⁹. 𝘔𝘢𝘵𝘵𝘪𝘯𝘢

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Florian si alzò con un mal di schiena lancinante. La sera prima era stato sveglio fino a tardi per controllare che Eddie tornasse a casa sano e salvo. Dal momento che non avrebbe mai voluto dargli a vedere di essersi preoccupato, aveva mantenuto una posizione di finto sonno sul divano della cucina, lasciando la olovisione accesa davanti a sé. Il risultato era stato che l'apparecchio si era spento poco dopo per via del timer, mentre lui si era addormentato come un sasso, scivolando lentamente di lato.

Aveva dormito in tutto circa tre ore, e si maledì per essersi svegliato. Strinse forte il pugno sino a formare dei solchi nel palmo con le unghie. Quella nuova giornata non sarebbe dovuta durare un minuto di più, e invece per sua stessa colpa avrebbe dovuto sopportarla per ancora più tempo.

Dalle serrande abbassate iniziarono a entrare i colori dell'alba, e gli attrezzi ancora ammassati sul tavolo ricevettero il flebile bagliore del Sole, beandosene. La prova che ieri ha avuto da fare, si disse Ian. Di solito Eddie riponeva al proprio posto ognuna delle cose che utilizzava, una volta finito di smontare o rimontare qualcosa.

Florian si spostò a sollevare completamente le serrande, lasciando che i raggi inondassero la piccola cucina. Aprì anche le imposte, uscendo circospetto a sedersi sul balcone. Era un piccolo spazio di circa un paio di metri quadrati, "decorato" con una vecchia sedia di legno e qualche pianta rampicante, che stringeva con forza il ferro battuto della ringhiera.

Tuttavia, fissando la strada dal balcone, Florian giudicò che sarebbe stato meglio mantenere un profilo basso. Più tardi sarebbe andato alla Collina, e probabilmente quella era l'unica uscita che avrebbe potuto permettersi.

Sull'asfalto di fronte alla loro casa erano state cancellate tutte le macchie del giorno precedente, come se non fosse mai accaduto nulla. La sofferenza di quella donna che avevano testimoniato lui ed Eddie era stata trattata alla stregua di un'imperfezione estetica, da ricoprire prontamente con uno strato di trucco.

Quell'efficienza lo rattristò e inquietò allo stesso tempo. Per qualche minuto fece il gioco con sé stesso di poter riuscire a trovare in strada un qualche elemento, uno qualsiasi, che potesse rivelare quello che era successo il giorno prima.

Dopo pochissimo si arrese: non c'erano distributori di cibo fuori posto, totem di stecche Joy saccheggiati, lampioni divelti o vetrine sfasciate. Regnava semplicemente una calma irreale. Quella visione gli portò alla mente bruttissimi ricordi. Il silenzio che si udiva sembrava una forzatura, come se il mondo di quel mattino fosse stato imbavagliato dalle semplici leggi dello status quo.

Turbato da quella calma eterea, Ian decise di rientrare in casa e di mettersi a leggere per un paio d'ore un libro di fisica. Arrivato alla spiegazione di alcune formule complesse, capì di non avere il cervello abbastanza sveglio per quelle cose, e decise che era arrivato il momento di fare colazione.

***

Come sempre Eddie spuntò in cucina appena l'odore di caffè in polvere si fece abbastanza intenso da solleticargli il naso. Florian notò che si era messo il pigiama prima di dormire, e questo gli fece rivolgere lo sguardo verso sé stesso e i vestiti che indossava dal giorno prima.

– Bel pigiama – gli disse infatti il ragazzo un attimo dopo, frugando nella credenza alla ricerca del latte di soia solubile. I suoi lunghi capelli biondi ricadevano sciolti e liberi, e le sottili punte stimolate dall'elettricità statica si rivolgevano da ogni lato.

Florian si rese conto che per via dei suoi vestiti non avrebbe potuto fingere di non averlo atteso fino a tardi. Accese il fornello del gas, maledicendosi. Attese qualche istante in silenzio, rassegnandosi all'idea che Eddie gli ribadisse stizzito l'inutilità dell'aspettarlo sveglio, com'era già successo altre volte.

– Mi dispiace per ieri – disse invece Eddie. Nonostante fossero a un metro, evitò di guardarlo in faccia. Si concentrò sul Sole che ormai si stagliava abbagliante dietro alle montagne, apparentemente cercando le parole giuste per continuare.

– Volevo solo capire cosa stesse succedendo. Non volevo ricordarti nulla di brutto. –

– Edin. Guardami – rispose Florian. Usò il suo vero nome, cosa che faceva raramente, e gli rivolse uno sguardo insieme gentile e rassegnato. Eddie alzò gli occhi su di lui, riluttante.

– Sta' tranquillo. Hai tutto il diritto di chiedere ciò che vuoi. È stata solo una giornata molto difficile, e non voglio che ti preoccupi per me – gli disse.

Ho sbagliato ad aspettarlo, si rese conto Ian. Lui è infinitamente più in gamba di me.

– Sono stato sin troppo discontinuo, lo so. In verità ero solo... Terrorizzato. Lo sono sempre – si lasciò sfuggire, sorridendo mestamente.

Eddie non sapeva come rispondere a quelle parole. Probabilmente avrebbe dovuto consolarlo, rassicurarlo, ma lui stesso non aveva idea di cosa sarebbe successo da quel momento in poi. Decise che lo avrebbe lasciato in pace a "ricaricarsi", come sempre. A volte aveva l'impressione che Florian necessitasse di lunghi periodi di letargo emotivo, come un animale che si nascondeva in una grotta per leccarsi le ferite inflittegli dalla foresta.

– Condoglianze, Ian. Per oggi – gli disse infine, ricambiando il suo sorriso con tristezza.

– Grazie. –

Guardandolo raccogliere la borsa a tracolla, Eddie rifletté su quanto quell'uomo gli facesse provare un groppo in gola di malinconia e solitudine.

Durante l'Anno Morale all'Accademia aveva appreso la psicologia comportamentale, così come le basi dell'emotività umana. I professori adoravano mettere in guardia i LaBo dalle insidie che avrebbero potuto celarsi dentro la testa delle altre persone. Una di loro aveva definito l'empatia come "la capacità di lasciare che il male nella mente dell'altro ci contagi". Eddie era rimasto molto scosso da quelle parole, e aveva finito per saldare tra loro i concetti di depressione, empatia e manipolazione, come un nodo inestricabile. Si era chiesto a lungo come potersi difendere, guardandosi con diffidenza dal prossimo.

Per quanto riguardava il "male" nella mente altrui, nulla l'avrebbe mai convinto che alcune persone potessero morire di sofferenza non fisica. Non riusciva a capacitarsi neanche del fatto che si potesse avere bisogno di stare da soli, di calibrare, di ricordare. Aveva solo dieci anni, e pensava che tutti coloro che soffrivano a causa di un loro caro defunto avrebbero dovuto semplicemente fare richiesta per ricevere una Riforma Avanzata. Facile come respirare, indolore, definitiva.

Tre anni dopo era diventato maggiorenne e aveva deciso di abbandonare il dormitorio dell'Accademia di Malthesia per cercarsi una casa. Lui e gli altri ragazzi orfani, oltre al vitto e all'alloggio, avrebbero comunque ricevuto il denaro necessario per sopravvivere fino ai sedici anni, l'età alla quale terminavano gli studi.

Così, Eddie aveva finito per trovare quell'appartamento minuscolo nella zona A, comodo per via dei collegamenti in metro semi-sospesa e soprattutto per via della camera privata con bagno. L'unico problema rimaneva il co-abitante.

All'inizio non si era fidato di quello strano uomo che accumulava vecchi oggetti e che sembrava scollegato dal tessuto del reale. Nelle prime settimane aveva quasi ceduto all'idea di denunciarlo, salvo poi ricredersi, una volta arrivato in centrale. Non sapeva che quella semplice conversazione col Sorvegliante di piantone avrebbe comunque portato all'Attenzionamento del suo co-abitante.

Tuttavia, passo dopo passo, cinque anni in quella casa lo avevano cambiato. Ora anche in lui dimorava un pezzo di quella malinconia che camminava continuamente sulla pelle di Florian, come un insetto dalle minuscole zampe. Anche se ogni tanto poteva fargli del male, Eddie era contento che se ne stesse lì a ricordargli cosa significasse vivere, soffrire, e fare le due cose insieme.

I due continuarono a parlare del più e del meno, con le tazze di latte che gli fumavano tra le mani. Fuori dalla finestra ristagnava ancora una calma irreale, ma i co-abitanti sembravano non farci volutamente caso. Eddie aveva fatto una coda di cavallo per mangiare, mentre Ian si era tolto gli occhiali per evitare che si appannassero, e vedeva la sagoma del ragazzo priva di contorni definiti.

– Ho conosciuto una persona, ieri sera – disse Eddie.

– Cioè? –

– Un LaBo. Si chiama Rein. Ha detto di avermi cercato per parlare, dopo che qualcuno gli aveva riferito di avermi incontrato. La donna con l'InfanTech che abbiamo visto nel parcheggio. –

Florian ricordò lo sguardo vuoto del bambino.

– Ci siamo incontrati all'Hub24. Ha detto che sono "abbastanza riconoscibile". In effetti non ci ha messo molto a trovarmi – disse Eddie, riflettendoci su.

Florian non era invece così sorpreso. – Considera che non sono molti i luoghi in cui saresti potuto andare, per cercare persone disposte a parlare. E poi sono sicuro che in ogni città tutti sappiano quanti LaBo ci siano, dove abitino e come si chiamino. Qui lo sanno tutti che ci sei solo tu. –

– Già, la mascotte della zona A – disse Eddie ironico, facendo il gesto di togliere un cappello dalla testa.

Ian gli sorrise divertito, scompigliandogli i capelli prima di allontanarsi per lavare le tazze.

***

Dopo aver riposto tutto, Florian si gettò nella doccia, per scrostare via la preoccupazione del giorno prima. Si lavò con forza mentre l'acqua gli incollava i ricci alla faccia, che da bagnati mostravano la loro vera lunghezza. Ogni tanto gli piaceva cantare sotto la doccia, ma quel giorno non ne aveva particolarmente voglia.

Ebbe giusto il tempo di togliere il sapone dagli occhi, che sentì suonare i due bip del timer dell'acqua, per indicargli che il suo tempo era terminato.

Da quando vi era stata la mobilitazione mondiale per la siccità nel 2040, prima che lui nascesse, alcune città avevano integrato sistemi di razionamento a tempo. Tuttavia, con il crollo demografico, quel sistema avrebbe dovuto diventare obsoleto, ma alcuni palazzi di vecchia costruzione montavano ancora l'impianto centralizzato che erogava acqua ed elettricità attraverso dei timer.

Florian si intrufolò in camera sua in accappatoio, e aprì l'armadio per scegliere dei vestiti. Decise di indossare un maglione nero a collo alto con dei pantaloni grigi, due degli indumenti più scuri che possedeva. Si guardò allo specchio sgangherato che gli aveva appeso nell'armadio Eddie (lui non lo avrebbe mai fatto di propria volontà) e si passò le dita sul viso. Percorse le grosse occhiaie che gli annerivano la pelle sotto agli occhi grigi, e le cicatrici da ustione che gli arrossavano la carnagione olivastra. La visione di sé stesso non lo entusiasmava più di tanto.

Riflettendo sulla possibilità di dormire un po' nel pomeriggio, sospirò e uscì dalla sua stanza, sentendosi nonostante tutto un po' rigenerato dalla doccia. Eddie intanto si era lavato nell'altro bagno e aveva indossato una maglietta bianca sbrindellata, con la quale avrebbe potuto allenarsi.

– Non vai al lavoro, oggi? – gli chiese Florian.

– Giorno libero – disse Eddie facendo roteare un manubrio da 20 kg. – Anche il mio capo ha perso qualcuno nelle sommosse post-Espiazione. –

– Va bene – gli rispose. – Non esagerare troppo, che poi non passi dalla porta. –

Ma Eddie aveva già messo su uno degli album della sua collezione infinita di CD metal, forse anche per non essere costretto a continuare il discorso.

Aveva costruito la sua collezione negli anni, comprando ogni disco che era riuscito a trovare nei negozi di memorabilia del passato.

La Neursic (Neural Music) si occupava di fornire alle persone, tramite un dispositivo che si incollava alle tempie, la "canzone giusta al momento giusto", attraverso un sistema di monitoraggio dell'umore.

La maggior parte delle persone era stata entusiasta di quella nuova modalità di fruizione, ma a Florian non era mai andata giù, e così anche a Eddie, quando aveva scoperto di non poter usare Neursic per ascoltare i gruppi di musica metal che affollavano le sue riviste. Il Regime aveva evidentemente ritenuto che nessuno, in nessun momento, potesse mai avere il bisogno di ascoltare della musica violenta o complicata.

Così i due si erano riforniti ampiamente di musica analogica, anche se Ian preferiva le musicassette, in buona parte inutilizzabili perché rigorosamente smagnetizzate.

Florian guardò per l'ultima volta l'ordinatissima stanza di Eddie, che si era riempita di una musica dalla doppia cassa talmente forte da far vibrare le pareti. Temendo che sarebbe presto arrivato qualcuno a protestare, chiuse la porta rassegnato.

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