---. ---

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng


N E B E L

---.

---



Amburgo, 27 Aprile 1987

[È una giornata fosca come le altre,
sento il bisogno di scrivere qualcosa
che mi porti un po' di luce.

Richard, chissà perché mi sei venuto
in mente proprio tu.]



Der Tod in Hamburg
di Sonne Rothberger


[...] la gente civile che si abbandona a una gioia sensuale e spensierata mi rallegra in modo distaccato. Posso osservarla senza parteciparvi. I bambini sguazzano a riva del fiume, costruiscono castelli di sabbia nella rena bruna, ribaltano una vecchia barca verniciata di rosso e blu e giocano a fare i pirati, o gli esploratori, liberi dalle assillanti preoccupazioni dei genitori. Essi invece se ne stanno coricati sui teli da spiaggia con le braccia dietro il capo e gli occhiali da sole o conversano di futilità con altri adulti. Mi ricorda, con i dovuti ridimensionamenti, le domeniche sulla minuscola spiaggia dell'Elba a Dresda. Lo stesso fiume collega queste mie due città, come se un giorno imprecisato vi fossi caduto dentro e le sue acque, dal cuore dell'Europa, mi avessero fatto scorrere fin qui. Il fiume non distingue tra Est e Ovest.

Per nessuno su questi lidi, se non per me, la nudità è un problema. Mi rendo conto che si tratta di quel tipo di libertà concessa da certi luoghi e, soprattutto, dall'elemento dell'acqua, ma neanche in questo caso riesco a farmi coinvolgere. Il mio elemento, dopotutto, è un altro. La sua, una libertà che non posso esercitare né tollerare.

Nella calura di luglio l'Elbstrand si affolla sempre di più [affolla? Un verbo migliore?]. Non credevo che sarebbe stata una giornata tranquilla, non mi sono mai illuso a riguardo. Mi sono volontariamente mescolato a questa confusione nella speranza di incontrarlo di nuovo. A quanto mi hanno riferito, si ritrova spesso qui con i suoi amici.

Mi stupisce che dai bar poco lontani, rialzati su delle piattaforme di legno, si levi della musica classica anziché una canzone estiva, e che la clientela intenta a trangugiare bevande ghiacciate non se ne lamenti. Ascoltando con più attenzione, riconosco la sinfonia diffusa dalle casse in questo momento: la numero cinque di Mahler, che inaspettatamente riesce a instillare nel mio torpore, come l'ago di una siringa, un principio acuto di estasi. È una sensazione che conosco; è ciò che mi provoca l'incontrarsi dell'arte con la vita.

Decido di rimanere. Giungo le mani in grembo e lascio scivolare ancora il mio sguardo sullo spazio circostante. Mi godo questa semplicità, che racchiude il tutto e il nulla, pensando che un giorno sarò in grado di rifletterla in modo naturale e senza sforzo nel mio lavoro. Non potrei aspirare ad altro. In un certo senso, è un anelito alla perfezione.

È proprio sulle note di Mahler che lo vedo. Mi ricompongo e spalanco il giornale davanti al volto, così da poterlo osservare di sbieco senza essere osservato di rimando. È arrivato in spiaggia in questo istante con un folto gruppo di amici dell'università, in un orario affatto tardo per chi, come loro, è dedito a feste e uscite notturne e s'addormenta tutt'altro che presto.

La sua figura spicca su ogni altra. Scalzo e già in costume, pronto ad immergersi, la pelle unta di crema protettiva che riluce come una scultura d'alabastro, i tre tatuaggi che posso studiare solo adesso nella loro interezza; si muove pigro, ma anche leggero e orgoglioso, come se quel luogo in cui tutto è combinato, natura, città e socialità, fosse il suo dominio. Ride sguaiato ad alta voce, un tratto che rende umana la sua divinità, e il viso si tende insieme a lui mentre avanza nell'acqua scura. Nel guardarlo provo un turbamento che è anche felicità, un riguardo e un pudore verso tutto ciò che non sarò mai e che lui rappresenta senza il minimo sforzo. Non avrei mai immaginato che una creatura così aderente alla mia fantasia potesse esistere al di là dei pensieri, della carta su cui li riverso. P̶r̶e̶n̶d̶o̶ ̶i̶n̶ ̶c̶o̶n̶s̶i̶d̶e̶r̶a̶z̶i̶o̶n̶e̶,̶ ̶r̶i̶v̶e̶n̶d̶i̶c̶a̶n̶d̶o̶ ̶u̶n̶ ̶d̶i̶r̶i̶t̶t̶o̶ ̶s̶u̶ ̶d̶i̶ ̶l̶u̶i̶:̶ ̶è̶ ̶s̶t̶a̶t̶o̶ ̶c̶r̶e̶a̶t̶o̶ ̶p̶e̶r̶ ̶m̶e̶.


["Ma la volontà schietta e severa che per oscure vie era riuscita a portare alla luce quella divina scultorea figura, non era per lui, per l'artista, qualcosa di noto e familiare? Non operava anch'essa in lui, quando, colmo di sobria passione, dal blocco marmoreo del linguaggio egli liberava l'agile forma che aveva mentalmente contemplato per poi presentarla agli umani quale effige e specchio di spirituale bellezza?"
– Thomas Mann, Der Tod in Venedig]


Gli amici ne gridano il nome sventolando le braccia per richiamare la sua attenzione, «Richard! Richard!», due sillabe che riescono ad essere melliflue e dure allo stesso tempo, adeguate a lui; tendo l'orecchio per afferrarle e rigirarmele nella testa finché non appartengono un po' anche a me.

Richard sembra deciso a ignorarli. Si allontana con diverse bracciate, più degli altri bagnanti. Mi viene quasi da pensare che voglia raggiungere la sponda opposta a nuoto, ma poi torna indietro.

«Richard, vieni a giocare a beach volley!» lo chiamano ancora i compagni.

Egli infine li asseconda. Una volta fuori dall'acqua si scrolla i capelli dorati, grondanti, e si affretta a correre da loro, che si sono posizionati sul lato della spiaggia più a ridosso della strada, dove è piantata una rete e sono maldestramente segnati i confini di un campo da gioco. Si dividono in squadre da cinque, cominciano a impartirsi ordini e regole, fioccano le risate, che tuttavia non smorzano la competizione. Richard è sempre protagonista. È uno dei primi a battere la palla. Sono costretto a ruotare di più la testa per guardarlo meglio. I muscoli giovani e instancabili gli rendono le movenze piuttosto brusche, come se la sua intenzione andasse sempre più in là del suo corpo, quando cammina e quando salta nella luce del sole, così affamata che vorrebbe divorarlo.

Il suo nome è quello che più risuona sulle bocche degli amici. Lo cercano, lo ammirano, se lo contendono. A partita ultimata sono tutti imbrattati di sabbia. Ha vinto la sua squadra. Qualcuno lo prende sulle spalle e io mi dico di distogliere lo sguardo, perché da quell'altezza Richard potrebbe accorgersi di me.

Fingo con più solerzia di leggere il giornale, ma mi limito, in realtà, a fissare le parole stampate. Mi domando come reagirebbe Richard se sapesse che l'uomo a cui ha salvato la vita lo segue da giorni, che avrebbe potuto andarsene ma è rimasto ad Amburgo per lui, eppure non osa avvicinarglisi nemmeno per parlargli o ringraziarlo.

Non faccio in tempo a voltarmi di nuovo verso di lui, dopo qualche minuto, che noto uno dei suoi compagni, mingherlino, con la capigliatura castana e il mento imberbe, slanciarsi verso di lui e baciarlo sulle labbra.

Ingoio la sorpresa e subito mi sento tentato di minacciarlo con un dito. Mi viene in mente suo padre, Eduard, come se ne stessi facendo le veci e dunque mi fosse riservato il dovere di disapprovare. Potrebbe risiedere qui l'origine del loro conflitto.

«Ho capito che sei felice per la vittoria, ma...» mi pare di sentire da parte di Richard, divertito, anche se per un momento è a disagio, sorpreso almeno quanto gli altri. C'è la possibilità che l'intera spiaggia li abbia visti. Non sono il solo a guardarli, ci sono delle ragazze poco lontane... Poi Richard scuote la testa ridendo. «Cazzo, conservati l'elemento sorpresa per stordire l'avversario nella prossima partita.» Gli lancia una sorta di occhiata complice mentre gli circonda le spalle con un braccio, di certo non come farebbe un amico, anche se è ciò che vuole simulare.

Vorrei tornare a dedicarmi alla lettura, ma non sono in grado di staccarmi da questo tripudio di nuove informazioni su di lui. Sono assetato di dettagli di Richard. Potessi osservarlo in silenzio per il resto dei miei giorni, non mi tirerei indietro. Lo imparerei a memoria solo per poterlo descrivere fedelmente con la parola, ma so che ci sarebbero sempre nuovi particolari da scoprire, e che il linguaggio non gli renderebbe giustizia in ogni caso.

Richard torna alla zona dove hanno lasciato gli zaini. Dal suo sfila un pacchetto di sigarette, se ne accende una e si stende sul proprio telo, simile a un lenzuolo bianco, ma reggendosi su un gomito. Un che di acerbo eppure primigenio anima la sua figura, mi ricorda quei quadri che rappresentano in scene bucoliche la nascita degli dei.

Gli amici tornano da lui, non riescono a stargli lontano. Una ragazza della comitiva estrae dalla propria borsa termica un contenitore con della macedonia e la offre agli altri. Richard, appena finita la sigaretta, allunga il braccio verso di lei e pizzica dal mucchio una grossa fragola matura. La morde su un lato. Il succo gli lascia un alone rosso intorno alla bocca.

C'è un impulso indicibile che mi colma fin nello spirito e che mi spaventa spiegare. So soltanto che ha a che fare con il sacrificio di uno scrittore: essere schiavo di chi possiede la bellezza e la vita nella sua forma più limpida ed esser condannato a ricrearle per illudersi di poterle possedere di riflesso.



Amburgo, 19 Giugno 1987

[Non finirò mai questo racconto.
Meier dice che ha del potenziale,
ma mi blocca l'idea di morire
tra le mie pagine.]




Intreccio:

-Introduzione sulla vita da scrittore del narratore, affetto da problemi cardiaci. Ha deciso di frequentare l'università ad Amburgo per allontanarsi da casa e provare nuove esperienze, emanciparsi da se stesso.

-Resoconto fedele del salvataggio dall'incendio. [Risolvere il problema dello zaino: cosa conteneva?]

-Scena in ospedale, ingresso del padre di Richard, litigio tra Eduard e Richard.

-Il narratore decide di tornare a casa, a Brema, ma incontra Richard sulla metro mentre si dirige alla stazione e il suo saluto lo spinge a restare (si accorge inoltre che il treno è stato cancellato, l'imprevisto gli dà il pretesto per non partire).

-Il narratore inizia a seguire Richard, Richard non si accorge quasi mai della sua presenza, né interagiscono in alcuna occasione se non talvolta per salutarsi. Scena sull'Elbstrand. [Come posso trasformare il "Ti amo!" che Aschenbach rivolge a Tadzio?]

-Al telegiornale il narratore scopre che per via dell'anomala calura estiva sono aumentati gli incendi ad Amburgo [Detta così sembra una sciocchezza. Il punto non è essere realistici, l'incendio è il leitmotiv del racconto. Risolvere il collegamento con Mann: a Venezia si cerca di nascondere l'epidemia di colera per non far fuggire i turisti]. Al narratore piace pensare che la sofferenza della città sia speculare alla sua sofferenza interiore: per il suo rapporto con il fuoco e per l'ossessione bruciante nei confronti di Richard.

-Scena in cui il narratore e Richard si incontrano in un locale dove sta suonando una band del genere che piacerebbe a lui. Di nuovo, non ci sono particolari interazioni. La notte stessa, il narratore sogna orge dionisiache come Aschenbach.

-Il narratore inizia a preoccuparsi del proprio aspetto fisico, in particolare della corporatura e della cicatrice sul volto (compra del trucco per coprirla), come se volesse risultare piacente agli occhi di Richard.

-Durante l'ennesima giornata in cui il narratore segue Richard per le strade di Amburgo, entra in ???, che sta per prendere fuoco. Quando avviene l'incendio, il narratore rimane intrappolato all'interno e muore. Richard è rimasto fuori per miracolo. L'ultima cosa che il narratore vede è Richard che gli fa un segno che non capisce, come se stesse indicando il cielo, un ideale irraggiungibile e ultraterreno. Il cerchio si chiude.



Appunti:

Troppo, troppo autobiografico. Autobiografico in modo scomodo. Sto inserendo cose di me che la gente non dovrebbe mai venire a sapere, eppure non posso fare a meno di scriverle, perché fanno parte del senso del racconto! E se Richard o un suo parente lo leggesse, un giorno? Potrebbe denunciarmi per averlo scritto senza il suo consenso. O addirittura pensare che lo seguissi davvero. Ho insinuato che sia omosessuale. Dovrei cambiargli nome. Ma con quale coraggio? Il nome è l'unica cosa che posso toccare di lui, tutto ciò che mi resta (non sono neanche sicuro del cognome). Se gli togliessi anche quello...

Nomi alternativi: ?

Cognomi: Wagner, Waigel, Walter, Weber, Weigl, Weiner, Weißer, Wendt, Werner, Westphal, Wilke, Winkler, Winter.









Brema, 2 Marzo 1982

[Dovrei smetterla di scrivere di padri.]



Der Alptraum der Väter – titolo provvisorio
di Sonne Rothberger
(alias Stefan Radnitz)



["Fra i prati tenue e piena di promesse
correva come un lungo segno bianco
l'incerta traccia della sola strada."
– Rainer Maria Rilke, Orpheus. Eurydike. Hermes

"In principio era il Verbo, e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, con Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla di ciò che esiste è stato fatto.
In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre, e le tenebre non l'hanno sopraffatta."
– Giov. 1, 1:5]



[...] è arrivato il tempo di fuggire.

La ragazzina riempie lo zaino alla rinfusa, con i vestiti che sfila senza criterio dall'armadio, tenendo i soldi che ha sottratto a Günther sul fondo, avvolti dai calzini. Suo padre aveva sempre voluto che a lei andassero gli abiti meno rovinati della casa, forse perché temeva che se l'avesse trattata come gli altri figli la Mia ira si sarebbe abbattuta su di lui. Tuttavia, gli uomini come lui non sanno che ogni loro azione avviene già per Mia volontà, che non esiste alcun libero arbitrio.

Lei invece sa.

Ha capito, e lo accetta.

Adesso si allontanerà dalla foresta e, quando questo racconto sarà finito, troverà la libertà perché le è destinato un futuro persino a Me imperscrutabile. È l'unica a cui la concedo, perché è vero che è colei che amo di più.

Nella luce tetra dell'alba, che è simile alle Mie mani, alle Mie dita che cercano di sfiorarla oltre i rami degli alberi riuscendo a raggiungere a stento le finestre della casa, ella si siede un'ultima volta sul letto con lo zaino in grembo e il cuore sfrenato nella piccola cassa toracica, che presto sarà adulta, prima ancora che abbia modo di accorgersene, e il suo cuore batterà più lentamente, finché un giorno non sarà baciato dalla malattia, come Io l'ho baciato per crearla.

Fa per alzare gli occhi al cielo anche se il cielo non lo vede. Dio, almeno per stavolta, puoi assicurarmi che andrà tutto bene?, mi chiede.

Mia amatissima, non posso risponderti. Adesso dovrai cavartela da sola, vorrei dirle. So che il mio silenzio la sconforta. L'ultima volta che le ho parlato è stato per ordinarle l'azione fatale che ha ribaltato gli equilibri della casa. Tu che ti sei liberata del fardello del padre, vorrei dirle ancora, devi fare a meno anche di Me, che sono il tuo vero Padre. Questa è la regola della Mia misericordia. Sebbene anch'Io non desideri altro che parlarti, tu, unica Mia creatura a cui abbia mai rivolto la parola, rinuncio per amor tuo. Rinuncio.

Ora alzati e scappa. Rovescia questa culla.

Ella, rassegnata, si mette in piedi ed esce dalla stanza, tendendo l'orecchio verso le camere adiacenti dei fratelli, poi scende cautamente al piano inferiore con i passi inudibili di un felino.

Anche il corridoio del pianterreno è immerso nella quiete, ma la ragazzina si accorge subito che la botola della cantina è aperta e che qualcuno si è calato all'interno.

Trattiene il terrore risucchiando il respiro. Nessuno si era mai azzardato ad affrontare il buio della cantina, eccetto lei. Se adesso è aperta, ne deduce...

Dalla cucina ruba del pane, due mele e una borraccia d'acqua che ha già riempito la sera scorsa. Non indugia in ricordi, né teneri né spiacevoli. Imbocca l'ingresso senza riflettere oltre, ma sempre cauta. È importante che non sentano i suoi passi, in particolare il fratello cacciatore. Il tappeto rosicchiato dalle tarme la aiuta ad attutirli.

Infine apre la porta, così lentamente, per non generare il minimo rumore, che lo spiraglio d'esterno che le si schiude davanti sembra metterci un'eternità ad allargarsi abbastanza per far passare almeno un arto, una mano. Non può evitare un cigolio, ma è l'unico.

Non appena si immette nell'aria frizzante del mattino, delle lacrime mute iniziano a solcarle le guance da cerbiatta. Si guarda intorno, sul portico, dopodiché supera i gradini di legno e si mette a correre, attenta a non inciampare in rami, radici e pigne grigie cadute dagli alberi.

Corre lontano. Non volge neanche più lo sguardo indietro.

E Io mi fermo a pensare che sarà dura lasciarla.

Mia Galatea, Mia costola più preziosa, non dimenticarti mai di Me.



Amburgo, 14 Ottobre 1982

[Ho portato questo racconto con me
per finirlo, e in sostanza è finito,
ma dovrei risolvere una serie
infinita di buchi.

Adesso che ho cambiato città, casa
e abitudini, mi è passata anche
la voglia.]




Intreccio:

Vedi taccuino B.



Appunti:

Un altro racconto ambientato nella Foresta Nera. Sperando sia la volta buona. Potrebbe quasi essere un romanzo breve. Oppure potrei dedicare un'intera raccolta al tema della foresta (del segreto, dell'impronunciabile, della donna, dell'animale...). O ancora, scriverne altri dal punto di vista di me-Dio.

È̶ ̶s̶t̶r̶a̶z̶i̶a̶n̶t̶e̶ ̶p̶a̶r̶l̶a̶r̶e̶ ̶c̶o̶n̶ ̶q̶u̶a̶l̶c̶u̶n̶o̶ ̶c̶h̶e̶ ̶t̶i̶ ̶a̶m̶a̶ ̶i̶n̶c̶o̶d̶i̶z̶i̶o̶n̶a̶t̶a̶m̶e̶n̶t̶e̶.

NB: I fratelli si esprimono in modo troppo stereotipato a volte. Ah, e i loro sono nomi segnaposto. Li ho letteralmente pescati a caso dalla libreria. Devo sceglierne di più simbolici. Sono indeciso se lasciare la protagonista senza nome o meno. Se dovessi dargliene uno, la chiamerei di sicuro Vera, che in russo (верa) significa fede.

Il padre, invece, resta senza nome. La madre non ce l'hanno. Non è morta: semplicemente non ce l'hanno, è come se fossero nati tutti e cinque dal solo padre. Questo è l'aspetto del racconto che mi convince di più.

Quello che più mi dà da pensare, invece, riguarda le dinamiche intorno alla scomparsa del padre (a livello narrativo). Sono ancora indeciso sul ruolo della protagonista in proposito, devo persino capire se ciò che ha fatto di terribile abbia a che fare con lui o meno. La mia idea iniziale era che l'avesse ammazzato e che poi avesse nascosto il corpo in cantina. Voglio dire, ho già inserito tutti gli indizi che spingono in quella direzione. Penso che mi atterrò a questa idea, anche se significa dover scrivere da zero e aggiungere la parte dell'uccisione. Non ho ancora ben chiaro come sia avvenuta.









Note d'autrice (queste sono davvero le mie):

Sono emozionata. L'idea di farvi finalmente leggere questo capitolo mi riempie di gioia. Non immaginate quanto sia stato divertente scriverlo (ma anche una sofferenza, non è facile cercare di scrivere in uno stile non tuo... per di più di uno scrittore che dovrebbe essere di gran lunga più bravo di te lol).

Non voglio dire molto perché preferisco lasciar fare a voi tutti i collegamenti; i conti li faremo per bene nel prossimo capitolo, che spero di pubblicare il prima possibile.

I titoli dei due racconti di Sonne significano rispettivamente La morte ad Amburgo (ma lo sapevate già u.u) e L'incubo dei padri. Quest'ultimo mi piace molto, a differenza di Sonne che lo ritiene solo provvisorio, perché ha una doppia valenza (i padri come incubo / qualcosa che rappresenta un incubo per i padri) sia in italiano che in tedesco. Non ho scritto i racconti per intero perché, da come avrete capito, sono molto lughi, quasi come dei romanzi brevi, e soprattutto incompleti (per questo mai pubblicati). Di conseguenza ho preferito selezionare due stralci che si collegassero al capitolo precedente.

La struttura de La morte ad Amburgo è speculare a quella de La morte a Venezia, come ci illustra la scaletta di Sonne. L'incubo dei padri, invece, è stato scritto diversi anni prima, quando Sonne aveva appena iniziato a usare il suo pseudonimo. 

Ho immaginato che Sonne lasciasse delle note personali prima e dopo aver scritto un racconto, per datarlo, catalogarlo e sottolineare i suoi pensieri in merito al processo di scrittura o, in generale, le sue sensazioni. Immaginate i segni e gli interventi che compaiono nel testo come se li avesse messi lui a penna sulla carta ahahah ♥ Sul documento word l'impaginazione aveva molto più senso, ma ci accontentiamo dei mezzi a disposizione.

Potrei dire mille altre cose, ma mi fermo qui.

Voilà.

Un abbraccio. Spero di aver reso giustizia alla vostra curiosità.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro