⁴⁷. 𝘗𝘳𝘰𝘷𝘢

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Saryu parcheggiò l'auto elettrica in mezzo alle altre tutte uguali, premurandosi di tenerne bene a mente la posizione per poterla recuperare in seguito. Non aveva mai gradito particolarmente quel tipo di omologazione estetica delle vetture, frutto di chissà quale politica di "eguaglianza" promossa anni prima dalla Chiesa del Giudizio. Uguali nella vita, come nella morte.

Quei pensieri le fecero tornare in mente l'incontro al quale avrebbe dovuto sottoporsi Eddie da lì a qualche ora. Iris glielo aveva comunicato poco prima che uscisse per il proprio turno all'ospedale civile, probabilmente per evitare che protestasse troppo. La dottoressa Svart non aveva idea della "deviazione" che aveva intenzione di fare quel pomeriggio, dunque Saryu aveva dovuto nascondere accuratamente sia la propria angoscia per quel compito, che per la sorte di Eddie. Devo sbrigarmi. Non posso lasciarlo da solo con quelle persone.

Era arrivata senza difficoltà fino all'anonimo palazzo di via XV Ottobre, nella zona A. Aveva pensato di iniziare col cercare l'uomo di nome Florian Herward presso la sua abitazione, che in quel momento torreggiava silenziosa davanti a lei. Sapeva che il piccolo appartamento dava sulla strada principale, e dal basso poteva notare sia le serrande abbassate, che le luci spente al suo interno. Le opzioni erano due: o Florian era già uscito di casa per andare a fare una RA, oppure si era serrato in quel buio per lasciarsi morire. Come un animale ferito alla ricerca di un anfratto dove spegnersi senza fare troppo rumore. Quell'idea la fece rabbrividire, e Saryu si affrettò a distrarsi, decidendo di chiedere informazioni alla prima figura che notò passare di fronte a sé.

Sapeva di chi si trattasse. Da quando Iris le aveva rivelato la menzogna creata per Florian, le erano state fornite olografie e descrizioni dei suoi co-abitanti di quartiere. Le persone a lui vicine che la dottoressa Svart, con le finanze della Chiesa, aveva costretto a tenere la bocca chiusa fingendo di non conoscere nessun Edin Mazur. E l'anziano uomo che stava solcando il marciapiede in quel momento era proprio una di quelle persone.

Saryu gli si avvicinò titubante, stringendosi nel cappotto di panno. Non aveva più indosso il camice, e la sua lunga treccia se ne stava rinchiusa tra le falde della sciarpa, che la riparava dal freddo pungente di quel pomeriggio. Il fiato le uscì a sbuffi, accompagnando le parole che decise di rivolgere a Tobias Helvig.

– Ho bisogno di un'informazione – gli disse, tenendo in mano il tesserino del Laboratorio, che la identificava sia come un membro del Progetto, sia come, agli occhi di quell'uomo, una delle mandanti che gli aveva imposto il silenzio sotto il peso di un denaro insanguinato.

L'uomo alzò il viso su di lei, guardingo. I suoi lineamenti erano deformati dal morbo di Met, e aveva già iniziato a perdere irrimediabilmente i capelli.

– Ho fatto come avete detto. Ora lasciatemi in pace.

Saryu non avrebbe voluto stupirsi di quell'astio, eppure lo sentì colpirla più del dovuto, come se a organizzare quella farsa fosse stata lei stessa, e non Iris. Ma tu hai comunque avallato tutto questo. Lo hai fatto per anni. Si costrinse a non farsi ingabbiare dalla propria colpevolezza, strappandosela via di dosso a fatica. Puoi risolvere qualcosa adesso, però, disse una seconda voce dentro di lei, questa volta più fiduciosa.

– Lo farò. Voglio solo sapere se ha visto Florian uscire di casa. Giuro che Lei non saprà mai più nulla di questa storia.

Tobias strinse la sua mano nodosa sul bastone che lo aiutava a camminare, soppesando attentamente le parole di lei. I suoi occhi acquosi le trasmisero una rabbia feroce, con un'intensità che cozzava incredibilmente con la sua figura di anziano fragile.

– È andato via un'ora fa, in ambulanza.

Saryu sentì il suo sguardo severo scavarle la pelle, bruciandola sempre di più a ogni secondo che passava. Quell'uomo la odiava. Odiava lei e ciò che rappresentava: un'organizzazione misteriosa che aveva indorato quel quartiere in cambio delle menzogne dei suoi abitanti. Saryu non conosceva le modalità con cui la casa di Florian era stata svuotata degli averi di Eddie, così come non sapeva se i cittadini avessero collaborato con la sola promessa del denaro, o anche intimoriti da una qualche minaccia da parte dei Sorveglianti. Conoscendo Iris e Abramizde, la sua mente propese automaticamente per la seconda opzione.

Vide Tobias prendere un grosso respiro, senza curarsi del fatto che gli avrebbe gelato i polmoni. Dopodiché lo sentì parlare in un sussurro.

– Sanguinava.

A quella parola, Saryu non poté far altro che precipitarsi nuovamente verso i parcheggi, congedandosi frettolosamente dall'uomo, e proiettando la propria coscienza già tra le fredde corsie dell'ospedale civile.

***

L'edificio marrone si stagliava silenzioso davanti a un cielo plumbeo, ricolmo di nuvoloni grigiastri in procinto di svuotare un torrente di pioggia su Malthesia. Negli ultimi mesi le alluvioni si erano fatte sempre più frequenti, conseguenze di un clima irrimediabilmente danneggiato, gentile regalo delle generazioni di molto precedenti alla sua. Saryu parcheggiò senza neanche rendersene conto, e, dopo aver indossato nuovamente il camice, si catapultò tra le porte girevoli dell'ospedale.

L'ambiente interno era bianco e spettrale, e per certi versi le ricordava quello del Laboratorio. Regnava una calma irreale, e i corridoi che portavano ai reparti erano punteggiati da persone fiaccamente accasciate ad attendere qualche caro ricoverato. L'odore era lo stesso di sempre, simile a quello della plastica bruciata, ma la sua mente in quel momento non riuscì a registrarlo appieno.

– Zoe – disse Saryu, riprendendo fiato dopo la corsa.

La donna seduta alla reception la fissò stupita, illuminandosi dietro ai suoi spessi occhiali per la visione avanzata. – Dottoressa Kumar, buon pomeriggio! Ma il Suo turno non iniziava alle sedici?

Saryu cercò di far rallentare il cuore, assecondando l'affabilità della donna. – Ho voluto anticipare un po'.

Zoe annuì, stirando la bocca in un largo sorriso. – Lei è sempre così diligente. Come sta Suo figlio? È da un bel po' che non lo vedo dalle mie parti.

Saryu si sentì spaesata, e dovette fare mente locale per ricordare che quella donna l'aveva vista più volte in compagnia di Hermes, quando lo aveva accompagnato presso la zona D, dove svolgeva il suo lavoro fittizio da operaio. Serviva a fornire più credibilità alla sua seconda identità, nel caso in cui Eddie avesse iniziato a porsi domande sul suo background. La receptionist una volta lo aveva scambiato per suo figlio, e Saryu ricordò come fosse stato Hermes stesso a presentarla nelle vesti di propria madre adottiva. Al posto di Iris.

– Sta bene, ha solo cambiato lavoro. – Saryu si sforzò di indossare un sorriso di circostanza, sperando che i tecnologici occhiali della receptionist non fossero in grado di decifrare anche le sue emozioni.

– Ha fatto bene, di questi tempi i LaBo sono richiestissimi ovunque. Si sono liberati un sacco di posti alla fabbrica di InfanTech, potrebbe dare un'occhiata anche lì. A proposito, Le ho mai fatto vedere il mio nuovo bambino? È un modello 15, l'ho chiamato...

– Ma è fantastico – le disse, interrompendola. – Sicuramente gli dirò di andare a vedere. Senta, Zoe, purtroppo sono di fretta. Potrebbe farmi un grosso favore?

La donna fermò la propria parlantina, lasciando una mano a gesticolare a mezz'aria. Sembrò rendersi improvvisamente conto della preoccupazione che esalava dalla figura di Saryu, irrigidendone la postura. – È successo qualcosa?

Lei si costrinse a mantenere la calma, mordendosi l'interno della guancia. – Niente di grave. Deve solo dirmi se avete registrato l'entrata di un paziente. Si chiama Florian Herward, è un mio vecchio amico. È arrivato qui in ambulanza.

Zoe sembrò recepire l'urgenza del suo tono, e dopo averla osservata in silenzio, mosse le dita in orizzontale per scorrere la lista dei pazienti sull'olo-tablet. – Herward... Herward... Eccolo qui. Sì, è entrato un'ora fa. Era ricoperto di graffi, poverino. Deve avere un gatto molto vivace.

La donna osservò l'olografia di Florian in sovrimpressione alla sua cartella clinica, strizzando gli occhi. L'immagine, che Saryu poteva osservare al contrario, sembrava risalire a qualche anno prima. In essa l'uomo non portava gli occhiali, e le cicatrici sul suo viso risultavano ancora più evidenti. Saryu ne conosceva la storia relativamente da poco, grazie ai resoconti di Hermes. La storia di come se le fosse provocate durante il Giorno dell'Espiazione, cercando di salvare delle persone a lui care.

Per qualche motivo, le venne in mente l'immagine di Hermes con in mano quella maledetta pistola. Anche lui aveva messo in gioco la propria vita per qualcuno che amava, senza curarsi delle conseguenze. La connessione tra i due avvenimenti le provocò un forte bruciore agli occhi. Si sforzò di ricacciare indietro le lacrime, e piantò uno sguardo deciso sull'immagine tremolante del bibliotecario. Non lascerò che ti portino via qualcun altro.

Zoe, intanto, si stava allisciando le punte dei suoi capelli tinti di nero, contraendo il viso in una smorfia. Nonostante l'odore di silicone anti-età la permeasse, Saryu vide comunque qualche ruga comparirle ai lati della bocca. Sembrò scrutare l'olografia di Florian, pizzicandola con due dita per fare uno zoom.

– Mi sembra di averlo già visto da qualche parte... – iniziò a dire.

Saryu non diede peso a quell'informazione, cercando invece di incalzarla. – Può dirmi in che reparto si trova? Vorrei passare a salutarlo.

La receptionist stirò le dita di fronte a sé. – Ma certo. Dovrebbe essere al Pronto Soccorso, è entrato con priorità tre. Ah no, aspetti.

Saryu la vide scartare un documento trascinandolo via con le dita, scegliendone un altro al suo posto. In basso notò l'inconfondibile firma illeggibile di Viktor.

– All'entrata ha esibito un modulo per una RA poco invasiva, quindi fossi in Lei guarderei anche nel reparto Memoria. – Zoe si stropicciò il viso, perdendosi in un qualche pensiero dolceamaro. – Che uomo coraggioso, se solo io fossi riuscita a fare la stessa cosa quando mio marito è stato Concluso...

Saryu sentì un brivido gelarle la schiena. Devo muovermi. Di norma avrebbe detto a Zoe qualcosa di confortante, una volta udite quelle parole. Tuttavia, in quel momento la cosa non la sfiorò minimamente, e una parte di lei rimasta lucida si stupì della propria noncuranza.

– Purtroppo devo scappare, Zoe, mi dispiace. Buona serata.

Sparì velocemente in una delle corsie che portavano al Pronto Soccorso, lasciandosi lo sguardo perplesso di Zoe dietro di sé. Non si diede neanche il tempo di vedere la receptionist scrollare le spalle, continuando a osservare dubbiosa l'immagine di Florian.

***

L'ala che ospitava il reparto del Pronto Soccorso era di costruzione pre-Espiazione, ed era stata riadattata da quella di Neonatologia, ormai completamente inutile. Poteva dunque capitare che i ricoverati si ritrovassero in una delle tante stanze visibili dalle vetrate che davano sul corridoio.

Grazie a esse, Saryu trovò l'uomo prima del previsto, e vederlo oltre una lastra trasparente le ricordò le innumerevoli volte in cui aveva osservato la Stanza Bianca dalla sala di controllo.

Florian era da solo nella camera, e dormiva attaccato a una flebo. Evidentemente le infermiere avevano ritenuto necessario inoculargli qualche milligrammo di ferritina, reintegrandogliela dopo il sanguinamento. Le sue braccia, lasciate fuori dalle lenzuola, erano completamente fasciate da lunghe strisce di garza bianca, leggermente gonfie nelle zone in cui erano stati applicati dei batuffoli di cotone. A quella visione, Saryu comprese immediatamente cosa l'uomo avesse fatto a sé stesso. L'allusione di Zoe a dei cosiddetti "graffi" le aveva dato un indizio, ma le garze ne furono la conferma.

Il torpore dell'ambiente era interrotto unicamente dal suono ritmico dell'elettrocardiografo, collegato ai deboli battiti del cuore di Florian. Saryu si accostò al suo letto, sporgendosi per osservarlo dall'alto, con la lunga treccia scesa a sfiorare le lenzuola candide. La chioma disordinata dell'uomo se ne stava posata sul cuscino, contornandogli il viso addormentato e sollevandosi leggermente a ogni suo respiro. Le sembrò incredibilmente giovane e indifeso, in quel momento, ricordandole la vulnerabilità che aveva sempre osservato addosso a Eve. Nonostante si passassero poco più di quattordici anni, Saryu provò un inspiegabile senso di connessione familiare con lui.

Sapeva pochissime cose di quell'uomo, eppure le sembrava di conoscerlo da sempre. Sentì il senso di colpa roderla dall'interno, avvinghiandosi al sollievo per averlo trovato vivo, e soprattutto lontano dal reparto di Memoria, dove avrebbero potuto cancellare mesi, se non anni della sua preziosa vita assieme a Eddie.

Sono ancora in tempo. Saryu si gettò un'occhiata alle spalle, accertandosi che non stesse passando nessuno nel corridoio oltre il vetro. Dopodiché afferrò il ritratto di Eddie, ancora piegato al sicuro nella tasca del suo camice. Nel frattempo era riuscita a recuperare una busta da lettere e a scrivervi un messaggio sul retro, chiusa nel suo ufficio e lontana da occhi indiscreti. Dispiegò il foglio per osservarlo, e la precisione con la quale Eddie era stato tratteggiato dallo sguardo di Hermes la trafisse crudelmente come la prima volta.

Nello stesso istante in cui mosse una mano per svegliare delicatamente Florian, sentì la propria ID illuminarsi nell'altra tasca del camice. Saryu la estrasse prontamente, osservando un messaggio fuoriuscirne, fluttuando in sovrimpressione. Era di Jonas, e sembrava essere stato scritto con una certa urgenza, perché presentava un paio di errori. "Cambio di programma, devivenire subito qui. Hanno deciso di antcipare." La laconicità di quelle parole le mise un pungente senso d'angoscia addosso, facendole vibrare il fondo dello stomaco come se vi fosse stata riposta una bomba a orologeria.

Saryu rimise di nuovo la ID al sicuro, e osservò la propria mano ferma a mezz'aria di fronte al viso di Florian.

Maledizione, si disse. Non c'è tempo. Pensare di doversi affidare alla semplice aleatorietà per quell'importante tassello del suo piano non la faceva impazzire, ma in quel momento sapeva di non poter fare altrimenti. Dovrò sperare che lo trovi da solo. È tutto quello che posso fare adesso.

Senza rifletterci ulteriormente, posò la busta sotto al cuscino di Florian, controllando ancora una volta il corridoio con la coda dell'occhio. Si concesse di sfiorare le cicatrici dell'uomo con le dita, vedendole tremare mentre cercava di non svegliarlo. Saryu contrasse la mascella per evitare di piangere, e infine abbandonò la camera con la stessa velocità con la quale era arrivata.


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