distante.»

A Francis sembrava tutto normale, ma non dubitava della percezione di Sylvia. Aveva fatto qualche ricerca riguardo gli avvistamenti di fantasmi e streghe e aveva trovato un sito internet dove tutti gli eventi più clamorosi erano stati messi su una mappa. Il Rabbit Café era al centro dell'area interessata.

«Pensi che il Rabbit Café sia un nido ghoul? Che Purple si sia fatta assumere per indagare?»

«Non ho mai visto ghoul ragionare così, ma non ne ho idea. Sembra in ogni caso che questa sia la pista giusta.»

Il locale era in un'ora di stanca, c'era solo una cameriera appoggiata a un muro che guardava il suo cellulare e un uomo al bancone che puliva. La cameriera, ovviamente, aveva delle orecchie di coniglio in testa, ma ormai Francis aveva perso un po' sensibilità nei confronti dei costumi bizzarri. Si avvicinarono al bancone e il barista gli rivolse subito un'occhiataccia. «Giornalisti o poliziotti?»

Francis si ritrasse. «Mi scusi?»

«A quest'ora non entra quasi mai nessuno e la tua faccia mi dice che non hai bisogno di un milkshake. Visto il periodo quindi giornalisti o poliziotti?»

Francis indicò Sylvia accanto a lui, Sylvia che agli occhi di tutti non era niente di diverso da una ragazzina di quattordici anni. «Secondo lei la sua faccia da cos'è?»

Lui guardò la maghetta senza togliersi la smorfia di sarcasmo dalla faccia. «Di certo non sembra un trucco da poliziotto. Ma ho visto fare di peggio a dei giornalisti.»

«Non siamo né poliziotti né giornalisti.» disse Sylvia. Il barista sobbalzò, anche la cameriera appoggiata al muro tirò su la testa. Ancor prima dei suoi poteri di maghetta il tono di Sylvia, così adulto e così tagliente, poteva spiazzare chi non la conosceva. «Stiamo cercando solo la mia amica Kyoko che credo tu conosca.» Sventolò davanti al naso dell'uomo l'ultima foto di Kyoko, quando ancora aveva quattordici anni.

«Gesù.» Il barista prese tempo asciugandosi la fronte con uno straccio. «Siete tornati qui per quella storia. Avrebbero dovuto aggiornarvi. Quella è roba vecchia, adesso vanno fantasmi e streghe.»

«Ma infatti lei è una strega.»

Francis provò a toccare Sylvia, ma lei non se ne accorse quasi. In un contesto già sovreccitato come quello l'ultima cosa che gli serviva era che lei passasse per qualche genere di matta. Il barista del Rabbit Café di certo non la stava prendendo sul serio. «Una strega, eh. Beh, strega o non strega rimane il fatto che non era passata di qui allora, quando me lo chiesero la prima volta, e non è passata di qui ultimamente. Avevo una cameriera giapponese, in realtà ne ho avute almeno un paio, ma non si chiamavano Kyoko e non c'entravano niente con quella foto.»

«Sicuro» continuò sprezzante Sylvia «e scommetto non avessero nemmeno uno di questi.» Aprì il pugno facendo apparire il pod. La luce azzurrina arrivava a illuminare il volto del barista. La cameriera con le orecchie da coniglio, appena vide l'oggetto nella mano della ragazza, scivolò oltre la porta della cucina e scomparve. Francis si aspettò una qualche manifestazione di stupore o choc, invece l'uomo reagì in modo decisamente strano, come se l'oggetto luminoso non fosse niente di nuovo per lui. Questo però non significava che non ne avesse paura.

«Tu non sei una delle due che...»

«No, non sono né White Bishop né Ruby Atlanta. Questo significa che non ho nessun patto con te, di qualsiasi genere sia. Invece, esattamente come loro, ho il potere di distruggere questo locale.»

«Hey! Cosa stai dicendo! Voi non fate... di queste cose...»

Sylvia si trasformò. Toccò il pod e lasciò che il costume le apparisse addosso. Nonostante il basco alla francese, la veletta e il vestito a campanula, nonostante insomma tutto addosso a lei fosse fatto per essere tenero e ridicolo, il suo sguardo e il suo atteggiamento la facevano apparire terribile. «Non posso rimanere molto. Evidentemente White Bishop e Ruby Atlanta verranno presto a salvarti quindi devo distruggere questo posto prima... oppure tu devi darmi le informazioni prima.»

«Non c'è nessuna informazione da dare!»

«Nemmeno l'ubicazione del nido ghoul con cui fai affari?»

«Non è un nido ghoul!»

Francis avrebbe voluto fermare Sylvia, anzi, Azure Foxtrot, ma non poteva negare che stesse ottenendo risultati. Risultati che però lui non capiva. «Come diavolo si fa a fare affari con un nido ghoul?» chiese.

«Non è un nido ghoul! E' quello che ho cercato di spiegare anche alle altre! Questi non sono... ostili!» piagnucolò il barista.

«Cosa diavolo stai dicendo?»

«Quello che ho detto!»

Azure Foxtrot batté una mano sul tavolo. «White Bishop e Ruby Atlanta ci metteranno un po' a capire come intervenire in pieno giorno, quindi abbiamo ancora qualche minuto, ma non molti. Rispondi!»

«Direi che ha già risposto. E non abbiamo molto tempo.»

Dalla porta della cucina dove era entrata la cameriera con le orecchie da coniglio era uscito un uomo in giacca e cravatta, molto alto, spalle larghe, occhiali scuri e una sciarpa tirata su fino al naso. Poiché la stagione non era così fredda quell'ultimo dettaglio appariva piuttosto bizzarro. La maghetta si girò verso di lui con lo scettro già spianato. «E tu chi sei?»

«Immagino quello che stavate cercando.»

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