Mi chiamo Margherì

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Mi chiamo Margherì, sono nata in un giorno di primavera prematura. Un bel semino è stato forse portato dal venticello, che soffia a volte come una carezza e mi ha deposto lì sulla terra; poi l'acqua e il terreno fertile hanno fatto sì che io venissi alla luce. In una bella giornata di metà Febbraio dischiusi la mia corolla. La prima sensazione che ho sentito veramente mia è un calore, che si diffondeva su tutto il mio corpo, partendo dal sottile stelo, fino ad arrivare al fiore; i miei petali delicati si sono aperti al mondo ed è stata un'esplosione di colori, di odori, rumori, tutto mi è piombato addosso in un momento. Sono rimasta così frastornata! Io così piccola, in quel mare di verde, mi sentivo estasiata da tanta bellezza, ma al tempo stesso timorosa. La prima cosa che ho visto è stata la palla di fuoco nel cielo, era da lì che veniva tutto quel calore che sentivo? Poi un turbinare multiforme di colori: il verde smeraldo dell'erba; il cielo così azzurro con quelle sagome bianche, che formano tanti oggetti, se uno osserva bene; i deliziosi fiorellini azzurri, miei cugini, che occhieggiavano vicino e sembravano dire. "Ecco l'inverno è finito, adesso arriva la bella stagione". I rumori che captavo mi spaventavano perché non sapevo quale ne fosse la fonte e quindi la paura in me cresceva, anche perché mi sentivo così indifesa, alla mercé di qualsiasi evento. Quando nacqui, però non ne ero a conoscenza. E՝ stata la voce del vento delicata ma, udibile da me che mi ha raccontato la storia del mondo: dell'enorme palla di fuoco che si chiama sole e dalla quale dipende la nostra sopravvivenza, del regno vegetale di cui facciamo parte noi e del regno animale, del quale fanno parte anche gli esseri umani. 

Iniziò così la mia vita semplice, fatta di tanti momenti, condivisi con gli amici che mi accompagnano in quest'avventura. Il vento Libeccio mi fece da maestro, fu quasi un padre per me; l'ape Magà dolcissima, che si posò delicatamente sul mio giallo pistillo, per succhiare il nettare; e poi l'uccellino Annibale, che mi racconta sempre storie interessanti perché io non mi posso muovere, sto ferma qua.

 Il sole è la mia fonte di vita, ogni volta giro il mio capino verso di lui, a carpire qualche raggio benefico. Ma oggi tira un vento fortissimo, che piega il mio delicato stelo e sento al tempo stesso calore e gelo. Com'è possibile? Temo di essere lasciata in balia di questa corrente minacciosa, che mi può anche sradicare da questa terra madre. Temo di perdere la vita, semplicemente così come l'ho avuta. Sono fragile lo so. Mi piego sotto il vento, la pioggia e anche la grandine; posso essere calpestata in qualsiasi momento senza pietà da qualche passante distratto, che non guarda me, in basso; e ancor peggio posso essere colta e messa in vaso. Eppure io mi sento così viva e i miei petali di un colore bianco e rosa sono così sensibili e vibrano di una forza interiore, che è in me molto forte. Così mi faccio coraggio e cerco di scacciare i timori e i brutti pensieri, consapevole che se sarò più serena i miei petali avranno colori più belli e splenderanno di più.

 Il momento della giornata che adoro è il mattino quando; nel silenzio assoluto dell'alba, ora interrotto dal cinguettio dolce degli uccellini, mentre contemplo i colori del cielo tra l'arancio, il viola e l'azzurro; piccole gocce di rugiada, lucenti come perle, scendono, cadendo goccia a goccia sui miei petali, mi accarezzano dolcemente e poi le sento scivolare via, furtive, come in punta di piedi, fino a cadere sulla terra, ancora addormentata. Poi, pian piano, tutt'intorno a me le cose che sembravano inanimate prendono vita, è un continuo sbocciare di fiori e tramestio di insetti; quelle formiche là iniziano a lavorare, le vedo portare sulla loro groppa un granello, di chissà che cosa, preso chissà dove, procedono in fila indiana, formando una striscia nera verso la loro casa, un buco nella terra, dove all'interno ci sono gallerie ben organizzate.

 All'improvviso avverto la danza delle api, alzo lo sguardo, si stanno dirigendo verso di me e le mie sorelle. La prima volta che un'ape si è posata su di me, mi sono spaventata perché ho visto lei, che con quella sua protuberanza violava quella parte intima di me, che racchiudeva un nettare delizioso. Poi ho fatto amicizia con Magà e lei mi ha spiegato tutto; di come lei e le sue sorelle si posano su di noi, per prendere quella sostanza dolce, con la quale produrranno il miele.

 La parte che mi piace meno è la notte. Quando scende la sera e la palla infuocata si tuffa dietro il monte lasciando una scia luminescente, i miei petali cominciano a chiudersi lentamente. Si stringono insieme in un abbraccio, così sento più tepore. Non vedo più niente e quindi sono un po' preoccupata per quello che mi potrebbe succedere. Mi sento in balia dei mostri e penso a quali creature orribili ci possono essere là fuori. Le mie angosce crescono fino a diventare nuvole nere nella mia testa. Una notte che avevo il sonno leggero ho intravisto due lucine fuori così piccole, che volteggiavano lì attorno, poi quelle minuscole lanterne si sono triplicate e alla fine c'era una vera e propria danza attorno a me. Erano lucciole che emettevano una luce intermittente. Sembravano stelline. Mi hanno rincuorato, perché hanno cancellato le tenebre notturne. Stamattina ero lì che mi trastullavo beata, immersa nei miei pensieri, quando all'improvviso vedo due occhi verdi, che mi scrutano con curiosità, avvicinarsi ai miei petali. Poi una zampa con degli artigli affilati mi sfiora, facendomi dondolare. Io tutta impaurita tremo e quello strano essere continua, poi avvicina il muso e mi annusa. «Chissà se gli piaccio o no. Sono cosciente di emanare un buon profumo. Mi chiedo se è pericoloso, non vorrei che mi facesse male!» L'osservo: si lecca i baffi con la lingua. «Speriamo che non mi mangi!» Poi veloce com'era arrivato, tutto d'un tratto se ne va e io tiro un sospiro di sollievo. Protendo la mia testolina verso il cielo a cogliere il volo degli uccellini, tra i quali scorgo Annibale, che vola in picchiata verso di me. Il mio amico mi racconta tante cose. Dice che si è innamorato, lei si chiama Mimì e presto me la farà conoscere. Non vedo l'ora! Voglio bene ad Annibale, è sempre stato così gentile con me! E io mi innamorerò mai? Cosa si prova quando si ama?

 Persa in questi pensieri non mi accorgo che un bambino, dalla risata allegra, si avvicina a me furtivo e con le sue mani, mi sradica dalla mia terra. E adesso? Con la mia flebile vocina mi lamento, ma non posso farci niente. La vita sta per scivolare via da me e avverto una tristezza immensa. Ciao a tutti, ci rivedremo spero, quando rifiorirò da qualche altra parte.

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