51. LA PERFEZIONE

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Non era forse quella la perfezione? Noi due sdraiati nel deserto a guardare le stelle. Noi a sognare quella vita perfetta che non avremmo mai potuto avere. Noi ad amarci, fino alla fine del mondo, fino a quando l'ultima stella del cielo sarebbe esplosa in un turbinio di scintillo e luci.

-Mi è sempre piaciuta la notte- sussurrai, sdraiata sui cuscini, i capelli che mi finivano sul viso –con il mio problema il giorno è sempre stato un po' mio nemico-

Ethan mi strinse un po' di più a sé. Il vento sfiorava la tenda, facendola frusciare. Chiusi gli occhi. Avrei conservato quel momento per sempre nel mio ricordo. E poi mi resi conto che quel per sempre avrebbe potuto durare molto poco. Cercai di scacciare i brutti pensieri. Risollevai le palpebre. Attraverso il tetto trasparente della tenda potevo vedere le stelle che brillavano. Erano enormi nel cielo scuro. Perfette ed eterne.

-Qual è la nostra?- chiesi in un soffio.

-La nostra stella?- mi fece eco Ethan, divertito.

-Sì, qual è quella che guarderemo per tutto il resto della nostra vita?- gli domandai.

-Questa è una decisione difficile, dovremmo prenderla insieme- ragionò lui.

-Scegli tu- gli dissi.

Ethan parve pensieroso. Fissò il cielo in silenzio per alcuni istanti, poi le sue labbra si piegarono in un sorriso. -Quella- alzò il braccio e ne indicò una -è la più luminosa, adattissima-

La osservai, il sorriso che mi piegava le labbra. -Sì, è la più adatta- decisi.

-Conosci la costellazione?- mi chiese Ethan, sfiorandomi dolcemente la guancia.

-Penso che sia Sirius, costellazione del Cane Maggiore, dista circa otto anni dalla Terra- dissi, la voce a macchinetta.

-Impressionante, sai tutto- esclamò.

Avvampai. -Solo qualcosina- mi giustificai... che poi perché dovevo giustificarmi?

-No, tu sai proprio tutto- insistè lui.

-Se lo dici tu- ridacchiai.

-Perché non scrivi la storia di questo?- chiese Ethan, di punto in bianco, sorprendendomi.

-Cosa?- chiesi, confusa. Era da parecchio che non scrivevo più. Mi misi a giocherellare nervosamente con una ciocca di capelli.

-Noi due, il cielo stellato, il deserto... non credi che meriterebbero perlomeno un racconto?- era esitante. Come se non ne fosse certo.

-Sì, lo meriterebbe- affermai, decisa -ma io non scrivo più... non ci riesco- era un'ammissione che mi faceva male, che mi artigliava il cuore, facendolo a pezzi. Purtroppo non potevo fare altro. Ingoiai la voglia di aggiungere una scusa.

-Provaci, forse ci vuole solo l'argomento giusto- mi tentò lui.

Indugiai. -Ci potrei provare- mormorai.

-Perché non subito?- insisté.

-Non ho... - le parole mi morirono sulle labbra. Di cos'avevo bisogno? Un tempo, quando ero piccola,  scrivevo perfino sui bordi dei libri. Ogni luogo andava bene pur di dar sfogo alla mia fantasia, pur di creare quei mondi che premevano follemente e dolorosamente per uscire. Era un tempo passato, eppure...

-Allora?- m'incalzò Ethan, con il tono di chi sa di aver vinto -Scriverai questa storia? Merita di essere scritta-

-A una sola condizione- decisi, con un sorriso.

-Quale?- mi chiese, confuso.

-Gli scacchi, voglio che tu mi prometta di giocare a scacchi-

Ethan non mi rispose, ma rimase in silenzio. Attesi, il cuore che mi rimbombava nel petto, la testa che mi girava. -Sì- disse infine -Sì, riprenderò a giocare a scacchi-

-Questa è una promessa?- domandai, sperando di non sembrare turbata.

-Certo- si portò la mano destra all'altezza del cuore -promesso-

-Bene- non riuscii ad aggiungere altro.

Restammo in silenzio per alcuni istanti. Ero felice di sapere che Ethan avrebbe ricominciato a giocare a scacchi. Era la sua passione e ognuno dovrebbe seguire la propria passione.

-Ho sentito John- dichiarò Ethan, interrompendo la sovranità del fruscio del vento.

-Oh- mi sfuggì. Dovevamo proprio parlare di lui?

-Conosceva Jennifer- le parole sembrarono quasi lapidarie nella tranquillità della notte.

-Quanto la conosceva?- chiesi in un soffio, anche se non ero certa di volerlo sapere.

-Abbastanza... a John lei piaceva-

-Sì?- chiesi, sorpresa. E forse anche un po' offesa, credevo di piacere io a John.

-Beh, l'ho capito dal tono, balbettava, si mangiava le parole, queste cose qua- gli sfuggì un sorriso.

-Veramente?- domandai ancora.

-Credo di sì- mi strinse di più a sé -ma ora basta parlare di John! Godiamoci solo noi due-

Lo trassi a me, le mie mani che affondavano tra i suoi capelli. Lui si spinse in avanti e mi baciò. Il suo peso mi fece cadere all'indietro. Sentii il suo corpo premere contro il mio, un dolce peso. Gli cinsi la vita con le gambe. Quella poteva essere la fine. Cercai di scacciare ogni mia preoccupazione. Lo amavo, volevo vivere quell'amore fino in fondo.

-Continua- gli sussurrai, quando la sua mano, agganciata alla spallina del mio abito, esitò.

-Ne sei sicura?- mi domandò, scrutandomi con attenzione.

-Certo- dissi, il tono deciso, il cuore che tuonava nel mio petto.

Ethan sorrise. -Come desideri- e cominciò a spogliarmi lentamente, le dita che disegnavano timidi cerchi sul mio corpo, facendo esplodere bolle di calore sotto la mia pelle. Mi abbandonai completamente a lui, a quella sensazione di languore e di piacere che mi percorreva. Sensazione che non riuscivo a nominare. Volevo essere completamente sua, solo per quella notte. Come se fosse davvero l'ultima notte al mondo.


Fu il bruciore a svegliarmi. Mi percorreva tutta la pelle. Era una sensazione tremenda. Sbattei le palpebre, confusa. Cosa stava succedendo? Feci una smorfia, prima di rendermi conto della tremenda verità. La luce del sole! Dovevo coprirmi, dovevo assolutamente coprirmi. Allungai una mano, alla ricerca di una coperta. La sera precedente ci eravamo addormentati sotto le stelle. Strinsi le dita intorno alla stoffa e nel farlo sbattei contro Ethan. Lo senti muoversi nel sonno e lo chiamai, debolmente. Un attimo dopo lo vidi sollevarsi e lo sentii chiamarmi. Mormorai il suo nome. –Coprimi- lo supplicai, la voce che mi usciva dalle labbra strana, esile –ti prego, coprimi-

La coperta mi fu buttata addosso. Chiusi gli occhi e sospirai di sollievo, il bruciore parve diminuire almeno un po'. La pelle pizzicava dolorosamente e avevo la nausea. Sperai che non mi scoppiasse uno dei miei attacchi. Non in quel momento.

-Non ci ho pensato- sussurrò Ethan, la voce tremante –mi dispiace, avrei dovuto coprila ieri sera, ma mi sono addormentato-

-Non importa- sussurrai. Il dolore sembrava strisciare sulla mia pelle. Avrei dovuto pensarci io. Ero sempre così prudente riguardo al mio disturbo. Quando i miei lo avessero saputo si sarebbero arrabbiati moltissimo. Avevo sbagliato, avevo fatto un errore stupido e forse dannoso. La cosa peggiore però era che avevo permesso alla realtà di entrare nel nostro meraviglioso mondo. Questo era proprio imperdonabile.


NOTE DELL'AUTRICE:

Ciao!

Ancora una decina di capitoli al termine della storia. Come vi sembra?

A presto

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