6. At the same time

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La mattina dopo non dovetti correre come al solito per andare a scuola con i miei fratelli: il giorno prima Caroline mi aveva proposto di andare insieme con la sua auto e, dopo essermi accertata che non avremmo avuto la compagnia di suo cugino, avevo accettato volentieri.

Quindi lavai le tazze con calma e preparai la colazione a mio padre, che scese mentre indossavo le scarpe.

I capelli brizzolati erano in perfetto ordine, come se non si fosse appena svegliato. Una t-shirt bianca gli fasciava il busto reso tonico da tutta la palestra che faceva. Non si degnò neanche di salutarmi, si limitò a versare il caffè nella sua tazza e a sedersi al bancone.

Uscii di casa senza salutarlo, odiava sentirmi parlare di prima mattina, o forse lo odiava in generale, e legai i capelli in una coda alta nel tragitto fino alla macchina di Caroline.

«Ho confrontato i nostri orari» annunciò non appena mi sedetti. «Oggi abbiamo in comune storia, francese e calcolo... ieri ha dato dei compiti, penso siano gli stessi... non me ne sono tornati alcuni, dopo posso farteli vedere?»

Annuii. Se Caroline amava parlare la mattina io ero molto simile a mio padre: volevo il silenzio.

Parlò per tutto il tragitto e quasi mi pentii di non essere andata con Vincent e Victor, poco loquaci, o a piedi.

A scuola ci fermammo a prendere un caffè alle macchinette e, dopo averlo bevuto in fretta scottandomi la lingua, pronunciai le prima parole della giornata.

«La mamma di Blake si è suicidata?» Caroline per poco non sputò il suo caffè sul pavimento.

«Chi ti ha detto questa cosa?»
«Blake» mentii.

In quel momento il diretto interessato passò davanti a noi con un braccio sulle spalle di Violet, una ragazza del terzo anno. Non so perché, ma notai che aveva i capelli neri come la pece.

Non mi piacciono le bionde.

Strinsi i denti quando lui mi dedicò un sorrisetto fastidioso.

«Non parlarne mai» ordinò la mia nuova amica. «Ieri sera è tornato ubriaco perso... i nonni sono preoccupati» mi confidò.

«Ho sentito dire che ieri è stato con due ragazze diverse» s'intromise una voce. Bonnie.

«Lo hai solo sentito o una di queste eri tu?» Mi sfuggii. La ragazza annuì. La pelle olivastra la rendeva bella in una maniera particolare; «Non me ne vergogno, quel ragazzo è un dio a letto.»

Non trattenni un'espressione schifata, «E l'altra ragazza?» chiese curiosa Caroline. Perché voleva sapere tutti i dettagli sul cugino? «Ero ubriaca, forse Stacy o Cindy.»

Spalancai la bocca, «Aspetta... contemporaneamente?» Bonnie rispose in maniera affermativa e per poco non vomitai anche il pranzo di Natale dell'anno scorso.

Se ieri sera avevo provato compassione per Blake era di certo passata, soprattutto pensando al fatto che mi aveva invitata ad andare con lui. Mi avrebbe mollato in una stanza piena di adolescenti ubriachi mentre si scopava due ragazze allo stesso tempo?

«Non avete paura di prendervi qualche malattia venerea?» Bonnie mi fulminò con lo sguardo, «Io sono pulita!» esclamò offesa, «Intendevo dagli altri...» Ma lei se n'era già andata, come se l'avessi accusata di avere la peste.

Sbuffai e mi diressi fino all'armadietto, dal quale presi il libro di spagnolo, salutai Caroline e mi diressi in classe.

Mi sedetti in un angolo e aprii una pagina, in modo da iniziare a studiare per il compito della settimana successiva.

«Ciao Cenerentola.» Blake si sedette accanto a me, ma lo ignorai deliberatamente. «Il gatto ti ha mangiato la lingua?»

Lo udii sbuffare e, una manciata di secondi dopo, mi tiro i capelli, «Ahia!» esclamai furibonda. «Mi stai ignorando.» Sollevai gli occhi al cielo, «Hai già abbastanza attenzioni... fin troppe» replicai con un filo di disgusto nella voce.

«Le notizie girano in fretta qua dentro» borbottò, «Bonnie se ne sta vantando in giro.»

Lui scosse il capo e avvicinò la sedia alla mia, «Non ho il libro» disse prima che io potessi lamentarmi.

Stavo per dirgli di andare vicino a Vincent e Victor, che ci stavano osservando di sfuggita, quando la professoressa entrò, impedendomi di insultarlo.

Blake non era affatto intenzionato a seguire, poiché iniziò a scrivermi messaggi sul bordo del libro.

Non capisco perché ce l'hai con me.

Con uno sbuffo gli presi la matita di mano e risposi.

Mio padre non ti ha detto di starmi lontano?

Lo senti ridacchiare sottovoce.

Ti sembro uno che rispetta le regole, Cenerentola?

Continuò a scrivere.

Comunque, non si origliano le conversazioni altrui.

Presi la gomma e cancellai, tornando ai miei appunti.

Mi diede una gomitata, che per poco non mi fece imprecare di dolore.

«Ti dà così fastidio che io sia stato con Bonnie?» Sbuffai, mantenendo lo sguardo fisso sulla signora Diaz. «E Stacy, o Cindy... contemporaneamente» aggiunsi io, mantenendo un tono di voce basso.

«Sì, ma a te che importa?»
«Niente, mi disgusta e basta, non sono arrabbiata.»

Lui tacque per qualche minuto, durante il quale mi godei la spiegazione. Ma durò poco, Blake tornò all'attacco.

«Non dovrebbe disgustarti» asserì. «Solo perché non sono il tuo tipo?» replicai. «Anche.»

Roteai gli occhi. I miei fratelli dormicchiavano sul banco, la loro attenzione su me e Blake era del tutto scemata.

«Se fossi venuta alla festa con te, mi avresti mollata da sola per scoparle?» La mia domanda non lo toccò minimamente. Mi guardò con uno sguardo divertito e annuì senza pensarci troppo.

La mia mano scattò in aria. Da un lato volevo dargli uno schiaffo, perché era disgustoso e maleducato... ma non lo feci.

«Non mi sento bene, posso uscire?»

Dopo aver ottenuto il mio permesso, presi tutte le mie cose sotto lo sguardo di Blake, che aveva già perso la concentrazione su di me, in quanto Paula si era voltata verso di lui.

«È bionda» sibilai prima di andarmene. «Tinta... non naturale come te.» Mi fece l'occhiolino e riuscì a tirarmi i capelli prima che io potessi uscire con i libri stretti al petto e le guance in fiamme.

Riposi tutto nell'armadietto, al quale mi appoggiai per prendere fiato.

«Tutto bene?» Mi voltai, trovando Vincent, con sguardo assonnato, dinanzi a me. Annuii.

«Blake ti stava infastidendo?» Scossi il capo. «Tu stavi infastidendo lui?» Negai un'altra volta. «Blue, non metterti nei guai... papà si arrabbierebbe molto.» Riuscii a rispondergli solo che lo sapevo.

Mio fratello mi si avvicinò, fin quando non si trovò a pochi centimetri da me, il suo petto all'altezza del mio viso.

Sollevai lo sguardo e mi persi nelle sue iridi, perfettamente uguali alle mie, ma al contempo cosi diverse, più fredde. Arricciò il naso, cosparso da lentiggini. Lui era molto più bello di Victor, grazie alla sua espressione più rilassata.

Mi toccò una spalla, prima di ritrarsi in fretta come se si fosse scottato. «Blake non è giusto per te.» Aggrottai la fronte. Mi erano proibiti i ragazzi e, anche se non fosse stato così, Blake sarebbe di certo stato l'ultima spiaggia.

«Non starei con lui neanche se fosse l'ultimo ragazzo sulla faccia della terra.» Mio fratello ridacchiò. «Da bambini eravate spesso insieme» mi ricordò, «Non siamo più bambini e Blake è...»
«Un coglione» concluse lui per me.

Feci una smorfia e mi appoggiai con la schiena all'acciaio freddo degli armadietti. «A Victor non importa di te, vuole solo accontentare papà... ma io voglio proteggerti. So che sono un coglione la maggior parte delle volte e che ti faccio star male, ma tu sei mia. Sei nostra.»

Le sue parole avrebbero dovuto farmi sentire protetta: avere un fratello che ucciderebbe chiunque ti si avvicini dovrebbe essere confortante, no?

Io invece mi sentivo in gabbia, soffocare. Appartenevo a lui, a Victor e a papà. Nessun altro mi avrebbe mai avuta.

Blake poteva giocare quanto voleva, ma la verità è che non avrebbe potuto farci niente.

Quello era il mio posto. Accanto a mio padre, nella sua casa. A servire e riverire i miei fratelli. A non far fare brutta figura alla famiglia, mantenendomi però invisibile.

Mi sistemai una ciocca di capelli dietro l'orecchio e Vincent se ne andò in silenzio, visto che Joy stava sopraggiungendo dal fondo del corridoio. Lei mi sorrise e mi salutò con un cenno della mano, che ricambiai con un sorriso incerto.

Decisi che le lezioni del giorno erano finite per me e mi sedetti fuori in giardino, in attesa di sentire l'aria tornare nei miei polmoni.

«Hai bisogno di fumare» affermò la sua voce venti minuti dopo. Tutti erano in classe, ma lui no. Chissà cosa ci faceva fuori.

«Non hai lezione?» Si sedette, «Anche tu.» Scossi il capo sconfitta e afferrai il pacchetto che mi stava porgendo, accendendomi una sigaretta.

«Bonnie ha voluto rinfrescarmi la memoria da ieri sera, visto che ero un po' ubriaco.» Strisciai lontano da lui, disgustata dal pensiero di dove fossero state le sue mani fino a poco fa. Mollai il suo accendino in terra e lui lo raccolse con una risata.

«Lei l'ha ricordato a me, non io a lei.» Mi fece un'occhiolino e si accese a sua volta una sigaretta.

«Mi sembri scossa» commentò. «Mi hai appena raccontato le tue esperienze» risposi evasiva. «Sai che non parlo di questo.»

Mi alzai e mi incamminai verso l'uscita, intenzionata ad andarmene a casa, ma lui mi seguì.

Mi afferrò per il polso, facendomi voltare. Restai scottata dal calore del nostro contatto. La sua pelle era fuoco contro la mia, che invece era ghiaccio.

Mi sciolsi in un istante e non capii più nulla.

«Non sembri star bene.» Avevo bisogno di acqua.

«Non dovevi toccarmi» sibilai. «Perché? Non ho fatto niente di strano.» Fece un passo indietro, ponendo una certa distanza tra noi. «Se i miei fratelli ti vedessero... o se qualcuno glielo riferisse...»

Gli occhi mi si riempirono di lacrime calde che, in un istante, mi bagnarono il viso. «Cazzo» imprecò, non sapendo bene cosa fare.

«Blue, se non posso toccarti io...» Mi voltai e presi a camminare, sperando non mi seguisse. Ma Blake era sempre stato testardo, lo sentii incespicare alle mie spalle.

Restò in silenzio, camminandomi vicino ma leggermente indietro: una presenza invisibile, che mi faceva sentire davvero al sicuro.

Giungemmo davanti a casa mia e io controllai che mio padre non ci fosse come da programma. «Puoi entrare se vuoi» mormorai, «Hai perso tutte le lezioni per colpa mia.»

Lui non aprì bocca, si limitò ad entrare con cautela, come se non fosse cresciuto in casa nostra e non ci fosse stato almeno mille volte.

Presi dell'acqua dal frigo e gliela offrii. Bevemmo in silenzio.

«Mi spieghi cosa-» Lo interruppi con un cenno. «Non vuoi» dissi. «Voglio.» Feci un segno di diniego.

«Vuoi parlarmi dei tuoi genitori?» Abbassò lo sguardo sul suo bicchiere quasi vuoto e stette zitto.

«Puoi andare, io sto bene... devo cucinare e sistemare.»

Si alzò dallo sgabello, «Tu non esci mai» affermò, come se fosse una cosa strana. Per me era la normalità. Mia madre era morta tre anni prima e io non avevo più messo piede fuori casa se non per fare le spesa e andare a scuola.

«Stasera c'è una festa perché...» Il mio sguardo lo fece vacillare. «Blake, non essere carino con me, non devi.»

Estrasse il pacchetto di sigarette dalla tasca ma lo fulminai con lo sguardo, costringendolo a rimetterlo nella tasca della giacca, che neanche si era tolto.

«Non sono carino con te. Ti porto alla festa, ti ubriachi, facciamo sesso con persone diverse e torniamo a casa.»

La sua idea di normalità era ben diversa dalla mia.

«Ti faccio così schifo da dover precisare "persone diverse"?» Sorrise malizioso, «Che c'è? Vorresti essere il mio tipo?»

Mi voltai per mettere i due bicchieri nel lavandino. «Neanche nei tuoi sogni più vivaci tu potresti piacermi.» Lo sentii ridere sguaiatamente, il che mi portò a girarmi con la schiena premuta contro il piano da lavoro.

«Da bambina mi adoravi» mi ricordò, «Sono cresciuta, l'hai detto anche tu ieri sera guardandomi le tette.»

Il suo sguardo cadde di nuovo sul mio petto, fasciato da una felpa nera che non mostrava molto. Mi sentii nuda ed esposta davanti a lui, che mi guardava con occhi bollenti.

All'improvviso desiderai che mi toccasse, anche solo sfiorandomi. All'improvviso desiderai di non essere bionda per essere il suo tipo.

All'improvviso la mia paura del contatto fisico scemò.

Fu lui ad interrompere il contatto facendo un passo indietro, allontanandoci di più, cosa che trovai positiva.

Il suo corpo mi attraeva come una calamita e non volevo trovarmi a fare qualche sciocchezza di cui mi sarei pentita.

«Vai pure, dovrai farti ricordare qualcosa anche da Stacy.» Lui ridacchiò, «O forse era Cindy.» Si avvicinò di nuovo, io tremai leggermente.

Mi fu davanti in un batter d'occhio, il suo petto sfiorava il mio naso. Si chinò e il suo fiato caldo mi solleticò il lobo dell'orecchio.

Una risata gli scosse le spalle, «Bonnie ha i ricordi molto offuscati...» cominciò, sfiorandomi il fianco con la punta dell'indice. «Non erano Cindy o Stacy.»

Deglutii rumorosamente. Essere stato solo con Bonnie lo rendeva meno disgustoso? Non lo sapevo, per me il sesso era una cosa impensabile.

«Erano entrambe.»

Ciaoo, come state?
In questo capitolo mi sono concentrata un po' sulla paura del contatto di Blue, che verrà meglio sviluppata successivamente. Datemi qualche parere!🩵

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