L'ORDINE DI SALAZAR

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Cari lettori ben tornati.
Scusate la troppa attesa.
Spero di esservi mancata.
Buona lettura.
🖤

~

Isabella dopo le lezioni si rifugiò al lago Nero.
Si mise seduta, sulla solita roccia, e i pensieri si tuffarono nella calma del lago, come a cercare conforto.

La pressione stava salendo.
Tom la teneva sott'occhio ancora di più da quella sera.
Era più esigente sui vestiti, sul fisico, e sui suoi doveri da capo scuola; o forse era semplicemente tornato alla vecchia routine.
Le concedeva giusto un po' di tempo il pomeriggio dopo le lezioni per potersi riposare.
Ma non era questo a stressarla.
A tutte quelle pressioni lei era già abituata.
Era turbata da altro.
Tom più frequentemente organizzava le riunioni con i suoi discepoli.
Prima una volta a mese, fino ad arrivare a una volta a settimana.
Stava iniziando a capire cosa significasse per Tom, avere un braccio destro.
Isabella stava assumendo quel compito a poco, a poco; e la pesantezza si sentiva.
Soprattutto per gli argomenti, e i comportamenti che animavano la tavolata.

<<Hey>> una voce dolce la portò al presente.
<<Hey>>.
<<Che ci fa una così bella fanciulla, tutta sola, con questo vento gelido?>> Victor si mise in piedi di fronte a lei, posando la cartella sulla roccia.
<<Aspettavo una persona importante..>>.
<<Quanto importante?>> si avvicinò al suo viso.
<<Quanto l'aria nei polmoni>>.
<<Quindi, è una cosa seria!?>>.
<<Abbastanza direi>>.
<<Beh allora mi faccio da parte>>.
Isabella gli prese il viso e lo baciò sorridendo.
Victor mise le mani sulle cosce, tirandola a sé, con il bisogno che non vi fossero distanze.
<<Adesso respiro>> si mise una mano sul petto.
<<Come stai?>>.
Quella domanda Victor la faceva ogni volta.
E ogni volta Isabella non sapeva che dire.
<<Potresti non fare più questa domanda!?>>.
<<Credi che non conosca la risposta? Te la devo fare, perché serve qualcuno che te lo chieda>>.
<<No, basto io a farmi la predica da sola allo specchio>>.

Victor alzo gli occhi al cielo <<Piuttosto, hai mangiato?>>.

Alzò anche lei gli occhi al cielo <<Di male in peggio>>.
<<Lo sapevo!>> aprì la sua cartella, dalla quale cacciò un fazzoletto <<Ti ho portato una fetta di torta al cioccolato, e se vuoi del salato, ho preso anche le patate, il pane con zucca, e le brioche ripiene>> le mostrava tutto accuratamente.
<<E chi dovrebbe mangiare tutto questo?>>.
<<Noi>> sorrise allungando il collo, aspettandosi un bacio.
<<Non ho fame Victor>> guardò il cibo.

Sentì lo stomaco contorcersi per il rifiuto.

<<Si, invece. E poi non vorrai mica farmi mangiare da solo?>>.
Ci volle un po' a Isabella per accettare - con malavoglia - nonostante amasse il gesto, e la preoccupazione di Victor <<Solo un pezzetto>>.
<<Va bene>> disse soddisfatto <<Da cosa iniziamo?>>.
<<Da quello che vuoi>>.

Victor riuscì a farle mangiare quasi tutto, un pezzo alla volta.
Le diceva <<"È buonissimo Iz!">> affermazione che veniva accompagnata da una buffa smorfia.
Oppure iniziava a mangiare altro, per usare la scusa <<"Anche questo è ottimo! Assaggia">>.
Ormai era per lui un libro aperto.

<<Devo andare Victor>>.
<<Non puoi rimanere un altro pò?>>.
<<No, altrimenti Tom crederebbe che io non stia prendendo sul serio questo maledetto progetto di fine anno, e comincerà a rompere..>> si fermò, rendendosi conto che stava andando oltre con il discorso, e che Victor odiasse il motivo per quale dovesse scappare da lui <<Victor non guardarmi così>>.
<<Così come?>>.
<<Come se..>>.
<<Come se io non fossi importante!?>> finì lui la frase.
<<Come se stessi sbagliando>> lo corresse.

Continuava guardarla come a voler confermare i suoi dubbi <<Non puoi certo aspettarti che dica "Certo amore, corri da lui". È ovvio che mi dia fastidio>>.
<<Victor..>> gli strinse le mani <<Odio profondamente il fatto di dovermi separare da te, e di non avere potere per cambiare questo fato ingiusto. Tuttavia, vorrei ricordarti, che il pensiero di te è stampato nel mio cuore e nella mia testa. Non importa dove, non importa con chi sono, tu sei qui..>> portò la mano di Victor al centro del petto <<E poi qui>> indicò la pancia <<Qui>> indicò la testa <<Sei dentro di me. Nessuno potrà cambiarlo. E poi ti amo. Ti amo quando posi i tuoi occhi su di me, ti amo quando ti ingelosisci - anche se non ne avresti bisogno -, ti amo sempre, anche quando non ci sei>>.
Quella faccia infastidita si era rilassata già da un po', e portò la testa indietro sorridendo <<Ti odio quando fai così>>.
<<Quando dico la verità!?>>.
<<Quando mi fai sentire come se fossi il tuo protagonista maschile>>.
<<Beh, perché lo sei>> lo abbracciò.
<<E tu sei la mia?>> la guardò negli occhi.

<<Si, caro Andrea>>.
<<Mia amata Diana, quanti altri ostacoli ci separano?>> le baciò la punta del naso.
<<Mi fate male con questa domanda>>.
<<E voi fate del male a me, volendo scappare da un cuore che batte solo ed esclusivamente per i suoi occhi>>.
<<Posso rubare questa frase?>> ridacchiò.
<<Solo se mi dai una cosa in cambio>> la strinse a sé.
<<Ci sto>>.
<<Baciami>> aveva un sorriso un po' malinconico <<Però non come se fosse l'ultima volta>>.

Isabella se ne andò poi, promettendo che avrebbe cercato di vederlo la sera, senza dare troppe speranze.
Era stanca, Victor lo vedeva.
Vedeva lo sforzo che faceva ogni volta che tirava fuori l'anello che la legava a Tom, come se quello fosse una sorta di prigione.
Vedeva l'infelicità, nei suoi occhi colmi di sonno.
Sembrava come se rielaborasse mille idee per trovare la giusta via per scappare; che accantonava per l'ennesima volta, con la convinzione che sarebbe stato tutto inutile.
Eppure voleva rischiare tutto per incontrarlo al lago nero.

Isabella però, era ormai lontana dai suoi pensieri; aveva già l'anello al dito, il rossetto sistemato, e la voce pronta ad arrabbiarsi con i casinisti del primo anno.
Ma soprattutto, le aspettava l'incontro con il magico gruppo di Tom.

<<Iz, secondo te, dovrei dare un nome a questo gruppo?>> chiese Tom che girava la pagina di un libro - che sicuramente non era scolastico.
Erano in biblioteca, seduti l'uno di fronte all'altro.
<<Avevi già in mente qualcosa?>> teneva gli occhi chiusi mentre si massaggiava le tempie.
<<Ordine di Salazar>> alzò l'angolo della bocca, soddisfatto di se stesso.
<<Mh..bello. Anche se credevo aspirassi a un tuo ordine>>.
<<Al momento, meglio chiamarlo così>>.

<<Mh..>> Isabella era completamente distratta dai mormorii di un gruppo di ragazzi che stavano alla sua destra <<Scusami..>> si alzò con lo stupore di Tom, che non riusciva a capire.
Si schiarì la gola, incutendo già timore <<Siete pregati di abbassare la voce, visto che ci troviamo in una biblioteca>>.
<<Stiamo solo parlando>> intervenne un Grifondoro.
<<E state dando fastidio con i vostri vocioni da giocatori di quidditch>> sorrise falsamente Isabella.
<<Puoi anche studiare in camera tua se ti interessa il silenzio>>.
<<È questo lo scopo di una biblioteca. Magari potreste andare voi: in cortile, in sala comune, o in sala grande, se dovete discutere su chi ha giocato meglio, o su chi ha avuto più ragazze. Nel frattempo ti ricordo che sono la caposcuola, e sono serpeverde, quindi carissimo gatto vestito da leone, è meglio se ve ne andate con la coda tra le gambe, prima che vi tolga 5 punti a testa>>.
<<Andiamo ragazzi>>.
<<Era così difficile?>>.
<<Ricorda, sei pur sempre una donna>> la minacciò.
<<Io ho il potere, tu no. Però prova, voglio provare soddisfazione nel dirti che avevo ragione>> si avvicinò <<I tuoi prefetti sanno del whisky incendiario in camera vostra, con il quale vi portate le ragazze a letto?>> provocò.
Il ragazzo non rispose, si limitò a guardarla schifato e andarsene.

<<Grazie Isabella>> sentì degli studenti.

"Faccio sempre il lavoro sporco per gli altri. Che seccatura" pensò.

Isabella tornò al suo posto infastidita.
<<A volte dimentico quanto sei bella anche quando ti arrabbi>> commentò Tom.
<<Risparmiami>> alzò gli occhi al cielo <<Stavi parlando dell'ordine di Salazar. Stasera volevi che indossassi qualcosa in particolare?>>.
<<Ho già preparato tutto>>.
<<Posso avere qualche anticipazione?>>.
<<Maschere>>.

Così quando tornarono in camera, Isabella vide il completo che avrebbe dovuto indossare.
Un vestito aderente nero, molto semplice.
Una mantella lunga - sempre nera - con un cappello molto grande.
E una maschera, che assomigliava a uno scheletro. Era color grigio scuro con delle linee chiare che delineavano gli zigomi, la scavatura degli occhi e poi salivano sulla fronte per completare il disegno. Inoltre, la bocca era aperta da una linea, ma coperta da quello che poteva sembrare un filo. Un modo elegante per dire "cuciti la bocca".

<<Ho il sospetto che la serata si potrebbe movimentare>> si provò la maschera guardandosi allo specchio.
Intravide gli occhi rossi di Tom dietro di lei <<Chissà che tu non abbia ragione>>.

Se vi state chiedendo dove venivano organizzati quegli incontri, ebbene, usavano la stanza delle necessità.
La stanza si mutava in una sala un po' tetra, con un lungo tavolo posizionato al centro, dove Tom se ne sedeva a capo, e Isabella alla sua destra.
Non vi erano finestre, a fare luce - seppur poca - era un camino, e i quattro candelabri che c'erano sul tavolo.
Per il resto, qualche poltrona di pelle nera, e dei tappeti bianchi, mentre sulle pareti solo un quadro, ossia un ritratto di Salazar serpeverde.

Tutti i membri, erano vestiti allo stesso identico modo: mantello e maschera.
<<Potete togliere le maschere>> disse Tom togliendosi la sua, per poi essere seguito.
<<Signore, avete delle notizie importanti per noi?>> chiese con tono serio un membro della famiglia Carrow.
<<Degli ordini?>> domandò un Powell.
<<Abbiate pazienza>> disse Isabella <<Il nostro signore deve illustrare delle importanti novità. Ha bisogno di un attimo>>.

<<Ti ringrazio Isabella>> si alzò dalla sedia <<In questi ultimi anni, tutte le persone che sono sedute in questa stanza mi sono sempre state fedeli. Abbiamo sfidato le regole, e chi più chi meno, posso essere fiero di poter dire che abbiamo fatto un ottimo lavoro. Avete eseguito i miei pieni senza mai dire il mio nome se qualcosa andasse storto. Mi avete mostrato chi siete e chi volete essere, ma soprattutto che siete disposti a tutto ciò che ne conviene per la causa. Bene, tutti abbiamo un ideale comune. È proprio per questa ragione se ci troviamo in questa stanza. Ci unisce il sangue. Quello che molti maghi hanno sporcato di generazione in generazione. Da oggi, il nostro gruppo è un ordine. Da oggi, il nostro operato è per il bene dei maghi, dobbiamo salvaguardare la razza se vogliamo - nel nostro futuro - una generazione pura. È questo che avrebbe voluto il fondatore della nostra casata. È quello che voglio io, e immagino voi come me. Siamo "L'ordine di Salazar". Davanti al giuramento che avete fatto anni fa, ditemi oggi se mi seguirete anche fuori dalle mura del castello>>.

Tutti si alzano <<Sì, nostro signore!>>.
<<Immaginavo>> sorrise nel suo solito modo <<Adesso, ho dei compiti da assegnarvi>>.

Quando Isabella sentì gli orrori che uscirono dalla bocca di Tom, quasi le venne la pelle d'oca. Chiese di perseguitare mudblood, e mezzosangue.
Distruggere le camere dei dormitori.
Mandare dei bigliettini miniatori.
Prendere di mira i soggetti più deboli, e farli cadere come caramelle per terra.
Ad alcuni ordinò persino di utilizzare le maledizioni senza perdono.
Voleva portare il terrore senza che però nessuno potesse collegarsi a lui.
Come se quella non fosse la sua firma.
Come se lui non c'entrasse niente.
Come se avesse la coscienza pulita.

Nel profondo Isabella sapeva che se lei non avesse stravolto la sua vita, e si fosse presentata ad Hogwarts il primo anno come mezzosangue Black, probabilmente avrebbe fatto la stessa fine di quei ragazzi che da lì a poco sarebbero stati perseguitati, con lo scopo unico di farli arrivare a limite.

Il suo compito però, fu molto più meschino.
Tom le chiese in privato - quando tornarono in camera a cambiarsi - di accertarsi con i suoi occhi se i suoi adepti avrebbero fatto ciò che gli aveva chiesto di fare.
<<Se non lo faranno?>> le domandò preoccupata di conoscere la risposta.
<<Ci penserò io>>.
<<Vuoi che inizi con qualcuno in particolare?>>.
<<Hughes>>.
<<Agli ordini, mio signore>> fece un leggero inchino.

Tom stava iniziando a mostrare di più la sua natura. Voleva che come capo dell'ordine, i suoi adepti lo chiamassero "signore".
Obbligava anche Isabella a farlo, esclusivamente quando si trattava di affari dell'ordine.
Sbagliò una sola volta, essendo sempre abituata a chiamarlo per nome, e sul volto di Tom comparve il disgusto <<"Quello non è il mio nome">> disse. Come se a poco a poco volesse cancellare chi era, per diventare chi voleva diventare.

Torre di astronomia.
Victor la aspettava lì.
Ovviamente in un angolo, nascosto, per non farsi vedere.
Isabella si prese un attimo per ammirarlo.
Aveva una margherita tra le mani e la guardava chissà con quale pensiero.
<<Volevi regalarmela?>>.
Saltò dallo spavento <<Ti pare il modo?>> posò la margherita sulla ringhiera.
<<Ti avrei spaventato con qualsiasi modo>>.
<<Non è vero>>.
<<Si, si, hai ragione>> lo baciò <<Non posso stare tanto>>.
<<Nemmeno io. Diomira vuole aspettare con me la mezzanotte per augurarmi buon San Valentino>>.
Isabella alzò gli occhi al cielo <<Hai seguito il mio consiglio per il regalo?>>.
<<Si>> le baciò il naso e le abbracciò la vita <<Probabilmente domani non riusciremo a vederci>>.
Gli mise le mani tra i capelli <<Passerete la giornata fuori?>>.
<<Non tutta>> distolse lo sguardo <<Isa, io..>>.
<<Shh>> chiuse gli occhi cercando di non immaginare cosa avrebbero fatto tutto il giorno <<Ti prego, pensa a stare con me adesso. Non voglio che mi chiedi né approvazione, né perdono, perché non ne hai il bisogno. Lei è la tua fidanzata>>.

<<Va bene. Allora, posso darti il mio regalo?>> le sorrise debolmente.
<<Ti avevo detto di non farmi niente>> gli diede un leggero schiaffo sulla fronte <<Odio questa inutile festa>>.
<<Allora perché tu me l'hai fatto?>> le sfilò la scatolina che aveva nella tasca della giacca che indossava.
<<Ridammelo!>> cercò di afferrarlo.
<<Baciami, e forse te lo restituirò>> si sporse.
<<Questo si chiama ricatto>> incrociò le braccia.
<<Io lo chiamerei baratto. Io dò una cosa a te, e tu mi restituisci il favore>> le guardava la bocca.

Cercò di non sorridere per non dargliela vinta, ma dovette cedere <<E va bene. Ma se ricapita, la prossima volta dovrai corrermi dietro>>.
<<Non ci sono problemi. Sono disposto a farlo. Per te non esiste orgoglio, o dignità che mi fermino dal volerti>> disse a bassa voce mentre si avvicinava alle labbra di Isabella <<Non esiste barriera, mia amata Diana. Perché vi amo, come se non avessi mai amato qualcuno all'infuori di voi. Vi ama la mia anima e il mio corpo. Vi amano le mie labbra. E vi amano i miei occhi, che ammirano la creatura più bella che possa esistere>> la guardava con gli occhi semichiusi <<E voi? Voi mi amate Diana?>>.

<<Come se l'amore foste voi. Vi amo da bruciare per il desiderio di sentire il tocco delle vostre labbra sulle mie Andrea. Vi prego, non fatemi aspettare>>.
<<Le ho chiesto io farlo, siete voi che mi state facendo aspettare>>.
<<Mi scusi>> non si sentiva più le gambe <<Rimedio subito>>.

Isabella dovette aggrapparsi a lui per non cadere.
Victor con una mano le teneva il mento, mentre con l'altra - prima - rimise il regalo nella tasca della giacca, poi le aggrappò una gamba e la portò sui suoi fianchi.
<<Victor non posso>>.
<<Nemmeno io, eppure eccoci qua>>.

Quel bacio durò un bel pò.
Sarebbero andati oltre, ma placarono la voglia e il desiderio.
Si sedettero a terra per scambiarsi i regali.
<<Se mi hai fatto qualcosa di..>>.
<<Zitta e apri>> la interruppe Victor mentre apriva il suo di regalo.
<<Impertinente>>.
<<Scontrosa>>.
Quando scoprirono i regali si guardarono negli occhi.
<<Victor>> le aveva regalato un segnalibro con il disegno di una margherita e due iniziali intrecciate "D& A" (Diana e Andrea).
<<Così non dovrai più usare le mie lettere, che altrimenti ti fanno i segni sulle pagine>>.
<<È bellissimo>> continuava a guardare quel regalo.
<<Giralo>> le accompagnò il movimento.

<<"[...] Fate tacere il mio cuore alle sue insistenti pretese, e ditemi che siete mio. Perché io vi amo - e nel profondo - so che voi amate me">>.

Queste erano le parole che Diana scrisse in una lettera che non ebbe il coraggio di dare a Andrea. E lui le aveva lette. Gli aveva dato l'importanza che Isabella aveva messo quando le scrisse pensando a lui.

<<Vi amo>> disse toccando la scritta <<Quante volte mi sono trattenuta queste parole>>.
<<Non avresti dovuto>>.
Ridacchiò <<Passiamo al tuo. Ti piace?>>.
Victor alzò il suo il regalo, che era un orologio da taschino.
Teneva una piccola catenella, il coperchio che copriva il quadrante era color bronzo, sembrava la vetrata di una cattedrale gotica, e la cassa - anch'essa di bronzo - raffigurava una piuma.
<<È stupendo>>.

<<A volte non ci rendiamo conto del tempo che passa, e diamo per scontato che ci sarà il domani. A volte penso al fatto che tu non possa scrivermi, perché in determinate ore tocca a lei starti vicino; poi ci sono minuti come questo, in cui è compito mio. Però vedi, si tratta di tempo, e di tempo ne abbiamo poco. Ho pensato che manca poco alla fine dell'anno, e al pensiero vorrei che quell'orologio vada lento per permettermi di godere questi momenti..>>.

<<Pensa quanti ne avremo fuori di qui>> le accarezzò il viso.

"Tempo fermati. Stai accelerando" pensò Isabella.

<<Conta>>.
<<Cosa?>> sbatté le palpebre.
<<Il tempo che ci separa da quel giorno>>.
<<Daccordo. Nel frattempo, continuerai a leggere per me?>>.
<<Certo>> sorrise <<Baciami>>.

Temette di doversi tenere stretta quel bacio più che poteva, dato che il tempo se lo stava portando via.
Tic, tac.
Tic, tac.
Questo forse è il rumore più fastidioso che sia stato inventato.
Invece a Isabella faceva paura, perché la faceva sentire stretta in una stanza che si rimpiccioliva mano mano sempre più. Soprattutto adesso, che la fine era agli sgoccioli.

<<Ti mando un biglietto se trovo un momento per vederci>> la baciò.
<<Lascia stare, meglio non destare troppi sospetti. Stai con lei domani>> lo baciò a sua volta.
<<Sicura?>>.
<<Sì, è giusto così>> lo abbracciò <<Auguri amore mio>>.
<<Auguri a noi>>.

Si lasciarono così.
Con il cuore che piangeva.

Purtroppo Isabella aveva un compito da portare a termine.

Patel.
Holmes.
Hughes.
Powell.

I nomi di chi non ebbe il coraggio di usare le maledizioni senza perdono, entrare nelle case comuni altrui, impaurire e tanto altro.

<<Vuoi punirli?>> chiese.
<<Hai fatto un ottimo lavoro Isabella, puoi riposare per oggi>> si limitò a dire.
<<Grazie, mio signore>>.
Uscì dalla stanza e Isabella non ebbe il coraggio di seguirlo per sapere cosa avrebbe fatto.

Tic, tac.
Tic, tac.
Il tempo continuava a scorrere.

~

[SPAZIO AUTRICE]
Se ti è piaciuto almeno un po' ti va di votare
E se nel prossimo capitolo tornassimo indietro? ⏳

CI VEDIAMO AL PROSSIMO CAPITOLO.
(Si spera presto)🖤

IG: alexia_clare_write 🖤

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