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"L’arancione è il sole del mattino che attraversa il cielo e il colore di un tizzone ardente nel mezzo di un falò sulla spiaggia. E’ la foglia in autunno, le carote in una zuppa di verdure in una fredda giornate di inverno, i tulipani in primavera e le coccinelle in un parco erboso in un caldo pomeriggio d’estate. L’arancione è la vita. E’ ciò che è inaspettato ma bello."
(Aly Martinez)


Quando Draco si era smaterializzato da Hogwarts per recarsi alla seduta di controllo mensile del Ministero, sapeva che non sarebbe stato piacevole. Lo aveva fatto abbastanza volte da essere consapevole del fatto che non sarebbero stati gentili o rispettosi nei suoi confronti, che non l'avrebbero accolto a braccia aperte e con sorrisi cordiali come facevano con suo padre prima della guerra.

Ma non si era aspettato neanche che sarebbe andata così male.

Come prima cosa, gli avevano preso la bacchetta. Lo facevano sempre, ma la cocente umiliazione e il senso di impotenza che aveva provato stavolta, quando gliela avevano strappata con malgrazia di mano, erano stati duri da digerire. Poi lo avevano perquisito, sospingendolo fino al corridoio che immetteva nella sala interrogatori. La gola si era chiusa e lo stomaco era andato sottosopra al pensiero, ma lui aveva tentato di farsi forza, di costringersi a tenere insieme i pezzi il giusto per poter fronteggiare Oswald. Ma il peggio era arrivato quando lo avevano fatto sedere e il legilmante, i capelli neri brizzolati e i maligni occhi azzurri, si era fatto avanti. Ai primi convenevoli era seguito l'inizio dell'interrogatorio, con il primo, il secondo e poi il terzo Legilimens. I ricordi che si erano offerti al mago erano stati tra i peggiori.

«MADRE!» l'urlo di Draco rimbombò tra le pareti del Manor, facendo sobbalzare i presenti.

Tutti si voltarono verso il ragazzo, che corse da Narcissa, ormai con la schiena al muro, frapponendosi tra lei e Nagini con un impeto che sorprese tutti. Il serpente si bloccò, interdetto, eppure effettivamente affamato. Ma non avrebbe osato toccare un servo di Voldemort, non senza il consenso del padrone.

«Adempiremo al nostro dovere.» Malfoy si rivolse a Voldemort, tutto il suo corpo tremava e le parole si rincorrevano l'un l'altra intervallate da forti respiri «Farò tutto quello che mi ordonerete. Riscatterò il nome dei–

«Questo» Voldemort lo interruppe con voce melliflua «è quello che tu farai in ogni caso.»

«Vi prego.» il giovane ingoiò a vuoto «Vi supplico. Punite me, piuttosto! Io sono–

«Tu sei utile alla mia causa, giovane Malfoy.»

Gli occhi di Draco divennero lucidi, ma erano tutti troppo lontani per rendersene conto. Fu così che il giovane fece un respiro profondo, prima di avvicinarsi all'Oscuro. Si inginocchiò e, nel silenzio generale, si rannicchiò ai piedi di Voldemort. Tremante, prese la sua veste tra le mani e la baciò.

«Non uccidetela.» disse soltanto.

Bellatrix Lestrange fece un passo avanti, pur rimanendo a una rispettosa distanza dal padrone.

«Qualcuno dovrà pagare per gli errori di Lucius.»

Voldemort sorrise, mostrando i denti gialli e scheggiati. Abbassò lo sguardo su Draco.

«Prenderai il marchio, giovane Malfoy?»

Oswald aveva cercato di modificare il ricordo, e Draco si era sentito violare in un modo che aveva rischiato di spezzarlo. La sensazione di una presenza estranea nella sua mente era stata atroce quanto quella di un tocco sul proprio corpo. Sapeva che non avrebbe dovuto farlo, ma non ne poteva più: aveva provato ad alzarsi dalla sedia, a portarsi fuori tiro dalla bacchetta di Oswald, ma le catene spuntate per magia dalla sedia glielo avevano impedito, afferrandolo e trattenendolo. Divincolandosi aveva soltanto peggiorato la situazione, perché le catene si erano strette su di lui fino a fargli sanguinare i polsi. E Oswald non gli aveva lasciato tregua, continuando a frugare nella sua mente. Draco non vedeva, era esausto e spaesato.

Aveva rimesso anche l'anima, con l'unico conforto della voce stridula di Mirtilla Malcontenta, che gli mormorava parole di conforto fuori dal cubicolo in cui si era rifugiato.

Se ne vergognava, ma le era grato persino per quello.

Non poteva parlare con nessun'altro, neanche con Daphne, Zabini o Nott. Si era allontanato da tutti loro, convinto che lo avrebbero invidiato o compatito, e sapeva di non poter sopportare nessuno dei due sentimenti. Per di più, Piton gli stava alle calcagna ed era a quota due tentativi falliti di uccidere Silente. Era convinto che la bottiglia avvelenata sarebbe stata una buona soluzione, anche se debole e vigliacca, e ci aveva sperato fino a quando la notizia di un avvelenato e poi miracolato Ron Weasley non aveva fatto il giro della scuola. E Draco era corso in bagno a vomitare, incapace di trattenere il disgusto di sé e fare con i conti con il sollievo che lo aveva travolto al pensiero di non aver ucciso nessuno, di non aver assassinato il preside.

Ma significava anche che avrebbe dovuto ricominciare d'accapo.
E che il tempo a sua disposizione era quasi esaurito.

Uscì dal bagno e si rassettò velocemente, limitandosi a sciacquarsi il viso con dell'acqua fredda e spianare le pieghe sulla camicia che indossava da quella mattina. Aveva passato l'intera mattina a lezione e poi saltato pranzo e cena per chiudersi nella Stanza delle Cose Nascoste per cercare di riparare l'Armadio Svanitore. Era esausto, e avrebbe decisamente dovuto tornare nei Sotterranei e andare a dormire. Invece procedette a grandi passi fino all'Infermeria, per poi restare immobile a fissarne la porta. Cercò da qualche parte dentro di sé il coraggio di entrare, e al tempo stesso si domandò che diavolo ci facesse lì.

Lui odiava Ronald Pezzente Weasley.

Odiava lui e odiava la Granger e più di ogni altra persona al mondo odiava Potter. Ma ora che aveva quasi ucciso uno di loro, l'ansia di prendere atto dei danni causati lo stava mangiando vivo. Il marchio prese a bruciare e lui strinse i denti, facendosi avanti. Spinse piano l'uscio, assicurandosi che Madama Chips non fosse lì. Il luogo pareva deserto, le tende dei letti occupati erano tirate e regnava un religioso silenzio. L'odore acre dei medicinali riempiva l'ambiente.
Entrò, cercando con lo sguardo qualunque cosa gli permettesse di identificate una chioma fastidiosamente arancione targata Weasley. E la trovò in fondo alla stanza, a marcare l'unico letto la cui tenda fosse stata lasciata aperta. Accanto vi era stata sistemata una sedia, occupata da qualcuno che in quel momento era accasciato sul letto in quello che sembrava un sonno profondo. Draco avrebbe riconosciuto la testa piena di ricci della Granger tra mille. Non che significasse qualcosa, visto che si conoscevano sin da bambini era normale. Ma vederla lì, inerme e addormentata su Weasley, gli mise in disordine lo stomaco per qualche ragione.

Si avvicinò cercando di fare il più piano possibile.

Il ragazzo dalla zazzera arancione era sdraiato a pancia in su e il suo torace sepolto dalle coperte si alzava e abbassava a ritmo regolare, mentre la Granger era immobile. Teneva la testa addormentata al lato del letto, e sotto il cespuglio dei capelli sbucava la mano sottile, intrecciata a quella del ragazzo. Draco si perde a osservare le loro mani, poi si lasciò incantare dai respiri discreti e regolari che emetteva la Granger nel sonno; infine notò i Bezoar e le altre pozioni disposte su un carrellino accanto al letto, che gli ricordarono cosa avesse fatto. Era colpa sua. Aveva quasi ucciso un ragazzo. E la cosa peggiore era che avrebbe dovuto finire il lavoro, perché il marchio che aveva sul braccio lo rendeva un assassino, un mago oscuro e una persona che probabilmente non sarebbe stata mai più libera. La bile gli risalì nuovamente in gola. Poi Weasley si mise a parlare nel sonno.

«Her-Hermione.»

Draco si irrigidì, per poi rilassarsi una volta capito che ce l'aveva con lui. Spostò lo sguardo sulla ragazza, rendendosi conto forse per la prima volta che tra i due c'era del tenero. Perché lei era lì a quell'ora della notte, altrimenti? Era chiaro che avesse una cotta per Weasley. Se li ricordava, al Ballo del Ceppo, a litigare come una vecchia coppia di sposini. Aveva sempre creduto che lei avrebbe scelto Potter, invece sembrava ricambiare il rosso. Fece due passi indietro, poi quattro, e infine si voltò per uscire il più velocemente possibile da lì. Tornò nel suo dormitorio e si costrinse a dormire, con il ricordo indesiderato e orribile di Weasley moribondo che mormorava a ripetizione quell'unico nome.

Hermione.

Per Oswald era facile modificare quel ricordo, gli sarebbe bastato far sì che il serpeverde fosse andato in Infermeria per uccidere Weasley, per finire un lavoro che magari al primo colpo era fallito. Draco aveva cercato di respingerlo, mentre sentiva il sudore colargli sugli zigomi e le catene stringergli sempre di più i polsi. Era stato uno sciocco a scattare in quel modo. Sapeva che le avrebbero usate per trattenerlo, lo facevano sempre. Ma era stato impossibile per lui restare fermo sotto quella tortura: tentare di schivarla era stato naturale, una sorta di estremo tentativo di preservare la sua sanità mentale.

«Oswald.» la voce di Shacklebolt aveva raggiunto Draco anche nello stato confusionale in cui si trovava, e si era reso conto che il Ministro stava probabilmente intimando all'uomo di andarci piano.

«Sta opponendo resistenza, signore.» la voce di Oswald era stata ferma, roca come al solito «Non gli farebbe male, se mi lasciasse entrare.»

Sta tentando di modificarmi i ricordi per incriminarmi!, avrebbe voluto urlare Draco, ma le forze gli erano mancate . Si era sentito svenire. E non aveva senso sprecare le ultime forze per denunciare per l'ennesima qualcosa a cui non avrebbero mai creduto. Era la parola di un mangiamorte, per tutti probabilmente colpevole, contro quella di uno dei più alti vertici del Ministero. Così si era limitato a chinare il capo e ad accettare con un grato silenzio quei pochi secondi di pausa, prima che il mago tornasse all'attacco.

Alla fine, quando finalmente gli avevano comunicato che avevano finito e che gli avrebbero inviato un gufo per comunicargli la data del prossimo incontro, si era semplicemente alzato ed era uscito da lì a testa alta. Non si era permesso di barcollare, neanche quando aveva visto tutto nero e aveva sentito il pavimento inclinarsi sotto i piedi. Solo una volta fuori, ormai al riparo di un vicolo buio, si era concesso di crollare. Si era appoggiato a un muro e aveva cercato di riordinare i pensieri, di dimenticare tutte le cose orribili che Oswald aveva riportato a galla, e di liberarsi della sensazione di essere violato e plagiato, anche se per quest'ultima cosa aveva potuto fare ben poco.
Aveva dovuto smaterializzarsi per tornare a Hogwarts, e l'incantesimo non aveva aiutato, facendogli tornare la nausea. A dire il vero, neanche incontrare la Granger aveva aiutato. Vederla di notte, esausto e privo della forza sufficiente a indossare almeno una parvenza di maschera, con lo sguardo preoccupato e le torce del corridoio che proiettavano una luce calda sui suoi capelli castani, era stato il colpo di grazia. Così aveva salvato entrambi da Gazza e si era ritrovato a camminarle accanto tra gli angusti corridoi dei Sotterranei, per poi finire inspiegabilmente per farla entrare nella Sala Comune di serpeverde. Non se ne capacitava, ma sapere che Nott non era in camera gli aveva dato uno strano sollievo, quasi si fosse sentito felice di poter stare da solo con la Granger. Forse stava finalmente uscendo di testa.

«Nott sta violando il coprifuoco?» chiese lei, probabilmente per fare conversazione.

Era ancora in piedi vicino alla porta, quasi avesse voluto tenersi pronta alla fuga, e la mano non era molto lontana dalla bacchetta.

«È uscito.» rispose Draco «Di solito non torna presto quando lo fa.»

Tecnicamente non avrebbe dovuto dirglielo, visto che la Granger era caposcuola. Ma finché non lo pizzicava con le mani nel sacco non poteva mica accusarlo.

Inaspettatamente, lei annuì e sorrise leggermente «Già, credo che sia con Luna.» gli confidò «So che stasera aveva un appuntamento. Ha canticchiato per tutto il pomeriggio, sembrava più felice che nervosa.»

«Avrebbe dovuto esserlo?» le domandò, sfilandosi il mantello «Nervosa, voglio dire.»

La Granger distolse lo sguardo.

«Sì. No.» si morse il labbro «Voglio dire, Nott è di serpeverde.»

Draco si risentì.

«E questo dovrebbe renderla nervosa.» fece, la voce sferzante «Credi che solo perché è un serpeverde potrebbe ucciderla e nascondere il cadavere da qualche parte. O fare lo stronzo.»

Non glielo stava domandando, le sue erano constatazioni. Lei lo credeva. Lui credeva che lei lo credesse. E la cosa lo infastidiva.

«Non volevo dire questo.» si affrettò a precisare la grifondoro «Solo che... ecco, è strano che lui si interessi a lei. Non perché non sia fantastica. Luna è meravigliosa, davvero. Ma Nott è... non lo immagino un tipo raccomandabile, ecco tutto.»

Se credeva che Nott non fosse raccomandabile, Draco non osava immaginare l'opinione che doveva avere di lui.

«Be', quanto può essere pericoloso un tizio che legge Il Cavillo?» azzardò «Scommetto che neppure tu lo fai.»

La Granger scoppiò a ridere, e per la prima volta da quando era entrata nella sua stanza parve a proprio agio. Draco finse di non provare piacere nel constatarlo.

Poi lei abbassò lo sguardo sul suo braccio, accennando con cautela al sangue che imbrattava i polsi e le maniche della camicia «Cos'è successo?» poi lo anticipò, incrociando le braccia al petto «E non dirmi un'altra volta che sei scivolato.»

Lui la guardò attentamente, lottando con l'impulso di rifilarle una menzogna migliore. Ma forse non se lo meritava. In fondo, la Granger gli aveva parlato del problema che aveva con il contatto umano. Gli aveva chiesto aiuto. Anche se lo aveva fatto perché credeva che lui fosse il peggio del peggio e riuscire a superare il trauma toccandolo avrebbe risolto ogni cosa, si era confidata.

Una verità per una verità, si disse.

«Sono stato al Ministero.» buttò fuori, talmente piano da sperare che lei non lo udisse «Era questo l'appuntamento di cui ti parlavo.»

Lei aggrottò le sopracciglia, facendo un passo nella stanza. Ora era più vicina a lui che alla porta, anche se restava a qualche passo di distanza.

«Al Ministero?»

«Ho... devo...» chiuse gli occhi, deglutendo «Mi sottopongono a sedute di controllo, per il processo. Usano il Legilimens per passare in rassegna i miei ricordi e stabilire il mio grado di colpevolezza.»

La Granger non fece nessuna espressione in particolare, ma dal modo in cui le sue spalle si irrigidirono Draco capì che stava immaginando da sola il resto. Il suo sguardo si spostò sui suoi polsi e lui si preparò alla domanda che sarebbe seguita.

«Ti fanno del male?»

Rispondere non fu semplice, ma al tempo stesso si accorse di volerlo fare, di desiderare che lei sapesse. E una parte di lui, una minuscola, grande parte di lui, aveva bisogno di sapere se gli avrebbe creduto.

«Ho opposto resistenza.» disse quindi «E questo ha fatto scattare le catene.»

Era certo che la Granger sapesse tutto sulle nuove procedure del Ministero: i condannati si trovavano in gabbia o venivano incatenati durante gli interrogatori e il processo. Ma lui non era un condannato, né un prigioniero, non ancora almeno. E i semplici sospettati non venivano legati, a meno che non tentassero di scappare, facendo scattare le catene, che si stringevano fino a bloccare loro ogni movimento e persino il respiro.

«Il mago incaricato di controllarmi i ricordi» non attese che lei gli chiedesse spiegazioni, proseguendo da solo «Lui... non si limita a guardarli. Vuole incastrarmi. Cerca di usare la Legilmanzia per modificarli in modo da incriminarmi, e io cerco di impedirglielo.»

Ora sì che sembrava sconvolta. Lo guardò con gli occhi spalancati, ma non mise in dubbio le sue parole.

«Era a questo che si riferiva Miracle, in classe?» lui annuì «Lo hai denunciato?»

«Non mi credono.»

A dire il vero, non era preparato al fatto che lei gli credesse. Temeva che lo aggredisse, o peggio, che lo compatisse, ma non stava facendo nessuna delle due cose. Anche in quel momento aveva un'espressione concentrata, calcolatrice, come se stesse valutando la situazione in cerca di una soluzione. Per lui. Non contro di lui. Era così poco abituato a ricevere conforto che si sentì sottosopra, impreparato.

«Tu... mi credi?» le chiese, e avrebbe voluto che la propria voce suonasse meno incerta.

La Granger non rispose, ma coprì la distanza che li separava fino a posizionarsi di fronte a lui. Esitò un istante, poi avvicinò con estenuante lentezza la mano a quella destra di lui, facendo subito dopo lo stesso con la sinistra, e gliele fece sollevare leggermente, in modo che fossero a mezz'aria tra loro. La lunghezza del palmo di Draco e delle sue dita sottili da pianista decretavano l'esatta distanza che separava i loro corpi. La Granger era vicina. Vicina come non lo era mai stata. E lo stava toccando.

«Sta' tranquillo.» gli sussurrò, sfiorandogli i polsi.

Draco si chiese quanto dovesse essere difficile per lei. Eppure le sue mani erano ferme, mentre ne lasciava una a sostenere le sue e portava l'altra alla tasca posteriore dei jeans (Draco sapeva che erano famosi pantaloni babbani), recuperando la bacchetta. Subito dopo, sfiorò con la punta della bacchetta le sue ferite e iniziò a curarle. In religioso silenzio, fece ritirare il sangue, ripulì la ferita e lanciò un Ferula, il tutto con incantesimi non-verbali. Il serpeverde avrebbe voluto ringraziarla, ma si accorse di avere la gola secca.

Erano così vicini.

E in un momento di totale terrore, si accorse di non desiderare che lei si allontanasse. Era la cosa più vicina a del conforto che avesse mai ricevuto, e veniva dalla persona nei confronti della quale i suoi sentimenti erano stati da sempre più confusi che mai. Ma il suo profumo era familiare, come se lo avesse già sentito da qualche parte, e si ritrovò a immaginare come sarebbe stato passare le mani tra i suoi capelli, accarezzarli, magari rigirarsi un boccolo tra le dita.

Lei gli stava ancora tenendo i polsi, ma aveva riposto la bacchetta quando le sue dita iniziarono a salire leggermente lungo il polso. Draco si irrigidì.

«Granger, non–

Il cuore quasi gli si fermò nel momento in cui lei sfiorò il marchio nero. Quando risalì fino ad accarezzare la coda del teschio trasalì e cercò di ritrarsi, ma la Granger strinse la presa per impedirglielo.

Draco chiuse gli occhi «Non... non lì.» trovò la forza di dire, il cuore gli stava scoppiando nel petto.

«Perché?» chiese lei in un sussurro «Ti fa male?»

Non voglio che ne faccia a te.

Avrebbe voluto dirle che era la parte più sporca di lui, più del resto, e non voleva che lei la toccasse. Non voleva che lei la vedesse. Ma non ne trovò la forza. Perché in fondo lui lo voleva. Desiderava che lo sfiorasse. Desiderava il suo tocco gentile dove prima aveva sentito solo dolore, in quella parte di sé che odiava al punto da rischiare di strapparsi la pelle o graffiarla fino a cancellare quell'orribile marchio. Una volta, tempo prima, ci aveva anche provato. Ma la pelle si era rimarginata con ancora quell'orribile tatuaggio, come se ormai facesse parte di lui e fosse in ogni sua cellula. Era la prova che era sporco, rovinato, distrutto al punto da non poter più essere rimesso insieme.

Era il simbolo dell'odio per gente come lei.
Era assurdo che lo stesse accarezzando.
Perché lo fa?, si chiese.

Eppure trovò soltanto la forza di abbandonarsi al suo tocco, abbassando la testa fino a seppellirla tra i suoi capelli, quei morbidi boccoli castani che aveva tanto sognato di toccare. Lei non si scostò. Continuò a passare le dita sul suo marchio, a esplorarne i contorni, a toccarlo come se avesse voluto cancellarlo con il suo calore e al tempo stesso accettarlo, accettare quella parte di lui e il resto. Tutto. Interamente. E alla fine Draco cedette. Si rilassò, mentre il cuore gli sussultava nel petto, battendogli come se lei stesse toccando la sua parte più intima.

Spazio autrice:
Allora, ho fatto nottata per riuscire a pubblicare senza ritardo 👀🌕.
Spero che vi faccia piacere, anche se ovviamente starete tutti beatamente dormendo e vi posso capire xD .

In questo capitolo abbiamo finalmente un po' di dramione *-* . Spero che la parte di lei che gli prende le mani per curargli le ferite vi sia piaciuta, è da un sacco che la immagino e volevo scriverla! È un primo passo, anche se per il momento non sembra che vadano oltre. Anche perché, a dispetto del contenuto e del pov di Draco, questo capitolo è dedicato a Ron xD. Qualcuno di voi aveva indovinato che l'arancione fosse associato a lui, complimentoni *-* ! 🧡
Che dite invece del prossimo colore, il rosso? A quale personaggio sarà associato? L'indizio è che stavolta è un abbinamento più scontato.

Mi raccomando, fatemi sapere quali sono le vostre teorie! E se vi va e ne avete il tempo, sostenete la storia con stelline e commenti. Al di là della visibilità, è una cosa che mi fa piacere perché mi dà la possibilità di interagire con chi è dall'altra parte a leggere e sapere se la storia stia piacendo; e anche se ci sono cose in cui migliorare e quali siano. Quindi grazie per la vostra presenza qui, davvero di cuore *-* . Spero davvero che la storia possa piacervi e intrattenervi.
Un forte abbraccio, a venerdì!

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