44. IL TORNEO

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L'invito per un weekend dal castello era arrivato all'improvviso, sorprendendomi. Ellen mi aveva chiamata, insistendo molto sul fatto che partecipassimo.

-È molto importante!- aveva sottolineato.

-Verremo- avevo quindi promesso io.

E così ora ci trovavamo in un grande castello. Avevamo preso posto in una grande camera a tema medioevale.

-Non male- commentò Ethan, sfiorando con lo sguardo una spada appesa sopra il caminetto -Secondo te è vera?-

-Non lo so, ma è meglio se non la tocchi- gli dissi.

Ethan non mi ascoltò e con la coda dell'occhio lo vidi accarezzarla con un polpastrello. Sospirai e ricominciai a infilare nell'armadio a muro i pochi vestiti che mi ero portata per il weekend. Al momento indossavo un lungo abito medioevale, fornitomi dalla stessa Ellen.

-No, non è vera- borbottò Ethan. Anche lui indossava degli abiti medioevali.

Mi sfuggì un sorriso, poi feci un passo indietro e chiusi l'anta, che si mimetizzava perfettamente con il muro di pietra. Aggrottai la fronte. Volevo anch'io un armadio così.

-Comunque è una buona imitazione- continuò Ethan -spada lunga... 1200 d. C., circa-

Mi voltai verso di lui, l'abito che mi volteggiava intorno. -Molto preciso- commentai. Il grande letto con la testiera di legno faceva bella mostra tra di noi, come un mare di lenzuola rosse.

-Sí, ho una passione per le armi bianche- mi si avvicinò, un sorriso divertito sulle labbra.

-Oh, un vero cavaliere!- esclamai, dandogli le spalle per fingere di ignorarlo. Un modo d'ignorarlo che in realtà aveva esattamente lo scopo contrario.

Ethan mi cinse la vita, abbracciandomi da dietro. Mi appoggiai languidamente a lui, la mia schiena che aderiva al suo petto.

-Bello- mormorai, notando l'orologio che aveva al polso. Lo schermo era nero, come il cinturino, con le lancette dorate simili a rami che ticchettavano. Era fuori contesto rispetto al suo abbigliamento. Anacronistico, ecco il termine corretto.

-È... era di mio padre- sussurrò Ethan, l'ombra di un dolore senza nome nello sguardo. -Se lo trasmettevano da padre in figlio al compimento dei diciotto anni... io l'ho trovata tra le sue cose- la voce gli mancò per un attimo. Comprendevo il suo dolore e non volevo che fosse così triste.

Fissai l'orologio con occhi diversi. Lo immaginai intorno ad altri polsi, ad assistere ad altre storie.

-Dobbiamo affrettarci, Ellen ci aspetta- disse Ethan -ha detto che vuole parlare a noi uomini in disparte... non so cos'ha in mente-

Annuii. Ero proprio curiosa di sapere cosa ci avrebbero riservato le prossime ore.

-Un torneo?- chiesi, fissando Ethan senza nascondere la mia preoccupazione. Era quindi quella la sorpresa di Ellen? Ma cosa le veniva in mente? Sentii un brivido lungo la schiena. Eravamo nel lungo corridoio, con le pareti di pietra coperti di arazzi. –Come quelli del passato?-

-Identico- sorrise soddisfatto, come se fosse felice di avermi sorpresa... e fatta preoccupare. Come l'odiavo quando faceva così!

-Non sai che molti cavalieri morivano durante quei tornei?- chiesi, il cuore in gola. Ma lo rendeva davvero così felice farmi preoccupare?

-Certo, ma qui non sarà così pericoloso- rispose lui, con una risata.

-Potrebbe invece- ero agitata, molto agitata. E se lo avessero colpito in viso? Avrebbero potuto fargli male!

-Comunque ormai ho deciso, indietro non si torna- strizzò l'occhio.

Sbuffai. –Non fare il solito uomo che... -

Una voce lo chiamò. Bob. Lo vidi avvicinarsi. Aveva indossato una specie di armatura leggera, che gli stava evidentemente troppo larga. L'elmo era aperto e dava l'impressione che stesse per cadere da un momento all'altro.

-Ethan dobbiamo andare-

-Arrivo- rispose lui, voltandosi verso Bob –dammi solo cinque minuti-

Bob ridacchiò. –Va bene, ma sbrigati- si voltò e corse via.

Rimanemmo solo io ed Ethan, faccia a faccia. Il mio cuore batteva forte. -Sei certo che non sia pericoloso?- gli chiesi, tremante. Se gli fosse successo qualcosa, io...

-Abbastanza- mi strizzò l'occhio, quindi posò le sue mani sulle mie spalle. Una stretta dolce e calda. –Stai tranquilla, sono prudente... e poi non ho nessuna voglia di farmi male-

Sospirai. –Suppongo di dovertelo lasciar fare-

-Stai tranquilla... e se vincerò t'incoronerò regina del torneo-

Sorrisi. –Molto romantico- ammisi. Nessuno aveva mai fatto qualcosa di così bello per me. Ero comunque preoccupata per lui... l'amore in fondo è anche questo.

-L'idea è proprio questa- mi trasse a sé e mi baciò teneramente sulle labbra, che andarono quasi a fuoco. Gli buttai le braccia al collo. Era una sensazione  bellissima stringerlo. Sentii le mie guance avvampare e la testa girarmi. Il bacio durò appena qualche secondo, ma fu così intenso che quando ci staccammo, mi sentii tremante e barcollai. –Vincerò per te- disse lui, rassicurante.

-Sii prudente- gli ricordai. Sì, ero preoccupata. E anche parecchio.

-Certo, certo, sarò prudente- mi porse il braccio –andiamo?-

Passai dolcemente le dita su di esso, quindi annuii. –Andiamo- decisi.

Ellen mi aveva tenuto il posto vicino a lei sugli alti spalti di legno. Questa era un'ottima notizia, almeno apparentemente. Prima di tutto perché la posizione era ottima, in secondo luogo perché così avrei potuto avere delle informazioni su Lauren. Di fronte a noi si allargava l'arena. Bandiere colorate sventolavano al vento. Un ampio tetto di legno mi riparava dal sole.

-Queste cose sono molto pericolose?- chiesi, sistemandomi il vestito. La panca scricchiolò sotto il mio peso. Sperai che non si rompesse tutto. Ci mancava soltanto di cadere giù e di rompermi una gamba. Un velo leggero mi copriva il volto. Teoricamente faceva parte del costume... in pratica era un modo per non bruciarmi il viso.

-Oh no- disse Ellen, tirandosi indietro una ciocca di capelli scuri che era uscita dallo chignon. L'abito verde scuro che indossava le stava molto bene. Si mise a giocherellare con le lunghe maniche a sbuffo. –Normalmente perlomeno-

-Cosa vuol dire normalmente?- chiesi piano, il cuore in gola.

-Che nella maggior parte dei casi non succede nulla-

-E negli altri?- indagai, il tono più stridulo di quanto avrei voluto.

-Ogni tanto può succedere-

Un brivido mi percorse la schiena. –Cosa?-

-Sì, qualche incidente ogni tanto e... Victoria! Che faccia! Non succederà niente a Ethan, non succede mai niente- esclamò, il tono carico di rimprovero.

La cosa non mi rassicurò molto, ma mi sforzai di annuire comunque. Cosa potevo farci? Mi sistemai meglio il cappello a forma di cuffia.

-Ci tieni molto a lui, eh?- mi chiese Ellen.

La domanda mi sorprese. Certo, io tenevo molto a lui... ma non volevo ammetterlo. Non a Ellen, non a una potenziale... assassina? Era questo che un tempo avevo pensato di Ellen. Ora non sapevo più cosa pensare. Ellen forse non era il mostro che un tempo avevo immaginato.

-Se il mio parere può valere qualcosa siete una bella coppia- continuò.

Mi ritrovai a sorridere. –Dici sul serio?-

-Certo che lo dico!- sorrise –E lui è proprio innamorato di te- continuò.

Avvampai, lo sguardo rivolto all'arena. –Non lo so- sussurrai –a volte penso che non vado bene per lui- aggiunsi dopo una breve esitazione. Non sapevo perché glielo stessi dicendo. Non volevo che Ellen sapesse della mia malattia.

-Perché non dovresti? State bene insieme, questa è la sola cosa che conta, se siete felici insieme, non serve altro- sentii la sua mano calda e un po' ruvida posarsi sulla mia –credimi, basta la felicità, il resto non serve a nulla senza di lei-

Soppesai quelle parole che mi sembravano molto sagge. Era veritiera, molto veritiera. Avevo la gola secca, mentre mi sforzavo di cercare una battuta divertente che potesse non farle capire quanto quella frase mi aveva colpita. –La felicità annoia- dissi infine.

Ellen restò in silenzio qualche istante, per soppesare le parole. –Sì, forse annoia, ma non desidererei altro e credo che la vorresti anche tu-

Sorrisi. –Hai ragione- ammisi –sopporterei perfino la noia se potessi avere la felicità in cambio-

Ellen rise. Una risata solare, molto diversa dalle solite.

Era il momento di parlare di Lauren? Non lo sapevo, ma dovevo tentare. -Sai, una mia amica partecipava a questo gioco-

Ellen annuì, quasi distrattamente. -Davvero?-

-Il suo nome era Lauren-

Notai qualcosa passare sul viso di Ellen... oppure me lo immaginai solo? -Sì, so chi era... una brava ragazza- disse, tremante. Era tristezza quella che vibrava nella sua voce? Oppure altro? Magari senso di colpa?

-Sì- l'assecondai, dovevo farla parlare.

-Diceva di vedere Wolly Wood-

Sobbalzai, come se quelle parole fossero state lame. Ellen lo sapeva, Lauren si era confidata con lei... perché la cosa mi feriva in quel modo?

-Io una volta l'ho visto- aggiunse in un sussurro, talmente piano che dovetti avvicinarmi per poterla sentire.

-Chi?- la incalzai.

-Wolly Wood, era proprio lui, quello delle leggende-

Sentii il corpo irrigidirsi e il respiro quasi mancarmi. Perché mi sorprendevo tanto? Anch'io lo avevo incontrato.

-Mi prenderai per pazza- scosse la testa -fai finta che non ti abbia detto nulla-

-No- ero sincera –ti credo-

Ellen mi fissò sorpresa. –Credi che Wolly Wood sia reale?- sostenne, lo sguardo scuro che mi fissava attentamente.

Annuii. –Sì, anzi, ne sono certa-

-Lo penso anch'io- si zittì, senza aggiungere altro, quindi si mise a giocherellare con il polsino dell'abito.

Solo in quel momento vidi che c'era un fiore piccolo e viola, dall'aspetto delicato. Ellen notò cosa stavo guardando e mi sorrise. -Belladonna, incantevole, vero?-

-Molto- risposi.

-Un suo estratto veniva usato dalle dame per dilatare le pupille-

-Non è velenosa?-

Belladonna. Soppesai quella parola,  un senso d'ansia che mi premeva lo stomaco. Avevo già visto quel fiore da qualche parte, anche se non ricordavo dove. Un rullo di tamburi mi riportò alla realtà. Il torneo stava per cominciare.

 

NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Cosa ne pensate di questo torneo?

A presto

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