39•capitolo -Tu dimmi che c'è-

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Santiago

«E quindi vi siete mollati?»

Chiede incredulo Gonçalo.

Siamo a tavola e i ragazzi non hanno fatto altro che farmi domande, l'unica ad essere rimasta in silenzio è proprio Ana, ha tenuto gli occhi bassi sul cellulare. Mi chiedo con chi diavolo stia parlando!

Forse con Victor?

Non è una novità che quei due, pure se dicono basta, continuano a fare tira e molla. E io non riesco a non sentire questo formicolio di fastidio che mi invade il corpo. Chissà se in questi giorni si sono visti. Non ho alcun diritto ma mi da fastidio lo stesso. Lui non fa per lei!

«Si, è così!» confermo, ma i miei occhi continuano a cercare quelli di Ana. Lei però mi ignora, sembra che le ultime ore non le abbiamo passate insieme.

«Non ci posso credere. Sembravate una coppia molto affiatata» dice Beatriz. «Sembrava quella giusta! Non posso credere che si vedesse con un altro!»

Trattengo il respiro perché ancora non ci credo nemmeno io. Non mi sono comportato nemmeno io bene, però la verità è che Nieves mi ha mentito per tutto questo tempo e mi sento ferito.

«Credevo anch'io che fosse quella giusta!» ammetto, e solo in quel momento Ana mi cerca con lo sguardo e vedo una nota di dolore ma subito dopo torna a concentrarsi sul suo telefono.

«Potevi venire ieri sera, invece di stare da solo!» dice Beatriz, preoccupata evidentemente per me. Non sa che il mio primo e unico pensiero è stato correre da Ana, era l'unica che volevo vedere, l'unica a cui ho pensato in quel momento.

Non so darmi una vera risposta a quello che sta succedendo dentro di me. Ho solo bisogno di tempo.

«Io...» Ana ritorna a puntare i suoi occhi verdi su di me, non so cosa si aspetti, ma stringe forte le labbra tra i denti. «Preferivo stare solo!» ci rimane ancora male, glielo leggo nello sguardo ma finge un sorriso. Lei non lo sa che ormai ho imparato a memoria tutti i suoi sorrisi sinceri e quelli finti non mi fregano più. Un tempo era più facile per lei prendermi in giro, adesso non ci può riuscire più.

Finito il pranzo, con i ragazzi ci spostiamo nel salone per giocare alla play, però non ho la testa per farlo.

«Non ci posso ancora credere che Nieves sia così stronza!» sbotta Gonçalo verso la mia ex.

«smettila, non dire queste cose di lei.» la difendo, perché non voglio che se ne parli male.

Non sono migliore di lei, in fondo.

«La ami ancora, non è vero?» Roman interviene.

«Be'...» prendo un profondo respiro. «L'amore non sparisce così, d'un tratto.» mentre lo pronuncio, Ana appare alla porta e mi si ferma il cuore, perché rivedo ancora quello sguardo triste.

«Ragazzi, volete i biscotti?» finge ancora quel dannato sorriso e io stringo le mani in due pugni.

Così, quando i ragazzi dicono che vogliono i biscotti, io fingo di dover andare in bagno e la seguo. Mi dirigo in cucina e lei sobbalza quando mi sente entrare. Si gira e si limita a guardarmi, imperscrutabile, ma Ana non lo sa che la conosco ormai. Che non mi frega più.

Che io riesco a sentire quello che sente lei e che questo mi spaventa da matti.

«Che hai?»

«Cioè?» mi guarda con sfida.

Dio è così bella.

«Quello sguardo triste a cosa è dovuto?»

«Non so proprio di cosa stai parlando...»

Mi avvicino, ormai ad un passo da lei il suo profumo alla vaniglia mi investe e mi fa desiderare cose che non dovrei. Che ormai desidero da troppo tempo. Sento il suo fiato sfiorarmi il mento e i suoi occhi guardarmi talmente in profondità da farmi tremare le gambe.

La deve smettere di farmi questo effetto perché rischio di impazzire.

«vuoi un biscotto?» me lo sbatte in faccia, io appoggio le mani alle mensole e la circondo con le braccia. La vedo trattenere il fiato, deglutire più forte.

«Dimmi cosa c'è che non va»

Le ripeto, sfiorandole il viso con la mano. L'accarezzo e adoro il modo in cui mi sento quando i suoi occhi sono nei miei.

Adoro sentirmi libero di poterlo fare, senza sentirmi uno schifo.

«Non c'è niente che non va!» replica, e lo fa pure con una certa sicurezza.

«Sei stata tutto il tempo del pranzo al telefono, non è da te!»

Un piccolo sorriso si forma sulle sue labbra piccole, ma carnose. Le guardo e non faccio altro che desiderarle addosso a me, ormai ho accettato la condanna dei miei pensieri senza senso verso questa ragazza.

«Ora sei pure geloso?»

«No, non sono geloso»

«Non si direbbe...» per sbaglio tocca la mia mano con la sua. «In ogni caso non vedo perché dovresti, dato che è chiaro che ti vergogni di me!»

Indietreggio di poco e la guardo sbalordito.

«Mi vergogno di te?»

«Non hai voluto dire che sei venuto da me ieri sera. Mi sembra logico il motivo!» lo dice con tranquillità, eppure non ci vedo alcuna serenità nelle sue parole. Anzi, senza volerlo, l'ho ferita.

Sono un idiota.

«Ana, io non mi vergogno di te, solo che non volevo che ci fossero fraintendimenti!»

Ridacchia nervosamente e scuote la testa allibita.

«Fraintendimenti?» ride ancora, ora più forte. «Hai ragione, mi dovresti tenere d'occhio, non dovresti venire da me quando la tua ragazza ti molla!»

La guardo e non riesco a parlare, perché spero di aver capito male. Spero di sbagliarmi nel pensiero che mi sto facendo, se no dovrò davvero picchiare uno dei miei migliori amici.

«Che vuoi dire che dovrei tenerti d'occhio?»

Mi guarda e non parla, tace e respira forte, il suo profumo giuro che mi sta annebbiando la vista.

«Lo sai...» stringe le labbra. «Ma lasciamo stare, Santiago, va bene così. Adesso lasciami passare che vado dalle ragazze...» scosta le mie braccia e tenta di andarsene, ma io la blocco dal polso e la faccio tornare da me. Il suo respiro si schianta sul mio viso e il cuore ha un sussulto. È così forte la voglia che ho di lei, come mi sono ridotto così.

«Ana...» mormoro. «Io...» tento di dire, ma Roman arriva sempre nei momenti sbagliati e ci interrompe.

«Ragazzi, dove sono i biscotti?» nemmeno si rende conto che ha interrotto una conversazione. «Stavate litigando come sempre?»

Ana ne approfitta per scappare e io la guardo andare impotente, senza poter fare nulla per fermarla. Lascio andare un doloroso sospiro e mi accorgo che Roman mi sta osservando.

«Le hai detto che mi hai chiesto di controllarla?» sbotto, nervoso. Dio, Roman lo ucciderei certe volte. Non si rende conto che dovrebbe imparare a tenere la bocca chiusa.

«Ehm... si, te l'ha detto?» un sorriso imbarazzato si è formato sulle sue labbra.

«Sei un maledetto idiota!»

Per tutto il resto della giornata Ana mi ignora e fa dei giochi da tavola con le sue amiche, alcune volte la vedo messaggiare e odio che possa farlo con Victor. Ma non sono nessuno per impedirglielo, dannazione.

Quando lei decide di andarsene, dopo qualche minuto ne approfitto per dire la stessa cosa e la raggiungo a casa.

Per Ana

Se non vuoi che mi arrampichi ancora, vieni ad aprirmi.

Aspetto qualche minuto prima di vederla apparire alla finestra.

«Che vuoi?»

«Aprimi!» alzo la voce.

«Se sei venuto a chiarire è tutto chiaro!»

«Aprimi!» ripeto innervosito. La sento sbuffare forte e poi si allontana dalla finestra per venirmi ad aprire. Entro in casa senza chiedere la sua approvazione, le stringo la mano e la trascino in camera sua, anche se lei blatera qualcosa contro di me. Chiudo la porta e adesso finalmente ce l'ho davanti, ora posso guardarla in faccia e chiarire. Non ho fatto che desiderare questo momento per tutto il giorno.

«Che cosa vuoi, Santiago? Ora sono davanti a te, parla, così poi posso mandarti a casa che sono davvero molto stanca!»

«perché non me l'hai detto stamattina? E adesso sembra che tu sia arrabbiata!»

«Perché stavi male, la tua fidanzata ti aveva appena tradito, non era il momento. E in ogni caso non sono arrabbiata, finalmente ho solo capito per quale motivo tu ti sei avvicinato a me!»

Scuoto la testa per dire no e mi avvicino, il suo profumo ancora una volta mi offusca la mente, la deve smettere di farmi questo effetto.

«Non ti sono stato vicino per questo!» sbotto, la spalmo al muro e glielo dico ad un centimetro dal viso. I suoi occhi che guardano le mie labbra mi dichiarano apertamente che anche lei, come me, mi vuole.

«non fa niente, Santiago, va bene così!»

«Non va bene per niente!» alzo il tono di voce. «Non mi va proprio bene che tu pensi che io ti sia stato vicino perché me l'ha chiesto Roman. Cioè, all'inizio si, è stato per quello, ma poi...»

Sì morde forte le labbra e desidero farlo io.

Non ce la faccio più, la voglio troppo.

«Poi?» mi incalza.

«Poi ho capito quanto sono stato imbecille, quanto sono stato superficiale, quanto in questi anni hanno prevalso i pregiudizi verso di te ma non mi sono mai preso il tempo di conoscerti!»

«Ti stai scusando?» si diverte a prendersi gioco di me.

«Sì!» confermo e lei mi guarda con tanto di occhi, sospirandomi in viso.

«Sono stato un coglione, il coglione dei coglioni! Non ho capito nulla, ho pensato di sapere tutto di te senza sapere niente!» appoggio la fronte alla sua e i suoi occhi mi inghiottono al punto da non riuscire a capire più nulla. Vorrei solo baciarla, ma non posso farlo.

«Lo sei stato!» confessa sulle mie labbra. «Ma non sono arrabbiata con te, davvero.»

Le sue mani finiscono sul mio viso e il suo respiro diventa un tutt'uno con il mio.

«Ana...» mormoro il suo nome, incapace di dire altro. Perché è diventato così difficile. È tutto troppo difficile.

«Santiago, quando la smetterai di parlare e mi bacerai?» mi chiede chiaramente.

«Sai che io non posso farlo! Ho fatto una promessa» fa un piccolo sorriso, uno di quelli che paradossalmente la rende più bella. Come può essere ogni volta che la guardo più bella non lo so.

«Ho una voglia matta di fare l'amore con te. Non voglio fingere che non sia così...» mi confessa a fior di labbra. «Ma se tu non mi baci non possiamo cominciare...»

Mi dice palesemente che vuole fare l'amore con me. Non sesso, l'amore. E voglio farlo anch'io. La voglio anch'io.

«Dio, Ana, io non posso...» invece dico. Lo faccio per lei.
«Perché non capisci?»

«E cosa dovrei capire?»

«Non posso farti questo...» Ana mi guarda incredula, è probabile che non capisca i miei motivi. Sicuramente pensava che mi sarei lasciato andare, ma non glielo posso fare.

«Cosa è che non puoi fare!?»

Adesso mi sta accarezzando i fianchi, mi sta stringendo la maglietta ed è come se aspettasse solo un mio segno per togliermela.

«Se non avessi scoperto del tradimento di Nieves, io sarei ancora da lei. Secondo te è giusto che io adesso mi lasci andare con te?»

Ana mi guarda, ci pensa, ma continua a stringermi la maglietta e anzi adesso ha preso ad accarezzarmi la pelle scoperta. Sono eccitato e sono frustrato perché adesso la sbatterei sul suo dannato letto, sono esausto perché voglio essere dentro di lei più di quanto abbia mai voluto qualcosa.

Ma tengo troppo a lei per farlo.

Non posso essere egoista.

«E quando lo capirai che a me non frega nulla e che devi smettere di pensare troppo?»

Mi spiazza perché non mi aspettavo che dopo quello che le ho detto, lei mi avrebbe risposto che non le frega niente.

«Mi vuoi?» chiede ancora.

Non sa quanto.

La voglio tremendamente. E questa cosa mi fa una paura terribile perché non credevo si potesse volere tanto qualcuno.

«Io...» non glielo dico, cerco ancora di frenare l'impeto, il desiderio di avere ogni cosa di lei.

«Si o no?» mi incalza ancora. Le sue labbra sfiorano le mie.

«Io ti voglio, si, ti voglio!»

Ana sembra rincuorata, quasi non se lo aspettasse. Mi fa capire che lei non si rende conto dell'effetto che ha su di me.

«Ma...»

Mi tappa la bocca con due dita e mi silenzia, i suoi occhi non mi lasciano mai, mi fa sentire tutto il desiderio che prova per me.

«Ci stai ragionando troppo...» sfiora le mie labbra come se mi stesse incitando a baciarla e lì sotto ho già un'erezione che non riesco a frenare.

«Tu troppo poco!» le ribadisco sulla bocca sentendo già il suo sapore che mi fa andare in escandescenza.

«Non mi bacerai nemmeno questa volta?»

Sembra più una supplica, e io davvero ho resistito fin troppo. Ho ragionato fin troppo.

Ma adesso faccio quello che voglio, la stringo dai fianchi e mi avvento sulla sua bocca. La trascino a letto e mi spalmo su di lei. Geme quando le sfioro il seno con la bocca, ma adesso la voglio tutta non mi accontento più e quindi la spoglio. Il suo seno piccolo è in bella vista e lo lecco, mi prendo tutto il tempo per farla sentire desiderata, amata.

Le faccio togliere i pantaloni e le tolgo gli slip, la lecco li dove sente il piacere più forte e lei mi stringe i capelli.

«Santiago...» dice quando si lascia andare al primo orgasmo, ma è solo il primo della serata. Ana non ha capito che non la lascerò stare per tutta la notte perché sono troppi giorni che la desidero, troppo tempo che la voglio.

«Santiago... ti voglio dentro me, adesso!» mi supplica, ma non c'è bisogno di farlo perché io non aspetto altro.

Mi tolgo i jeans e prendo un profilattico dal portafogli. Lei mi guarda con speranza, con ansia, forse ha paura che ci ripensi anche stavolta. Ma non succederà.

Quando sono pronto per lei, Ana mi accoglie dentro di sé e me la prendo con comodo, stare dentro di lei è l'emozione più incredibile del mondo. Qualcosa che non potevo mai aspettarmi di provare. Mi stringe le spalle quando sente il bisogno che io aumenti le spinte e lo faccio, spingo più forte. I gemiti di Ana sono forti, agitati, si muove e mi incita a spingere ancora di più. Mi prendo ogni cosa di lei in questa notte, e Ana si prende me.

Si prende tutto di me e non lo riavrò più indietro.

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