Non tutto il male viene per nuocere

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Dopo una stagione alquanto estenuante, siamo giunti alla fine. All'ultimo Gran Premio. All'ultimo spegnimento dei semafori.
Qui, oggi, ad Abu Dhabi, si deciderà il nuovo campione del mondo di Formula 1, com'è stato in quel 12 dicembre 2021, dove è nata una nuova stella nel mondo del motorsport: Max Emilian Verstappen, 3 volte campione del mondo.

Però, nel giorno odierno, la lotta per il mondiale non vede più l'olandese tra i suoi protagonisti. Ora ci siamo solo io, Ariel Núñez Ortega, a bordo di una Mercedes, contro Carlos Sainz Vasquez de Castro, in una Ferrari.
E posso giurare che le sfide siano quasi state all'ultimo sangue, soprattutto da parte del mio migliore amico. Quasi come se, oltre al titolo, lui abbia anche qualcos'altro da raggiungere. Ma non so cosa.

Ci siamo conosciuti all'asilo, a Madrid, io e Carlos. Ci siamo guardati negli occhi, il primo giorno, ed è scattata la scintilla!
Siamo inseparabili sin da allora: scuole obbligatorie insieme, kart insieme, Formule minori insieme. L'unica differenza tra noi- oltre alla macchina con cui gareggiamo- è che lui è approdato prima di me in Formula 1.

Non dimenticherò mai gli sforzi fatti, le lacrime e il sudore versati per arrivare dove sono ora. In alto. Conosciuta a livello mondiale. Alla guida di una delle due monoposto Mercedes, con George Russell come compagno di squadra, il quale mai una volta mi ha mancato di rispetto.
Questo è stato più il mio anno che il suo, però gli devo un ringraziamento senza paragoni: senza la sua protezione dentro e fuori la pista, il suo aiuto e il suo supporto, non credo mi troverei in testa alla classifica piloti a pari punti con il mio Chili.

Sono arrivata in Mercedes dopo il ritiro del grande Sir Lewis Hamilton. Reduce da tre stagioni pressoché anonime in Williams, non pensavo di poter avere un sedile sicuro per l'anno successivo. Invece mi sbagliavo. Di brutto.
La chiamata di Toto Wolff mi ha preso alla sprovvista e, addirittura, all'inizio pensavo che fosse uno scherzo da parte di qualche stupido. Non era così.

Questo è il mio secondo anno nella scuderia. Per la prima volta vedo la possibilità di vincere qualcosa di importante, per ripagare tutti i sacrifici che i miei genitori hanno fatto per farmi arrivare dove sono.

Parto in pole, quindi punto sul fare una partenza perfetta. Sarà tutto nelle mie mani dopo. La gestione delle gomme, i track limits, gli eventuali errori, dipende tutto da me. Niente di stressante insomma.

"Ariel, 15 secondi al giro di formazione" sente la voce del mio ingegnere dalla radio "Ricordati: qualsiasi sia il risultato finale, per noi sei una campionessa" adoro questo team! "Grazie Marc, però puntiamo a vincerlo questo mondiale!" so che sta sorridendo anche senza vederlo "E dite a George in bocca al lupo da parte mia" "Sarà fatto, signor capitano" subito dopo, scocca l'ora e noi iniziamo a fare la ricognizione del circuito, fino a tornare alle posizioni in griglia di partenza.

Ecco i semafori. Si accendono. Uno dopo l'altro. E sento il rombo del motore sotto di me, pronta a partire. Pronta a portare a casa il mio primo titolo mondiale. Pronta a far vedere al mondo che la Formula 1 non è assolutamente uno sport puramente maschile. Sono pronta a buttare giù pregiudizi e haters. Mi sento pronta a spaccare il mondo!

Le luci si spengono. Pigio sull'acceleratore con tutte le mie forze, come gli altri 19 piloti in gara. Carlos mi attacca da destra mentre George, sulla sinistra, tenta di farlo restare dietro ad entrambi, senza creare danni nel frattempo.
Io riesco a restare in testa, però dietro ho sempre il mio amico spagnolo, non il mio compagno di squadra.

"Ragazzi, mi potete dire dov'è George?" Chiedo via radio al muretto box "È a 1.3 secondi dietro a Sainz, che è a 1 secondo da te" cazzo! Se continua così sarò raggiunta e addio mondiale.

E, in effetti, è proprio quello che succede: riesco a tenerlo a bada per quasi tutto il Gran Premio, ma poi un incidente tra Charles e Oscar causa una safety car.
Alla ripartenza, non so per quale motivo, la vettura non accelera come avrei voluto. Il tempo di un giro, Carlos mi sorpassa, non senza che io abbia battagliato un po'.
E così finisce la gara: io seconda, George terzo e Carlos ha appena vinto il campionato.
La Mercedes si è guadagnata il titolo costruttori grazie al nostro podio, però l'amaro in bocca rimane.

Ero molto determinata a realizzare questo sogno. E invece l'ho visto volare via davanti ai miei occhi. Sgretolarsi per me, ricostruendosi soltanto per il mio migliore amico.
E mentre lo guardo scendere dalla macchina, così euforico, così felice, tra le braccia del suo team, della sua famiglia, con l'inno spagnolo e quello italiano in sottofondo sul podio, noto che il peso nel petto di qualche minuto prima non è più tanto pesante.
Mi ritrovo a sorridere, uno di quelli ampi. È Carlos, dopotutto. Quello qui accanto a me, sul gradino più alto del podio, è quel bambino paffutello che giocava con me con le Barbie all'asilo. Quel ragazzo che mi faceva sperimentare con i trucchi sul suo viso.
Colui che è stato con me in tutti i momenti della mia vita, sia belli che brutti. Anche quando cercavo di allontanarlo, trattandolo male, per evitarmi la sofferenza quando un giorno lui si sarebbe stancato di me, lasciandomi sola contro il mondo intero, lui è rimasto. Ed e ancora qui. Io con lui e lui con me. In uno dei giorni più belli della sua carriera da pilota.

"Ariel fermati! Devo dirti una cosa importante!" Appena uscita dalle interviste, sono pronta a tornarmene in hotel, buttarmi sotto la doccia e andare a dormire. Tuttavia, Carlos non è dello stesso parere.
"Intanto, congratulazioni cabron! Sei stato fenomenale oggi. Sono veramente felice per te. Anche se avrei voluto un po' essere al tuo posto. Avrò più fortuna il prossimo anno" il madrileno sorride, continuando però a giochicchiare con le dita delle mani, un gesto che ho imparato significhi nervosismo "Mi devi dire qualcosa?" Lo incito a parlare "Ecco, io... non è qualcosa di brutto! Almeno non per me! Ma riguarda entrambi quindi... e poi Charles mi ha obbligato a dirti la verità, per cui..." mi stanno venendo dei dubbi sulla serietà della questione. Non ha finito mezza frase, e ciò è molto insolito venendo da lui.

"Carlos, non pensarci. Chiudi gli occhi e butta fuori quello che devi dire!" Beh, forse prende le mie parole troppo alla lettera perché, prendendo un respiro profondo, ci manca poco che urli "Sono innamorato di te!".

Spalanco gli occhi, incredula: i miei sentimenti sono ricambiati? Gli stessi che tengo nascosti da anni, per paura di rovinare la nostra amicizia?
Tuttavia, Carlos sembra interpretare male la mia espressione sorpresa "Lo sapevo! Non dovevo dirtelo! Ora, non potremo più essere amici perché sarebbe imbarazzante per entrambi continuare a frequentarci. Per cui l'unica soluzione-" tutto questo parlottare mi aveva già dato sui nervi, e lo bacio di slancio per azzittirlo, facendogli anche capire che i suoi sentimenti sono contraccambiati.

Il suo cervello collega quasi subito ciò che sta accadendo. Ci ritroviamo a baciarci profondamente, sotto il cielo notturno e le luci sul circuito di Abu Dhabi. Solo noi due spettatori del nostro amore..
O così credevo.

"Evviva! Lando mi devi 20 euro!" La voce di Charles ci fa interrompere il momento magico "Non vale però! Tu hai praticamente costretto Carlos a confessarsi, pur di poter vincere questa scommessa!" E come sono comparsi, i due piloti corrono via, il monegasco inseguito dall'inglese.

"Poi, questa storia che sei stato forzato a confessarmi i tuoi sentimenti me la spieghi, Chili" lo punzecchio, mentre ci avviamo verso l'uscita del paddock "Forse più avanti. Quando saremo sposati e avremo una famiglia tutta nostra" per la prima volta, camminiamo mano nella mano da fidanzati. Se è un sogno, vi prego, non mi svegliate.

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