EPILOGO : Standing next to you

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Budapest Anno 2025 d.C


Osservo il mio riflesso sulla vetrina di un negozio.
La giacca in pelle cade impeccabile lungo i miei fianchi, nascondendo completamente il bustino nero che sto indossando. Sono proprio felice di questo acquisto, assieme alla gonna sfiancata mi dona proprio una parvenza austera, elegante.
Una folata d'aria fresca accarezza gli alberi del viale, sono ancora verdi, rigogliosi. Sorrido. Manca poco. Molto poco. Fra qualche settimana le foglie inizieranno ad ingiallirsi e poi, il vento autunnale, le separerà dai rami.
Aumento il passo. I tacchi degli stivaletti producono un suono secco ogni volta che urtano il marciapiede, scandendo come un metronomo i miei ondeggiamenti.
Svolto verso destra. Sono quasi arrivata.

"Ti sto aspettando, Kore" la sua voce risuona come musica nelle mie orecchie.

«Ormai non sono più tanto giovane» sussurro, abbassando lo sguardo e seguendo le indicazioni sullo schermo del telefonino.

"Ai miei occhi sei sempre giovane e bellissima"

«Ormai sono passati più di tremila anni. Non pensi sia arrivato il momento di cambiarmi soprannome?»

"Vuoi che ti chiami con quegli stupidi nomignoli che vanno di moda adesso? Honey? Bambolina? Topolina? Micetta?"

Scuoto la testa.
«No, per favore. No» sussurro.
Lo sento ridere.

"Allora forse preferisci uno dei tanti nomi con cui ti hanno chiamata nel corso dei secoli...devo ammettere che Lilith non mi dispiaceva "

«Lucifer e Lilith sono stati i miei preferiti...poi l'idea che tu fossi un angelo caduto, ripudiato dal suo stesso Dio, era veramente affascinante»

"Avevo intuito ti piacesse. C'è stata una estate in cui hai voluto vedere tutti i dipinti ispirati a quella storia. Ti ricordi? Alla fine ti eri fissata con uno, e sei rimasta ore e ore ad ammirarlo"

«Cabanel era riuscito a dipingere le tue ali in modo sublime, mi sembrava quasi di riuscire a sentirne la consistenza sotto le dita»

"Che ne pensi, mia amatissima Lilith, di vedere di persona quelle bellissime ali? Di toccarle? Di farti toccare?"

Un brivido mi attraversa la colonna vertebrale quando la voce di Hades sussurra quelle parole e la sensazione che il Dio degli inferi stia camminando proprio alle mie spalle mi fa voltare. il cuore batte come un forsennato e sorrido radiosa, pensando che sia già arrivato il momento, pensando di rivederlo finalmente davanti a me. Tuttavia, non appena metto a fuoco la figura che mi sta fissando, tutta la felicità che sto provando scoppia come un palloncino.

«Persephónē! Da quanto tempo!» Afrodite mi osserva, radiosa.
Abbasso le spalle, stiro le labbra.
«Avanti, dovresti dimostrarti quantomeno felice di vedermi» la Dea dell'amore arriccia le labbra risentita «Sono mesi che non ci vediamo, mi sei mancata!».

«Tu no»

«Avanti, non dire così, lo so che mi adori» ammicca.

«Invece no, ogni volta che incroci la mia strada succedono sempre cose -»

«Cose divertenti!» precisa lei, battendo le mani entusiasta.

«Non è stato divertente ubriacarsi, ballare con te sopra un tavolo e ritrovarsi in quella penthouse di Las Vegas»

«Per me lo è stato» i suoi occhi neri brillano e si assottigliano.

«Non ne ho alcun dubbio, ricordo ancora te e quei due ragazzi, nudi, su quel divano di pelle» rabbrividisco, quella scena torna a tormentare la mia mente.

«Avresti potuto unirti anche tu...avere più uomini che soddisfano ogni tua voglia rende tutto ancora più divertente»

«No grazie. Lo sai che sono impegnata» le ricordo.

«Avanti dopo tremila anni...non hai voglia di provare qualcosa di diverso?» i suoi corti capelli biondi risplendono, colpiti degli ultimi raggi di Apollo.

«No, grazie» rispondo «E non serve a nulla insistere. Nulla di quello che potrai dirmi mi farà cambiare idea Afrodite»

«Jimin, per favore chiamami Jimin»

«Jimin?» piego la testa di lato «Ti fai ancora chiamare con quel nome? Pensavo fosse una cosa passeggera, un nome di una sera».

«A dire la verità mi piace» la Dea alza il mento fiera «Al giorno d'oggi gli asiatici stanno spopolando e con i miei lineamenti mi confondo bene tra loro».

«Se lo dici tu»

«Anche il tuo Hades potrebbe avere molto seguito tra le ragazze umane di quest'epoca. Forse dovrebbe farsi qualche piercing e un bel tatuaggio, in modo da accentuare il suo lato oscuro ma...» si morde il labbro inferiore, le piace punzecchiarmi «Quei capelli neri, gli occhi magnetici, la mascella ben squadrata, il fisico muscoloso...» un brivido la scuote da capo a piedi.

«Hades è mio, solo mio e ora scusami Afrodite ma -»

«Jimin » mi corregge subito.
Sospiro.

«Scusami, Jimin, ma ho un appuntamento che attendo da sei mesi e non ho alcuna intenzione di arrivare in ritardo»
Lei sorride, radiosa.

«È oggi?» chiede, gli occhi luminosi.
Annuisco.

«È oggi»

«Allora va...corri da lui! Ci vediamo in primavera Persephónē!» mi incita con le mani.

«Ci vediamo in primavera Jimin»
Sorridiamo entrambe.

«Mi raccomando però...basta figli...tre sono abbastanza!» mi raccomanda.

«Dici?» probabilmente ha percepito il desiderio che aleggia nel mio cuore da qualche tempo.

«Voglio potermi ubriacare ancora con te il prossimo anno, le feste che passiamo assieme sono sempre le più divertenti, quindi sì...tre sono abbastanza»

«Chi lo sa Jimin...chi lo sa...forse questa volta potremmo farcela anche senza la tua benedizione...alla fine il mondo sta cambiando...noi stesse stiamo cambiando» e dopo aver detto quelle parole le sorrido ancora una volta, prima di iniziare a correre lungo il marciapiede e raggiungere il vecchio edificio in fondo alla strada.

Con il cuore che rimbomba nelle orecchie supero il cancello semiaperto e, assicurandomi che nessuno mi veda, mi inoltro nella vecchia centrale abbandonata.
Cammino lungo il corridoio principale, la polvere si solleva dietro i miei passi.
«Sono qui» dichiaro quando raggiungo l'ampia stanza circolare.
Nello stesso momento Apollo fa tramontare il sole, i raggi luminosi smettono di entrare dalla cupola di vetro e una voragine si apre sotto i miei piedi.
il mio cuore esplode di gioia.
Alzo lo sguardo, la prima stella della notte compare davanti ai miei occhi e un secondo più tardi due mani calde mi afferrano, trascinandomi verso il basso.

«Mi sei mancata» sussurra direttamente sulle mie labbra.

«Anche tu amore mio» rispondo.

Una manciata di secondi più tardi mi ritrovo nel mio letto, le labbra di Hades premono prepotenti contro le mie, le sue mani hanno già tolto il mio giubbetto di pelle, il suo corpo si struscia bisognoso contro il mio.
Faccio scivolare le unghie nella sua schiena, nuda, fino ad affondare le dita tra le sue piume. Ho desiderato farlo ogni notte, di ogni mese.

Lui geme, eccitato, frustrato. Il suo membro, già teso, infatti preme contro il tessuto del mio corpetto. Non è riuscito a posizionarsi tra le mie gambe a causa della gonna stretta che indosso e non poterlo fare gli sta facendo perdere il lume della ragione. Lo sento strofinarsi con vigore, impaziente. Sorrido. Ormai lo conoscono come me stessa. Forse più di me stessa.

Con i denti gli mordo il labbro inferiore, lui soffia come un serpente. Mi vuole, lo sento che mi vuole, e io voglio lui.
Affondo la lingua nella sua bocca, lo assaporo, gli faccio sentire tutto il mio desiderio e mi struscio sotto di lui, come una gatta. Il suo corpo è caldo, possente, muscoloso.

Le sue ali fremono tra le mie dita, inizia ad ansimare. Mi mancava sentirlo ansimare.
Per un istante penso di interrompere il nostro bacio, per far scivolare la gonna lungo le mie cosce e permettergli così di raggiungere la mia femminilità bagnata, ma faccio appena in tempo a pensarlo che l'aria calda degli Inferi mi accarezza le gambe nude.

«Hades!» protesto mentre il tessuto nero della mia costosa gonna vola oltre la mia visuale.

«Non resistevo più...Lilith» ringhia uno dei miei tanti nomi direttamente contro le mie labbra, poi affonda una mano tra i miei capelli e mi bacia. La sua lingua si insinua nella mia bocca come un serpente, il gusto del melograno mi inebria i sensi.
Fremo.
Le sue dita si stringono attorno alla mia nuca, mentre il suo bacino si fa spazio tra le mie gambe. Il suo membro sfiora le mie pieghe calde e la mia femminilità si contrae.
«Negli ultimi anni sei diventata sempre più sfrontata» sussurra, scostandosi dalle mie labbra e iniziando a baciarmi il collo «Adesso ti presenti persino senza intimo?.

«Ti ho detto che non sono più una dolce ragazzina ingenua, ma una donna che sa cosa vuole» le sue labbra calde abbandonano di nuovo la mia pelle e io tremo nel sentire il suo alito solleticarmi la clavicola.

«E cosa vuole la mia bellissima regina?» mi fissa, a pochi centimetri di distanza. I suoi occhi neri per un istante mi incantano, persino dopo tutti quegli anni non riesco a non cader vittima del loro charme.

«L'unica cosa che voglio...» con le mani gli accarezzo i dorsali, gustandomi la sensazione dei ventri muscolari contratti sotto le mie dita.
«L'unica cosa che desidero...» allargo le gambe, muovendomi vogliosa contro di lui.
«L'unica cosa che bramo...» mi sollevo quasi impercettibilmente dal materasso, fissandolo piena di lussuria.
«Sei tu!» con un movimento fulmineo affondo le unghie nella sua schiena e mi spingo verso l'alto.

Lui potrebbe fermarmi senza problemi. Con la sua forza potrebbe afferrarmi, premermi contro il materasso. Potrebbe rimettermi al mio posto, dominarmi, sovrastarmi. Potrebbe ricordarmi che è lui il maschio, che è lui quello che dovrebbe condurre questo gioco, che è lui il Dio forte e possente. Ma non lo fa.
Ormai sono anni che non lo fa più.
Da quando ha capito che amo dominarlo, da quando ha capito che adoro sentirlo gemere sotto di me, da quando ha capito che solo il pensiero di cavalcarlo come uno stallone selvaggio mi fa tornare da lui vogliosa e lasciva, mi lascia fare.
Mi lascia fare e mi asseconda.

Lo spingo di lato, lo distendo con la schiena sul nostro letto e mi metto a cavalcioni del suo bacino. Poi lo osservo.
Lui allarga le ali, le piume nere si mostrano in tutto il loro splendore e io mi bagno. I miei umori colano copiosi tra le cosce e lui sorride, sornione.

«Ti piace quello che vedi?»

Mi mordo il labbro mentre gonfia il petto e incrocia le mani dietro la testa. I muscoli guizzano, come animali in gabbia, e rimango in totale ammirazione.
Il mio sguardo passa i suoi bicipiti, le spalle larghe, i pettorali scolpiti, i capezzoli turgidi, la vita stretta, gli addominali perfetti, e non si fermano. Tornano indietro, ripercorrono la strada che vorrei tracciare con la punta della lingua, con le labbra, con i denti, per dimostrare che è mio, che dopo tutti quei secoli è ancora solo e soltanto mio.
Mi fermo quando raggiungo i suoi occhi. Quegli occhi bui come la notte, scuri come il mare d'inverno, neri come le sue piume e non resisto un secondo in più.

Afferro la cerniera laterale del corpetto e la tiro verso il basso.

Hades mi osserva, bramoso, ma non gli lascio nemmeno il tempo di scrutare il mio corpo che si mostra dopo tanti mesi ai suoi occhi. Come una pantera mi fiondo contro di lui.
Affondo la lingua nella sua bocca, le mani nei suoi capelli e mi struscio. Appiattisco tutto il corpo contro il suo e inizio a muovermi.
Strofino i capezzoli contro il suo petto glabro, il ventre contro gli addominali scolpiti e la femminilità contro la sua virilità.

Lui geme.

Geme e non mi ferma, anzi. Con le mani percorre tutta la mia schiena, si sofferma sui miei fianchi per alcuni secondi e poi mi afferra le natiche. E mi spinge. Mi spinge contro di lui. Contro il suo corpo. Contro il suo membro.

«Fammi tuo Kore...fammi tuo» geme mentre con le labbra inizio a baciargli la mascella, e poi giù lungo il suo collo, lungo la sua carotide, fino ad arrivare al neo scuro, quel piccolo neo che succhio e mordo con lussuria. Adoro quel particolare.
La sua lunghezza pulsa verso l'alto, le sue unghie affondano nella mia carne e io grondo i miei umori su di lui.
«Kore» affondo i denti ancora più in profondità.
«Kore...» succhio la sua pelle senza sosta.
«Lilith» gli strizzo i capezzoli con forza.
Le sue ali si muovono, il suo busto viene spinto verso l'alto, lui reclina la testa all'indietro.
Un basso gemito animalesco echeggia tra le pareti della nostra stanza e sorrido. Ora mi implorerà, lo so che lo farà. il Dio degli inferi mi implorerà e io come ogni volta godrò nel sentire le sue parole di supplica, nel vederlo agognare il mio corpo, nel percepirlo bisognoso, di me.
«Ti prego»

Lo sapevo.

«Ti prego prendimi» torno a succhiargli il collo, lui si irrigidisce.
«Ti prego fammi scivolare dentro di te» lo mordo ancora, ansima roco.
«Ti prego mia stupenda regina fammi tuo...fammi tuo...fammi - » un brivido scorre lungo il suo corpo, le ali vibrano.
Sta raggiungendo il limite.

«Sei mio Hades?» sussurro quelle parole direttamente sulle sue labbra, prendendogli il mento tra le dita. L'altra mano si sta già portando lentamente verso il basso.

«Sì Kore..sì»

Con i polpastrelli mi soffermo sui suoi addominali. Sono tonici, perfetti. Per un istante penso di gattonare all'indietro e leccarglieli, in modo da prolungare quella soave tortura ancora per qualche minuto, ma lui ansima il mio soprannome prima di mordersi il labbro con forza.
Meglio non indugiare oltre.
«Ti ho detto che è arrivato il momento di non chiamarmi più così» con la mano scivolo lungo il suo pube, la lieve peluria scura mi solletica i polpastrelli.

«Ma ai miei occhi tu sei sempre - »

Non lo lascio finire. Con una potente contrazione di addominali mi scosto dal suo corpo e mi sollevo sulle ginocchia. Poi gli afferro la base del membro e senza aspettare un secondo in più mi calo su di lui.

Ansimiamo entrambi.

La sua punta, turgida, si fa spazio tra le mie pieghe e quando oltrepassa la mia entrata un potente brivido mi fa contrarre attorno alla sua carne, accentuando ancora di più le sensazioni che sto provando.
La virilità di Hades, infatti, mi colma, mi allarga, mi riempie.
La sua carne pulsante si fa strada tra le mie pareti ed entrambi, per un istante, ci dimentichiamo di respirare, completamente sopraffatti da quella soverchiante estasi che proviamo ogni volta in cui ci uniamo.

«Kore» ansima lui, affondando le unghie nelle mie cosce.

«Non chiamarmi più Kore» ripeto calandomi completamente.

Le mie natiche sfiorano le sue gambe ma non rimango ferma per molto. Poso una mano al centro del suo petto, l'altra sul suo quadricipite e poi inizio a muovermi.
Mi godo i nostri gemiti, i nostri corpi che si fondono, le nostre anime che tornano ad essere una sola. Non ci hanno divisi, non sono mai riusciti a dividerci.
Faccio scivolare il suo membro dentro la mia carne, con foga, con regolarità, con gli stessi movimenti lascivi che ho visto compiere da Afrodite mesi prima e lui va completamente in estasi.

Le sue dita affondano nella mia pelle, le sue ali fremono senza sosta, il suo torace si espande sempre più velocemente. Gli sta piacendo, eccome se gli sta piacendo. E piace anche a me. In quella posizione, infatti, il suo membro stimola non solo le mie pareti interne ma anche la mia perla esterna e quella sensazione mi da alla testa.
Gli graffio il petto, mi sporgo all'indietro, inclino il bacino e quel lieve spostamento mi provoca una scarica di piacere talmente intensa che persino le punte dei miei piedi si tendono. E lo sento, il caldo mare dell'orgasmo che monta tra le mie cosce.
Il suono provocato dalla mia femminilità si unisce a quello dei nostri respiri, sempre più rochi, sempre più affannati e il profumo dei fiori inizia a mescolarsi a quello più acerbo del sudore.

«Kore» chiude gli occhi.

«Non chiam-» mi manca il respiro.
Hades solleva le ginocchia, io scivolo lievemente in avanti e il Dio degli inferi mi afferra i fianchi. Poi muove il bacino verso l'alto, assecondando i miei ondeggiamenti.
Urlo il suo nome, inarcandomi all'indietro.
Il suo membro penetra con prepotenza dentro di me. Uno, due, tre, quattro volte.
Il fuoco tra le mie gambe diventa ingestibile.
Porto la mano sinistra lungo il mio corpo, la faccio scivolare tra i miei seni, lungo il mio ventre, oltre il mio pube e mentre cavalco Hades con vigore inizio a toccarmi. Inizio a toccarmi e mi bastano pochi secondi, poche spinte, pochi movimenti circolare per far esplodere il mio piacere.

Tutti i miei muscoli si contraggono, il cuore aumenta il suo ritmo e il respiro si ferma mentre con l'ennesimo dondolio Hades mi riempie. E io mi libero.

L'orgasmo mi sovrasta, intenso, rapido, violento. I miei umori colano copiosi e le mie pareti si contraggono mentre urlo il nome del mio amato, completamente in estasi. Ma non mi fermo. Sebbene la mia vista sia offuscata, sebbene il mio respiro sia ansante, sebbene il mio corpo sia un fascio di nervi e muscoli non mi fermo e lo cavalco, con più vigore, con più passione, con più rabbia.
Lo cavalco e faccio perdurare le onde di quel piacere per dei lunghissimi secondi, lasciandomi completamente colmare da quella sensazione che non provavo da tempo. Da troppo tempo.

Lui mi chiama ma io sono completamente persa nel mare del piacere.
«Kore» la sua voce sembra un eco lontano.
«Kore» i suoi gemiti si mescolano ai miei.
«Kore» il suo respiro mi sfiora le labbra «Se continui così vengo».
Apro gli occhi, trovando il suo bellissimo viso a pochi centimetri dal mio.
Per un istante mi blocco, seguendo ammaliata il tragitto di una piccola gocciolina di sudore che si stacca dai suoi ciuffi corvini e si posa sulle sue labbra.

«Ti amo...Ti amo Hades» sussurro «Vuoi fare un altro figlio con me?».
A quella domanda i suoi occhi si illuminano e non mi serve sapere altro.

Con le mani afferro il suo volto e lo bacio, mentre torno ad ondeggiare sopra il suo corpo, mentre le sue mani sfiorano i miei fianchi, mentre i nostri respiri si mescolano, mentre il suo seme mi riempie.
Hades, infatti, non resiste.
Con le mie pareti che lo stringono, con il mio odore che lo inebria, con il mio gusto che lo sazia e con i miei gemiti che rimbombano nelle sue orecchie, viene. Viene e ancora una volta quel seme che dovrebbe essere infecondo, attecchisce, generando una nuova vita. Un altro frutto del nostro amore.

Esausti cadiamo sul materasso, tra le lenzuola stropicciate che profumano di noi.
Con un movimento delicato il Dio fuoriesce dal mio corpo, mi rannicchio contro di lui, addossandomi completamente al suo busto. Le ali nere mi ricoprono immediatamente.

«Mi sei mancato da impazzire» mormoro prima di baciarlo teneramente.

«Anche tu mi sei mancata» risponde, spostandomi i capelli dietro le orecchie.

«Ti piace il mio nuovo taglio?» domando notando come ha arricciato le labbra quando il ciuffo che ha provato a sistemare ricade lungo la mia guancia.

«Tu sei sempre bellissima mia dolce Kore»
Arriccio le labbra.

«Immaginavo non ti piacesse»

«Mi piace...mi piace, ma ti fa più aggressiva»

«Era quello che volevo. Così finalmente capirai che non sono più una fanciulla, sono una donna, una donna emancipata, come le umane di questo secolo»
Lui ridacchia divertito.

«La compagnia di Afrodite è pericolosa. Rischio di ritrovarmi pieno di piercing e tatuaggi»

«Potrebbero starti molto bene» gli accarezzo il braccio.

«Allora se non sei più una fanciulla, come dovrei chiamarti adesso?» mi pone quella domanda mentre con le dita scivola lungo le mie gambe, tracciando dei piccoli disegni irregolari. La mia pelle si incendia a quel contatto e intuendo che a breve sarà nuovamente eccitato torno a parlare.

«Ho scoperto di una leggenda su di noi» lo guardo dritto negli occhi «Una leggenda che sembra originaria dalla Corea, un piccolo staterello dell'Asia»

«Davvero?» alza il sopracciglio destro, incuriosito.
Annuisco, mentre con le dita gli accarezzo il petto.

«Narra di una bellissima fanciulla che viene scelta in sposa da uno dei sette re degli Inferi»

«Qual'è il suo nome?»

«Quello del re?» fingo di non capire «Jungkook» aggiungo con un sorriso.

«Quindi io sarei Jungkook?» lui rimane al gioco.
Annuisco, sorniona.

«E tu? Qual'è il nome che hanno attribuito a questa bellissima fanciulla?» domanda, chinandosi verso le mie labbra. Il suo membro che torna a premere contro il mio ventre.

«Il nome della fanciulla? Quella nata dai boccioli di un albero di ciliegio?»
È il suo turno di annuire.

«Il suo nome» sussurro, avvicinandomi alle sue labbra.
«Il nome della fanciulla» il mio respiro si mescola al suo.
«Dovrai scoprirlo da solo» un secondo più tardi torno a baciarlo e sorrido pensando che in quella leggenda, il mio nome significa "Amore".



-FINE-





E anche questa mini è giunta al termine.

Alla fine l'amore tra Hades e Persephónē si è dimostrato più forte di quanto immaginato da Demetra ed è sopravvissuto immutato nei secoli. Siete felici?

Spero che questo breve racconto ispirato al video musicale di "Standing next to you" vi sia piaciuto (se sì fatemelo sapere!) e che la mia idea di mescolarlo ai miti greci sia riuscita (in caso contrario sappiate che ci ho provato con tutta me stessa).

Ma ora vi lancio una sfida: siete riuscit* a capire il nome di Persephónē ? Come è stata chiamata in questa nuova leggenda?

Grazio chiunque abbia letto questa breve storia e vi prometto tornerò con qualche altra mini!

Nel frattempo vi auguro di passare delle bellissime feste e se ancora non lo avete fatto: comprate LUNAR ECLIPSE su Amazon! ahahahahaha

Per chi di voi segue anche Yellow Rose ci vediamo alla Vigilia di Natale.
Per tutt* gli/le altr* vi auguro un Buon Natale!

Un abbraccio

A.


ps: il quadro che viene citato nella storia esiste davvero. Chi di voi lo conosceva?

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