³⁵. 𝘛𝘳𝘢𝘥𝘪𝘵𝘰𝘳𝘦

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

L'ordine di Jonas spezzò la calma cristallina che aleggiava in quella zona abbandonata di Malthesia. L'aria era elettrica, satura della pioggia appena cessata. Gli unici suoni udibili provenivano dai tabelloni della Chiesa e dal rumore del cuore di Eddie, che continuava a martellargli incessantemente nel petto.

- Andatevene - disse Rein, con una fermezza innaturale. - Sparite, o ci faccio saltare il cervello.

Eddie ricordò una frase che aveva letto su un libro di Florian, una volta. Puntami una pistola alla testa e pittura le pareti con le mie cervella. Non seppe perché gli stesse venendo in mente in quel momento. La sua psiche avrebbe fatto di tutto, pur di non ricordare di essere con la tempia a dieci centimetri da una pistola.

- Non lo farai - disse il dottor Jonas.

- Mettimi alla prova - rispose Rein. La sua voce si era ridotta a un ringhio animalesco.

- Smettila, Hermes. Ormai tua madre sa che ci hai traditi, e mi ha dato l'ordine di spararti a vista. Lascia andare Edin.

Eddie seguì la conversazione provando un lancinante dolore alla testa. Gli sembrò di vedere il dottor Jonas e Rein come da oltre un pannello di vetro temperato, lontani anni luce dalla sua messa a fuoco.

- Quella non è mia madre - disse Rein, stringendo i denti. Il suo tono fu glaciale, e sembrò masticare ogni parola per poi risputarla fuori con disprezzo.

- Madre, tutrice, non sono affari miei. Per quanto mi riguarda, ho sempre detto a Iris di non mettere questo compito nelle mani di un ragazzino, anche se sei nel Progetto Stanza Bianca sin dall'inizio. E a quanto pare avevo ragione. Se io non avessi iniettato quel geolocalizzatore a Edin sei anni fa, chissà dove lo avresti portato adesso.

Eddie sentì una manciata di parole fare breccia nel suo intorpidimento. Iniettato. Sei anni fa.

Un ricordo si incuneò tra le pieghe del suo terrore. Un Jonas leggermente più giovane, che lo prendeva da parte, nell'infermeria dell'Accademia. Lui che aveva solo dodici anni, e abitava nei dormitori da quando aveva lasciato l'orfanotrofio. "Il tuo corpo è debole, Edin. Dobbiamo fare un trattamento aggiuntivo". A quei tempi il suo orgoglio galoppava, e aveva iniziato ad ammazzarsi di sport pur di non essere l'unico a dover effettuare terapie addizionali, o pur di non farsi dire ancora che avesse un "corpo debole".

Jonas continuò a parlare, tenendo le braccia conserte. Il suo camice bianco svolazzava nell'aria umida, rivolgendosi caoticamente da ogni lato.

- Non me l'hai mai raccontata giusta. Ho insistito con Iris per mettere le tue comunicazioni sotto controllo, ma lei me l'ha impedito. Ha voluto confidare in te. Il cuore buono di una madre. - La sua espressione sembrò lievemente infastidita. - Ma io ho comunque rintracciato le tue telefonate, e ho visto quel numero sconosciuto che ti ha chiamato qualche giorno fa. Pensi che non sappia con chi hai parlato?

Eddie sentì la testa di Rein oscillare leggermente contro la propria. Anche se non riusciva a vederlo, capì che il tremolio era provocato da un'agghiacciante risata, che gli stava risalendo dalla gola come quella di prima, emersa tra i singhiozzi.

- Ma che bravo e inutile collega. Avrai anche capito che ho parlato con Yae, ma io sono comunque qui. E adesso usciremo entrambi dal gioco.

Quelle parole rimbombarono nel petto di Eddie come trovando una cassa di risonanza. Usciremo dal gioco.

Il dottor Jonas, tuttavia, sembrò non fare caso a quella minaccia, infastidito com'era dalla risata di Rein. Parlò quasi per giustificarsi.

- Non ero sicuro fosse lei. E poi avevi rispettato i piani, svolgendo bene la conversazione telematica, la settimana scorsa. Lui si è comportato come avevi previsto, fidandosi di quella LaBo fasulla e accettando di venire al punto d'incontro - disse. - Ma quando oggi il radar ha mostrato l'auto ferma lontano dal Laboratorio, ho capito quanto fossi uno sporco doppiogiochista.

- So fare bene il mio lavoro - rispose Rein, beffardo.

Eddie sentì nel suo tono una traccia della spavalderia che gli aveva visto addosso migliaia di volte. "Si è comportato come avevi previsto", pensò. Stanno parlando di me. Non c'era nessuna Emma. Rein aveva bisogno di una scusa per portarmi qui.

Una rabbia bruciante gli invase il corpo, e si strattonò dalla posizione di costrizione per rimettersi dritto. Non ci riuscì. La morsa di Rein era straordinariamente solida, una stretta di marmo disperata e inesorabile. Non si era mai mostrato così forte, con lui. Mi hai mentito anche su questo.

Eddie percepì la propria rabbia lasciare il posto a un sentimento che non provava da tempo: un'amara, infantile delusione. Riuscì quasi a vederli: da un lato Rein, il suo amico scanzonato che adorava correre e disegnare, che aveva difficoltà a guidare e a esprimere i propri sentimenti, dall'altro Hermes, il membro doppiogiochista di un'associazione sconosciuta, forte e risoluto, in grado di mentire e di tenere in mano una pistola. Gli occhi di Eddie si colmarono nuovamente di lacrime, e si sentì parlare senza volerlo.

- Perché? - disse in un soffio a Rein. A Hermes. La sua voce gli sembrò ridicola, cantilenante come quella di un bambino. Perché mi hai tradito? Si ripeté in mente.

Rein tremolò leggermente contro di lui, grattando le unghie sul metallo della pistola.

- Lo sai perché, Edin.

Rein sembrò rispondere a una domanda diversa da quella che gli aveva fatto. Eddie sentì ancora una volta quella dolcezza stillare dalla sua voce, e il proprio vero nome ebbe tra le sue labbra un suono diverso rispetto a quando veniva pronunciato da chiunque altro. Un tono delicato, che accarezzava ogni vocale e ogni consonante come se avesse voluto proteggerle. Eddie si sentì vacillare, e ripensò alle due parole in polacco che Rein gli aveva rivolto poco prima.

Jonas, intanto, sembrava aver perso la pazienza. Eddie lo udì ordinare a un paio delle persone a fianco a lui di iniziare a strattonare l'auto. Come conseguenza di quelle scosse violente, le tempie dei due ragazzi iniziarono a disallinearsi, ed Eddie sentì le mani di Rein tentare in tutti i modi di resistere ai sussulti.

- Per l'ultima volta, lascialo andare, Hermes. - Nel tono impassibile del dottore si era fatta strada una nota di panico.

Eddie sentì Rein stringergli il corpo in un abbraccio, incastonandosi in esso. - Perdonami - gli disse, quasi sospirando. Fu l'ultima parola che gli sentì pronunciare.

Poi ci fu lo sparo.


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro