Did you know...

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« Si può fare! »

Era ciò che Padma aveva strepitato gaia, nel tunnel segreto, di ritorno dalla spedizione alla Stamberga; la sua voce era rimbombata in modo sinistro per il cunicolo e Anthony si era ritrovato a pregarla di moderare il tono, prima che qualcuno dall'altra parte potesse sentirli.

Che poi, meditò il Corvonero, non era nemmeno sicuro che fosse possibile rimediare ai danni causati dalla trascuratezza e dal tempo, che avevano ridotto la casa a poco più di un rudere.
Sì, non gli era caduta in testa dopo due secondi che ci camminavano dentro, ma ciò non voleva dire che sarebbe stata una passeggiata riportarla – almeno internamente – a quello che doveva essere il suo antico splendore.
Non sarebbe bastato un semplice Reparo ad aggiustare le assi spezzate del pavimento in quella stanza che doveva essere il soggiorno, o a rendere le scale agibili, o a chiudere il buco nel tetto senza che nessuno, guardandola da fuori, notasse il cambiamento. Per non parlare della difficoltà con cui avrebbero dovuto scaldarla e insonorizzarla, dal momento che nessuno a scuola gli aveva insegnato a entrare di nascosto in una casa abbandonata e sfruttarla per una festa illegittima. Non sapeva nemmeno quanto fosse possibile reperire le informazioni in qualche polveroso libro della biblioteca e, anche se così fosse stato, non aveva idea di come ricercarle.

Sì, insomma, Anthony non avrebbe messo nemmeno un'unghia sul fuoco sulla riuscita di quel piano.





Domani.

La sua pelle era tornata rosea come prima di bere quella robaccia, e l'indomani sarebbe stata dimessa. Hermione era raggiante.

Sarebbe tornata nel suo amato letto, circondata dai suoi compagni di casa, e avrebbe potuto ricominciare a frequentare le lezioni come una persona qualunque.
Le feste erano state, finalmente, messe al bando e i professori si assicuravano che nessuno sgattaiolasse in giro per il castello a mezzanotte – e questo non poteva non renderla più fiduciosa e tranquilla.

Mancava poco, meno di ventiquattro ore, e avrebbe finalmente abbandonato l'infermeria. E, soprattutto, le liti con Malfoy sarebbero terminate – o quantomeno circoscritte alle ore di castigo o durante le ronde.

Dopo quasi una settimana passata a sentirlo lagnarsi per delle fantomatiche malattie mai sentite – che a quel punto si augurava con tutto il cuore di avergli trasmesso – fare battutine casuali su un conto alla rovescia rigurdante il suo stato sentimentale e udire il suono della sua irritante voce melliflua, sentiva di volergli tirare un altro schiaffo – proprio come al terzo anno. L'unica pecca consisteva nella simpatica punizione inflitta da Piton, che li vedeva gomito a gomito a spolverare vecchi trofei.

Avrebbe faticato a non ammazzarlo, lo sapeva benissimo.

« Guai a te se, una volta usciti, ti avvicini a me. »

Sempre che non lo facesse prima.

« Ho già quella psicopatica di Pansy alle calcagna, manchi solo tu. » brontolò Draco.

Hermione sbuffò sonoramente e si domandò se non fosse possibile firmare un documento che le consentisse di andarsene seduta stante.

« Domani mattina torneremo alle nostre routine. Per piacere, Malfoy, almeno per queste ultime ore, chiudi la bocca. »

« Non dire a me di chiudere la bocca, Granger. » replicò offeso lui dall'altra parte della tenda. « Non provarci mai più. »

« Hai intenzione di continuare per molto? Vuoi veramente continuare a litigare fino all'ultimo? » gli domandò incredula Hermione.

« Lo facciamo da sei anni e lo faremo fino a che io sarò un purosangue, una ventina di ore in più non mi spaventano. » la rimbeccò il rampollo di casa Malfoy. 

Hermione cominciò ad accarezzare l'idea di soffocarlo con un cuscino durante quell'ultima notte, e si pentì di non averci pensato prima.

« L'unica cosa che mi spaventa è la mole di germi che mi hai passato sabato scorso. »

E riecco l'argomento. La grifona cominciava a stufarsi del suo limitato repertorio di insulti, che verteva esclusivamente sulle solite voci false costruite nella sua testa: patologie mitologiche, fetore del sangue, superiorità di famiglia e, tanto per non limitarsi a fatti non supportati da prove, ricordarle che Ron Weasley l'avrebbe presto lasciata.

« Sì, proprio così. » disse lei stancamente. « Ti ho infettato, ti ho attaccato la Babbanite, una malattia terribile che ti farà perdere tutti i capelli... »

« Stai mentendo! »

« Davvero, Malfoy? Ti è mai capitato di trovarne qualcuno sul tuo cuscino, in questi giorni, quando ti svegli? »

Draco non rispose. Si toccò la testa spaventato: effettivamente, ora che ci pensava, ne scorgeva parecchi.

Hermione sorrise divertita: avrebbe vendicato ogni minuto passato su quel letto, costretta ad ascoltare le sue fesserie.

« ...Oh, e poi ti verrà la dermatite, avrai la sensazione che migliaia di minuscole formichine ti si stiano arrampicando su per il corpo... » continuò, iniziando a lavorare di fantasia.

Era strano, ma il Serpeverde giurava di sentire un continuo solleticare – particolarmente fastidioso sull'addome – che prima di allora non aveva mai avvertito. Si grattò furiosamente, e poi si sollevò la maglia per osservare ansioso la propria pelle arrossarsi: l'ultima volta che gli era capitata una cosa del genere, si era ritrovato ricoperto di bubboni verdi.

«...Ho sentito che nei casi più gravi potresti anche perdere gli arti o la punta delle dita, il che diventa tragico, dal momento che il prurito non cessa... »

Hermione ritirava tutto: nemmeno il ritorno al mondo di Pansy la psicopatica, avvenuta il pomeriggio precedente, era stato tanto esilarante. Ascoltò compiaciuta il rumore delle unghie grattare sulla pelle del ragazzo, e sospirò profondamente quando si bloccò all'improvviso e represse un singhiozzo spaventato.

« ...Sì, è una malattia molto brutta. Ma sai cosa la rende ancor più terrorizzante? Dei continui e ricorrenti incubi. Ti è mai capitato di fare brutti sogni, Malfoy? »




Dean Thomas sapeva essere distratto, era innegabile. 

O meglio: sapeva essere distratto quando qualcosa non lo toccava ma, nella tal situazione, quella cosa lo stava speronando di prepotenza.

Il suo dubbio gli era parso inizialmente una semplice preoccupazione infondata, dovuta alla gelosia e al timore di venir rimpiazzato; poi le prove avevano cominciato ad essere sempre più in bella mostra, ma, tuttavia, si era convinto di essere soltanto paranoico; infine gli era toccato riconoscere di non avere a che fare con una banale angoscia dovuta alla sua possessività, ma con una realtà solida e consolidata.

Forse avrebbe dovuto capirlo molto prima, ma essendo lui un suo amico, aveva sempre preferito illudersi di soffrire solo di un innocuo cruccio adolescenziale.

E invece no.

Il suo compagno di casa era appena diventato un rivale. Era a lezione di incantesimi con i Tassorosso, ed era seduto proprio alle sue spalle.
Lo guardava come se fosse pronto ad alzarsi e a fare una delle più memorabili sfuriate. 

Il suo nuovo nemico, Harry Potter.

In effetti era stato sciocco a illudersi che questo stesse sempre accanto alla sua fidanzata per semplice amicizia.
Era stato lento ad aprire gli occhi, ma dopo svariate volte in cui l'aveva sorpreso a fissarla, a girarle attorno e a non esitare ad offrirsi volontario per accompagnarla da qualche parte, aveva dovuto accettare quella scomoda e fastidiosa concretezza.
Ad esempio, durante la pausa pranzo, si era appartato con Ginny per mettersi d'accordo sull'ora di ritrovo in biblioteca, per cercare sui libri qualche incantesimo che permettesse ai Corvonero di dare una sistemata alla Stamberga.

Non gli era mai parso tanto lampante come allora.

Harry aveva una cotta per la sua ragazza, e il calice lasciato lì sul suo banco – tecnicamente da utilizzare solo ed esclusivamente per le esercitazioni – sembrava quasi sprecato.

Ron, accanto a Harry, stava appunto parlando della sorella minore e, sentendo il nuovo nemico affermare con sicurezza che assecondarla nel suo piano folle non fosse affatto una seccatura, bensì un piacere, sentì l'irrefrenabile impulso di sbagliare la formula di proposito.

Ed è così che "Rabbocco" divenne "Relascio".

La coppa venne scagliata con forza contro la nuca del ragazzo sopravvissuto, che si lasciò sfuggire un ululato di dolore.

« Tutto bene, là in fondo? » domandò Vitious, in piedi su una pila di tomi.

« Sì, professore, va tutto bene. » disse Harry massaggiandosi la nuca e voltandosi verso Dean con un espressione rassicurante. « Si è sicuramente trattato di una confusione tra incantesimi. »

Una confusione tra incantesimi un corno, pensò Dean.




Era una bella giornata: soleggiata, piuttosto calda, non aveva incrociato i Grifondoro, e leggera dal punto di vista scolastico.
Aveva avuto incantesimi con i Corvonero per due ore, Pozioni con i Tassorosso per una, Astronomia ancora con i corvi e, adesso, per terminare in bellezza, Divinazione.

Stava salendo le scale con tutta calma, evitando di affaticarsi troppo e sudare.

Era quasi arrivata, le mancava solo una rampa di scale quando trovò Pansy a sbarrarle il passo.

Male, molto male.

« Ciao Daphne. » la salutò lei, come se fossero amiche da una vita.

Doveva essere una trappola, pensò la bionda, perchè la ex psicopatica del suo caro amico non le avrebbe mai rivolto la parola, se non per scagliarle contro una maledizione nei suoi frequenti momenti di pazzia.

« Cosa vuoi? » domandò senza badare troppo ai convenevoli.

No, non avrebbe implorato Draco di darle una seconda possibilità, si disse nell'irritante caso in cui la mora si fosse fatta viva per chiederle questo. La mano sfiorò l'impugnatura della bacchetta, per poter essere più svelta a difendersi, se si fosse rivelato necessario.

« Ringraziarti, ovvio. » replicò Pansy con semplicità.

A Daphne tutta quella gratitudine per un'azione a lei stessa sconosciuta cominciava a dare sui nervi.

« Non so di cosa tu stia parlando. » ringhiò.

Pansy Parkinson, invece che desistere e andarsene, ridacchiò frivola, come se un ragazzo carino – magari il suo Draco – avesse fatto una battuta pessima, ma al quale si ride lo stesso solo per flirtare.

« Avanti, non c'è più bisogno di fingere. » la esortò. 

Allargò le braccia, per invitarla a guardarsi attorno.

« Siamo sole. »

Oh, sì. Era proprio quel particolare a preoccupare maggiormente Daphne: era sicura di poterla battere a duello, ma se avesse perso l'equilibrio e fosse caduta dalle scale, nessuno avrebbe potuto incastrare la ragazza quando sarebbe stata ritrovata con il collo spezzato.

« Che cosa vuoi, Parkinson? » le ridomandò, montando sempre di più su tutte le furie. 

Al diavolo le buone maniere.

« L'ho detto: voglio dirti sinceramente grazie. » replicò nuovamente la rivale, posandosi una mano sul cuore.

« Per che cosa, di grazia? » si innervosì Daphne. 

Pansy sghignazzò nuovamente. Ancora una risatina e la bionda l'avrebbe impastoiata.
Le sue dita erano ben serrate attorno alla bacchetta.

« Sciocca, non c'è bisogno di nasconderlo. »

O forse sarebbe stato meglio trasfigurarla in un ratto?

« Siamo amiche, adesso. »

La saliva che la Greengrass stava deglutendo in quel momento le andò di traverso per l'assurdità di quanto udito.

« Che accidenti stai farneticando?! » le domandò tra un colpo di tosse e un altro.

« Ma sì, Daphne, non fare finta di non apprezzarmi. »

« Io ti detesto. »

« No che non lo fai, non mi avresti aiutata. »

« Infatti non l'ho fatto. »

« È ora di seppellire l'ascia di guerra, soprattutto ora che è palese che in realtà ci piacciamo molto. »

« Sto meditando di trasformarti in una mosca. » sputò con disarmante sincerità la bionda.

Pansy la guardò con affetto, come se l'insinuazione fosse in realtà una bellissima dichiarazione d'amore.

« Sul serio, puoi smetterla adesso. » continuò. « Possiamo essere sincere l'una con l'altra. »

« Lo sono stata. E ora togliti di mezzo. » le berciò contro la bionda inferocita, cercando di aggirarla e continuare la sua camminata verso la soffitta di Divinazione.

Pansy assunse lo stesso sguardo che era più solito vedere su Luna Lovegood, tuttavia non le permise di andarsene.

« Oh, porca di una vacca, cosa c'è?! » strepitò esasperata l'altra, facendo addirittura un piccolo saltino sul posto per l'irritazione.

« Io non capisco... » cominciò Pansy. « ...perchè tu continui a comportarti come se fossimo nemiche. »

« Senti, Parkinson, io non ho la più pallida idea del perché tu ti sia messa in testa che io ti adori, o che ti abbia dato una mano a fare qualcosa, ma ti avverto: se non mi lasci andare, ti faccio tornare nei sotterranei conciata talmente male che non saprai nemmeno come ti chiami. » la minacciò la bionda, ormai fuori dai gangheri.

Pansy boccheggiò spiazzata. Era sicura di non aver frainteso: dopotutto i Serpeverde erano noti per l'astuzia, e quale migliore strategia di fingere astio, se non usando la psicologia inversa? Le ragazze la usavano dall'alba dei tempi e, fino a che non la si adoperava sui ragazzi, tutto andava sempre per il meglio. E così si intestardì.

« Daphne, ti prego, ascoltami. » la supplicò. 

La bionda, che per precauzione aveva già estratto la bacchetta, la guardò in silenzio.

« Sentiamo la stronzata. » la esortò sbuffando.

« Smettiamola di fingere il contrario: io e te non ci odiamo più come una volta... » e qui Daphne rise ironicamente, « ...tu mi hai voluto aiutare e, anche se non è andata come speravo, te ne sono comunque grata. Ho parlato con il mio Draco... » continuò Pansy, sospirando profondamente.

A quel punto Daphne cominciò a capire: forse, finalmente, Pansy dopo l'ennesima lite con Malfoy, aveva compreso che la loro relazione amorosa apparteneva al passato.

Avrebbe riscosso i ringraziamenti anche dal biondo, non appena fosse uscito dall'infermeria – e se costui avesse fatto finta di non saperne niente, lo avrebbe rispedito da Madama Chips con un occhio in più.

« ...è il solito testardo orgoglioso. Non riceverai alcun grazie da lui quando ritorneremo insieme, nemmeno quando ci sposeremo; ma non preoccuparti: chiamerò la mia primogenita Daphne, proprio come te, non sei felice? »

Era troppo.

La bionda Greengrass aveva sopportato abbastanza. A innervosirla maggiormente era la consapevolezza di non poterla schiantare e andarsene – provando una fitta di invidia per Malfoy, che si era potuto permettere di abbandonarla senza sensi in un corridoio e passarla liscia – dovendo quindi ripiegare su un'altra fattura.

Fu svelta, proprio come l'amico, a puntarle contro la bacchetta.

« Confundus. »

E scappò.




Hermione Granger aveva appena vinto una discussione con Draco Malfoy. Un evento più unico che raro, che dubitava di poter rivivere in un prossimo futuro.

Ora era convinto di avere la Babbanite, che lei stessa gli aveva trasmesso; temeva di diventare calvo, di scorticarsi prima di perdere le dita e, sempre per quella assurda storiella del parente alla lontana che aveva avuto troppo a che fare con una nata babbana, di avere i mesi contati. Diciamo che Hermione gli aveva appena creato un piccolo trauma emotivo.

Il giovane ereditiere aveva impiegato una mezz'ora buona per decidersi se chiamare d'urgenza Madama Chips o se invece tacere fino a quando la situazione non sarebbe divenuta insostenibile.

La perdita dei capelli, il prurito, gli incubi (dove puntualmente faceva la sua terrificante comparsa la Granger). Gli mancava solo la perdita di pezzi del proprio corpo. La morte sarebbe sopraggiunta presto, dal momento che già manifestata quasi tutti i sintomi.

Tuttavia, non essendo un completo idiota – come un Grifondoro o un Tassorosso, pensò Draco – preferì tacere e documentarsi, prima di mettersi a dare l'allarme. Non era certo disposto a fare la figura dell'imbecille davanti a tutti gli altri malati.




« Sai, penso sia meglio finirla qui. » disse con il massimo della serietà e con il tono freddo con cui una segretaria informerebbe il capo dell'orario.

« Bene. »

« No, no, così non va bene. » si lamentò Ron. « Troppo distaccato. »

Harry si lasciò cadere pesantemente su una delle poltrone sfondate della sala comune.

« Sì, hai ragione. » concordò Potter, che iniziava ad essere stanco di quella situazione. 

Ora come ora non vedeva l'ora che l'amico rompesse con la caposcuola solo per non doverlo più ascoltare mentre si dispiaceva.

« Hermione, siamo stati tante cose: nemici, amici, e infine fidanzati. Come ben sai il tempo cambia un po' tutti... no, così è troppo lungo. » disse esasperato il "re".

« Sì, troppo lungo. » ripeté a pappagallo Harry.

« Perchè deve essere tutto così difficile? »

Il migliore amico, che stava fissando il camino, gli lanciò un'occhiata da dietro gli occhiali tondi: perlomeno Hermione non era scoppiata a piangere durante il loro primo appuntamento ripensando a quando usciva ancora con Viktor Krum, né tanto meno aveva pomiciato davanti ai suoi occhi in tutta tranquillità... ah, no, la seconda invece l'aveva fatta anche lei.

« Sai, ora come ora sono sempre più convinto che non avrei dovuto baciarla quel pomeriggio. »

La loro storia era iniziata cinque mesi prima in camera di Ron, quando lui, dopo una tranquilla discussione sulla loro lunga amicizia mutata in un impacciato scambio di confessioni di sentimenti, si era piegato verso di lei e l'aveva baciata. Era tutto meraviglioso all'inizio: lui nutriva qualcosa per lei da tempo, e lei anche.

C'era stato un primo periodo dove le liti non esistevano, dove Hermione cercava di tenere a freno le sue manie di controllo e Ronald la manteneva lontana da tutto ciò che avrebbe potuto farla imbestialire – come ad esempio la famosa festa in cui era stata mandata KO da un sonnifero versato nel succo di zucca.

« No, ora come ora lo penso anch'io. » concordò Harry candidamente, ignorando il fatto che l'amico cercasse in realtà un conforto, e non un'amara verità.

Ron, ripensando a quei giorni felici, sentì una fitta di malinconia al petto, accentuata dalla consapevolezza di non poter tornare indietro.

Nessuno dei due ragazzi si accorse dell'arrivo di Seamus Finnigan con la peggiore compagnia che qualcuno non entusiasta di rendere pubblici i propri affari potresse mai desiderare: Calì Patil e Lavanda Brown.

Che poi non era nemmeno chiaro che ci facessero quei tre insieme.

« Probabilmente sono il secondo peggior Grifondoro che cammini per i corridoi dopo Neville, ma ho paura. » disse Ron sospirando. 

Lavanda si mise in ascolto.

« Come ho già detto, so perfettamente che Hermione ormai è matura e che mi capirà. Temo solo il momento in cui dovrò darle spiegazioni e salterà ancora fuori, perché accadrà, la storia della festa. »

Adesso anche Calì stava origliando quello che sembrava essere il segreto più succulento della settimana. Il povero Seamus si ritrovò a parlare da solo a sua insaputa.

« Non riesci proprio a fartelo andare giù, vero? »

Ron negò con il capo.


« Secondo te parlano di lei e Malfoy? » domandò sottovoce Lavanda.

A quel puntò fu impossibile, per Finnigan, non accorgersi che le due compagne a malapena si ricordassero della sua presenza.

« Ehi, ma... »

« Shhh! » lo zittirono le due pettegole portandosi un dito sulle labbra.

« Ron ed Harry stanno parlando di Hermione e Malfoy. » spiegò Calì con impazienza. 

Allettato da un argomento così scottante – rimasto sulla bocca di tutti fino ad un paio di giorni prima, e tramutato nei più assurdi scenari che il genere umano avrebbe mai potuto elaborare – anche Seamus si mise in ascolto, curioso di venir a conoscenza di particolari inediti.


Harry si spostò sulla poltrona per potersi avvicinare un po' di più all'amico e poggiargli una mano sulla spalla con fare consolatorio.

« Lo so, ci siamo rimasti male tutti, ma avremmo dovuto prevederlo: voglio dire, hai sempre saputo cosa ne pensa. »

« Sì, ma speravo che almeno questa volta avrebbe evitato di renderlo palese a tutti. » rispose sconsolato Ron.


Lavanda e Calì sgranarono gli occhi e ruotarono il capo lentamente l'una verso l'altra, per assicurarsi che quanto appena compreso non fosse un malinteso.

« Cosa? » domandò il ragazzo, che al contrario delle due non aveva colto un bel niente.

« Si amano. »

« Eh? Chi? »

« Hermione e Malfoy. »

Seamus spalancò la bocca per lo stupore.

« Non è possibile. »

« È quello che hanno appena detto. »


Il "re" e colui-che-non-era-morto rimasero in silenzio, contemplando le fiamme scoppiettare, entrambi con un umore che avrebbe buttato giù anche Luna Lovegood.

« Abbiamo provato a far finta di niente, ma hai visto com'è andata: siamo finiti a litigare. Lei che non riusciva a lasciarsi andare, ed io che tentavo di distrarla o di farle cambiare idea. »

Harry annuì cupamente.


« No, aspettate: Draco e Hermione si amavano già da un po' e Ron, nonostante lo sapesse, ha deciso comunque di fidanzarsi con lei. Voi lo sapevate? » ripeté Calì scioccata. 

Tutti negarono.

« Mi spiace, Calì, Hermione te l'ha portato via. » si dispiacque Lavanda, passandole una mano tra i capelli neri per coccolarla.

I tre Grifondoro fissarono i due ragazzi davanti al camino, in attesa di nuovi aggiornamenti.


« E poi questa storia della pozione... è stato solo il colpo finale. » disse Ron.

Si sentì uno stupido ad aver voluto intavolare una relazione con la caposcuola; erano amici da una vita e sarebbero dovuti rimaner tali.


« Ma scusate un attimo: se già erano innamorati, perchè mai bere un filtro d'amore? » domandò Seamus confuso, che aveva intuito che qualcosa non quadrava.

« Ma è ovvio, no? » replicò con impazienza Calì. 

Davanti all'espressione cocciuta del ragazzo sbuffò.

« Ma insomma, ti dobbiamo spiegare tutto? È ovvio che la pozione sia stata tutta in diversivo finito in tragedia! L'hanno bevuta per potersi amare sotto la luce del giorno e farla franca. » parafrasò la Patil.

« Che cosa romantica. » sospirò sognante Lavanda.


« Siamo arrivati ad un capolinea, Harry, dobbiamo lasciarci. »

« Magari, se chiudessi un occhio riguardo a ciò che ti ha detto e riguardo a... Seamus? Che ci fai lì con... Lavanda e Calì?! »

Beccati.

Harry si era semplicemente piegato per allacciarsi un scarpa e con la coda dell'occhio aveva visto i tre impiccioni appollaiati attorno ad un tavolo e con gli occhi fuori dalle orbite.

« Ciao, Harry! » salutò il ragazzo in tutta fretta. « Ci chiedevamo... » e qui Lavanda emise un piccolo e basso strillo, terrorizzata che l'amico volesse informarsi personalmente su quanto appena udito, « ...dove fosse Dean. Non è che è passato di qui? »

Domanda pessima, soprattutto considerando a chi fosse appena stata posta.

« No. » replicò Harry.

« Oh, non fa niente, lo cercheremo. Andiamo ragazze? » e i tre si defilarono, chiedendo con urgenza il permesso alla Signora Grassa; una volta essersi tirati fuori nel corridoio era bastato un solo sguardo generale, prima di mettersi a correre a perdifiato in tre direzioni diverse, per raccontare a tutti le nuove novità.


Il cacciatore e il portiere di Grifondoro osservarono i tre compagni fuggire a gambe levate.

« Un po' strani, non trovi? » domandò Harry. « Di cosa stavamo parlando? »

« Dei pareri di Hermione riguardo la festa. »

« Ah, sì, giusto. Beh, magari se chiudessi un occhio sulle sue manie di controllo e se lei si desse una calmata, il vostro rapporto potrebbe migliorare. » suggerì Harry, che di liti e situazioni scomode ne aveva avuto abbastanza. 


***

Coucou! C'est moi :)

Questo capitolo è l'ultimo di questa lunghezza. Infatti, dal prossimo, le parole inizieranno ad essere molte di più (mooooolte di più). Vi chiedo di avere pazienza, e di non schiantarmi se ci sto mettendo così tanto ad arrivare al nocciolo della situazione. Per farmi perdonare vi posso dire che riguarda la pozione oscura ;) 

Tra un paio di capitoli capirete, non preoccupatevi. 

Per quanto riguarda questo, che ne pensate? Vi scoccia che io debba sempre essere così lunga? Scusatemii ahahaha è un vizio. 

Al prossimo capitolo, 
Lily :*

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