⁴⁹. 𝘊𝘦𝘯𝘦𝘳𝘦

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– Azzerare... L'umanità?

Eddie sentì la propria presa sulla realtà vacillare pericolosamente.

– Esatto. In parte lo sto già facendo.

Lui ebbe nuovamente un conato di vomito, e si portò le braccia a stringersi lo stomaco, incurante di quanto quel gesto lo potesse far apparire vulnerabile. – I-in che modo?

Abramizde aggrottò la fronte, colorandosi di un fittizio senso di colpa. – Saprai tutto del morbo di Met. Diciamo che ho voluto dare un'accelerata alle cose.

Eddie sentì la propria voce tremare. – Allora è vero. Voi avete la cura.

L'uomo intrecciò le dita, rispondendogli con calma. – Non abbiamo solo la cura: abbiamo la malattia. Come sai, a partire dai sessant'anni gli anziani vengono sottoposti a svariati trattamenti. Diciamo che in mezzo a essi "capita" che finisca il germe di un certo morbo, creato appositamente per portarli alla morte dopo una decina d'anni. Noi gli raccontiamo di non avere la soluzione, e gli diamo cure palliative per preservarsi al meglio. Infine, gli offriamo le Conclusioni per morire con dignità.

Eddie era inorridito, e parlò stillando fiele. – Voi siete pazzi. Siete malati.

Il Presidente strinse gli occhi, immobilizzandolo ancora una volta con lo sguardo. – Tu dici che siamo "malati", ma sono loro la malattia di questa società. Anziani putrescenti nati all'inizio del secolo, che hanno condannato questo pianeta alla rovina.

L'uomo sembrava essersi innervosito, e fece una breve pausa. Eddie poté vedere quanto quell'argomento gli stesse facendo fiammeggiare gli occhi.

– Io sono nato nel 2019. Un anno dopo iniziò la prima delle grandi pandemie che avrebbero afflitto il mondo negli anni a venire. Quando avevo dieci anni scoppiò la Terza Guerra Mondiale, e quando avevo poco più della tua età combattei nella Quarta. Dopo lo sgancio della bomba Hades, capii che il mondo sarebbe solo andato in rovina. E così mi dedicai anima e corpo al Partito, scalando le gerarchie della Chiesa del Giudizio. Iniziai a maturare l'idea che gli esseri umani meritassero solo di perire. Nel 2072 riuscimmo finalmente a porre una conclusione a questa società, obbligando alla sterilizzazione quasi tre miliardi di persone. Tutte, compreso me. Tranne due bambini: un maschio e una femmina.

Eddie si riscosse un momento da quel discorso, focalizzandosi su un dettaglio. – Ma la dottoressa Svart mi ha detto che la Chiesa conosce questo Progetto da soli due anni.

Abramizde lasciò la presa sul suo fervore per un momento, tornando a una calma piatta. – Ah, te lo ha detto. Sì, è la verità. Ma io non parlavo di te e di Eve. Nel 2073 presi con me due bambini LaBo, anch'essi non sterili. Li chiamai Hera e Zeus: a quanto pare io e Iris abbiamo in comune la passione per le antiche mitologie.

Lui immaginò per un istante quei due ragazzini della sua età, sottratti a una vita normale dalle mani di quel folle. – Dove sono adesso?

– Se io sono qui è perché loro non possono più aiutarmi nel mio progetto. Un mio sottoposto ribelle li uccise quando avevano circa nove anni. Un pazzo individualista, incapace di rendersi conto del danno che avrebbe arrecato all'intera umanità. – Il Presidente si vestì ancora una volta di sconforto, ed Eddie non capì se si trattasse di un'emozione genuina o meno.

– Vedessi come stavano crescendo bene! Li consideravo al pari di figli miei. Quando li persi, dovetti rinunciare al progetto. L'umanità sarebbe perita, senza rinascere: non c'era alcuna probabilità che al mondo fosse rimasto qualcuno di fertile. O almeno così credetti, sino a un paio di anni fa. Fui informato del Progetto Stanza Bianca, che si stava consumando lontano dagli occhi della Chiesa. E così, la cara Iris divenne la mia più fedele sottoposta, ed Eve la nuova chiave del mio progetto. Oltre a te, ovviamente. Mi mostrarono quanto tu fossi costantemente monitorato, e mi rassicurarono del fatto che non fosse necessario portarti qui, dal momento che Eve non era ancora pronta. Se ti abbiamo messo Hermes alle calcagna due mesi fa, è solo perché una sconsiderata provò a far fuggire Eve dal Laboratorio, sconvolgendo la società. É a causa sua che abbiamo accelerato l'intero processo.

Eddie macinò quelle parole, realizzando ancora una volta quanto la sua vita fosse stata nelle mani di quei burattinai. A un tratto, ricordò una frase dettagli da Iris, il giorno prima: "lo aveva scritto, mio figlio". Una dura consapevolezza gli ferì i pensieri. Rein non aveva solo il compito di portarmi qui. Doveva studiarmi. Per permettere loro di raggirarmi, di convincermi.

Abramizde non sembrò notare la sua confusione, e continuò a parlare. – Scoprire l'esistenza del Progetto Stanza Bianca era il segno che stavo attendendo, la prova che non dovevo affatto rassegnarmi. Iniziai a finanziare il Laboratorio, accelerando la costruzione dei luoghi nei quali i vostri discendenti andranno a vivere, sin quando al mondo non sarà più rimasto nessuno.

La parola "discendenti" ebbe il potere di inquietare Eddie più dell'intero discorso del Presidente. Le domande che avrebbe voluto fare riguardo a quei "luoghi nascosti" si accavallarono nella sua mente, rischiando di farla collassare.

Abramizde si interruppe, forse pentendosi di avergli già rivelato quel dettaglio. Sembrò affrettarsi a proseguire, facendo roteare la mano in un gesto noncurante.

– Ma non è qualcosa della quale tu debba preoccuparti adesso. In ogni caso, la visione della dottoressa Svart mi affascinò, e così decisi di avallarla. Mi impegnai a fondo, e consegnai a Iris anche una prova tangibile della mia fiducia.

Il Presidente si schiarì la voce, richiamando la sua attenzione. Eddie lo guardò allentare un bottone sulla manica della camicia, scoprendosi il braccio sinistro. Notò immediatamente una cicatrice, posata in verticale sulla sua pelle diafana come una linea disegnata con un righello. Era molto diversa da quella che aveva visto sull'avambraccio di Eve, incastonata rozzamente nella sua cute.

– Chi entra nella Stanza Bianca, deve uscirne senza il chip di rilevamento battito cardiaco. Io e i miei fedelissimi non lo abbiamo più, così come Iris e tutti i membri del Progetto. Se così non fosse, una volta spostatici dalla zona schermata finiremmo per far aumentare la cifra sul Quadrante, come accadde per Eve. Anche se in questo modo risultiamo morti agli occhi del mondo, questo rimane comunque il simbolo della mia determinazione.

Abramizde attese che digerisse quelle parole. Eddie, tuttavia, si chiese perché a lui non fosse stato estratto alcun dispositivo. Una voce oscura gli parlò dal fondo della mente, canzonandolo. É ovvio. Non te l'hanno tolto perché hanno intenzione di non farti uscire mai più. Proprio come Eve.

– Comunque sia, non è solo per nasconderla al mondo che Eve è stata cresciuta qui dentro. Ti sei mai chiesto perché viva in un luogo del genere? Avrebbe anche potuto crescere come femmina fertile all'esterno, e nessuno se ne sarebbe mai accorto, come non te ne sei accorto tu per te stesso. Non credi?

Ancora distratto dalla voce maligna, Eddie temporeggiò, prima di rispondere. – Sì, suppongo di sì.

– Bene. C'è un motivo perché il Progetto si chiama proprio "Stanza Bianca". Richiama l'ambiente nel quale è cresciuta: un luogo candido e puro, come la sua anima. Eve è stata educata privandola di qualsivoglia stimolo negativo. Non sa cosa siano la guerra, l'inquinamento, le malattie. Non ha mai visto alcuna violenza, né sarebbe in grado di concepirla. Iris crede che una persona che non conosce il male, semplicemente non può compierlo. Ogni giorno, da diciassette anni, le viene ripetuto quanto la pace, l'ambientalismo, l'empatia umana siano i giusti valori da perseguire. E lei ha sempre appreso, assorbendo gli insegnamenti della dottoressa Svart sino all'ultimo. Gli stessi insegnamenti che darà, anzi, che darete, alla vostra progenie.

Eddie sentì quell'ultima parola rimbombare nella sua mente, unendosi a quella che aveva udito poco prima, "discendenti". Pensò a Eve, strappata alla sua vita per fare da cavia. Un topolino bianco chiuso in gabbia, come lo sarebbe stato lui stesso. Una rabbia ferina cancellò i suoi dubbi, incanalandosi verso quell'uomo che gli aveva portato via ogni cosa. Sentì le sue mani muoversi prima dei suoi pensieri, e sbatté un pugno sul tavolo, provocando un rumore sordo.

– Perché mai dovrei collaborare? – disse a denti stretti, cercando di tenere testa allo sguardo del Presidente. – Non basterebbe neanche una lobotomia.

Uno dei due Sorveglianti mosse un passo in avanti, e Abramizde sollevò una mano, come a riportarlo al proprio posto. L'uomo arretrò, continuando a guardare Eddie in cagnesco.

– Innanzitutto non ti faremo alcuna RA: sarebbe solo controproducente. Non vogliamo che tu perda alcun ricordo o facoltà mentale, né che la tua collaborazione derivi da una costrizione. Piuttosto, sono sicuro che riflettendoci bene arriverai a capire l'importanza di questo Progetto. Così come poco fa hai capito perché un regime dittatoriale sia necessario in una società come questa.

Eddie sbarrò gli occhi, comprimendosi sulla sedia. Il pensiero che il Presidente avesse intuito i suoi sentimenti di poco prima, quando aveva riflettuto sugli sciacalli che avevano approfittato delle sommosse, lo fece sentire completamente vulnerabile. Si chiese fin dove quell'uomo potesse arrivare a leggergli dentro, e quanto i report consegnati da Rein stessero incidendo su quella conversazione.

– Inoltre, se dovessi persistere nella tua renitenza, mi basterebbe fare una telefonata ai miei Sorveglianti in via XV Ottobre. Sembra che lì abiti la persona che consideri più importante per te.

Eddie abbandonò ancora una volta lo sconcerto, riprendendo in mano la sua cieca rabbia. – Voi non toccherete Florian.

– Questo dipenderà da te, e dalle tue decisioni.

Stettero entrambi in silenzio per un po', sostenendo i rispettivi sguardi come in un duello di spade nel quale il vincitore fosse già stato deciso in partenza.

Abramizde lasciò la presa per primo, posando gli occhi sull'antico orologio che aveva al braccio, dove la sua cicatrice campeggiava ancora scoperta. – Direi che il mio tempo con te si è esaurito, Edin. Mi sarebbe piaciuto parlare ancora un po', ma a quanto pare la mia agenda è molto fitta. Tornerò a trovarti, ogni tanto. Sono certo che rifletterai a fondo su questa conversazione.

Eddie non gli rispose, e sentì le unghie scavargli dei solchi nei palmi.

– Oh, a proposito, buona fortuna. Devi essere particolarmente nervoso, adesso.

Lui non comprese. – Perché?

Abramizde sorrise, alzandosi dalla sedia. – So che questo pomeriggio parlerai con Eve.

***

Era stato riportato nella sua camera con le stesse modalità grazie alle quali ne era uscito, sostenuto dalle nerborute braccia di Xander. Da quando era arrivato nel Laboratorio, gli sembrava di essere una marionetta nelle mani di chiunque lo circondasse, senza alcuna possibilità di movimento.

Iris gli aveva fatto, tramite interfono, decine di raccomandazioni su cosa avrebbe potuto dire a Eve, e su quali argomenti avrebbe dovuto invece evitare, per preservare l'equilibrio mentale della ragazza. Gli aveva inoltre comunicato che la loro prima conversazione si sarebbe svolta solo attraverso il vetro. Eddie ne era stato sollevato, e quell'informazione gli aveva permesso di smussare almeno un po' i propri sensi di colpa.

Dopo il discorso di Abramizde, mentre Xander lo trascinava lungo il corridoio, gli era balenato in mente l'insano pensiero di sopprimere Eve. Uccidendola si sarebbe salvato, avrebbe messo al sicuro Florian e probabilmente avrebbe fatto un favore anche alla ragazza stessa, evitandole una vita passata a generare discendenti. Tuttavia, una parte di lui era consapevole di essere stato portato a quel pensiero perché esasperato dalla situazione. Una bestia. È questo ciò che mi state facendo diventare.

Si sentì improvvisamente vicino alla disperazione che doveva aver provato Rein, poco prima di tentare quel doppio suicidio. L'idea alienante che la morte potesse salvare la vita lo fece precipitare in un baratro di nera confusione.

– Accostati alla parete. Sto per disattivare lo strato aggiuntivo.

La voce di Iris lo strappò ancora una volta dai suoi pensieri, irritandolo. Tuttavia, quel primo contatto con Eve sarebbe forse servito a comprendere il da farsi, o perlomeno a distrarlo dalla sua angoscia. Eddie si spostò a fatica dal letto, accasciandosi sulla sedia a rotelle che gli avevano fornito poco prima. Si sedette goffamente, senza sapere bene come azionare le ruote per spostarsi verso il muro. Dopo un paio di tentativi ci riuscì, e fece quanto la donna gli aveva richiesto.

Oltre il vetro opaco, vide la ragazza alzare gli occhi dal disegno che stava facendo, sollevandosi dalla sua posizione curva. Era magra come un ramoscello, e più bassa di lui di una decina di centimetri. Le luci degli elettrodi attaccati al suo cranio sfarfallarono, confondendosi col biancore generale dell'ambiente. I suoi capelli castani lunghi sino a terra ondeggiarono, e a Eddie sembrò quasi una figura ultraterrena. Attese pazientemente che la ragazza si avvicinasse al punto in cui era appoggiato lui, continuando a osservare la sua sagoma sfocata.

Iris, probabilmente da una sala di controllo, disattivò il meccanismo che rendeva la parete traslucida della sua cella più simile a uno specchio che a un vetro. Vide la superficie perdere progressivamente opacità, permettendogli di osservare il viso di Eve, ora cristallino, appena dietro a essa.

La ragazza evidentemente poteva scorgerlo a sua volta, perché la vide contrarre il viso in un'espressione stupita, traballando leggermente. Nel suo sguardo notò una curiosità quasi scientifica, un guizzo di interesse che lo fece sentire sin troppo esposto e umano.

Con orrore notò quanto gli occhi grigi della ragazza fossero incredibilmente familiari. Occhi identici a quelli che lo avevano accolto a ogni suo risveglio, negli ultimi cinque anni. Capelli castani uguali a quelli che aveva visto spettinati migliaia di volte, addosso a lui. E un viso simile a quello che aveva scorto nelle olografie in camera sua, seppur cristallizzato su una bambina di otto anni.

Eddie si perse nello sguardo grigio della ragazza, sentendosi mancare.

E comprese quanto non avrebbe mai, mai potuto farle del male.






Note

Ebbene sì... Qualcuna tra voi aveva già azzeccato la vera identità di Eve, 100.000 punti a Corvonero (?) per esserci arrivate prima del tempo. Con questa rivelazione (sul serio, si è capito?) si conclude una "sotto parte" di questa storia. Vi attendono un quartetto di capitoli di flashback, in cui qualche nodo verrà al pettine. Inutile dire che vi saranno ampie percentuali di emotional damage anche lì. Come sempre, sorry ^^"

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