Capitolo 12 - Altair

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Capitolo 12 – Altair
(colei che vola)

Mi sorprende che i libri siano fatti di carta.

A volte gli eventi che raccontano mi sembrano tanto reali, tanto tangibili, da trovarmi catapultata in un universo costruito con l'immaginazione. Seguo i personaggi, mi sembra di trovarmi un passo dietro di loro e di osservarli agire, combattere e vivere nelle loro tante storie. Le avventure mi coinvolgono. E quando mi distraggo, se alzo per un attimo lo sguardo dalle parole, mi capita di rimanere confusa. Afferro una pagina e la volto, soppesandola con le dita. Così sottile, così fragile e così leggera. Carta. Carta che il tempo o qualsiasi altra cosa potrebbe rovinare e distruggere in pochi secondi. E le parole, macchie a stento distinguibili che formano una lingua comprensibile solo per un gruppo di persone.

Ma sono davvero questo, i libri?

Una fragilità a cui non crederò mai per davvero. Sono portali travestiti di leggerezza, come un rifugio scavato nella roccia.

Questi pensieri continuano a frullarmi per la testa, distraendomi a tal punto da farmi dimenticare della realtà. Quando Ros mi chiede se la sto ascoltando sono costretta ad arrossire, balbettando che forse mi sono sfuggite giusto le ultime frasi e che mi dispiace. Alex ridacchia leggermente, stringendo il volante tra le mani. Siamo in auto, diretti da Denny per una passeggiata al parco.

-Stavo dicendo.- dice Rosie, piccata –Qui a Staithes ci conosciamo tutti, è un dato di fatto... eppure dopo la scuola ho perso le tracce di parecchi nostri compagni, non li ho più visti... è una cosa strana, no?

-Non per forza.- risponde Alex –Magari sono riusciti a fuggire da qui.

Guardo fuori dal finestrino, dove le strade di Staithes diventano delle linee colorate che si alternano e confondono tra loro.

-Pamela che fine ha fatto?- chiedo, mordendomi la lingua subito dopo.

-Be', di lei so quello che si dice in giro.- risponde Ros –Che è finita a fare la cameriere nel ristorante di Bob, quello all'angolo tra il cinema e Gone Street.

-La cameriera?- chiedo, sorpresa –Davvero?

Alex mi lancia uno sguardo attraverso lo specchietto.

-La fortuna gira...- riflette –Pensa a Mat: lui non aveva un soldo ed è finito a Pisa, più ricco di tutti noi. Pamela era una perfetta ragazza ricca e snob, ma deve lavorare se vuole pagarsi gli studi che dice lei... e non quelli che vuole il padre.

Rosie gli lancia un'occhiataccia, probabilmente perché ha nominato Mat, ma io non ci faccio caso. Sospiro e penso a Pamela, a quello che mi raccontava di suo padre. Era una brava persona, almeno all'apparenza, e non le faceva mai mancare niente; ma la trattava come se lei gli dovesse qualcosa, come se fosse una sua proprietà, voleva decidere tutto della vita di lei ed il primo ramo secco da tagliare era Adam. Litigavano per lui quasi ogni settimana, ma Pamela non è una che si fa mettere i piedi in testa facilmente. Penso distrattamente che mi piacerebbe rivederla e parlare con lei come facevamo un tempo, perdendo nuovamente di vista la realtà.

Mi ritrovo, un quarto d'ora più tardi, a passeggiare nel parco di Staithes con Ros, Alex e Denny, che ci aspettava lì. Il tramonto è vicino ed il cielo si sta colorando di un rosa che fa sembrare le nuvole soffice ovatta colorata. Respiro a pieni polmoni.

-Sono proprio curioso di conoscerli!- fa Denny –Questo Will di cui parli deve essere un tipo divertente.

-Oh, non immagini quanto!- ridacchio –Lui e Luna sono una coppia unica al mondo, due poli opposti.

Denny annuisce, avvolgendo un braccio attorno alle spalle di Rosie, che sorride involontariamente. È bello vederli così: vicini, innamorati anche dopo quattro anni. La loro relazione, le loro vite, il loro amore, tutto va a gonfie vele. Ed io sono felice per loro, per quello che hanno costruito e per Alex che prenderà sulle proprie spalle il negozio di famiglia. Sono io a rompere di nuovo il silenzio, parole che mi ero giurata di non pronunciare, ma che escono senza che me ne renda conto. Mi rivolgo a Denny.

-Ho visto Mat.

Ros sobbalza, Alex distoglie lo sguardo, ma Denny non sembra sorpreso quanto dovrebbe e, con un tuffo al cuore, mi viene in mente che Mat potrebbe avergli già raccontato tutto.

-A Pisa.- specifico, poiché nessuno dice niente, poi mi rivolgo a Ros –Tu dovevi saperlo. Quando ti ho scritto che sarei andata a Pisa, sapevi perché, sapevi che lui era lì...

Rosie distoglie lo sguardo, Denny le stringe la mano.

-Sì, lo sapevo.- dice, piano –Ma non lo ho detto a nessuno dei due.

-Mat aveva bisogno di concentrarsi, non volevamo farlo preoccupare ulteriormente.- interviene Denny –E tu, Ellie, avresti rischiato di non andarci se lo avessi saputo.

Distolgo lo sguardo, colpevole per la mia codardia. Sono settimane che mi trattengo, ed ora non riesco a trattenermi dall'esplodere. Spalanco le braccia ed assumo un'espressione ferita.

-Ma vi rendete conto di quanto siete ipocriti, tutti quanti!- sbotto, guardandoli ammutolirsi –Per quattro anni non avete detto una parola, non avete voluto dirmi niente di lui... Non importava quanto continuassi a chiedervi come stesse, solo come stesse, voi...

-Ellie.- mormora Alex, facendo un passo avanti.

-E adesso.- lo raggelo, indietreggiando –Adesso vengo a sapere che Mat ha lasciato la scuola. Che non si è diplomato, perché suo padre è morto. Che si è messo a studiare con un'astrofisica, ha trovato una dimostrazione per un paradosso ed è diventato ricco. E, ciliegina sulla torta, sta per sposarsi con Monica McGregory. Monica McGregory... sul serio?! Questo è uno scherzo. Deve esserlo.

Quando termino di parlare ho il fiatone, non respiro neanche. Rosie si avvicina lentamente, mettendomi una mano sulla spalla per tranquillizzarmi e cerca di incontrare il mio sguardo.

-Mi dispiace.- sussurra –Non sai quanto mi dispiace, Ellie...

-No!- urlo, allontanandomi –No, non ti dispiace! Perché non mi avete detto niente, se lo avessi saputo io-

-Ellie, per favore...- tenta ancora Alex, mite come sempre.

-Smettila!- sbotto –Smetti di compatirmi! Voi non mi avete detto niente, siete-

-Non ti abbiamo detto niente perché ce lo ha chiesto lui!- urla Denny, sovrastando la mia voce.

Mi blocco. Ci blocchiamo tutti, zittendoci e voltandoci a guardarlo. Lui si avvicina a me, le sopracciglia aggrottate ed un'espressione terribilmente seria.

-Mat non voleva che tu lo sapessi.- dice –Ha detto che non ti voleva qui.

Lo guardo, con gli occhi lucidi.

-Non è vero.- dico con sicurezza.

Mat ha insistito perché restassi, perché non partissi per Bonn. Ma lo ha fatto prima che la sua situazione si aggravasse.

-Invece è vero.- continua Denny, crudele –Tu non lo hai visto, lui era... il vecchio Mat sembrava morto con suo padre. Lavorava tutti i giorni, non parlava, era sfinito. Non aveva neanche il tempo per vedere noi.

-Denny...- Rosie si frappone tra me e lui, accarezzandogli un braccio.

-Ero il suo migliore amico!- sbotta lui, con una nota di sofferenza –E non potevo fare niente, se non...- esita -...se non chiamare te. Pensavo che tu avresti potuto aiutarlo...

-Perché-

-Mat me lo impedì.- risponde alla mia domanda senza neanche averla sentita –Disse che non voleva vederti, che Castor gli aveva fatto leggere un tuo articolo dove c'era una tua foto con Flick e che eri bellissima. Che non dovevi tornare indietro, che non mi avrebbe mai perdonato se te lo avessi detto.

Sbatto le palpebre, guardando Rosie. So che lei non mi mentirebbe mai, che sarebbe sincera con me. Perciò, proprio ora che mi sento tanto scombussolata, la prego con lo sguardo di smentire tutto quello che sta dicendo Denny. Di dirmi che Mat mi ha dimenticata pochi giorni dopo la mia partenza, che nonostante tutti i suoi problemi non ha mai pensato a me e che non ha cercato di allontanarmi. Ma Ros mi guarda, dispiaciuta.

-Due settimane dopo ha iniziato ad uscire con Monica.- dice, completando la versione di Denny.

La terra sembra mancarmi sotto i piedi e sbatto velocemente le palpebre, cercando di mettere a fuoco i miei amici. I miei amici che mi hanno tenuta lontana da Mat. Perché lo voleva lui. Mi avvicino all'albero più vicino, appoggiandomi ad esso e chiudendo gli occhi, come se stessi combattendo contro una sorta di svenimento. Mi sento le vertigini.

-Ellie.- la mano di Ros è sulla mia spalla, ma non riesco a percepirla –Tu più di chiunque altro conosci Mat. Ti ricordi quando dopo la festa di Natale ti ha allontanata, solo perché aveva paura di essere un peso, perché non voleva che rimanessi per lui?

-E quando dopo è tornato da te, per chiederti di restare? Lo ha fatto per te, non per se stesso.- interviene Denny –Era tardi. Ma l'unica cosa che lui voleva, fin dall'inizio, era che tu fossi felice.

Mi volto, fissandoli con gli occhi lucidi. Come quando hai perso il tuo unico treno verso la felicità ed i tuoi migliori amici vengono a dirti che in realtà tu eri arrivato in orario, e che quello era il treno giusto, ma si era nascosto fino a diventare invisibile... ecco come mi sento.

-Io lo sarei stata con lui.- mi volto a guardarli, con gli occhi lucidi –Sarei stata felice con lui.

Alex si fa spazio tra Ros e Denny e viene ad abbracciarmi.

***

La conversazione di ieri su Mat mi ha prosciugata di ogni emozione, strizzandomi come una spugna. Ma avere Rosie, Denny ed Alex accanto mi ha aiutata a sfogarmi, a superare quelle notizie come ho superato tutto il resto. Ho le mie responsabilità in tutta questa storia. E quello che è fatto e fatto, visto che Mat deve sposarsi. Non posso certo andare da lui e dirgli che dopo tutto questo tempo provo ancora qualcosa per lui, che mi ha cambiato la vita e che mi ha inseguito ad inseguire i miei sogni. Però posso continuare ad inseguirli, i miei sogni.

Così ho deciso di mettere ordine nella mia vita: ho passato la mattina a sistemare la mia camera, che era rimasta intoccata per troppo tempo. Poi sono uscita di casa, diretta verso il mio primo conto da chiudere: l'officina dei Rivers. La R. Workshop, accanto al parco dove Mat giocava con suo padre quando era bambino. Per arrivarci ho evitato accuratamente la strada che passa per l'Osservatorio, poiché non mi sento ancora pronta a rimettere piede in quel posto, soprattutto dopo la lettera di nonno Albert.

L'officina cambiata talmente tanto che stento a riconoscerla. La saracinesca piena di graffiti, i muri scrostati e la piccola porticina di metallo che fungeva da ingresso sono state trasformate in una modernissima facciata. In alto, fra ben due chiavi inglesi, c'è un nuovo nome: R&J. Workshop.

R&J?

Prendo un respiro profondo ed entro, notando quanto anche l'interno ora sia ordinato, pieno di scaffali grigi e di auto ed altri mezzi di trasporto, tutti disposti ordinatamente ed accanto ai quali ci sono dei tavoli con degli attrezzi. C'è persino un bancone, ed una piccola area salottino adibita nell'angolo sulla destra, accanto all'entrata. Respiro a pieni polmoni l'odore della benzina e mi schiarisco leggermente la voce.

-Scusi, non siamo ancora aperti.- dice una voce che non riesco a riconoscere –Può tornare alle nove.

Louis Jackson, il fratello più piccolo di Adam Jackson, spunta da dietro un'auto con aria corrucciata. Porta un grembiule leggermente sporco di benzina e tiene tra le mani una cassetta degli attrezzi, è leggermente sudato ed alcuni ciuffi biondi gli ricadono morbidamente sulla fronte aggrottata. Poiché non accenno ad andarmene, Louis si schiarisce la gola, forse infastidito.

-Non sono...- dico, senza riuscire a smettere di guardarlo –Non sono una cliente. Cerco Alina, Alina Rivers.

-Aspetta.- dice lui, riconoscendomi –Tu sei...

-Ellie!- al suono di quella voce mi volto di scatto, trovandomi direttamente stritolata nell'abbraccio di Alina.

Quando ci stacchiamo le sorrido, felice di rivedere la ragazza in cui si è trasformata la bambina che conoscevo. Alina ha tagliato i capelli in un caschetto mosso, dello stesso castano scuro dei suoi occhi sottili, ed ha un sorriso molto più luminoso rispetto all'ultima volta in cui l'ho vista. È più alta, più grande, curata e gentile. La vedo avvicinarsi a Louis e stampargli un bacio sulla guancia.

-Louis, ti ricordi di Ellison Moore?- gli dice –L'amica di Mat.

-La ragazza di Bonn?- dice lui sottovoce, ma riesco a sentirlo benissimo –Quella che se n'è andata?

Quella che se n'è andata.

Fingo che quella frase non mi abbia ferita e distolgo lo sguardo, un po' a disagio.
Alina lancia a Louis un'occhiataccia.

-Sì.- dice, rivolgendomi un sorriso rassicurante –Voi due non vi siete ancora presentati come si deve, ma Ellie è una persona meravigliosa.

Faccio un passo avanti e prendo una mano di Alina fra le mie, ringraziandola.

-Tu sei meravigliosa, Alina.- dico –Ho saputo quanto accaduto solo da pochi giorni... Oddio, devono essere stati anni terribili per voi...

Louis distoglie lo sguardo, mentre gli occhi di Alina si fanno leggermente lucidi.

-Mat mi ha detto quello che hai fatto per questo posto e per la tua famiglia.- continuo –Sei stata davvero coraggiosa ed intelligente, hai salvato la tua famiglia. Non sai quanto mi dispiace, sono partita senza neanche salutarti ed ora che sono qui... ti faccio le mie condoglianze e ti abbraccio, per quanto possa valere dopo tutto questo tempo...

Lei mi stringe le mani ed alza lo sguardo, grata.

-Ellie...- dice con voce spezzata –Te ne sono davvero grata. Non devi sentirti in colpa, tu non c'entri assolutamente niente. È stato gentile da parte tua venire qui... grazie, davvero.

I suoi occhi mi trasmettono dolcezza e gratitudine, tanto da riscaldarmi il cuore. Sorrido calorosamente, guardando Alina e Louis.

-Bene.- dico, stringendomi nelle spalle –Direi che ora vi lascio lavorare, sono quasi le nove e mi sembra di capire che ora le cose vadano a gonfie vele...

Alina si illumina.

-Assolutamente!- dice, contenta –Grazie a Louis sono riuscita a far rinascere questo posto!

Si volta verso il suo fidanzato e quando lui le rivolge uno sguardo altezzoso e divertito, che mi ricorda vagamente Adam, si sporge verso di lui e lo bacia. Li osservo e mi si stringe il cuore, notando che quella che ho davanti non è una semplice infatuazione ma vero amore. Louis la stringe a sé e lei gli accarezza dolcemente i capelli, incurante del sudore e della mia presenza. Mi viene da arrossire e, quando si staccano e si voltano a guardarmi, non so dire chi sia più imbarazzato tra me e loro. Li saluto con un sorriso, promettendo ad Alina che tornerò a trovarla e complimentandomi con entrambi per la loro abilità negli affari.

Pranzo con un panino, senza tornare a casa, e decido di fare una passeggiata nel pomeriggio: mi mancano le strade strette e paesane di Staithes, così prendo l'autobus (l'unico che passi qui a Statihes, puntuale come il coniglio bianco di Alice nel Paese delle Meraviglie) e mi lascio portare in centro. Faccio un giro in libreria, saluto dei vecchi amici e conoscenti che si avvicinano per congratularsi con me e chiedermi dell'esperienza in Germania e cerco di non dire che lo lasciato il lavoro, parlando di una semplice pausa per il momento. Infine, mi siedo su una panchina di fronte un fast food per aspettare l'autobus.

Ad un certo punto, mentre osservo distrattamente dei bambini che giocano a fare le bolle di sapone proprio davanti a me, la mia attenzione viene catturata da una figura slanciata e familiare. Un ragazzo alto e magro, biondissimo e vestito con un maglione verde, dello stesso colore dei suoi occhi, è uscito da una casa proprio d'altra parte della strada.

Adam.

Mi alzo in piedi ancor prima di rendermene conto e, con non poca sorpresa, noto che anche lui mi ha riconosciuta. Si immobilizza per qualche secondo, nessuna emozione sul volto spigoloso ed affascinante, ma poi sorride. Un sorriso divertito, come sempre, ma più stanco di quanto ricordassi. Attraverso la strada senza capire realmente perché io gli stia andando incontro: sono passati quattro anni, ed io ed Adam non siamo mai stati amici. Lui sembra sorpreso, ma poi mi fa un cenno con il capo e sorride pigramente.

-E così la figliuol prodiga è tornata...- dice, fischiando teatralmente.

-Come mi hai chiamata?- chiedo divertita –Credevo che il figliuol prodigo qui fossi tu.

Adam mi sorride, un sorriso caldo che non gli avevo mai visto. I suoi occhi verdi per un attimo esprimono pura malinconia, mentre inclina la testa di lato e mi squadra da capo a piedi.

-Chi l'avrebbe mai detto...- fa pensieroso -Io, felice di rivedere te.

Ridacchio.

-Già. Pamela pagherebbe oro per vederci adesso...

Lo vedo rabbuiarsi, serranda la mascella e limitandosi ad annuire. Mi ricordo delle parole di Denny e Ros e cerco di incrociare il suo sguardo.

-Oh, a proposito,- gli chiedo -come sta Pamela?

Adam punta gli occhi in lontananza, sospirando impercettibilmente.

-Non stiamo più insieme.

-Oh.

Il cuore mi si capovolge.

Incredibile.

Mi basta un'occhiata ad Adam per capire che qualcosa non va e che, forse, effettivamente, siamo nella stessa situazione. O in una situazione simile, comunque. Mi mordo il labbro indecisa, prima di parlare.

-Ehi, Adam.- dico -Ti va un caffè?

Spazio Autrice:
Ecco il nuovo capitolo, puntuale come promesso!
Come avrete capito leggendo, i due personaggi che avevo detto sarebbero ricomparsi sono Adam ed Alina (con Louis, ovviamente)... Non sono tornati a caso, erano linee lasciate in sospeso che chiudono il loro cerchio, che si ricongiungono o si spezzano per sempre. Cosa sarà successo ad Adam? Io vi anticipo che i prossimi due capitoli sono tra i più forti della storia, pronti (si spera) a sconvolgere la situazione!

Siamo quasi al quartultimo capitolo di On fire e questa storia mi mancherà tantissimo, ma soprattutto mi mancherete voi ed i vostri commenti, le vostre parole, la vostra presenza. Grazie a tutte le stelle che brillano dietro questo schermo... a presto <3 .

P.s. Ragazzi, come avrete visto On fire non è entrata nella Rosa dei Wattys, ma io non potrei essere più felice di avervi qui a leggermi. La Lista di Prima Selezione è stata comunque in grande traguardo *-* .

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