3.

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Traccia della card 3. surreale:

Genere: horror
Tecnica: terza persona, presente
Animale: gatto
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È una notte piovosa, nella città di Londra di questo 24 novembre. Il cielo soprastante a tutto ciò che di umano è stato creato, è ora di un colore tetro e offuscato dalla violenza di piccole gocce d'acqua che si scontrano sul suolo trafficato della città. Il luogo, osservato da una piccola finestra di un appartamento apparentemente silenzioso, sembra così piccolo e insignificante agli occhi di Sophie, la ragazza che si è da poco trasferita e che giace tranquilla nel suo nuovo appartamento da condividere con il suo gatto Everest; Everest è il suo compagno di avventure ed un bellissimo gatto di razza Bombay, con un mantello più nero della notte e degli occhi gialli lucenti, che si contraddistinguono in mezzo all'oscurità.

Sophie anche questa notte non riesce a conciliare il suo sonno, ed è per questo che adesso si trova rannicchiata sul divano del salotto con una tazza di tè caldo tra le mani e lo sguardo perso fuori dalla finestra posta accanto a lei. Osserva i passanti come fossero delle piccole formiche inzuppate dalla pioggia frenetica e nel contempo pensa alle prossime vittime da trovare in questa nuova città, ma dopo tutto è soltanto il suo primo giorno qui, dunque avrebbe tutto il tempo necessario per studiare gli abitanti e concepire le loro abitudini così da coglierli impreparati, però a lei piace il rischio e considerando il sonno assente decide di vestirsi e fare un giro fuori. 

Si veste abbastanza pesante e prende un ombrello per potersi riparare dalla pioggia, si raccoglie i capelli neri dentro un cappellino di lana ed esce dall'appartamento insieme ad Everest, si incammina al di fuori dell'edificio e appena sorpassata la porta d'ingresso una violenta folata di vento la fa rabbrividire da capo a piedi, si stringe il corpo esile nel cappotto pesante e si avvia, con Everest al seguito, verso le strade fredde di questa città indenne ancora per poco.

Il suo cammino viene accompagnato dal rumore pesante della pioggia che si scontra sul suolo scorticato dal cemento consumato, e la strada davanti a lei spianata da alcuni fanali che emettono della luce bianca che fa sembrare il suo viso ancora più cadaverico di quanto già non è. Il suo passo è lento, delicato, quasi non si sente il rumore degli stivali che affondano nelle pozzanghere facendo schizzare l'acqua, così come, invece, fanno le persone che corrono davanti a lei, molto probabilmente per trovare un riparo dalla pioggia e dal freddo agghiacciante.

Adesso si trova sul ciglio di una strada in periferia, non ha scelto il centro città per evitare la confusione, ma sono ancora le 00:00 e ci sono molti giovani in giro che schiamazzano e si divertono tra di loro, probabilmente pronti ad irrompere in qualche locale per sbronzarsi fino all'alba.

Sophie è sempre stata una ragazza per bene, educata fin da piccola dai suoi genitori, anche se il suo periodo spensierato che spesso caratterizza i bambini è presto stato stroncato dalla separazione dei suoi genitori: suo padre una notte era tornato a casa ubriaco fradicio, con una ragazza a fianco. È lì che si manifestarono i suoi poteri e venne a conoscenza del suo dono, quando suo padre tornava sempre più ubriaco e sua madre ne subiva le conseguenze, svegliandosi il mattino precedente quotidianamente con un nuovo livido presente sulla sua pelle.

Una notte, stanca di vedere la madre soffrire per quello stronzo e insensibile del padre, andò nel salotto, dove ormai Josh, che non aveva neanche la dignità di essere chiamato "padre", aveva preso posto fisso per dormire sul divano, almeno su questo erano stati d'accordo sia lui sia la madre. Lo guardò dormire, con i capelli neri, uguali ai suoi, bagnati e arruffati sulla tempia, le guance arrossate dalla sbornia e la puzza d'alcool che si sentiva a metri di distanza. Lo osservò per un'ultima volta, probabilmente sperando di non diventare come lui: disteso inerme, con i vestiti stropicciati e la fronte grondante di sudore, era così patetico e vulnerabile che le sarebbe bastato soltanto un coltello conficcato nel petto per mettere fine alla sua miserabile vita, e invece voleva provare i suoi nuovi poteri, quelli che le bruciavano dentro frementi di uscire per scatenare il caos.

Posò una mano sul petto di Josh, si concentrò e presto successe ciò che ancora non era pronta a gestire: dalla sua mano fuoriuscì un vapore dal color nero che si districava sul corpo sdraiato, i capelli si alzarono in aria, fluttuando e facendo concorrenza alla forza di gravità, per un attimo chiuse gli occhi a causa di un bruciore improvviso in essi e quando li riaprì osservò sullo specchio di fronte a lei come diventarono neri, inclusa la sclera. Il vapore nero si strinse attorno al collo dell'uomo  facendogli spalancare gli occhi, scalciava cercando di liberarsi, ma Everest, restando nelle sue piccole somiglianze da gatto, prontamente si trasformò in una creatura a due teste, con una lingua lunga che avvolse sulle sue gambe per tenerlo fermo, lo guardò con gli occhi diventati rossi e lo ipnotizzò sul posto, lasciando libero spazio al lavoro di Sophie. Presto i battiti cardiaci di Josh cominciarono ad aumentare, la pelle sottoposta alla pressione diventò di un colore bluastro e le pupille degli occhi si restrinsero nel diametro, il respiro cominciò a mancargli sempre più e rapidamente il battito cardiaco iniziò ad essere sempre più debole e lento fino a fermarsi del tutto. Sophie continuò a stringere per assicurarsi della sua morte, ma, esagerando, improvvisamente il vapore si trasformò in una lama affilata, sotto forma di quel miscuglio di sostanze, e tagliò la testa nettamente all'uomo. La testa, staccata dal corpo, rotolò sul pavimento e si fermò ai piedi della ragazza. Sophie, in quel momento, si sentì in pace con se stessa, ma più tardi scoprì qualcosa che cambiò completamente il suo modo di vedere questo dono nelle sue mani.

Adesso tutto quello che è il suo passato è soltanto un ricordo lontano, suo padre è morto quella notte e sua madre si è tolta la vita pochi anni dopo, probabilmente certa di vivere con un' assassina, come se una bambina innocente potesse fare questo. Sophie non è mai riuscita a convincere sua madre del contrario, tuttavia non ne ha sentito la mancanza e neanche disgusto quando l'ha trovata penzolante, con il collo retto da una corda, su un albero nel cortile di casa loro. Da bambina non aveva mai amato quel giardino, ma adesso ci trova qualcosa di inquietantemente attraente in quel posto, probabilmente a causa dei ricordi del corpo sventrato di sua madre, da cui si cibava quando i suoi poteri la lasciavano sfinita.

Certe volte prova un senso di soddisfazione se solo pensa a quanto era buona e saporita quella carne pregna del suo stesso sangue. Era pur sempre sua madre, ma il suo egoismo rese amaro l'ultimo boccone. 

Sophie viene distolta dai pensieri soltanto al passaggio di una macchina che si scontra con una pozzanghera e le schizza l'acqua addosso; si sente un ringhio da parte di Everest, ormai bagnato, e uno sbuffo da parte della ragazza -non può andare peggio di così- pensa tra sé -almeno spero di trovare qualcuno da mangiare- e, ancora assorta tra i pensieri, nota alla fine della strada in cui si trova un piccolo bar. -proprio quello che fa al caso mio-, si dirige in quella direzione e, appena varcata la porta d'ingresso, viene pervasa da un calore circostante che la avvolge, ma prima di prendere posto osserva l'ambiente per studiarne le caratteristiche: si tratta di un semplice bar dai toni caldi come il giallo e il rosso, c'è un forte odore di caffè e biscotti appena sfornati e il luogo è occupato da una decina di persone, disposte tra i tavolini e i divanetti accoglienti, intente a mangiare e dialogare tra loro. 

La ragazza prende posto insieme al suo gatto in un tavolino posto in fondo e aspetta che qualcuno vada da lei per prendere l'ordinazione. Presto un cameriere la nota e si dirige verso di lei "Salve, cosa desidera?" le chiede questo ragazzo dall'aspetto belloccio, con capelli neri brizzolati e occhi verdi "Un caffè nero e una brioche vuota, grazie" "Arrivano subito" risponde dileguandosi. Aspetta soltanto un paio di minuti e in men che non si dica il ragazzo, che sembra chiamarsi Mark dal cartellino agganciato nell'uniforme del bar che indossa, ritorna portandole ciò che ha ordinato "Buon appetito" le augura per poi allontanarsi nuovamente. Sophie lo osserva mentre, con quel suo sorriso smagliante che la turba, sussurra qualcosa all'orecchio di quello che sembra il proprietario del locale e si dirige verso una porta, che sembra sia l'uscita di servizio. Per un attimo perde del tempo arricchendo il suo caffè con una manciata di bustine di zucchero, dopo di che si guarda un pò intorno e, assicurandosi che nessuno la veda, fingendo di dirigersi verso in bagno, con Everest al seguito, svia il suo percorso per seguire Mark. 

Sophie si trova davanti ad una piccola stanza, sicuramente lo spogliatoio per i dipendenti. Osserva da lontano Mark che si sta privando dell'uniforme e piano si avvicina alle sue spalle. Guarda Everest e gli fa un cenno con la testa: si dovrebbe dirigere davanti al ragazzo per distrarlo mentre lei lo coglie di sorpresa. "Ma ehi, che ci fai tu qui?" sussurra Mark con voce melensa mentre accarezza Everest davanti a lui che fa le fusa. La ragazza cammina silenziosamente verso di lui, crea un pugnale con i suoi poteri, che ha imparato a gestire col tempo, e dall'altra mano fa emergere del vapore nero per tappargli la bocca. Succede tutto in fretta: lo prende per le spalle avvolgendogli un braccio attorno al collo e velocemente gli tappa la bocca con il vapore, che entra nelle sue vie respiratorie facendolo tremare per tutto il corpo; gli conficca la lama su un fianco e la spinge in profondità facendo uscire dal suo corpo magrolino fiotti di sangue, caldo e di un colore rosso vistosamente scuro, che colano a terra e vengono leccati via da Everest che a sua volta si ciba. Presto Mark perde i sensi e il suo corpo si abbandona tra le braccia della sua assassina.

Sophie lo osserva -che peccato rovinare questo bel visino- pensa ironicamente. Getta il corpo inerme per terra e lo trascina fuori, passando per l'uscita di servizio dove non nota nessuno.

Adesso si trovano in un vicolo buio, con ancora la pioggia picchiettante che attutisce il rumore del corpo che si trascina sull'asfalto; si fermano dietro un cassonetto della spazzatura per assicurarsi di non essere visti e la ragazza si inginocchia di fianco al corpo, finalmente per poter saziare la sua fame: inizia a tagliuzzare con la sua lama vari pezzi del corpo giovane ormai privo di vita e, affannosamente, morde la carne pregna di sangue, staccando con i denti muscoli, articolazioni, finche del corpo non ne rimangono soltanto le ossa che vengono mangiucchiate da Everest. Il sangue copioso che ha sporcato il corpo della ragazza viene pulito via dalla pioggia, così come quello che si è mischiato nell'asfalto insieme all'acqua. Everest si lecca il pelo soddisfatto e la sua padrona osserva il mucchio di ossa che, senza sforzarsi troppo, decide di lasciare dentro ad un cassonetto della spazzatura.

Alla ragazza non piace mangiare gli esseri umani, ma è una cosa che deve fare se vuole rimanere in vita; l'uso dei suoi poteri porta a questo, per riprendere le forze deve cibarsi di carne umana, altrimenti sarebbe lei quella sventrata e nascosta sotto terra, così come ha fatto con i resti dei suoi genitori. Sazia e soddisfatta della sua cena, Sophie si alza e si dirige nuovamente verso il suo appartamento insieme ad Everest. È ben consapevole che adesso dovrà cambiare di nuovo città, così come fa ogni volta che si ciba di qualcuno; sbuffa -questa città iniziava a piacermi- pensa mentre sorride e si dirige con i vestiti fradici tra le strade della periferia di Londra.
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Numero di parole utilizzate: 1991

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