33•capitolo - Hai mai visto due sogni mentre fanno l'amore-

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Santiago

Sono fermo in aeroporto con le mani in tasca, accanto a me ci sono Felipe e Ana.

Proprio quest'ultima non mi rivolge nemmeno uno degli sguardi a cui mi ha abituato. È ancora in apprensione per ieri, lo riesco a percepire dalla sua postura, dal modo in cui ha intrecciato le braccia. Mi sento inutile nel sapere che non si è sentita di confidarsi con me, volevo essere solo di aiuto, ma non ci sono riuscito. E questo, purtroppo, mi fa stare male. So che domani rivedrò Nieves e questo dovrebbe essere il mio unico pensiero, ma non lo è. Penso soltanto a come farla stare meglio, a ciò che è successo in queste ultime settimane e al desiderio che ho di stringerla.

«Ultima chiamata, ragazzi. È il nostro, andiamo!» dice Felipe ridestandomi dai miei molteplici pensieri. Ana incrocia per un attimo il mio sguardo, poi afferra il suo trolley e ci dirigiamo insieme verso l'imbarco.

Quando arriviamo a Madrid, lei non è particolarmente felice di vedere il suo autista che l'è venuta a prendere. Sorride in modo finto e poi con le sue parole esprime il biasimo che prova verso questa situazione.

«Non ha avuto tempo mio padre e ha mandato te, Alonso?» sbuffa e Alonso sorride complice.

«Mi dispiace, sa com'è fatto il signor Piper!»

In ogni caso lo segue e la guardo nella speranza che si giri verso di me e che decida di salutarmi prima di andare via, quando finalmente lo fa non mi pare vero. Mi fa un piccolo sorriso e io ne approfitto per avvicinarmi, le stringo la mano per non permetterle di andare prima di averle parlato.

«Ci vediamo?» le chiedo speranzoso.

«Santiago, davvero vuoi vedermi?» ridacchia, «da quando?»

«Da un po', ormai.» Ammetto e lei sorride con una dolcezza a cui non sono abituato.

«Spero che riusciremo a vederci prima che tu vada a Barcellona dalla tua ragazza»

Mentre lo dice si vede che qualcosa stona sul suo viso. Io a questo punto alzo la mano e le accarezzo il viso, tutto mi viene così spontaneo quando faccio qualcosa per lei. Lei chiude gli occhi e si appoggia al mio palmo.

«Ci vedremo!» le prometto e sorride di nuovo con la dolcezza che mi ha riservato poco fa.

Ci dividiamo e le ore che passo a casa sono sempre troppo lunghe. Nemmeno il tempo di arrivare, e già mio padre ha cominciato ad assillarmi e mia madre invece se ne sta per i fatti suoi, come sempre.

«Santiago» mio padre si presenta alla mia porta. Ha le mani conficcate nelle tasche dei suoi pantaloni di alta sartoria e un espressione fin troppo seria in viso.

«Che succede?» chiedo svogliato, sistemandomi i capelli.

«Spero che tu non abbia impegni per stasera.»

«Li ho eccome!» sorrido, nervoso. Sono appena arrivato e già vuole impormi uno dei suoi impegni di lavoro.

«Bene li disdici! Stasera c'è un evento di beneficienza e visto che sei in città sarebbe sconveniente se non venissi.»

Lo guardo fisso negli occhi con convinzione. «Non ho alcuna intenzione di cambiare i miei piani per le tue stupide feste di beneficienza che servono solo a farti vedere dagli altri. Non sono interessato.»

Mio padre rimane interdetto, questo perché non è abituato a me che gli sbatto in faccia ciò che penso di lui e di quello che fa. Solitamente cerco sempre di ignorare ogni cosa che fa.

«Sei un ingrato. Dopo tutto quello che abbiamo fatto per te.»

«Infatti, come vedi, sto provvedendo a me stesso e quindi non devi più pensarci tu.»

Sorride con un'espressione piuttosto inquietante.

«Santiago, non ti mettere contro di me. Smettila di fare il bambino viziato e ricordati da dove vieni!»

«Me lo ricordo benissimo, non smetto mai di ricordarmelo perché voi me l'avete sempre fatto pesare.» Mio padre sta stringendo le mani in due pugni, non dice più nulla e si volta per lasciarmi solo, io ringrazio il cielo che se ne sia andato.

Prendo il telefono tra le mani, questo perché voglio raggiungere i miei amici e andarmene da questa casa. Non li sentirò mai come i miei genitori. Mentre sto per farlo, il mio telefono squilla e il numero di Ana appare nello schermo. Un sorriso spontaneo incurva le mie labbra e ammetto che anche il mio cuore viene scosso.

«Ana...»

«Ti manco?»

Mi viene da ridere, ma come al solito non glielo faccio vedere.

«Non eri tra i miei pensieri.»

«Mi offendi» risponde. «Tu sei sempre nei miei, Santiago!» ribatte con sicurezza, tanto che mi convince che stia dicendo seriamente.

«Ma smettila...» ridacchio. «Perché mi hai chiamato?»

«Mi stai dicendo che non vuoi sentirmi»

«Ti sto solo chiedendo il motivo. Voglio sentirti, Ana...»

Rimane un attimo in silenzio e sento un suo sospiro rimbombarmi nel timpano.

«E vuoi anche vedermi?»

Chiede e questa volta sono io che rimango in silenzio, anche se urlerei si anche adesso. Anche se mi sento uno stronzo nei confronti di Nieves, perché ho così tanto bisogno di vedere un'altra persona che non è lei, e questo non è normale.

«Ana... io...»

«Santiago, siamo amici, no?» si affretta a dire, come se avesse già intuito le mie perplessità.

«Già...» dico, anche se non sono più convinto di nulla, perché quello che sta succedendo dentro me mi racconta ben altro e mi dice che dovrei perfino smettere di vederla, nonostante il pensiero mi atterrisca.

«Ecco... e io ho bisogno di un favore.»

Raddrizzo le orecchie e indietreggio col collo, perché ora capisco che non vuole solo vedermi, deve chiedermi qualcosa.

«Sarebbe?»

«Stasera c'è una festa di beneficienza»

«Lo so. Ho appena litigato con mio padre per non andarci!»

Sento uno sbuffo da parte sua.

«Santiago, io devo andarci e ho bisogno che tu venga con me.»

«Cosa?» alzo il tono di voce. «Non esiste!»

«Ti supplico, non lasciarmi da sola. Ho bisogno di te!»

La stronza lo sa quali tasti usare per farmi cedere, ma devo essere più forte.

«Non gliela darò vinta a mio padre!»

«E questo lo capisco. Ma davvero per fare un dispetto a lui vuoi lasciarmi sola?»

«Ana!»

«Ti prego, ti prego, ti prego!»

Sospiro esausto, perché tanto so che vince sempre lei. E anche perché... ho voglia di vederla più di quanto io sia disposto ad ammettere.

«Diamine!» sbotto e la sento ridere. «Va bene, ti passo a prendere alle otto!»

Alle otto sono proprio sotto casa sua e l'avviso con un messaggio che può scendere, ma come al solito Ana si fa attendere, ormai sono abituato ai suoi ritardi. Dopo dieci minuti la vedo varcare il vialetto e scendo immediatamente dalla macchina per accoglierla, solo che mi viene un colpo nel vederla nel suo vestito argentato e brillante, ma non più brillante del suo viso. Dio è così bella che mi si mozza il respiro e mi tremano le mani. sorride non appena si accorge di me e mi abbraccia avvolgendomi col suo profumo alla vaniglia che ho sempre faticato a togliermi dalla testa.

«Non lo cambi mai il profumo?» mi scappa di chiedere perché sinceramente faccio sempre fatica a starle accanto, mi manda in pappa il cervello.

«Non ti piace?» si sposta dall'abbraccio e me la ritrovo ad un soffio dal viso. Da vicino è pure più bella. Credo che Ana sia la ragazza più bella che abbia mai visto e non lo penso soltanto ora, l'ho sempre pensato. Quando c'è lei nei paraggi qualsiasi donna scompare.

«Si, solo che...» mi mordo le labbra perché adesso non so più cosa dire. Vorrei sfuggire da questa conversazione, ma dal modo in cui mi sta guardando Ana capisco che non potrò farlo.

«Solo che?» mi incalza.

«Si sta facendo tardi, andiamo!» Entro in auto pur di non riprendere la conversazione e per fortuna quando Ana mi segue non dice più nulla. Anzi, stranamente rimane in silenzio per tutto il tragitto. Solo quando stiamo quasi per arrivare, riprende a parlare.

«Tuo padre lo sa che alla fine stai andando a questa festa?»

Scuoto la testa.

«No, non ci sarei mai voluto andare. Lo sto facendo solo perché me l'hai chiesto tu!» confesso e con la coda dell'occhio vedo Ana appiattirsi contro il sedile.

«Comincio a pensare che tu mi voglia un po' bene. Ma non voglio illudermi.»

Non posso guardare la sua espressione perché dovrei distrarmi dalla guida, però la immagino perplessa ma sorridente allo stesso tempo. E quando ride Ana il tempo si ferma sempre. Per ogni uomo che c'è in circolazione ma per me è ancora più accentuato.

«Comincio a pensare che tu abbia ragione...»

«Santiago...» pronuncia il mio nome in un sussurro.

«Hmm...»

«È proprio un dramma per me la promessa che ti ho fatto. È proprio difficile non poterti baciare!» confessa facendo fare un tonfo al mio cuore e fermo l'auto. «Però devo rassegnarmi.»

Senza aspettare una mia risposta, scende dall'auto e aspetta che la segua.

Rimango un attimo in macchina perché ho bisogno di riprendere aria e ho bisogno di convincere me stesso che tra me e lei non stia succedendo niente. Ma, soprattutto, ho bisogno di smettere di desiderarla e questo è davvero difficile per me.

Come se fosse fatto apposta, mi arriva un messaggio che mi fa sentire, ancora di più, un verme.

Da Nieves

Finalmente domani ci vedremo. Non vedo l'ora, amore, ti amo!

Rimango fin troppo a guardare quel messaggio, a pensare cosa rispondere perché è davvero difficile se guardo la ragazza che ha appena lasciato l'abitacolo e che mi sta aspettando, accarezzandosi le braccia per il freddo.

Dio come mi sono cacciato in questa situazione assurda.

Com'è possibile che la ragazza che ho sempre disprezzato, adesso, incarni tutti i miei desideri.

Com'è possibile che sto facendo questo alla ragazza che ho sempre amato e che volevo sposare?

Non so rispondere nemmeno ad una di queste domande, ma rispondo al volo a Nieves e le dico che anch'io non vedo l'ora di vederla. E questo, mi fa sentire ancora di più un infame.

Poi torno da Ana e fingo che le mie perplessità non esistano.

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