4 - Ricordarsi come combattere

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Mezz'ora dopo erano fuori dal diner, Sylvia continuava a camminare avanti e indietro con passo calmo, sempre fissando l'orizzonte. Col venire avanti della giornata l'atmosfera si era fatta ancora più calda e il paesino, se possibile, ancora più deserto. Francis aveva visto passare non più di una mezza dozzina di automobili da quando erano lì e altrettante persone a piedi. C'era l'eventualità che la metà delle case intorno a loro fossero vuote.

«Se hai detto che stanno arrivando» chiese a un certo punto, quando non ce la faceva ormai più «perché siamo qui?»

«Sarebbe più pericoloso se potessero attaccarci in campo aperto sulla strada» rispose Sylvia «e qui almeno non c'è in giro molta gente.»

«Quindi è certo che ci attaccheranno?»

Sylvia evocò il pod nella sua mano sinistra e prima che Francis potesse lamentarsi lo toccò. Il cambiamento fu repentino, in una decina di secondi aveva di nuovo addosso il vestito azzurro a forma di fiore rovesciato, il baschetto e la veletta. Come per scaricare un eccesso di energia appena la trasformazione fu completa fece roteare un paio di volte lo scettro nella mano.

«Non dovresti essere più discreta?» chiese Francis, guardandosi intorno. Non c'era nessuno come l'ultima volta che aveva controllato.

Sylvia, o meglio Azure Foxtrot, lo guardò con irritazione. «Con quello che sta per accadere qui, una ragazzina che si cambia d'abito passerà presto in secondo piano.»

«Stai per trasformare questo paese in un... in un'altra Nokata? Devi dirmelo! Se c'è questa possibilità dobbiamo fare qualcosa per mandare via la gente da qui.»

«Se fosse necessaria la forza che è stata usata a Nokata allora saremmo spacciati, io non riuscirei mai a trovarne tanta.» Azure allargò le braccia, puntando un punto preciso in fondo alla strada. «Ora spostati.»

Non parevano diversi da grossi di cani, ma correvano a una tale velocità che era impossibile stabilire precisamente come fossero fatti. Erano scuri, con quattro zampe, una coda e un muso su cui brillavano due occhi rossi accesi di una qualche energia ultraterrena. Latravano, ma i loro latrati assomigliavano terribilmente a voci umane. Erano una mezza dozzina e comparvero esattamente nel punto in cui Azure Foxtrot se li aspettava. La puntarono tutti, appena la ebbero eletta come preda accelerarono ancora. La maghetta mosse un paio di volte lo scettro, esattamente come aveva fatto nel bunker, gli aloni di energia che ne scaturirono travolsero due delle creature, sbalzandole indietro e dissolvendole a mezz'aria come se fossero state fatte di sabbia. Prima che le altre la raggiungessero, poi, spiccò un balzo che la portò in aria a diversi metri d'altezza, facendola atterrare sul tetto del Diner. Le creature non cambiarono direzione per alcuni metri poi capirono dove era andata e frenarono, alzando il muso al cielo e ringhiando.

Erano cani e non erano cani, sembravano fatti per confondere il cervello e spaventarlo. Avevano tutte le membra di un cane da caccia normale, ma i muscoli erano esposti, come se non avessero pelle, e fatti di un qualche materiale nero carbone lucido come la schiena di uno scarafaggio. La coda, più lunga di quella di un cane, finiva con una punta acuminata e il muso, oltre agli occhi rossi, esponeva una chiostra di denti affilati, tutti aguzzi, senza labbra o bocca a coprirli. Azure Foxtrot provò a bersagliarli con altre onde di energia, ma loro questa volta schivarono e poi saltarono, dimostrando di raggiungere le stesse altezze della ragazza. Le atterrarono vicino e provarono a balzarle addosso tutti assieme.

Dalla sua posizione sulla strada Francis perse di vista il combattimento. Azure emetteva urla stridule, ma non era possibile capire se fossero di sofferenza o una sorta di grido di battaglia. Per riuscire a vedere qualcosa corse fin sull'altro lato della strada, così da adocchiare almeno le teste dei contendenti. Così facendo fu testimone di un altro paio di cani che venivano ridotti in polvere. Subito dopo però qualcosa esplose non molto lontano da lui, scaraventandolo a terra.

«Tutto bene?» Azure Foxtrot era saltata giù dal palazzo e gli era piombata vicino. Gli aveva appoggiato una mano sulla schiena e lui la sentiva incredibilmente calda, ma di un calore piacevole. 

«Cosa è successo?» le chiese, cercando di trascinarsi di nuovo in piedi.

«Loro. Mi aspettavo anche loro.»

C'erano due individui che erano apparsi dalla stessa direzione da cui erano venuti i cani. Erano all'incirca come due persone molto massicce, ma anche i loro corpi erano scolpiti e fatti di quella strana sostanza nera. Tenevano in mano dei bastoni e da come li brandivano dovevano essere dei fucili. Spararono ancora, ma lo scettro di Azure fece detonare i colpi a mezz'aria, prima che arrivassero a bersaglio. La maghetta allora corse nella loro direzione e evidentemente gli arrivò vicino prima che potessero sparare ancora. Vibrò fisicamente con lo scettro un colpo al plesso solare di uno e poi scagliò l'altro lontano con quella che a Francis sembrò una proiezione di judo. Purtroppo a quel punto i cani ancora vivi erano saltati giù dal palazzo e stavano andando nuovamente alla carica.

Francis non riusciva a valutare quanto si fosse fatto male nell'esplosione, ma riuscì a trascinarsi fino alla porta del diner. Girandosi vide le due donne del locale affacciate alla porta, ipnotizzate da quello che stava accadendo. Azure Foxtrot, per tenere testa a tutti i nemici, era diventata molto più veloce e ormai era poco più di un lampo blu che saltellava da un punto all'altro della strada. I cani erano stati tutti dissolti, ma pareva che i tizi armati di fucile fossero più coriacei. Il primo crollò solo dopo che lei fu riuscita a poggiarsi sulle sue spalle, percuotendogli la testa con lo scettro come fosse un martello. Il secondo invece si fece cogliere alla sprovvista e fu travolto da una sequenza di aloni blu della ragazza finché anche il suo corpo non finì col disgregarsi.

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