³⁴. 𝘍𝘳𝘢𝘵𝘦𝘭𝘭𝘪

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

- Perché ci stiamo fermando?

Eddie mise una mano sul cruscotto, cercando di mitigare il lieve impatto causato dalla frenata brusca. Rein aveva inchiodato l'auto senza preavviso, e teneva le braccia completamente rigide, dispiegate ai lati dello sterzo come due ramoscelli morti. Il suo viso era ancora scavato dalle lacrime, e per l'ennesima volta quella sera, non gli rispose.

Eddie si guardò attorno, riconoscendo gli edifici della parte abbandonata di Malthesia. Non si erano fermati lontano dal loro rifugio. In alto, sui grattacieli, sfarfallavano i monitor di cinque metri quasi in disuso. Da quando il motore dell'auto si era spento, gli unici suoni che aveva sentito erano il lieve formicolio degli schermi malfunzionanti e il leggero scrosciare della pioggia, ormai esauritasi.

Rivolse di nuovo lo sguardo all'amico, preoccupato dal suo immobilismo.

- Rein, parlami. Che cosa sta succedendo? Perché ti sei fermato?

Cercò di indagare a fondo la sua espressione, come a voler dispiegare qualche pagina di lui troppo avviluppata su sé stessa. Dalla risposta che ottenne sembrò passare un'eternità.

- Saranno qui a momenti.

Rein proferì quelle parole a voce quasi troppo bassa perché lui potesse udirle. Per fortuna il silenzio del circondario lo aiutò nello scopo.

- Chi? - chiese Eddie, sgranando gli occhi.

Mise una mano dietro allo schienale del guidatore, iniziando a guardarsi forsennatamente attorno. Non si vedeva anima viva per chilometri. Si sporse dal finestrino per osservare meglio. Sopra di loro vide volare in tondo alcuni uccelli, che si incunearono in fretta tra gli alti palazzi, sparendo alla vista.

- Qui non c'è nessuno - disse a Rein.

- Arriveranno - rispose lui, con un tono calmo. - Sanno sempre dove sei. Sei geolocalizzato.

Eddie sentì il panico pietrificarlo dall'interno. - Cosa?

Rein non gli rispose nuovamente. Il modo in cui continuava a tenere le braccia fisse sul volante stava iniziando a terrificarlo. Sembrava un automa in pausa di ricarica. Anche la sua voce aveva un'impersonalità inumana, e non appariva affatto distorta dal pianto.

- Mancano ancora cinque chilometri al punto in cui avrei dovuto portarti. Ormai dovrebbero aver capito che li ho traditi - disse Rein, in un soffio.

Eddie lo guardò, notando qualcosa spezzarsi nei suoi occhi. Non riuscì più a tollerare quell'atteggiamento. Lo prese di scatto dalle spalle, costringendolo a fronteggiarlo.

- Chi hai tradito? Chi ti ha costretto a portarmi qui? - gli urlò quasi contro.

L'altro ragazzo lo fissò esterrefatto per qualche secondo.

- Costretto? - disse.

Dopodiché, Rein iniziò a ridere. Rise, e rise, una risata folle che si mescolò al pianto, che ormai lo sconquassava coi suoi singhiozzi, come se la risata fosse servita a sbloccarli. In qualche modo, riuscì a calmarsi il tempo necessario a parlare.

- È questo ciò che mi piace di te: pensi sempre che le altre persone siano buone.

Eddie gli lasciò le spalle come se bruciassero. - Dimmi cosa succede.

L'altro LaBo sorrise, lasciando intanto che i suoi occhi stillassero grosse lacrime traslucide. Eddie era assolutamente sbigottito da quella visione, e non capire cosa l'avesse provocata lo stava facendo impazzire.

- Succede che siamo fottuti - gli rispose.

A quella risposta, Eddie percepì anche i propri occhi farsi lucidi, e si ritrovò a fissare l'amico come da dietro un velo. Senza neanche avere il tempo di ricomporsi, sentì le proprie lacrime rotolare giù lungo le guance, trovando il punto di rottura della tensione superficiale.

Anche l'altro ragazzo sembrò sconvolto nel vederlo piangere per la prima volta. Eddie vide aumentare il volume dei suoi singhiozzi, che avevano iniziato a provocargli brevi convulsioni, impedendogli di parlare normalmente.

- Sono una... Merda - disse Rein, singhiozzando.

Eddie lo guardò senza riuscire a metterlo bene a fuoco, turbato da quelle parole. Gli sembrò che qualunque cosa avesse potuto dirgli, sarebbe stata insignificante; si sentì lui stesso insignificante.

- Parla con me, dimmi come posso aiutarti, ti prego - provò a dire, speranzoso.

Allungò una mano ad asciugargli rozzamente le lacrime, usando la manica della felpa come fazzoletto. Il tessuto grattò un po' la guancia di Rein, che si irritò di rimando. Il ragazzo sorrise, suo malgrado.

- Sei sempre così, tu. Pensi eternamente ad aiutare. - La voce di Rein era rauca, ma si costrinse ugualmente a parlare.

- Lo sai, questa è la prima cosa che ho apprezzato di te. Da quando sono nato, non mi è stato insegnato altro che sfruttare il prossimo. Invece tu ti calpesteresti a morte pur di non fare del male agli altri. Ti annienteresti. E questa tua capacità all'inizio la disprezzavo, la consideravo la debolezza di un idiota. Ma in seguito ho imparato ad ammirarla. Non ho mai visto nessun altro fare una cosa del genere. Sei incredibile.

Rein sputò fuori tutto in una volta, interrompendosi solo a tratti per riprendere fiato.

Eddie si imbarazzò leggermente a quelle parole. Guardandolo, pensò che stesse lottando per non crollare nuovamente, non prima di aver terminato quel discorso.

- È per questo che ho deciso di aiutarti. All'inizio pensavo di portarti lontano, poi ho capito che non sarebbe servito a nulla. Ma io non ti consegnerò mai.

Le ultime parole che pronunciò furono più stridule delle altre, e il ragazzo sembrò aver raggiunto ancora una volta un punto di rottura. Le lacrime ricominciarono a scorrere, inondandogli il viso e ricadendo sulle loro gambe, creando chiazze blu più scure sui jeans.

Rein guardò Eddie in viso. I suoi occhi talmente bui da non distinguere la pupilla sembrarono farsi più decisi. Il ragazzo gli prese la mano tra le proprie, scostandola dalla posizione a mezz'aria dov'era rimasta dopo avergli asciugato le lacrime con la manica.

Eddie si turbò un po' per quel contatto inaspettato. Le mani dell'amico erano morbide e lisce, e le dita sembravano molto diverse dalle sue, più delicate e sottili. Pensò che fossero delle perfette mani da artista. Era la prima volta che le toccava in quel modo.

I loro visi divennero improvvisamente vicini, ed Eddie si sentì bruciare. Per istinto fece per scostarsi verso lo sportello. Tuttavia, Rein fermò la sua fuga afferrandogli la felpa. Portò l'altra mano sotto la sua coltre di capelli biondi, provocandogli un brivido con le sue dita fredde.

Senza dargli il tempo di ritrarsi, Rein appoggiò le proprie labbra sulle sue, schiudendole leggermente. Eddie sentì quanto fossero ruvide, e intrise del sapore salato delle lacrime.

Nonostante lo shock iniziale, che lo aveva fatto rimanere a occhi aperti, si abbandonò a quel contatto inaspettato, sentendosi ardere dal profondo. Chiuse anche lui gli occhi, e ricambiò maldestramente. Circondò il corpo di Rein con le proprie braccia, infondendo nella stretta una disperazione che non pensava di poter provare, ma anche il desiderio di proteggerlo da un nemico invisibile, che sembrava strisciargli sotto la pelle.

Nonostante non avesse mai baciato nessuno, in quel momento gli sembrò la cosa più naturale del mondo, la perfetta prosecuzione per le loro mani che si erano strette. Come se il suo corpo si fosse già abituato a quella tenerezza, nuova e inattesa. La sentì fluire sino alla punta delle dita, rimescolandogli il sangue nelle vene.

Si allontanarono poco dopo, riflettendosi fugacemente nei rispettivi occhi. Rimasero quasi stupiti da ciò che avevano appena fatto, come se fosse stato compiuto da due persone diverse.

Rein distolse lo sguardo, mentre Eddie si sentì infine invaso dalla confusione che aveva tenuto da parte sino a quel momento. Prese a torcersi le mani con un crescente nervosismo. Non riusciva a pensare a nessun modo per poter rompere il ghiaccio, anche se voleva assolutamente parlare di quello che era successo. Sentì che una domanda lo stava stritolando in una morsa più delle altre.

- Perché? - chiese, semplicemente.

La parola fluttuò tra di loro, come una mina antiuomo pronta a esplodere. Rein alzò uno sguardo stanco su di lui.

- Lo sai perché.

Eddie non comprese, e rimase in attesa. Rein fece un sospiro sconfortato, che fu tuttavia seguito dall'abbozzo di un sorriso. Gli si avvicinò all'orecchio e disse due parole in polacco, la lingua della madre di Eddie. La stessa che avevano usato al bar, la prima sera in cui si erano conosciuti.

- Kocham cię -, disse. Ti amo.

Eddie sentì il cuore uscirgli dal petto, e le sue guance avvamparono. Non avrebbe mai voluto tirargli fuori "quelle parole", non in quel momento, così terribilmente complicato.

Non sapeva assolutamente se ricambiare, se quello che provava per lui fosse semplice affetto fraterno o qualcos'altro. Se le volte in cui aveva provato l'urgenza di abbracciarlo o di prenderlo per mano potessero fuoriuscire dalla definizione di "amicizia". Se la continua voglia di farlo sorridere e i formicolii che provava guardandolo fossero solo il risultato di una disperata voglia di contatto umano.

Si sentì ancora una volta troppo a digiuno di emozioni per poterle capire, e si pentì di non averci riflettuto abbastanza in precedenza. Di non essersi preparato per tempo, lasciando che la vita lo colpisse con uno schiaffo in faccia, senza fargli il favore di avvisarlo.

- Io... - si ritrovò a dire, senza sapere come continuare.

Rein gli mise una mano sulla guancia, ed Eddie la trovò leggermente più calda di prima.

- Non devi dire nulla - lo interruppe, rivolgendogli un sorriso gentile.

Il suo sguardo scuro ora era estremamente triste, incurvato all'ingiù, ma dentro di esso si celava una dolcezza che non gli aveva mai riservato nessuno.

Eddie rinunciò a parlare. Decise di appoggiare la propria fronte sulla sua, e chiuse lentamente le palpebre. È tutto quello che posso concedermi di fare adesso, si disse, sperando di poter essere perdonato.

Rein sembrò comprendere la sua confusione, e anche lui chiuse gli occhi. Stettero per un po' in quel modo, fronte contro fronte, incapaci di parlare, in un silenzio complice che rese l'aria nell'abitacolo densa e leggera allo stesso tempo.

Furono interrotti da un rumore ritmico di passi, poco lontani. Eddie si staccò dalla fronte di Rein, girandosi di scatto. Per un attimo non vide nessuno, ma poi scorse chiaramente un gruppo di individui vestiti di bianco a un centinaio di metri dall'auto. Camminavano senza fretta sull'asfalto crepato, e avevano in mano qualcosa di nero. Eddie contò sei persone.

Rein serrò la mascella e si scostò da lui, mettendosi a tastare con le mani sotto al volante. Eddie lo vide estrarre un oggetto scuro e lucido dal vano portaoggetti. Una pistola, riconobbe. Non ne aveva mai vista una dal vivo, e non aveva idea di quando Rein l'avesse riposta nell'auto di Florian. Percepì un brivido di panico farsi strada lungo la sua schiena.

- Ma cosa...

Rein lo zittì con uno sguardo severo. Le lacrime gli contornavano ancora il viso, ma non c'era più nulla di fragile in lui. Eddie, in quel momento, pensò che sembrasse più grande della sua età. Maneggiava con naturalezza l'arma, come fosse stato un oggetto che conosceva da sempre. Fece scattare alcuni meccanismi con maestria, i quali provocarono un rumore sordo nell'abitacolo. Poi afferrò di nuovo Eddie dalla nuca, questa volta per far combaciare il lato del suo viso con il proprio, le tempie perfettamente allineate.

Eddie rimase immobile, e vide con la coda dell'occhio che stava sollevando la pistola dall'altro lato, puntandola sulla propria tempia. Ogni fibra di lui strillava di doversi allontanare da quell'arnese. Udì un ultimo scatto, come di una rotella che girava.

Le persone fuori dall'auto intanto erano arrivate presso di loro. Eddie le osservò entrare nel proprio campo visivo, comparendo attraverso i finestrini trasparenti. Una di loro provò a forzare lo sportello del guidatore, senza successo. L'auto traballò leggermente, ma Rein continuò impassibile a spingere il proprio cranio contro quello di Eddie, ormai paralizzato dal terrore.

In un lampo di lucidità riconobbe un uomo tra gli altri. Era vestito con un camice da laboratorio, e aveva degli occhiali stretti a solcargli il naso. Eddie lo aveva visto innumerevoli volte, in Accademia: una sgradevole e costante presenza. Gli tornò in mente la conversazione avuta con Rein qualche tempo prima.

Facevamo continui test fisici e medici. C'era un dottore con degli occhialetti sottili che mi teneva sempre il fiato sul collo.

- Dottor Jonas - disse, a mezza voce.

I finestrini erano socchiusi, ma l'uomo sembrò udirlo comunque. Eddie lo vide sorridere.

- Mi fa piacere che ti ricordi di me, Edin.

Le altre figure vestite di bianco circondarono l'auto, puntandovi delle armi contro. Jonas continuò a parlare ad alta voce, premurandosi di farsi sentire.

- Non fare sciocchezze, Hermes. Getta quella pistola.




Angolo danno emotivo aggiuntivo


• Angolo immagine generata dalla AI di Bing che ci sta sempre •


Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro