Cyberpunk

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Le sinapsi spiccano nuovamente il volo dalla flatline e sbattono le ali al ritmo di luci strobo di mille colori che spargono i dati come rugiada colorata sulla trama frattale della pelle del vuoto.

Pronto? Pippo? Ti senti bene? Si sente bene? Qualcuno va giù a controllare?

Nella grande festa del santuario cibernetico alti bastioni di ICE nero come lavagna d'ardesia imbrigliano titani di feromoni che si vogliono alzare a tagliare via l'orizzonte, roboante di informazioni tenute a bada dalla velocità ermeneutica della fibra avvitata su sé stessa nella spirale infinita del samsara.

PIPPO! PIPPO! NON MI FARE SPAVENTARE! NON FARE LO SCEMO! ANDATELO A PRENDERE! DATEGLI QUALCOSA! SEDATELO! CHIAMATE UN DOTTORE PER FAVO...

Perché oggi è finalmente l'ora di dedicare una puntata al cyberpunk!

Ah.

Regia, ti vedo poco reattiva. Ci eravamo detti buio, luci al neon, flash sulla destra e ogni tanto immagini subliminali di videogiochi pixellati anni ottanta.

Quindi era oggi la puntata cyberpunk?

Regia! Dai che mi sento carico.

Buio. Luci. Colori. Suoni campionati a otto bit. Motivetto di TETRIS.

Il cyberpunk nasce con la pubblicazione, nel 1984, di Neuromante, romanzo immaginifico di William Gibson. Senza soffermarci troppo sulla storia quello che è importante di questo libro è il mondo che disegna, un mondo lontano dall'anno in cui è stato scritto, ma non poi così lontano, in cui le tecnologie e il capitalismo sono entrambi diventati ipertrofici e ingombranti e pesano sulle vite delle persone.

Cyberpunk è infatti un termine composto da due parti, entrambi importanti. Cyber e Punk. Cyber è quello che Gibson vede nel futuro della nostra tecnologia: ovvero una grande rete globale che convoglia le informazioni del mondo e che, per la sua estensione e complessità, è una specie di Far West in cui si muovono veri e propri banditi e cowboy. Punk invece è l'atteggiamento che i personaggi del libro finiscono con l'avere nei confronti di una società spersonalizzata e cinica, che li costringe a nascondersi nei suoi strati più bui e combattere per la propria auto-determinazione. E' un punk quindi strettamente politico che finisce con l'essere una critica nei confronti soprattutto del presente di Gibson e di quello che ai tempi stavamo diventando.

Quindi non era necessario farsi i capelli con la cresta e colorarli di rosso?

Direi di no, regia.

TRUCCOOOOOOOOO!

Prima di risolvere il tuo problema di parruccheria possiamo far partire l'effetto pioggia?

SCATASPLOSH. Cataratte d'acqua si riversano su Pippo Bergamon.

Sput! Sput! Coff! Coff! Il cyberpunk, dicevamo. Il genere si trova bene a mutuare certi stilemi del noir, essendo i suoi scenari spesso bui, illuminati solo dalla luce azzurrina di schermi video e popolati di angeli caduti senza ideali che arrancano per sopravvivere. Altro pilastro che ne ha definito l'immaginario è infatti Blade Runner, film di Ridley Scott uscito nel 1982 che, scostandosi di molto dal libro da cui è tratto, propone un mondo oppresso e opprimente, in cui l'industrialismo giapponese ha trionfato e le grandi aziende gravano sull'orizzonte con ciclopiche strutture che ne rappresentano il potere.

Colomba che si posa sulla mano di Pippo Bergamon.

Regia, c'è una colomba in studio e mi guarda con occhio poco intelligente.

Tienila lì che l'inquadratura è perfetta. La colomba ti impalla magnificamente, si vede praticamente solo lei, è come se non ci fossi. Siamo ad altissime vette di poetic cinema.

Non credo fosse questo lo scopo...

Metti più intensità nella voce e fai finta di niente.

Bisogna fare però attenzione a mettere in fila tutti questi elementi. Possiamo ben dire infatti che gli anni 80 e la cultura pop, entusiasti di questo immaginario composto di realtà virtuali, personaggi spezzati e vicoli bui, li hanno adottati e ne hanno fatto largo uso, ma molto spesso più che altro sfruttandone il feeling come ambientazione, ricalcandone le idee, ma senza sviluppare veramente i contenuti che la poetica sottesa promuoveva.. E' quindi mio preciso invito andare oltre William GIbson e Neuromante e scoprire quantomeno anche la fantascienza sociale di Bruce Sterling e i deliri neuro-linguistici di Neal Stephenson. Il cyberpunk racconta di come la tecnologia espanda la nostra mente e di come la nostra mente, espansa, rimanga sostanzialmente piccola e fragile. La sua vena pessimista, insomma, sembra un monito a non idolatrare le innovazioni e non abbracciarle acriticamente perché anche queste aumentano il nostro potenziale ma anche il rischio che perdiamo la nostra identità.

Questa frase non l'ho capita ma suona bene, quindi ora la condivido su instagram, poi metto lo screenshot sul twitter mentre apro un subreddit e provo a sentire cosa ne pensa mio cugino su Facebook.

Il cyberpunk è quindi un movimento fortemente anticipatorio? Domanda spinosa. William Gibson, che finché ha umanamente potuto si è sempre ostinato a scrivere con la macchina da scrivere, non è quello che si possa definire un tech-savvy e non possiamo negare che la sua analisi delle tecnologie informatiche è stata un po' avventurosa e ha finito per creare un'iconografia degli «hacker» che è proprio lontana da come questi sono poi in realtà. Dal punto di vista sociale, invece, il sopravanzare delle grandi multinazionali (zaibatsu) sullo stato di diritto è sicuramente intriso di quegli spettri propri delle ossessioni industriali del periodo in cui Neuromante è stato scritto. E' innegabile però che la rete pervasiva e assoluta, reale cosmo a sé con influenze sulla nostra vita, è in mezzo a noi con i suoi doni e i suoi frutti avvelenati. La realtà virtuale, che ha avuto diverse false partenze dagli anni 80 a oggi, forse sta arrivando finalmente a consolidarsi come opportunità di interfaccia credibile (nella sua forma più immersiva, con gli occhialini e il resto) e sebbene non renderà mai l'hacking divertente come cavalcare un drago comincia a offrirci la possibilità di esplorare universi lontani come anche vedere l'universo in cui siamo con diversi occhi. Allo stesso modo il conflitto tra stati e grandi aziende si va inasprendo sempre di più con le seconde che, pur non avendo velleità di «comprare» nazioni, si vedono sempre più strette nei limiti che il mondo attuale dà loro per agire.

Insomma, quello che il cyberpunk fornisce sono degli strumenti per affrontare una società che cambia e che senza aspettare di diventare un impero galattico si ritrova mutata dalla tecnologia e dalla potenza dei mezzi di comunicazione, inevitabilmente. Un processo che è difficile non vedere in quello che accade intorno a noi tutti i giorni.

Pippo, ma tu hai mai jackato? Hai mai zigoviaggiato?

...

Il piccione è ancora qui, regia.

Colomba.

Sempre qui rimane.

Cyberpunk non è solo letteratura, la sua ambientazione così viva è traboccata fuori dalle pagine e ha preso sede in pianta stabile in qualsiasi media. Nei videogiochi ha trovato il suo habitat naturale. A parte Cyberpunk 2077 (la cui uscita un po' ha ispirato questo articolo) ci piace ricordare, tra tutti, Beneath a Steel Sky, avventura grafica del 1994 ottimamente scritta. Lo stesso Cyberpunk 2077, poi, ricordiamolo, è basato su un gioco di ruolo che uscì non molto dopo Neuromante, nel 1988, con la data oggi poco sexy di 2020 e che negli anni ha riunito intorno a sé un buon numero di appassionati. Il cinema ha avuto poche opere che si possono considerare strettamente cyberpunk, la cui migliore è probabilmente Johnny Mnemonic, sceneggiata da Gibson stesso sulla base di un suo racconto breve. Sono invece moltissime le pellicole che ne hanno saccheggiato idee e immaginario fino naturalmente a Matrix in cui i riferimenti, nascosti e espliciti, proprio a Neuromante sono moltissimi. In un moto di orgoglio nazionale ricordiamo anche Nirvana, film italiano di Gabriele Salvatores che, pur conservando un carattere nostrano rilegge bene gli scritti di Gibson. Non voglio qui aprire, per ragioni di tempo, quello che è poi disceso dal suffisso -punk, primo fra tutti il genere steampunk, in cui Gibson e Sterling hanno messo lo zampino con La macchina della realtà.

Tutte le luci dello studio si accendono, la colomba vola via. Pippo Bergamon in tutina aptica aderente verde fosforescente-nero righe verticali che smagriscono e casco da realtà virtuale.

Adesso però cari miei mi sa che devo proprio immergermi nel pulsante oceano di scariche endorfiche nuotando nelle onde gozzoviglianti degli strati inferiori della metasfera cognitiva geodetica, accompagnato da delfini lisergici di ricostruzioni oniriche pentacostali accartocciate su sé stesse fino a divenire solidi impossibili tesserattici. La luce liquida del...

Pippo?

Sigla, regia, sigla.


Uno: si entra all'improvviso, si sfoggia un bel sorriso

E' solo col buon viso che si può giocare

Due: la scelta del prodotto, qualcosa che sia ghiotto

Gustoso, conveniente ma ridotto

Terzo: si studia l'etichetta, si stacca la linguetta

Possibilmente fatto in tutta fretta

Quarto: si fa un respiro forte, si passa fra le porte

Solamente allora potrai direFunziona, non suona

E allora, ancora


Regia...

Punkreas... credevo andassero bene.

Regia...

Come la cresta...

Lasciamo stare, regia.


Ora rientro fischiettando

Ma sottovalutando ciò che mi potrebbe capitare

Giro intorno agli scaffali, ricolmi di regali

Da offrire in occasioni un po' speciali

Forse per l'eccessiva fretta non bado all'etichetta

Conseguentemente alla linguetta

Quindi ripasso tra le porte, respiro meno forte

Ma sento che qualcosa non funziona

Suona, che pacco

Le mani nel sacco

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