26. The picture

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

🎶
When We Were Young; Adele.

La settimana trascorse noiosa e senza eventi particolari.

Blake prese ad evitarmi come la peste e a farsi più ragazze del solito.

Addirittura, lo trovai nel bagno delle ragazze impegnato con Betty, una ragazza un anno più piccola di noi che, mentre scappava ridacchiando per essere stata beccata, si sistemò i capelli corvini, ricordandomi chi era fatta per Blake e chi no.

Lei era fatta per Blake. Io no.

In ogni caso, cercai di fregarmene di lui. Non volevo affatto essere una delle tante... in realtà non volevo essere nulla del genere per Blake Davis.

La storia della divisa aveva creato scalpore, ma più di quella l'aveva fatto la rissa tra Blake, i miei fratelli e George, anche se non si poteva proprio definire rissa, visto che George non aveva neanche provato a difendersi.

Vidi quest'ultimo un paio di volte. Aveva ancora la faccia gonfia e piena di lividi e io mi sentii tremendamente in colpa; nonostante tutto, non andai a parlargli anche se ero a dir poco tentata: mi guardava sempre con occhi terrorizzati, quasi temesse di veder spuntare Blake dal nulla.

Sapevo che la maggior parte delle ferite la riportava a causa sua, che i miei fratelli gli avevano assestato solo un paio di pugni a testa che non gli erano costati molti.

Proprio per non metterlo a disagio, mangiai sempre sola in giardino, inventando una serie di scuse per Caroline, così da non sedermi con lei, George, Stephanie e Maia.

Mentre pensavo a tutte quelle cose, era venerdì sera, fuori pioveva e mio padre aveva appena chiamato per dirmi che non sarebbe tornato, con voce biascicata, probabilmente a causa dell'alcool, e una donna che ridacchiava in sottofondo.

Detestavo il fatto che fingesse che mia madre non fosse mai esistita per lui.

Il giorno del suo compleanno io e i miei fratelli andavamo sulla sua tomba, io lo facevo spesso anche durante il resto dell'anno, e ricordavamo alcuni bei momenti trascorsi insieme; papà non veniva mai. Dopo il funerale non era neanche più stato al cimitero e ogni sua foto era scomparsa da casa nostra.

Presi un respiro profondo.

«Ti prego!» continuò Caroline. Eravamo al telefono da almeno dieci minuti e, nel mentre, mi preparavo qualcosa per cena.

La settimana prima, prima di andarsene da casa mia, Caroline mi aveva proposto di andare a casa sua da lei quel venerdì e stava insistendo affinché mantenessi fede a quanto detto.

Victor e Vincent erano usciti, dicendo che avrebbero cenato da Joy per poi andare in qualche locale; alla fine, visto che Caroline non sembrava per nulla intenzionata a mollare e a darmela vinta, le dissi che avrei preparato le mie cose e sarei venuta.

Chiamai Victor per chiedergli il permesso e, stranamente, acconsentì.

«Posso chiederti una cosa?» disse allontanandosi dal casino. Casa di Joy sembrava essere disseminata da ragazzi urlanti. «Pensi che a lei io possa piacere?» Sospirai, infilando il pigiama nella borsa; «Lei pensa che tu sia un coglione» confessai. Lo sentii grugnire dall'altra parte del telefono.

«Mi ha detto che hai provato a baciarla...» Victor sbuffò con forza.

«Lei ti piace davvero così tanto?»

«Fatti i cazzi tuoi.»

Il suo tono scontroso mi divertì. Non avevo mai visto mio fratello alle prese con faccende di cuore.

«E poi è solo un bacio... non significa niente.»

Scossi il capo anche se non poteva vedermi. Ciò che avrei voluto dire a Caroline dopo il tentativo fallito di mio fratello, era proprio che, per Victor, un bacio contava moltissimo.

Non lo ammetteva, ma sapevo che non baciava le ragazze con cui stava, perché considerava il bacio una cosa intima.

Ripensai a ciò che avevo sentito dire su Blake e a come mi aveva smentito.

Ho perso il conto tanto tempo fa.

Ebbi un pensiero assurdo: Victor era molto più serio di Blake Davis.

Strinsi i denti. «Parlerò con Caroline... magari accenno a quanto siano importanti i baci per te» ridacchiai.

Era un raro momento per me, poter essere leggera con i miei fratelli e non sentire addosso il peso del loro possesso morboso. Quasi mi commossi nell'udire la leggera risata di Victor.

Alla fine, dopo aver finito di preparare il necessario, uscii di casa. Caroline mi aveva detto che sarebbe venuta a prendermi, poiché ci sarei stata troppo a raggiungere casa sua, soprattutto sotto la pioggia incessante.

Così, in macchina accennai a Victor.

«Non mi sembra comunque una persona seria» commentò, «Soprattutto è incasinato quasi quanto mio cugino.»

Sospirai. In parte aveva ragione.

Di nuovo nella mia mente balenò l'immagine di quei due intenti a far uso di droghe come la cocaina.

Stavo mettendo una buona parola per mio fratello nonostante tutto. Sarebbe stato con Caroline come era con me? Non lo avrei augurato a nessuno, tanto meno alla mia nuova amica, a cui mi stavo affezionando tantissimo.

La paura di perderla mi portò a chiudere il discorso con un: «Vedi come va.»

Casa di Blake non era cambiata nel corso degli anni: le stesse scale in legno scuro, gli stessi muri color pastello e lo stesso profumo inconfondibile.

Il cuore mi si scaldò inevitabilmente. Sentivo la mancanza della mia infanzia, dei momenti felici.

Una signora anziana, con i capelli argentati legati in uno chignon, ci raggiunse con un sorriso dolce sul volto. Indossava un vestito beige con un grembiule nero.

«Tu devi essere Blue! Vieni cara, ho preparato un dolce.»

Io e Caroline non esitammo. La seguimmo in cucina con prontezza e aspettammo che ci servisse.

Quando mi posò davanti un piattino con all'interno una fetta di crostata alle ciliegie sentii gli occhi pizzicarmi e, quando la assaggiai, scoppiai a piangere.

«Tutto bene?»

Riuscii ad annuire, seppur poco convinta. «Lei è la madre di Sylvie.»

La donna rispose affermativamente con un cenno del capo; la cosa mi fece sentire tremendamente vicina a lei.

«Adoravo la crostata di sua figlia» le confessai, «E soprattutto adoravo sua figlia.»

La nonna di Blake mi strinse una spalla con forza, infondendomi coraggio. Lei aveva perso Sylvie, di certo soffriva molto più di me.

Mi accarezzò con dolcezza i capelli biondi e, nonostante il mio terrore del contatto fisico, non provai disagio: mi sentivo al sicuro sotto la sua ala protettrice. Fu proprio per questo che mi alzai in piedi e la strinsi.

Eravamo due persone sconosciute, eppure la sentivo tremendamente vicina e legata a me.

I suoi occhi verdi mi sorrisero. Erano uguali a quelli di Sylvie. Uguali a quelli di Blake.

Somigliava così tanto a quella donna a cui tanto avevo voluto bene da bambina, quindi forse era per quello che sentivo un legame così forte tra noi.

Desiderai con ogni fibra del mio essere di poter tornare indietro nel tempo e riabbracciare la madre di Blake: una donna dal cuore d'oro, gentile e sempre sorridente nonostante gli ostacoli della vita.

Caroline tossicchiò leggermente, forse a disagio da quella strana situazione.

Mi allontanai da sua nonna, di cui ancora non sapevo il nome, e mi sedetti di nuovo per tornare alla mia deliziosa fetta di crostata.

Sylvie mi ricordava un periodo bello della mia vita, giunto al termine da tempo: mia madre era morta, Sylvie era morta. Io e Blake eravamo due persone diametralmente opposte rispetto a ciò che eravamo anni prima e l'amicizia era stata sostituita da un forte odio.

Dopo aver chiacchierato con la nonna di Caroline, che scoprì chiamarsi Katherine, salimmo nella stanza della mia amica in modo che io potessi sistemare le mie cose.

Un tempo era la camera degli ospiti, dove tante volte avevo dormito.

Ricordavo che, quando i miei genitori si assentavano, ci portavano sempre a trascorrere la notte in casa Davis... succedeva spesso.

I miei fratelli condividevano la stanza con il loro amico, io ero costretta a dormire sola.

Tante volte c'erano stati dei tremendi temporali e, a causa di questi, mi ero ritrovata a dormire accanto a Blake.

Sapeva che li temevo tantissimo, così si alzava nel bel mezzo della notte e veniva a stringermi tra le sue braccia, cullandomi dolcemente e raccontandomi storie fantastiche da lui inventate per non farmi pensare a cosa stava accadendo fuori.

Sedendomi sul letto riuscii a sentire il suo calore e il suo profumo. Erano strette confortanti. Mi teneva con dolcezza fin quando mi addormentavo e non sapevo dopo quanto se ne andasse... sapevo solo che la mattina dopo Blake era sparito dal mio letto e che io ero riuscita a dormire tranquilla.

«Facciamo uno scherzo a Blake?» propose Caroline con un risolino, interrompendo il mio flusso di ricordi. Afferrò della schiuma per capelli dal cassetto del bagno adiacente alla sua stanza. Annuii convinta e a dir poco divertita. Caroline mi spiegò il piano: avremmo riempito il suo cuscino di schiuma in modo che, quando si fosse sdraiato, avrebbe incontrato una bella sorpresa.

Entrammo ridendo in camera di suo cugino.

C'ero stata qualche volta, da bambina, e non era cambiata molto. Il blu cobalto delle pareti era rimasto lo stesso, mentre il letto era stato sostituito con uno più grande: Blake non sarebbe di certo entrato nel suo piccolo lettino con le coperte di Cars.

Per il resto, tutto era abbastanza simile. In quella casa ogni cosa portava con sé dei ricordi per me indimenticabili. Mi si scaldò il cuore nell'inspirare l'odore di Blake, l'odore del bambino che più preferivo da piccola.

Istintivamente feci un paio di passi avanti, ritrovandomi al centro esatto della stanza.

In quel momento, il telefono della mia amica iniziò a squillare; «È mia madre» disse prima di lasciarmi sola in quella stanza che profumava tremendamente di Blake.

Si era portata via la schiuma, così mi ritrovai a guardarmi intorno. I miei occhi caddero su un paio di jeans scuri abbandonati sul letto rifatto.

La mia curiosità morbosa mi portò ad afferrarli e a stringerli tra le dita; sentii qualcosa nella tasca e così mi ritrovai a prenderla.

Errore.

Era un portafogli in pelle nero. Il portafogli di Blake.

Mi sentii un'impicciona, ma lo aprii comunque. La prima cosa che notai, oltre alle carte di credito e a qualche banconota da cinque dollari, fu una foto di sua madre: era bellissima e raggiante.

Probabilmente era stata scattata anni prima, durante il periodo in barca. Sylvie portava i capelli scuri sciolti, che svolazzavano al vento, e un abitino bianco che faceva risaltare l'abbronzatura. Rideva verso l'obiettivo con gli occhi vispi.

Adoravo Sylvie. Avevo dei ricordi davvero meravigliosi con lei ed essere in quella casa non faceva altro che ributtarmi in un limbo infinito.

Era una donna splendida, d'oro. Amava suo figlio da morire e adorava mia madre. Ricordo benissimo la sua crostata di ciliegie, la stessa ricetta usata da Katherine... la migliore che abbia mai mangiato.

Mi si strinse il cuore in una morsa quando voltai la foto e lessi una scritta a penna nera. Riconobbi la calligrafia di Blake.

L'unica donna della mia vita. Ti amo ora e per sempre.

Sentivo le lacrime pizzicarmi gli occhi per la commozione.

Notai qualcosa sporgere da un'altra tasca e trovai un'altra foto, girata.

Sul bianco campeggiava la scritta: Il cielo più bello che vedrò mai.

Anche questa frase era stata scritta da Blake. Girai la fotografia e le lacrime scesero senza controllo.

Eravamo noi due, circa un mese prima della sua partenza.

La foto era un po' ingiallita dal tempo, ma comunque nitida. Blake mi stava tirando i capelli biondi con dolcezza, un gesto usuale per lui; portavo un vestito azzurro che lui adorava, poiché gli dava più motivi per chiamarmi Cenerentola.

Tenevo le braccia strette attorno alla sua vita e un sorriso raggiante mi ornava il volto, così come a lui.

Uno degli ultimi momenti felici. Poco tempo dopo Blake aveva deciso di comportarsi da stronzo.Eravamo cambiati così tanto...

Pensai che lui sapesse già della malattia di suo padre... eppure ricordavo che cercava sempre di farmi ridere, nonostante tutto. Metteva sempre il mio bene al primo posto e mi chiesi se davvero me lo meritavo.

Blake non era più così. Era diventato un uomo, era cresciuto e cambiato, purtroppo in peggio.Strinsi la foto tra le dita, appigliandomi ad un ricordo vecchio, ormai trascorso.

«Che cazzo ci fai in camera mia?» Sobbalzai, lasciando cadere la foto e il portafogli sul letto. Mi voltai, incrociando gli occhi burrascosi di Blake.

Tremai leggermente.

«Tieni la nostra foto nel portafogli» riuscii a dire.

Lui si avvicinò a me lentamente e la prese tra le mani, osservandola per qualche secondo.

Misi su un debole sorriso: forse saremmo potuti tornare amici, in un modo o nell'altro. Non potevamo scordare tutti quegli anni. Lo odiavo, lo odiavo con tutta me stessa, ma forse, se avesse smesso di fare il coglione costantemente, sarei riuscita a perdonarlo, mi sarei impegnata nel farlo.

I nostri sguardi si incrociarono e desiderai stringerlo a me come facevo in quella foto. La mia paura del contatto fisico scemò, una cosa che mi accadeva troppo spesso, di recente, soprattutto in sua presenza.

E poi, tutto finì.

Blake la strappò in due e la buttò per terra. Con lo sguardo notai che era stato estremamente preciso, visto che in una metà ero ritratta solo io e nell'altra lui.

I nostri occhi si incrociarono di nuovo e notai che era sicuramente fatto. Erano iniettati di sangue, sgranati.

Sentii la gola bruciare.

A lui non importava niente. Di me. Di noi. Di ciò che eravamo stati. Non gli importava niente neanche di se stesso, visto che si divertiva ad autodistruggersi.

Il cielo più bello che vedrò mai.

Che stronzata. Bugiardo.

«Vattene» intimò con tono aspro, prima di voltarsi ed entrare in bagno. Io mi chinai e presi la parte della foto dove c'era lui.

Senza rimuginarci troppo, la infilai nella tasca dei jeans e scappai via.

Buongiorno a tutti e buona domenica, come state?
Mi scuso per non aver pubblicato ieri, ma spero che possiate perdonarvi e che il capitolo vi piaccia.
Stiamo per raggiungere le 6000 letture e per questo vi ringrazio infinitamente; inoltre vi ricordo che quando arriveremo a 10000 avrete un altro capitolo extra.
Spero che stiate passando queste ultime settimane d'estate al meglio e vi mando un enorme abbraccio❤️

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro