⁶⁶. 𝘔𝘦𝘯𝘻𝘰𝘨𝘯𝘦

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– Ti ho già detto che non devi sforzarti.

Il ragazzo non le rispose. Saryu poteva osservarne solamente le spalle, che si stagliavano di fronte a lei come una parete di marmo. Gli teneva il busto fermo con le braccia, cercando di spingerlo ad assestarsi meglio sul tappeto mobile. Nonostante gli avesse ribadito più volte di non esagerare, Eddie continuava ad aumentare troppo il passo, finendo irrimediabilmente per oscillare e arrestarsi, colto dalle vertigini.

Saryu gli riportò per l'ennesima volta il busto nella posizione iniziale, sospirando. Non c'era da meravigliarsi che il luccichio in fondo agli occhi del ragazzo non si fosse ancora spento, nonostante la sua intera esistenza fosse stata ribaltata. Hermes l'aveva scritto nei suoi report, pensò. "Orgoglioso".

Eddie tremolò appena sotto la sua presa, rallentandosi. Per fortuna è anche ricettivo. Nel giro di mezz'ora era riuscita a farlo stare in piedi, anche se imbracato di tutto punto e sostenuto da un deambulatore. Di fronte a loro stava uno specchio, e Saryu spiò sulla sua superficie gli occhi del ragazzo, rimasti aperti per qualche secondo. Seppur per brevi intervalli, persisteva comunque a saggiare i propri limiti.

È forte, si disse. Dentro e fuori. Se Hermes non l'avesse ferito, avrebbe già messo a ferro e fuoco il Laboratorio.

– Come sta andando? – gli chiese, spezzando il silenzio.

Osservò il blu dello sguardo del ragazzo fare capolino da sopra la sua spalla. La fasciatura sulla nuca sembrava pulsare di vita propria, e Saryu si forzò a non ricordarsene la causa.

– Meglio di prima – disse Eddie. – Le ginocchia non cedono più.

Lei sbuffò, rincuorata. – Menomale. Perché risollevarti è stata un'impresa.

Le parve di scorgerlo rispondere con un piccolo sorriso, intuendolo dalla piega della sua guancia. Ormai teneva entrambi gli occhi aperti da almeno un minuto. Saryu si chiese se lo stesse realizzando.

Si spostò a osservare il resto della stanza, cauta. Inizialmente Xander li aveva sorvegliati appoggiato allo stipite della porta, immobile e minaccioso. Oppressi da quella presenza, se n'erano stati entrambi in silenzio, limitandosi ai contatti necessari per svolgere la fisioterapia. Tuttavia, non era passato molto prima che l'uomo venisse richiamato dalla dottoressa Svart tramite interfono. Le ferite di Jonas devono essersi riaperte, aveva pensato Saryu.

Da quando aveva visto il collega rientrare col volto gonfio di lividi, era piombata in un baratro di confusione. Aveva notato la sua assenza, quando era tornata al Laboratorio; tuttavia, era stata subito presa dalla visita del Presidente della Chiesa del Giudizio, giunto con la propria delegazione. Aveva potuto osservare il colloquio di Eddie con Abramizde, mentre quello che il ragazzo si era detto con Iris le era stato precluso. La dottoressa Svart l'aveva convenientemente mandata a occuparsi della sua altra mansione, quella che Saryu espletava ormai da tre giorni nell'ala Nord del Laboratorio.

Capiva benissimo perché Iris non volesse curarsene di persona. Solo una volta l'aveva vista tornare da lì, e le era sembrata tremendamente stremata. Non che a lei non accadesse lo stesso: il solo pensiero di dover passare del tempo a occuparsi di quella questione le riempiva il petto di sconforto. Tuttavia, l'avrebbe fatto lo stesso. Avrebbe passato nell'ala Nord ogni momento libero, sino a notare qualche miglioramento.

Un paio d'ore dopo si era spostata nuovamente verso la zona Sud, camminando con lo sguardo perso nel vuoto. Si era quasi ritrovata a inciampare su Xander e Leslie, l'infermiera del Laboratorio, che percorrevano il corridoio a passi concitati. Qualche istante dopo, il volto tumefatto di Jonas aveva fatto la sua comparsa, contrastando col proprio rossore sul bianco delle pareti.

Saryu aveva bloccato Leslie, mentre Xander si era precipitato a ricucire Jonas in infermeria. Quando aveva chiesto spiegazioni alla donna, lei l'aveva ragguagliata con poche, preziosissime parole: "ha intercettato il co-abitante di Edin. Adesso è un fuggitivo".

Quelle informazioni l'avevano incollata al pavimento, facendo sbocciare nel suo petto un uragano di domande. Saryu ricordava che Jonas le aveva inviato un messaggio, in ospedale, dicendole che l'incontro tra Eddie e Abramizde era stato anticipato. Tuttavia, una volta giunta in sede, aveva scoperto che la delegazione non era ancora arrivata, e che il suo collega non c'era.

Mi ha manipolata per farmi allontanare dall'ospedale. Per farmi allontanare da Florian. Quel sospetto era avvalorato anche dal fatto che fosse stato proprio Jonas a insistere per occuparsi del fascicolo psichiatrico dell'uomo. Iris gli aveva subito concesso l'incarico, nonostante tra Jonas e Saryu fosse lei la psicologa. Come se avessero voluto celarmi qualcosa nella mente di Florian.

Non riusciva a immaginare cosa potesse essere, ma sapere come le linee guida di Jonas avessero portato Florian sull'orlo del suicidio era bastato a farle capire quanto lo volesse morto, seppur non avesse fatto del male a nessuno. I suoi avambracci ricoperti di garze e il suo volto pacifico erano bastati a tradirne la profonda sensibilità. Saryu riusciva a vederla esalare anche dal ragazzo che le stava davanti: forte ma buono, una fiamma nata per avvolgere col proprio calore, non per bruciare. Sapere quanta sofferenza fosse stata imposta a persone del genere la lacerava nel profondo.

Eppure, se Jonas era tornato in quelle condizioni, voleva dire che qualcosa si stava muovendo. Forse Florian ha trovato il ritratto, e poi ha tramortito Jonas. Tuttavia, era improbabile che l'uomo avesse avuto la forza fisica di affrontare una colluttazione, fasciato com'era. Inoltre, non le sembrava il tipo di persona capace di ferirne un'altra. Forse qualcuno l'ha aiutato. Ma chi?

– Abbiamo finito? – sentì chiederle da una voce, strappandola ai suoi pensieri. Eddie vacillò sotto la sua presa, seppur leggermente più saldo di prima. I suoi piedi si muovevano in maniera confusionaria, appoggiandosi sul tappeto in pattern sbilenchi.

Saryu notò una cicatrice bianca sbucare dal tessuto della sua maglietta, attraversandogli la schiena per lungo. – Fra poco, il tempo di registrare gli ultimi dati. Un po' di pazienza.

– Va bene – disse lui, tentennando. Saryu lo sentì posarle le mani sulle sue, che gli stavano tenendo fermo il busto. – Potresti stringere un po' di meno? Credo di avere dei lividi in questa zona.

Nel breve tempo in cui Eddie le aveva parlato, sfiorandola con le dita, Saryu aveva registrato una flebile sequenza di punti e linee.

N-E-W-S-? Notizie?

Lei sentì il cuore mancare un battito. Quel messaggio era la conferma che Eddie conosceva il codice morse, e che quindi aveva compreso il suo azzardo del giorno prima. Sino a quel momento non aveva ancora avuto occasione di accertarsene, ed era addirittura arrivata a credere di essersi messa in pericolo per nulla. Ma così non era stato.

Comprimendo l'euforia, scelse rapidamente cosa rispondergli, approfittando di quell'arguto alibi.

– Ma certo. Scusami – gli disse. F-O-K, scrisse con le dita, tamburellando piano. F. okay. Florian sta bene. Non le sembrò particolarmente avventato dirgli qualcosa del genere: le informazioni che aveva ottenuto da Leslie erano sufficienti, almeno per dargli un po' di speranza.

Incredibilmente, il ragazzo non sembrò stupirsi di quella notizia. Lo vide rilassare leggermente le spalle, tornando a camminare sul tappeto in maniera discontinua. Saryu non seppe come interpretare quell'atteggiamento, e decise di arrischiarsi a chiedergli qualcosa.

– Che ne pensi? – chiese, fingendo di riferirsi ancora all'intensità della propria presa. I muscoli di Eddie guizzarono sotto le sue mani, allenati dalla ferrea disciplina imposta a tutti i LaBo sin dalla nascita.

– Così va bene – rispose lui.

I due stettero un istante in silenzio, soppesando le rispettive presenze. Il peso del loro legame sembrò quasi riempire la stanza. Lo sentirono addensarsi sui loro corpi, asfissiante come la volta celeste.

– Lo sai, mi piacerebbe che mi dessi più informazioni – continuò Eddie, impassibile. – Sulla terapia, intendo.

Saryu drizzò le orecchie, comprendendo immediatamente la sua vera richiesta. Informazioni su Florian. Poté sentire l'ansia camminarle sulla pelle, prudendole addosso come un insetto. Cercando di arrestare il tremore delle proprie dita, scrisse un'unica parola.

R-U-N-A-W-A-Y. Fuggitivo.

– Sarà un processo graduale. Ci serviremo del deambulatore per un po', ma in seguito ne potrai anche fare a meno, quando riacquisirai il tuo equilibrio statico. Poi passeremo a quello dinamico.

Si interruppe un istante, posando una mano sulla spalla del ragazzo. – Tornerai a camminare da solo, un passo alla volta. Te lo assicuro.

Saryu sperò che Eddie comprendesse l'allusione alla libertà che avrebbe riottenuto, anche col suo aiuto. Oltre a riporre qualche speranza in Florian, spingendolo a contattare Yae, erano ben pochi i modi in cui avrebbe potuto aiutare il ragazzo dall'interno, senza essere scoperta e uccisa. L'unica idea che le era venuta in mente richiedeva sin troppo tempo, un bene di cui Eddie era pericolosamente a corto.

Persa in quei pensieri, quasi non si accorse della presenza di Xander, di nuovo in piedi sullo stipite della porta. L'uomo si schiarì la voce, richiamando la sua attenzione. Saryu lo vide rivolgerle un'occhiata perplessa, osservando la sua mano ancora posata sulla spalla di Eddie. Cercò di stringere assieme i pezzi della propria maschera, rivolgendosi a lui con noncuranza.

– Dimmi pure, Xander.

L'uomo abbandonò il proprio sguardo stranito, grattandosi il mento. – La dottoressa Svart ti aspetta nella sala di controllo. Finisco io qui.

Saryu registrò l'occhiata preoccupata di Eddie, cercando di non farci troppo caso. Gli strinse un'ultima volta la spalla, non avrebbe saputo dire se per dare forza a lui o a se stessa.

***

Jonas e Viola stavano addossati alle pareti della sala di controllo, simili a grottesche carte da parati. I monitor erano come sempre accesi a mostrare l'interno della Stanza Bianca. Saryu ci mise un po' per individuare Eve in uno dei quadranti, intenta a leggere qualcosa su un olo-tablet. Le sembrò più tranquilla del solito, e si chiese se il motivo fosse l'interazione avuta con Eddie il giorno prima.

La stessa calma sembrava pervadere la dottoressa Svart, almeno a uno sguardo superficiale. La donna ciondolava in piedi a braccia conserte, coi monitor che donavano sfumature bluastre al suo viso. Solo dalla rigidità della sua postura traspariva la sua reale furia, mista a una sorta di turbamento. Saryu non ricordava di averla mai vista così alterata.

– Ripetilo anche a lei – disse, facendo svolazzare una mano verso Jonas. L'uomo intanto si era accasciato su una sedia, con una borsa di ghiaccio istantaneo premuta sul mento, ancora lievemente gonfio. Saryu lo vide contrarre la mascella.

– Avanti – lo incalzò Iris.

– Ti ho seguita – sputò Jonas verso Saryu, impastando le parole. – Ho visto che sei passata a casa di Edin, e che in ospedale eri in anticipo rispetto al tuo turno. Pensavo... Credevo ci stessi tradendo, come Yae. E invece...

E invece ce l'ho mandata io, all'ospedale. Le avevo detto di andare a controllare Florian – disse Iris, glaciale.

Jonas parve riempirsi di bile, al suono di quel nome. – Già, a controllare che stesse bene.

Saryu rimase interdetta. Sapeva da anni del sentimento non ricambiato di Jonas nei confronti di Iris, ma non pensava che potesse arrivare a quel punto. Come può essere geloso di un uomo che lei non conosce?

Lo vide contrarre i pugni, lasciando che la borsa di ghiaccio si deformasse. – Era proprio necessario, Amélie?

Iris lo guardò attonita. Si voltò di scatto verso Viola, che se ne stava in silenzio da quando era entrata. Saryu notò la sua confusione, giustificata dal fatto che, a differenza sua, di Jonas e di Xander, non conoscesse affatto il vero nome della dottoressa Svart.

– Non osare – ringhiò Iris. Nella stanza calò un silenzio tombale, seppellendoli con le sue pesanti propaggini. – So io cosa è necessario e cosa non lo è. Se ho chiesto a Saryu di andare a controllare, è perché volevo accertarmi che il co-abitante di Edin non stesse facendo nulla di strano. E invece tu ti sei fatto tramortire, lo hai fatto scappare e gli hai anche regalato preziose informazioni sul ragazzo. Hai compromesso tutta la farsa che avevamo creato per lui...

– No, questo no – disse Jonas, interrompendola. – Non avrebbe retto comunque. Florian aveva con sé un ritratto di Edin, avrebbe avuto lo stesso una prova della sua esistenza.

Saryu si sentì morire. Lo ha visto. Ha visto il ritratto. La sua mente si stabilizzò su quelle uniche frasi, che rimbombarono in lei dilaniandola. Se ha letto il messaggio, per me è finita.

– E com'era, questo ritratto? – chiese Iris, sull'attenti. Sembrava che quell'informazione l'avesse distratta dalla propria collera.

Jonas si rianimò, sfruttando quell'apertura. – L'ho visto solo di sfuggita. Era fatto a penna, e sembrava molto realistico.

Saryu attese che il collega continuasse, parlando del messaggio. Tuttavia, Jonas non aggiunse altro. Non l'ha letto, si disse. Il sollievo che la colpì fu intenso quasi quanto l'angoscia di poco prima.

– Realistico. Beh, di certo non lo ha fatto lui, non sa disegnare. – Iris scoccò un'occhiata indecifrabile verso le sue due colleghe. – O almeno, così aveva scritto Hermes nei suoi rapporti. E dubito che Edin si sia fatto un autoritratto.

La donna prese a camminare lentamente nella stanza, lasciando quelle parole a fluttuare tra loro. – Solo mio figlio disegna bene a penna. Il ritratto è suo.

Quelle parole lasciarono Saryu di stucco. Era la prima volta che la dottoressa Svart dimostrava di aver prestato un minimo di attenzione alla personalità di Hermes.

– Al di là di questo – continuò, – adesso Florian è un fuggitivo, con in mano più informazioni del dovuto. Trovarlo è la nostra massima priorità, anche per ordine di Abramizde. Ci servirà per convincere Edin a collaborare, nel caso dovesse dimostrarsi troppo ostile al Progetto. Inoltre, potrebbe fare qualsiasi cosa pur di ritrovare il ragazzo.

– Non proprio – disse Jonas, incuneandosi nel discorso. – Difficilmente riuscirà a muoversi. Ho fatto terra bruciata attorno a lui, non ha più alleati.

Iris lo fulminò. – A quanto pare almeno uno lo ha, se ti sei ridotto in questo modo.

Saryu vide l'uomo nascondersi dietro i propri occhialetti sottili, affondato da quelle parole.

"Terra bruciata", si disse. Devo mettere le mani sulle linee guida che ha dato a Viktor. Senza quel tassello, realizzò, probabilmente non sarebbe riuscita a comprendere del tutto l'entità della follia che Jonas aveva intessuto attorno a sé.

Per un po' stettero a scrutarsi a vicenda. Intanto, i monitor continuavano a proiettare il bianco della Stanza sui loro visi nervosi. Attesero pazientemente che Iris riprendesse la parola, giostrati dai suoi silenzi.

– Lo troveremo. L'argomento è chiuso, per adesso – disse. Sembrava estremamente stanca, sfibrata come un vecchio sacco di iuta. – Adesso passiamo ad altro. Viola.

La donna si irrigidì al suono del proprio nome, nonostante l'ira della dottoressa Svart si fosse ormai diradata.

– Cosa credevi di fare, con quella frase? Pensavi che non l'avrei sentita?

Viola compresse il proprio corpo contro la parete, come se avesse voluto incastonarcisi. Saryu rimase interdetta. Quale frase?

– Io... Volevo solo dargli una piccola speranza. Edin è rinchiuso, non sa niente di quello che succede fuori...

– Lui non deve sapere niente di quello che succede fuori – la interruppe Iris, acida. – Non deve distrarsi in alcun modo dal proprio compito. Quel che è peggio, ha creduto erroneamente che tu stessi parlando di Florian.

Saryu ascoltò quegli scambi con grande interesse, marchiando a fuoco ogni parola. Eddie ha frainteso il riferimento di Viola. Ecco perché non sembrava stupito, quando gli ho detto delle condizioni di Florian. Posò gli occhi sul viso della donna, contratto dalla vergogna. Quell'informatica poco più grande di lei, occhio del Presidente, che già in un'altra occasione le aveva dimostrato di essere dispiaciuta della sorte dei due LaBo. Possibile che anche lei si sia stancata del Progetto?

– In ogni caso – continuò Iris, – ora come ora è necessario non lasciarsi sfuggire niente. Edin mi dà già abbastanza problemi, non voglio che abbia ulteriori armi a sua disposizione, o persone nelle quali sperare.

Nessuno di loro replicò. Saryu vide Iris stirare le mani verso l'esterno, tornando alla sua solita indifferenza. Aver conosciuto la sua versione alterata in quella mezz'ora le parve già il frutto di un'allucinazione.

– A breve vi istruirò sul da farsi. Per ora potete tornare ai vostri compiti.

Viola e Jonas si sollevarono come ipnotizzati, dileguandosi a passi lenti e nervosi. L'uomo gettò un'ultima occhiata all'interno della stanza, con la borsa del ghiaccio ancora posata sopra il mento appuntito.

Saryu si alzò dalla propria sedia, leggermente intontita. Non fece in tempo a muovere qualche passo verso il corridoio, che sentì la voce di Iris rivolgerle delle ultime parole.

– Non dimenticare il tuo compito – le disse. Saryu la vide accennare ai monitor, portandosi un indice a indicare i propri occhi, e con essi la loro asfissiante presenza dietro alle telecamere. – Io non dimenticherò il mio.


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