⁴¹. 𝘚𝘤𝘪𝘯𝘵𝘪𝘭𝘭𝘢

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Saryu non riusciva a smettere di tormentarsi le mani, seduta su una vecchia sedia imbottita dall'altro lato del vetro. Il suo sguardo si spostava da una parte all'altra della Stanza Bianca, osservando Eve dormire tranquilla ed Edin stare raggomitolato sul suo letto dalle lenzuola candide. Dalla telecamera a infrarossi, poteva vedere chiaramente che il ragazzo aveva ancora gli occhi aperti, nonostante fossero da poco passate le due di notte. Ma lui non può saperlo, si ritrovò a pensare. La sua stanza non ha finestre.

Aveva seguito attentamente la conversazione che Iris aveva avuto con lui, qualche ora prima. Il dialogo si era interrotto per volontà della stessa dottoressa Svart, prima che iniziasse a spiegargli per bene il Progetto. "Adesso sarà meglio che riposi. Ti dirò tutto in seguito", gli aveva comunicato. Nonostante le proteste di Edin, lei non aveva voluto sentire ragioni. E così l'aveva lasciato da solo, a sprofondare nel buio baratro dei suoi tormenti.

Durante il loro dialogo, era stata Saryu stessa a passare a Iris i fogli del dossier redatto da Hermes, non senza un lieve senso di colpa. La dottoressa Svart aveva detto che Hermes li aveva traditi per "compassione" nei confronti di Edin. Saryu si era ritrovata a guardarla incredula, chiedendosi se non avesse compreso che suo figlio amava quel ragazzo perché non era una psicologa, o semplicemente perché era una pessima madre. A quel pensiero si era sentita lievemente in ansia, quasi come se Iris avesse potuto leggerle la mente.

Il ragazzo oltre il vetro si sdraiò su un fianco, e lei fece uno zoom sulla visuale interattiva per controllare se avesse deciso finalmente di chiudere un po' gli occhi. Erano ancora spalancati. Tuttavia, Edin non era semplicemente sveglio. Sta piangendo. Piccole lacrime traslucide gli rigavano le guance, sfocate e distorte dal rosso della telecamera. Saryu si affrettò ad abbandonare la modalità immersiva, sentendo una fitta al cuore.

Cosa stiamo facendo? Si chiese. Da qualche tempo i suoi dubbi si erano intensificati al punto da farle desiderare di abbandonare il Progetto. Tuttavia, dopo aver assistito alla conversazione tra Iris ed Edin, aveva deciso definitivamente di rimanere all'interno del Laboratorio, anche solo per mitigare la permanenza del ragazzo lì dentro. L'indomani avrebbe iniziato assieme a lui le sessioni di analisi e di fisioterapia. Forse, in qualche modo, sarebbe riuscita a smussare gli effetti devastanti che aveva avuto il rapimento sulla sua psiche.

– È permesso? – disse una voce dietro di lei, distraendola dai suoi pensieri.

Saryu ruotò leggermente il viso, stropicciandosi gli occhi. La figura di una donna con qualcosa in mano si introdusse nel suo campo visivo, sgusciando nella porta della sala di controllo.

– Ma certo, Viola. Entra pure.

La sua collega non se lo fece dire due volte, e si infilò nella stanza porgendole una tazza fumante.

– Ho pensato che avresti gradito del caffè, dato che hai il turno di guardia – disse, poggiandosi al quadrante dei comandi.

– Ti ringrazio.

Saryu si portò lentamente la tazza alle labbra. Il vapore le riscaldò le guance, accumulandosi sotto ai suoi capelli grigi, che aveva deciso di lasciare liberi e non raccolti nella solita treccia. Si ritrovò a squadrare la sua collega con la coda dell'occhio, fingendo di concentrarsi sulla bevanda.

Viola era una dei due scienziati che Abramizde aveva imposto a Iris di far entrare all'interno del Laboratorio, dove svolgeva la funzione di informatica. Aveva dei capelli color rame racchiusi in una crocchia, ed era più grande di Saryu di qualche anno, nonostante la pelle del suo viso apparisse rimessa a lucido da un potente siero anti-età. Probabilmente l'aveva ottenuto con un prezzo di riguardo, in cambio dei preziosi rapporti periodici che inoltrava meticolosamente al Presidente.

Lei e Xander, che occupava il ruolo di chirurgo, avevano accesso a tutte le sale e a tutte le riunioni, anche se non potevano decidere nulla sul Progetto in sé. In due anni Saryu aveva imparato a tollerarli e ad apprezzare il loro contributo professionale, anche se la sgradevole sensazione di essere sempre osservata non l'aveva ancora abbandonata.

Viola non si era accorta del suo sguardo, e aveva iniziato a osservare con interesse le due figure oltre al vetro, soffermandosi su Edin. Di certo la sua visita non è casuale, pensò Saryu. Realizzare che la sua cortesia fosse un mero espediente per dare un'occhiata alla situazione le provocò un lieve disagio.

Le luci dei pulsanti si riverberavano fioche sul camice della donna, colorandolo di azzurro. Nella stanza aleggiava un silenzio tombale interrotto a tratti dal respiro leggero di Eve, captato dal microfono che avevano posizionato accanto al suo letto da quando aveva iniziato a parlare nel sonno. Un'altra conseguenza dell'interruzione delle RA su di lei. La Zona Oscura si rafforzava ogni giorno di più, come un piccolo fortino al centro della sua mente, inaccessibile per chiunque, tranne che per Saryu.

– So che hanno parlato, questo pomeriggio – disse a un tratto Viola, continuando a tenere lo sguardo fisso.

Saryu alzò gli occhi su di lei, chiedendosi dove volesse andare a parare.

– Sì, hanno conversato a lungo. Iris gli ha spiegato un po' di cose.

– Quindi il ragazzo ora sa tutto?

Ecco. Inizia l'interrogatorio.

– No, non tutto. Penso che avrà bisogno di un po' di tempo per assimilare le informazioni.

– Capisco. Suppongo che non si possa accelerare più di tanto, in questa fase.

Saryu la guardò con stanchezza, prendendo fiato prima di risponderle. – Senti. So che il Presidente aveva ordinato di sbrigarci, preoccupato dai movimenti dei sovversivi. Ma abbiamo già acconsentito a prelevare Edin in anticipo, nonostante Eve non sia ancora stabile. Ti posso assicurare che il ragazzo ha davvero bisogno di tempo prima di riuscire a collaborare.

Viola la osservò di sbieco, spostando lo sguardo dal vetro interattivo. Nei suoi occhi sembrava esserci un lampo di risentimento.

– Certo, mi sembra normale. Per lui dev'essere piuttosto difficile.

Saryu sentì le mani pruderle. "Difficile". Il modo in cui quella donna riusciva a banalizzare la complessità della situazione aveva dell'incredibile. Gli abbiamo solo detto che la sua vita era decisa da prima che nascesse.

– Già, difficile – rispose, senza riuscire a nascondere un velo di sarcasmo.

Tuttavia, Viola non ci fece caso. Continuò a parlarle mentre fissava il ragazzo, poggiando le mani sulla pulsantiera. – Credi che lui sceglierà di collaborare?

Quella domanda la spiazzò leggermente. – Non lo so –, rispose. – Ma lo spero. L'alternativa sarebbe effettuare un ciclo di RA su di lui, ma ormai anche la dottoressa Svart è consapevole che non si tratta di una terapia ottimale.

Ammettere che quel tipo di "cure" potesse essere alla base degli sfasamenti di Eve le seccava un po'. Nonostante ciò, Saryu pensò che fosse più importante insinuare in Viola l'idea che Edin non avrebbe dovuto subire alcuna sessione di terapia elettro-convulsivante. Ora va', dillo al tuo padrone.

– Già. Credo che alla fine riuscirà a collaborare, nonostante tutto. La dottoressa Svart lo convincerà, e poi avete anche il profilo psicologico tracciato da Hermes – rispose Viola.

A quelle parole, Saryu si rabbuiò. La donna sembrò notarlo, e distolse lo sguardo da Edin.

– Mi dispiace, non avrei dovuto nominarlo. Per quanto tempo credi che...

– Sta' tranquilla.

Saryu la interruppe di colpo, sperando vanamente che il discorso potesse chiudersi lì. Tuttavia, Viola continuò a parlarle, mettendole una mano su una spalla, in un gesto di conforto che non riuscì ad accettare come veritiero.

– Quello che gli è accaduto è terribile. Nessuno poteva prevederlo, non fartene una colpa.

La sua collega la fissò dritta negli occhi, e Saryu si chiese se non avesse sbagliato a considerarla eccessivamente superficiale. Con quella breve frase sembrò aver indovinato cosa lei stesse pensando in quel momento. Sentì il suo sguardo scavarle dentro, e senza volerlo irrigidì il busto.

– L'ho sempre considerato speciale, il vostro rapporto – proseguì Viola, abbassando la voce. – A dirti la verità, quando sono entrata nel Progetto ho pensato che fosse il tuo figlio adottivo, e non quello della dottoressa Svart.

Saryu non poté fare a meno di sentirsi lusingata, a quelle parole. – Non sei la prima a dirmelo.

Il fumo del caffè continuava a salire in ampie spirali verso l'alto, visibile appena grazie al bagliore degli schermi. Per un po' le due non ebbero altro da dire, e stettero in silenzio a osservare i ragazzi. Viola, tuttavia, continuò a tormentarsi una ciocca di capelli che fuoriusciva dal suo chignon spettinato. Saryu si ritrovò a sbadigliare sommessamente, appannando la tazza lucida. Caffè lungo. Orribile.

– Lei non gli ha mai dato un briciolo di affetto –, disse Viola, a un tratto.

Saryu sgranò gli occhi, senza sapere bene come ribattere. Tuttavia, non fece in tempo ad aprire la bocca, che sentì la porta dietro di lei spalancarsi, e il suono dei passi concitati della dottoressa Svart lacerare il silenzio della sala di controllo.

– Saryu – disse, prima di interrompersi. – Oh, Viola. Sei qui.

Iris non sembrava essere eccessivamente stupita dalla presenza di uno degli "occhi" del Presidente, anche se un barlume di irritazione si fece comunque strada nel suo sguardo scuro.

– Se non ti dispiace, vorrei parlare con la dottoressa Kumar da sola. Avrei una domanda da farle.

Viola sembrò leggermente in ansia, forse preoccupata che Iris potesse aver udito le sue parole prima di entrare. – Ma certo. – La donna si scostò dal tabellone dei comandi, facendo frusciare il proprio camice.

– Allora vado. Buonanotte, Saryu. Dottoressa Svart.

Saryu le rivolse un cenno con la tazza, ringraziandola ancora per quell'orrendo caffè. Una volta che fu uscita, Iris non riuscì a trattenersi dallo sbuffare, andandosi a poggiare sul tabellone.

– Ficcanaso –, disse semplicemente. Una volta tanto, Saryu si trovò d'accordo con lei.

La donna puntò un dito verso le due figure, strizzando un po' gli occhi. – Stanno dormendo?

– Eve sì. Edin ancora no – le rispose. Saryu esitò, prima di continuare a parlare. – Stava piangendo.

Sapeva che Iris non avrebbe considerato cruciale quell'informazione, ma la buttò lì tanto per saggiare la sua reazione.

– Capisco. Mi sembra logico.

Saryu non seppe come interpretare quella frase. Si affrettò a passare oltre, già satura della presenza della dottoressa Svart. – Qual era la domanda che volevi farmi?

Iris la guardò, illuminandosi. – Ah, sì. Volevo chiederti cosa ne pensassi del primo dialogo con Edin. Non mi hai ancora dato il tuo parere professionale. Non volevo chiedertelo con tutte quelle persone attorno.

Saryu si sentì irrazionalmente in ansia, a quella richiesta. Scegli bene le tue parole.

– Credo che tutto sommato sia andato bene. Forse è sembrato piuttosto frettoloso, ma il ragazzo aveva bisogno di alcune risposte, se non volevamo che perdesse la testa. Anche se ancora non sa nulla né del Progetto in sé, né del ruolo della Chiesa in esso.

Iris parve riflettere sulle sue parole, facendo oscillare i suoi lunghi capelli neri, che anche lei aveva lasciato sciolti. A Saryu sembrò più vulnerabile del solito, e a un certo livello si chiese se quella sua versione meno glaciale derivasse dalla sorte di Hermes.

– Esatto. Ci saranno altre occasioni per spiegargli tutto. In questa fase dobbiamo essere molto cauti, se non vogliamo inimicarcelo. Dobbiamo evitare a tutti i costi che la sua collaborazione al Progetto dipenda da una RA.

Per la seconda volta quella sera, Saryu si trovò d'accordo con Iris.

– Per il resto, che tipo di appunti mi faresti sulla conversazione? Sii sincera.

Nonostante quel preambolo, Saryu cercò di dosarsi. Sapeva che criticare Iris era sempre una mossa avventata. – Direi innanzitutto di provare a chiamarlo "Eddie", come vorrebbe lui. È un semplice modo per non aggiungere astio nei nostri confronti. In secondo luogo, ti direi di evitare di parlargli di sua madre o di Hermes: sembrano essere argomenti delicati per lui. E forse non menzionerei neanche il suo co-abitante.

Decise di interrompersi, prima di spingersi troppo in là. Gli hai letteralmente detto che quel Florian crede che lui non sia mai esistito.

Iris stette un momento in silenzio, assimilando quelle parole. – A proposito di lui. Tu hai il turno all'ospedale civile domani, no? Vorrei che andassi a controllare come sta. Nel caso fosse già stato dimesso dopo l'aggressione fasulla, verifica direttamente a casa sua.

Saryu si stupì di quella richiesta. – Perché? – le sfuggì, senza rifletterci.

Iris sospirò. – Ho convinto Abramizde a lasciarlo in vita senza fargli una RA invasiva, nonostante sia un testimone scomodo e incorruttibile, al contrario delle altre persone che hanno conosciuto Edin. Lo considero un ringraziamento per aver cresciuto bene il ragazzo in questi anni. Non sembra una cattiva persona, ma non possiamo permetterci passi falsi. Va' a verificare che non faccia nulla di strano.

E io che mi ero illusa che fosse preoccupata per la psiche di quell'uomo, pensò Saryu. Il pensiero che Iris considerasse un "regalo" l'aver lasciato Florian in vita, seppur risucchiato nel baratro della follia, le fece accapponare la pelle. Lo spettro morale di quella donna le sembrò, ancora una volta, contorto come un incubo al risveglio.

Nonostante Saryu temesse la risposta, provò comunque a farle una domanda che le premeva dentro da quando Edin era arrivato. Con cautela scelse le parole nella propria mente, prima di proferirle.

– Ma certo, lo farò. In effetti Edin è cresciuto forte, intelligente e capace. Sono sicura che saprà adempiere al suo ruolo di "padre" della nuova umanità, guidandola insieme a Eve.

Dopo quelle parole, Saryu finse disinteresse, passando le unghie sulla tazza ormai vuota. Gettò brevi occhiate a Iris, attendendo una reazione. Ti prego, non deludermi. Non dirmi che vuoi ucciderlo.

Iris le rispose prontamente, senza neanche guardarla in viso. – Non credo proprio. Quando avrà concluso il suo compito, lo toglieremo dai giochi. Lui non è "puro" come Eve, non può guidare proprio nessuno. Sarà anche buono come sua madre o sensibile come il suo co-abitante, ma non basta. Ricorda sempre che è Eve il fulcro del Progetto. Lui è soltanto uno strumento.

Iris proferì quelle parole con precisione, come una verità inequivocabile. Saryu attese che la delusione la colpisse, ma fu invece pervasa solo da una cieca, inaspettata rabbia. La sentì agitarsi sotto la sua pelle, assieme a un bruciante e nuovo senso di rifiuto. Maledetta.

La dottoressa Svart continuò a parlare, ignara della tempesta che si stava consumando nel cuore della sua collega. – Comunque ha preso l'altruismo da sua madre. Lei, porgendomi Hermes e non lui, gli ha praticamente regalato dodici anni di libertà. Peccato che alla fine non sia servito a nulla.

Iris si allungò verso lo schermo, zoomando sul viso di Edin. Il ragazzo adesso dormiva, finalmente. L'orologio segnava le tre.

– Direi che la tua veglia è finita. Lo controlleremo a vista per qualche altra notte, poi passeremo al sensore di movimento. Puoi andare, Saryu.

Lei si riscosse, registrando a malapena le parole della donna. – Sì. Grazie.

Tuttavia fu la dottoressa Svart a congedarsi per prima. Saryu si accorse della sua assenza solo qualche minuto più tardi, stupendosi per la propria disattenzione. Si sentì alienata, e osservò le proprie mani per un tempo che le parve interminabile. Un solo pensiero le stava agitando il battito cardiaco, potente nella sua semplicità: non voglio. Non voglio vedere altri ragazzini venire usati e buttati via.

Provò un immenso sdegno per Iris e per sé stessa, lei che aveva avallato le decisioni di quella donna sino a quel momento. Sempre per il bene del Progetto, per il bene dell'umanità. La fuga di Yae, le condizioni di Eve, la sorte di Hermes, le lacrime di Edin, la psiche di Florian. Il suo cuore si riempì di tristezza, ma anche di una rovente determinazione. Non voglio. E, dopo mille dubbi e tentennamenti, sentì infine il seme della ribellione sbocciare in lei, spaccando tutta in una volta la superficie della sua inerzia.

Saryu si alzò dalla sedia, in preda a un raptus di adrenalina. Si precipitò fuori dalla sala di controllo, attraversando i corridoi vuoti e silenziosi, avendo cura di non fare alcun rumore.

Non entrava nella stanza di Hermes da quando aveva impersonato la LaBo Emma, usando il PC del ragazzo e la matricola di lei, fornitagli dal Presidente. Ottenere la matricola della "ragazza della maratona" era stato semplicissimo, grazie alla Chiesa. Se solo avessimo avuto questi mezzi per trovare Edin.

Saryu si avvicinò alla scrivania di Hermes, lasciata intatta da prima che partisse per la sua ultima missione. Era come di consueto nascosta da una pila di cartacce, e su un lato campeggiava l'olografia di lui e Yae che giocavano a scacchi. Saryu fece scorrere le scartoffie, spulciando ogni singolo foglio. Sapeva esattamente cosa cercare.

Dopo qualche minuto si ritrovò in mano il pezzo di carta che Hermes le aveva mostrato tre settimane prima, quando era crollato rivelandole che si era innamorato di Edin. Quella volta lei era rimasta spiazzata, chiedendosi come avesse fatto a essere tanto cieca.

Osservò il foglio, rigirandoselo tra le mani. Su di esso Hermes aveva disegnato il volto di Edin, incredibilmente realistico. Era stato tratteggiato con due diverse tinte: evidentemente aveva iniziato ad abbozzarlo a penna, probabilmente davanti al ragazzo stesso, per poi finirlo in un secondo momento, magari su quella scrivania. Lo ha disegnato a memoria.

A quel pensiero, gli occhi di Saryu si riempirono di lacrime. Si passò velocemente una mano sul viso, cancellando il proprio dolore. Poi piegò con cura il foglio, riponendolo nella tasca del camice.


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