Hogwarts is under attack

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Daphne si guardò attorno con l'espressione di un topolino spaventato. Notò la bacchetta abbandonata sul suo comodino e si precipitò ad afferrarla per difendersi.

« No, aspetta! » la pregò Pansy, fiondandosi all'interno della stanza e richiudendo dietro di sé la porta. « Voglio solo parlare. »

Oh, era proprio quello il problema. 

Daphne non aveva la più pallida idea di che razza di follia avrebbe dovuto udire.

« Che cosa vuoi? » domandò di pessimo umore.

Teneva d'occhio l'ingresso, terrorizzata dall'idea che qualcun altro potesse entrare e vederla in quello stato.

Pansy aveva un'espressione devastata e le braccia tenute piegate all'altezza del petto in modo avvilito, come se fosse lì lì per comunicare qualcosa di straziante.

« Volevo ringraziarti ancora, sebbene sia stato tutto inutile. » riprese Pansy.

Nella mente della bionda trasandata c'erano così tante domande che nemmeno con tutto l'impegno del mondo sarebbe riuscita a metterle in ordine di priorità.
Grazie per cosa, per l'amor del cielo? Cosa era stato inutile? Che voleva Pansy da lei? Perché non l'aveva ancora schiantata? 

Rimase immobile a fissarla, sentendosi particolarmente a disagio. Malessere che aumentò ulteriormente davanti ai singhiozzi della ragazza, che non fece nulla per celarli o mascherarli.

« Hem hem... » si schiarì la gola Daphne, visibilmente incomoda. « Parkinson? Potresti, di grazia, piantarla? »

Pansy si asciugò una lacrima cercando di darsi un contegno.

« Scusami. » sussurrò voltando il capo per non farsi vedere in viso.

La Greengrass si domandò se non ci fosse stato un errore, sei anni addietro, e se non fosse stato più opportuno spedire Pansy tra i Tassorosso: stupida, piagnona, non esattamente furba. L'unica peculiarità che la legava alla nobile casa verde-argento era il sangue puro.

« Ho fallito sin dall'inizio, me ne rendo conto solo ora. » gemette la mora. « Sono stata così cieca. »

Si diresse verso il suo letto a baldacchino, dove si lasciò cadere teatralmente. Daphne non la perse di vista nemmeno per un instante.

« Così sciocca. » ululò di disperazione.

« Cosa? » domandò infastidita la bionda. « Vuoi sputare il rospo o hai solo intenzione di turbare la mia serata rigenerante? »

Pansy scoppiò a piangere ancora più sonoramente.

« Ecco, ho rovinato anche questo. Sono un disastro: prima la mia relazione, poi la mia reputazione, e infine la nostra amicizia. »

« La nostra amicizia?! Non è mai esistita! » le fece notare Daphne collerica.

Ora aveva finalmente trovato l'ordine esatto delle priorità e in cima alla lista dei grandi quesiti nella sua testa c'era: "perchè cavolo non l'ho ancora schiantata?".

« Sì, sì, certo, non esiste. » concordò senza convinzione Pansy, in una modalità che Daphne interpretò senza difficoltà come uno stratagemma per zittirla.

Prima ancora che lei potesse mettersi a urlare – senza alzare per davvero la voce, però; non voleva che qualcuno accorresse e la sorprendesse così conciata – la mora ricominciò a piagnucolare rotolandosi sulla trapunta.

« Il mio Draco. Il mio ricchissimo, aristocratico, di famiglia pura Draco. » vagì lei.

« Hem hem. »

« Dove ho sbagliato? L'ho amato tanto, gli ho donato tutta me stessa, e lui è così che mi ripaga... »

« Hem hem. »

« ...Tradendomi con una sangue marcio. » ululò affranta.

« Ma quando mai? »

« E adesso lei è anche incinta! » concluse battendo i pugni sul materasso per enfatizzare il suo dolore.

« Ma sono tutte balle! » le strepitò contro Daphne.

Punto uno: Draco aveva un pedigree di tutto rispetto che perdurava da secoli, figurarsi se adesso lo lanciava al vento per una come la Granger.

Punto due: di dicerie che non stavano né in cielo, né in terra, Daphne ne aveva le pluffe piene. Com'era possibile che tutta Hogwarts abboccasse a simili scemenze con così tanta facilità? Beh, evidentemente la scuola doveva avere una maggioranza Tassorosso, si disse lei.

« Ah sì? » domandò Pansy interrompendo il suo addolorato pianto all'istante.

« Ti pare che Malfoy si faccia inquinare di proposito? » le replicò stizzita la bionda. « Santo cielo, Parkinson, tu sei in assoluto la più stupida in questa casa. »

Pansy ridacchiò in modo infantile prima, poi scoppiò a ridere istericamente, facendo stringere con forza alla Greengrass la bacchetta.

« La Granger non è incinta! » rise fragorosamente. « Quindi Draco non mi ha mai tradita. » si rialzò in un balzo e si passò un braccio sul viso per asciugare i residui di lacrime.

Trotterellò tutta felice verso la porta blaterando tra sé e sé dei collegamenti che Daphne non udì.

« Grazie, sapevo di poter contare sul tuo supporto. » esclamò sull'uscio scoccandole un bacio volante, ed uscì alla ricerca di Millicent Bulstrode per raccontarle quella strabiliante rivelazione.

Per un attimo, uno estremamente breve, Daphne si domandò se non fosse stata una pessima idea raccontarle la verità, ma dopo aver pensato che, se solo l'avesse lasciata triste nella sua ignoranza se la sarebbe ritrovata lei sul groppone per chissà quanto, decretò di aver fatto la cosa più giusta.

Tanto Malfoy sopportava le sue ossessioni da ormai due anni, uno in più non l'avrebbe certo mandato al manicomio.







Le due case erano disposte l'una di fronte all'altra nell'aula di incantesimi e si guardavano in cagnesco.

La fazione rosso-oro lanciava frequenti occhiatacce dall'altra parte della stanza, e quella verde-argento teneva il naso all'insù con fare superbo.

Risulterebbe riduttivo affermare che almeno la metà dei presenti provasse il forte desiderio di mettere in pratica l'ultima lezione di Difesa Contro le Arti Oscure sui rivali, dal momento che quella fosse una voglia ampiamente diffusa.
A dividerli c'era solo il minuscolo professor Vitious – che, se solo qualcuno avesse dato i numeri e avesse deciso di passare dalle parole ai fatti, si sarebbe ritrovato a terra in un batter d'occhio.

Da un occhio esterno, però, risultava lampante la stranezza che aveva colpito alcuni studenti a lezione.

Tanto per dirne una, Harry Potter si era beccato un'altra botta in testa da Dean Thomas e la sua improvvisa sbadataggine.

Ma no, quelli fuori dalla normalità non erano loro. Non era nemmeno Neville Paciock con un libro intitolato "conquistala con il tuo calderone" che gli usciva dalla borsa, e nemmeno Calì Patil sospirare abbattuta ad ogni pacca consolatoria di Lavanda Brown. Persino la notevole distanza tra Tiger e Goyle e Malfoy non risultava una curiosità degna di particolare attenzione.

Quelli con un comportamento decisamente bizzarro erano, soprattutto, localizzati in una precisa area verde della classe – fatta eccezione per Hermione, unica Grifondoro ad adottare un atteggiamento inusuale.

Theodore Nott, Blaise Zabini e Daphne Greengrass erano estremamente a disagio. Avrebbero ben volentieri barattato il tutto con una morte lenta e dolorosa.

Come prima cosa, erano ancora tutti in un profondo trauma emotivo dopo aver constatato che, la sera precedente, Draco non avesse strangolato la Granger, ancora viva e vegeta. Anzi, il biondo aveva pure avuto il coraggio di dire che non fosse andata così male quanto previsto – difatti, oltre a scambi di battibecchi, tra i due non c'era stato nient'altro.

Hermione e Malfoy chiusi in una stanza da soli per un'ora intera, senza ammazzarsi e senza scannarsi: una notizia succulenta che aveva avvalorato la teoria che i due si frequentassero da tempo.

Calì sospirò rumorosamente un'altra volta.

« Via, via... l'ha visto prima lei. » le disse Lavanda accarezzandole i capelli.

Theodore, poi, ebbe un piccolo mancamento quando notò l'amico fissare con insistenza le gambe velate dalla calzamaglia della caposcuola, che camminava davanti a loro alla ricerca di un posto il più vicino possibile al professore. Azione fermamente smentita dal biondo, che spergiurò di essere semplicemente con la testa altrove.

Ma insomma, Malfoy e la Granger erano sopravvissuti – in un modo o nell'altro – e questo non era un particolare affatto trascurabile.

Il malessere di Nott era però causato soprattutto da un'altra novità ben peggiore: Pansy era tornata – di nuovo – alla carica, e si era comodamente seduta ad un paio di sedie più in là. Non perdeva di vista nessuno della combriccola, osservando innamorata Malfoy agitare la bacchetta (e trattenersi dal puntargliela contro), Blaise guardarla perplesso, Theo asciugarsi in continuazione la fronte sudata, e Daphne digrignare i denti in collera. A quest'ultima si premurò di riservare un saluto caloroso agitando convulsamente la mano.

Draco, tra i quattro, era in assoluto quello con i nervi più a fior di pelle.

Aveva la testa tra le nuvole e, anche solo trovare la concentrazione per effettuare il movimento giusto per la buona riuscita dell'incantesimo, era un'impresa titanica.

Innanzitutto lo sguardo fisso della sua ex ragazza lo deconcentrava. Avrebbe voluto poterla schiantare ancora.

E, come seconda cosa, si era sorpreso fin troppe volte a lanciare occhiate alla sua giurata nemica così odiosamente saccente, che da quando erano entrati aveva fatto saettare la mano verso l'alto un qualcosa come sette volte.

A turbarlo il recente sogno in cui lui e la Granger si ritrovarono ad intrattenersi in chiacchiere del tutto pacifiche; dei momenti che Draco avrebbe preferito non raccontare mai a nessuno – già si immaginava i suoi poveri amici trasportati in tutta fretta al San Mungo con un principio di infarto in corso.

« Ascolta, non vorrei impensierirti più di quel che già sei, ma non ti toglie gli occhi di dosso. » gli disse Theo costernato.

Draco sollevò d'istinto lo sguardo verso la caposcuola Grifondoro, che invece stava più semplicemente rispiegando per l'ennesima volta il modo più corretto per eseguire l'incantesimo a quel tonto di Weasley. Per un attimo aveva creduto stesse parlando di lei.

Allora, arricciando le labbra in una smorfia irritata, si voltò a guardare Pansy, con le dita incrociate sotto al mento e un'espressione sognante in viso.
Millicent Bulstrode, che stava avendo problemi anche lei con la lezione, tentò di richiamarla picchiandole le dita grassottelle su una spalla; Pansy la scacciò malamente, senza tuttavia togliersi dal viso l'aria innamorata che stava rivolgendo all'ex ragazzo.

« La preferivo sull'orlo del suicidio. » si espresse Malfoy.

Daphne, perfettamente consapevole di aver causato lei quel ritorno alla carica, preferì non aprire bocca.

« Nemmeno un Avada Kedavra ben piazzato le impedirebbe di seguirti ovunque tu vada. » commentò Blaise.

Già, pensò lugubre il rampollo di casa Malfoy tornando ad agitare la bacchetta, forse nemmeno l'omicidio l'avrebbe liberato dal suo problema.

I suoi occhi cercarono di nuovo la Grifondoro, giusto per controllare velocemente che fosse ancora tutto come prima; incrociarono quelli scuri della ragazza, prima di riposarsi sulle sue mani pallide.

Quando Draco risollevò lo sguardo per essere sicuro di aver visto bene, la Granger aveva già intavolato un'altra conversazione con Harry Potter.







Niente da fare.

Terry Steeval, Padma Patil e Anthony Goldstein avevano passato in rassegna ogni genere di libro sul bricolage presente nella zona accessibile a tutti della biblioteca.

Ora erano parecchio ferrati in materia; sapevano come far risplendere un vecchio pavimento di terracotta senza l'ausilio del Gratta e Netta, rendere i vecchi souvenir brillanti come appena lucidati, far in modo che le piante da interni non rimangano senz'acqua, e evitare che gli antiquati mobili della nonna vengano intaccati dai tarli, ma di come trasformare una catapecchia in una discoteca ne sapevano quanto prima.

Beh, quantomeno se dopo i M.A.G.O. avessero faticato a trovare impiego, avrebbero pur sempre potuto metter su un'impresa di restauri, aveva ironizzato Terry.
Una prospettiva che non aveva affatto rallegrato Padma Patil, che aveva preso a cuore quella folle idea di spostare la festa all'esterno di Hogwarts.

Si erano impegnati molto, erano riusciti ad evitare che la cara Hermione gli mettesse le uova nel paniere e nessuno, al di fuori dei pochi eletti, era a conoscenza di ciò che bolliva in pentola. Tutti sforzi inutili, dal momento che ciò che cercavano doveva essere, a quel punto, nel reparto proibito.







La Mcgranitt era seduta composta dietro la scrivania, in attesa dell'arrivo degli ultimi prefetti e dell'ultimo caposcuola che, neanche a dirlo, appartenevano alla casata di Serpeverde.

Hannah Abbott e Padma Patil stavano chiacchierando sommessamente, badando bene a non alzare troppo la voce, per non infastidire la docente – che già non sprizzava gioia da tutti i pori.

« Mi chiedo perchè Godric non abbia cacciato via tutti i Serpeverde, non appena Salazar ha dato segni di volersene andare. » sbuffò Ron.

In effetti, pensò Hermione, in tal caso non si sarebbe mai ritrovata a saper dire con precisione che Malfoy si sarebbe presentato con un quarto d'ora di ritardo, perchè gliel'aveva confidato il suo sogno. Tra l'altro, era proprio curiosa di capire come ciò fosse possibile.

Un'innamoratissima Pansy Parkinson, alle spalle di un già infastidito Draco Malfoy, e seguita da tutti gli altri prefetti Serpeverde, fece capolino dopo quindici minuti esatti. Hermione non si scompose nemmeno più di tanto.

« Meglio tardi che mai. » commentò gelidamente la Mcgranitt.

Malfoy ebbe la decenza di non replicare, mentre i due prefetti del quinto anno – la classica inesperienza del principiante, si disse sempre il biondo – ebbero la faccia tosta di borbottare qualcosa.

« Come, prego? » li spronò a ripetere l'insegnante.

I due rimasero zitti, salvando in extremis i punti di tutta la casa. Pansy guardò Draco lanciargli uno sguardo di duro rimprovero e provvide ad imitarlo.

« Dunque, se ci siamo tutti e nessuno ha osservazioni intelligenti da muovere, proporrei di metterci al lavoro. » andò avanti la Mcgranitt, non perdendo di vista i due ragazzini insolenti.

E così Hannah Abbott pescò Ronald Weasley; Prim Farley, sesto anno, Serpeverde, estrasse Ernest Mcmillan; Anthony Goldstein si ritrovò appaiato all'instabile Pansy Parkinson e, quando giunse il momento di Hermione, la ragazza si pentì amaramente di non essersi finta malata.

Draco Malfoy.

Il nome era scritto nero su bianco, a chiare lettere. Non poteva aver letto male.

« Allora? » la esortò la Mcgranitt, vedendo la studentessa esitare ad aprire bocca.

O meglio: esitare a parlare, visto che le labbra della ragazza avevano formato una comica "O".

« Dra... » la voce le uscì a fatica, e Hermione fu costretta a schiarirsi la gola per farsi coraggio. 

Il ragazzo in questione era già impallidito.

« Draco Malfoy. » ripeté chiaramente.







Harry salutò velocemente Ginny e Dean Thomas, prima di infilarsi sotto al mantello di suo padre. Aveva già perso sufficiente tempo per decidersi sul da farsi, e adesso gli rimaneva meno di un'ora.

Il quadro della Signora Grassa si aprì e, visto da occhi esterni, sembrò che questo l'avesse fatto da solo.

« Whoa! » esclamò un bambino del primo anno, che non aveva notato Harry nascondersi sotto la cappa. « Dico, amici, avete visto anche voi? »

Anche la Signora Grassa sembrò essere confusa, ma Harry continuò la sua marcia in completo silenzio. Dopotutto, nessuno doveva venire a conoscenza di ciò che stava accadendo.

Si diresse subito verso le scale con passo felpato, seguendo lo stesso schema adottato al suo primo anno, quando si era infiltrato nel reparto proibito per scoprire di più su un certo Nicholas Flamel; in quell'occasione era quasi stato sorpreso da Gazza e Piton, ma tanto valeva ritentare.

Scese di piano in piano con velocità, illudendolo che sarebbe riuscito nel suo intento.

« ...Ammettilo: te la sei cercata. »

Harry si congelò sul posto, seppur sapesse benissimo di essere invisibile.

« Affatto, i miei timori erano più che fondati. »

Due voci che aveva riconosciuto subito, ma che si rifiutava di collegare ai giusti proprietari.

Dopo un primo momento di paralisi e incredulità, Harry si ritrovò a correre in direzione di quei suoni.

« E allora come fai a essere così sicuro di non essere in punto di morte? » domandò ironicamente la voce femminile.

Harry dovette poggiarsi alla parete per evitare di cadere per un improvviso giramento di testa. Si portò la nocca dell'indice alla bocca e la morse, per evitare di mettersi a urlare.

Mai, nemmeno nei suoi incubi, Harry Potter si era ritrovato davanti ad una scena simile.

Draco Malfoy e Hermione Granger stavano parlando.

Parlando!

Non si stavano stringendo le mani alla gola, non si stavano lanciando fatture da dietro le collone, non stavano litigando.

Parlavano. E nessuno dei due sembrava avere addosso dei segni che lasciassero presagire un precedente duello.

« Perché ho cercato ovunque ogni genere di malattia che quelli della tua razza avrebbero potuto attaccarmi, e non ne ho trovata alcuna. » replicò Malfoy facendo il verso.

« Questo dimostra che "quelli della tua razza" sono degli idioti. » rispose vittoriosa Hermione.

Okay, magari non andavano proprio d'amore e d'accordo, ma era pur sempre una conversazione civile. E da loro due non ci si poteva certo aspettare abbracci e belle parole - quindi, tramutando il tutto in parametri normali, i due stavano amabilmente chiacchierando.

« Se pensarla così ti fa sentire meglio... »

Hermione si parò davanti a Draco con le braccia incrociate.

« Malfoy. »

« Granger. »

Entrambi immobili, presi da una tacita gara a chi sostiene più a lungo lo sguardo dell'altro, nemmeno stavano più pensando alla ronda in corso. Evento più unico che raro, considerando la rigidità della Grifona verso il dovere.

Che poi, ora che ci pensavano, non sapevano nemmeno come fossero giunti a quel punto: tutto era cominciato nel più completo silenzio e, dopo un primo scambio di parole, il dialogo era venuto da sé – installando in entrambi la bizzarra sensazione di averne già avuti diversi simili.

Ma poco importava, nessuno dei due sembrava curarsene – finché quell'improbabile compagnia rimaneva segreta, allora potevano anche disquisire delle proprie abitudini mattutine.

Harry stava sudando, parecchio.

Osservava i due caposcuola come se fossero stati due Schiopodi Sparacoda e improvvisamente si dimenticò del perché si trovasse lì, nel bel mezzo del corridoio, al quarto piano.

« Hai intenzione di continuare per molto, di grazia? » le domandò Draco senza sbattere le ciglia. « Perché potrei andare avanti per tutta la notte. »

« Anch'io, Malfoy. » controbatté Hermione, stringendo maggiormente le braccia al petto in modo fiero.

Fu un rumore a distrarli, un singhiozzo, per la precisione.

« Hai sentito anche tu? » chiese allarmata Hermione, estraendo fulminea la bacchetta.

Il biondo Serpeverde la imitò, e tentò di scrutare nell'oscurità il punto da cui era provenuto il singulto.

« Sembrava un lamento. »

Harry rimase immobile, nel disperato sforzo di non fare più baccano.

« Chi è là? » urlò Hermione.

« Pensi davvero che un mangiamorte sarebbe così cortese da rispondere alla tua domanda? » la derise Draco.

« Non è un mangiamorte, perché in tal caso si sarebbe già presentato chiamandoti "figlio mio". » lo rimise a posto la Grifondoro.

« Inutili dicerie prive di fondamento. » minimizzò il biondo, riponendo la bacchetta nella tasca del mantello. « Metti via quella cosa, Granger, doveva essere solo Peeves di passaggio. »

Hermione fece come suggerito.

« Sì, hai ragione. »

Harry cominciò a credere di aver fatto indigestione e che questa, per un qualche straordinario motivo, gli stesse provocando le allucinazioni.

Doveva andarsene di lì, e alla svelta. Così, lanciando un'ultima occhiata ai due ragazzi – che avevano ripreso a camminare in silenzio – fuggì.







Anthony Goldstein, ora come ora, avrebbe ben volentieri barattato il Vaiolo di Drago con il supplizio che si era ritrovato a dover subire. Non che lui e Pansy avessero comunicato molto, anzi, ma quelle poche parole gli erano state più che sufficienti.

Draco di qui, Draco di lì... la prima cosa che avrebbe fatto, a ronda terminata, sarebbe stata dare delle pacche fraterne al rampollo di casa Malfoy, in segno di compassione.

« Parkinson, per favore, potresti tenere il piacere lontano dal dovere? »

Una frase così noiosa da far sbadigliare anche lui. Avrebbe voluto mettersi a ridere, ripensando al fatto che, quando Harry svelò di essere in possesso di un mantello dell'invisibilità e di volerlo usare per andare nel reparto proibito, era stato il primo ad appoggiarlo.

Pansy sbuffò sonoramente, soffiandogli addosso abbastanza aria da fargli venire un piccolo brivido di freddo.

« Come siete monotoni, voi Corvonero. » si lagnò la ragazza. « Dei tediosi secchioni. »

Non la schiantare, non la schiantare...

Anthony, da corvo, viveva da ben sette anni con quell'etichetta cucita in fronte, e iniziava anche ad esserne stanco.

« Sì, insomma, quanti di voi hanno mai avuto una ragazza? »

Anthony fece per parlare, ma venne subito zittito dalla Serpeverde.

« Una ragazza che non sia la Weasley, perchè altrimenti dovremmo depennare un quarto degli studenti. »

Non la schiantare, non la schiant...

Pansy cascò a terra come se fosse rimbalzata contro un qualcosa di duro.

Prima ancora che Anthony potesse vagamente intuire cosa fosse appena successo, un ragazzo con gli occhiali sbucò fuori dal nulla, proprio sotto ai suoi occhi increduli.

« Harry? » domandò Anthony. « Cosa ci fai qui? Dovresti essere al quarto piano! »

« Il quarto piano... sì, giusto! » si ricordò il Grifondoro.

Pansy si rialzò dolorante, guardando sbalordita il bambino sopravvissuto spuntato fuori all'improvviso, e tentò di pulirsi le mani dalla polvere.

Anthony lanciò un'occhiata al suo orologio da polso.

« Se non sei stato in biblioteca, si può sapere che hai fatto per tutto questo tempo? Harry, era la serata ideale: non posso far finire sonniferi nel bicchiere di Gazza tutti i giorni, o qualcuno noterà la sua assenza! »

« Cosa? » si intromise la Serpeverde. « Ho capito bene? »

Giusto... nessuno dei due aveva pensato alla presenza di Pansy, che adesso li osservava con occhi eccitati – e non in senso positivo.

« Potter è a zonzo dopo il coprifuoco e Goldstein manda KO il custode?! Ecco perché non l'avevo ancora visto! » cominciò a comprendere.

Il suo tono di voce era fin troppo alto e Anthony cominciò a guardarsi attorno spaventato, temendo di vedere un professore girare l'angolo.

« Lo dirò a Piton! » strepitò entusiasta Pansy.

Ma non appena diede loro le spalle, i due alunni in preda al panico, le scagliarono contro due incantesimi diversi, che la fecero ruzzolare a terra.

Per un momento il Corvonero accarezzò l'idea di lasciarla lì e di andarsene, magari in biblioteca; un vero peccato – o una fortuna, a seconda di diverse prospettive – che di lì a quindici minuti si sarebbe dovuto ripresentare nella sala dei prefetti e la mancanza della detestata Serpeverde sarebbe saltata subito all'occhio. Forse Malfoy l'avrebbe ben ricompensato, ma di certo Piton e la Mcgranitt l'avrebbero espulso.

« Che cosa abbiamo fatto? » domandò in agitazione il Grifondoro.

Prima che il caposcuola potesse ribattere, Pansy mosse lentamente un braccio, poi piegò una gamba, dopo l'altro braccio, e infine si mise a sedere, dandogli le spalle.

« Che magnifica giornata. » disse sognante.

Si afferrò una ciocca di capelli neri e cominciò a ridacchiare allegramente.

Harry la guardò allarmato, il mantello stretto tra le dita.

« L'abbiamo stordita. » constatò Anthony.

« E adesso? Cosa ne facciamo di lei? »

Il Corvonero le si avvicinò.

« Parkinson... » la chiamò.

Le si posizionò davanti e si abbassò al suo livello per guardarla meglio in viso. La ragazza sghignazzò ancora.

« Tu sei un maschio! » e tentò di allungare una mano verso il suo viso per toccarlo.

Anthony si tirò indietro per evitare il contatto, e gettò un'occhiata preoccupata al cercatore di Grifondoro.

« Che Helena Corvonero ci assista entrambi, perchè l'abbiamo conciata per le feste. »

« Feste? Che feste? » si risvegliò la ragazza, biascicando come se fosse ubriaca.

Anthony la spinse delicatamente di nuovo contro il suolo per farla stare ferma.

« Magari con un Rinnerva si riprende. » la buttò lì Harry.

A quel punto, messi male com'erano, provare non costava nulla. Il caposcuola estrasse la bacchetta, la puntò contro la confusa Pansy Parkinson, e pronunciò chiaramente l'incantesimo; questa, invece che sbattere le palpebre e ritrovare il proprio senno, scoppiò a ridere a crepapelle.

Anthony la guardò preoccupato: e ora chi glielo spiegava ai professori?

« Siamo nei guai. » sputò Harry. « Godric, perchè ci devo sempre essere io di mezzo?! »

Pansy si incantò a guardarsi la punta delle scarpe.

« Non l'ho chiesto io di essere sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato! » andò avanti a sbraitare.

Gli ingranaggi nella testolina del Corvonero cominciarono a vorticare furiosamente.

« Mi requisiranno il mantello di mio padre, ne sono certo. E Piton... oh, chissà quale terribile punizione mi appiopperà! Appeso per i pollici, così come Gazza continua a suggerire. E la Mcgranitt non mi aiuterà certo. » pensò sempre più irritato. « Sono andato a zonzo fuori orario con un oggetto che non avrei dovuto possedere e, per di più, ho stordito un prefetto! Nemmeno se Hogwarts fosse sotto attacco riuscirei a cavarmela »

« Ne sei sicuro? »

Anthony posò gli occhi scuri sul cercatore, poi sulla ragazza confusa, e infine piegò verso l'alto gli angoli delle labbra.





Emergenza: qualcuno o qualcosa aveva attaccato un prefetto e un caposcuola.

Il prefetto, la nota a tutti Pansy Parkinson, era stato trasportata al San Mungo in forte stato confusionale, e il caposcuola, Anthony Goldestein, aveva riportato solo ferite di lievissima entità – per lo più banali escoriazioni – ma affermava di aver visto un'ombra, datasi poi alla fuga dopo un breve duello.

Lo staff de "La Gazzetta del Profeta" aveva già iniziato a sfregarsi le mani e ad assicurarsi che le sacche dei loro gufi fossero abbastanza robuste da poter reggere tutti gli zellini con cui sarebbero state colmate.

Si creò così tanto scompiglio che fu impossibile, per i professori, ricostruire con precisione gli eventi della serata e tutti gli alunni vennero evacuati in sala grande.

I docenti e i caposcuola si lanciarono in giro per i corridoi alla ricerca della "cosa" a bacchette spiegate, con l'ordine di attaccare a qualsiasi bizzarria.

Per quanto riguardava le reazioni degli studenti ordinari, invece, si andava dal semplice timore di Susan Bones al sacro terrore di Terry Steeval, dall'innocente curiosità di Dennis Canon al morboso interesse di Theodore Nott, che per un po' pensò che qualche suo parente fosse evaso di prigione – magari suo zio, che nonostante gli anni non mollava il colpo.

In tutto questo, nell'angolo dei Grifondoro, Harry Potter se ne stava stranamente seduto tranquillo su una sedia, senza tentare di intervenire e salvare la situazione come tutti si sarebbero aspettati.  

***

E rieccomi, puntuale come un orologio! (rotto, forse?) 

Ho da chiedervi un paio di consigli: 

1) questo riguarda direttamente la storia: essendo io una Serpeverde, mi ritrovo a disagio a dare voce ai Grifondoro (tranne Hermione che è una rompi, e per qualche strana ragione non ho alcun problema a descrivere persone seccanti... forse dovrei dedurne che anche io so rompere per bene le pa... pluffe!), perciò mi farebbe piacere sapere come vi sono sembrati fino ad ora. 
Se non vi sembrano adatti, vi andrebbe di lasciare un suggerimento piccolo piccolo? 

2) questo riguarda lo stile della storia. Vi spiego: ho scritto due storie che non riguardano Harry Potter, una in prima persona e il sequel in terza, con lo stesso stile che sto usando qua. A me, personalmente, piace molto di più questo, ma ho ricevuto due critiche pressoché uguali: questo saltare da un punto all'altro confonde/non si capisce di chi si parla... anche a voi sembra così? 

Ma torniamo a parlare di questo capitolo. Come vi è sembrato? Come pensate che si evolverà questa storia di Pansy al San Mungo? E il rapporto tra Draco e Hermione? 

Non faccio spoiler ;)

Al prossimo capitolo, 

Lily :*

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro