Capitolo 8: Whelve

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Whelve: Nascondere, seppellire qualcosa in profondità.

Le pagine erano tante, davvero tante. Solo che gli facevano schifo. Aziraphale prese gli ultimi fogli che era riuscito a produrre e li mise di lato, ordinatamente impilati.

Ecco cos'era quella, una bellissima pila. Fatta di pure schifezze. Aziraphale amava scrivere ma odiava ciò che scriveva. Gli sembrava di non essere in grado di mettere una parola davanti all'altra in modo corretto, di non far fluire le frasi come avrebbe voluto.

Quello che aveva davanti era il frutto marcio di un lavoro durato a lungo e che non lo aveva portato a nulla di buono.

Chissà come facevano gli altri, gli scrittori veri. Lui neanche riusciva a finire qualcosa prima di buttarlo o nasconderlo nella speranza di dimenticarsi della sua esistenza.

Buttò uno sguardo al proprio orologio, appeso al muro del salotto. Si stava facendo tardi e forse sarebbe stato il caso di prepararsi. Crowley e lui sarebbero usciti, ufficialmente, per la prima volta. Solo loro due, la loro cena, e... il loro primo vero appuntamento.

Aziraphale era rimasto colpito da Crowley, se così si può dire. Dalla sua dolcezza, dalle sue parole, dal modo in cui si comportava con lui.

Aziraphale non era molto abituato a trovarsi bene con gli altri, al non sentirsi maltrattato dagli sguardi e dalle parole. Del resto non era neanche il tipo di ragazzo che la gente normalmente considerava bello, appetibile o interessante. Non era spericolato, non andava alle feste, non era carismatico e non ascoltava la musica rock. Era solo un piccolo eremita che passava le serate in casa, in compagnia di libri, musica classica e cioccolata calda. Non una persona interessante, di certo non interessante quanto Anthony.

Quindi il fatto che Crowley avesse visto qualcosa in lui lo aveva fatto sentire decisamente strano. Strano in modo decisamente piacevole, comunque.

Sospirò, andando a vestirsi in modo un po' più presentabile.

Aziraphale non era uno che veniva preso violentemente e all'improvviso dai sentimenti. Gli ci voleva del tempo per innamorarsi, per affezionarsi. Anche con il suo primo fidanzato aveva impiegato molto tempo prima di innamorarsi in modo davvero profondo.

Però Crowley lo affascinava, con il suo cercare costantemente di essere al meglio, come se avesse paura di sfigurare, con la sua passione per l'arte e la sua aria un po' da casinista.

Gli piaceva l'idea di passare una serata con lui, quanto gli piaceva l'idea di baciarlo ancora.

°°°

Era solo un piccolo chiosco davanti al parco, con qualche tavolino tondo delle sedie.

Crowley non era abituato a spendere così il weekend, in realtà. Era il classico tipo che vedeva come un successo il non ricordare più che cosa avesse fatto la sera precedente, svegliandosi con un mal di testa e un alito al sapore di whiskey.

Gli faceva un po' strano, quello. Eppure eccolo lì, con le mani nelle tasche troppo piccole dei pantaloni, la sua giacca e la sua camicia, entrambe nere, ad aspettare Aziraphale.

Aziraphale era assurdo. Nella sua tranquillità, nel suo essere in grado di portargli calma, nel farlo sentire a suo agio.

Crowley era piuttosto sicuro che i suoi sentimenti fossero quelli di un innamorato perso, nonostante i due si conoscessero da così poco. Ma cosa poteva farci, lui? Si era preso il più grande dei colpi di fulmine ed era caduto di fronte ai propri sentimenti.

Chissà se avrebbe dovuto dirlo ai suoi genitori. Provò a immaginare la scena nella sua testa.

"Papà, questo è il mio ragazzo, Aziraphale!"

"Ciao Aziraphale, vedo che hai corrotto mio figlio. Se non ti dispiace, trasferisciti in Nuova Zelanda o fatti curare dalle tue perversioni. Crowley, figliolo, fai schifo."

Una gioia.

Crowley vide arrivare una figura chiara e paffuta e istintivamente sorrise, mentre la sua mente passava dall'essere un cielo colmo di nubi grigie a un firmamento stellato e limpido.

Alzò una mano e lo salutò, mentre lui si avvicinava "Ehilà."

Gli sarebbe piaciuto prendergli la mano o lasciargli un bacio sulle labbra, ma c'erano altre persone in giro, vicino a loro. Era meglio evitare rogne.

Erano in penombra, il parco davanti a loro era chiuso, mentre il chiosco era illuminato da tante piccole luci appese sopra le loro teste. Non c'era musica, solo alcune persone che mangiavano tranquille e un buon profumo. Un posto molto alla Aziraphale.

Andarono entrambi a ordinare (in quel posto servivano principalmente crêpes) e poi si sedettero.

"Sai, credo che insieme al sushi, le crêpes siano il mio piatto preferito." commentò Aziraphale, guardandosi attorno con aria deliziata.

Sembrava sentirsi proprio nel suo ambiente, lì.

"Al che cosa?"

"Il sushi. È cucina giapponese. Per ora non la conosce molta gente, ma è qualcosa di incredibile. Una volta ti ci devo assolutamente portare."

"Non so, non sono un gran mangiatore..." replicò Crowley.

Però gli piaceva l'idea che Aziraphale stesse già pensando a un'altra uscita.

Aziraphale gli sorrise "Ti ci porterò anche contro la tua volontà."

"Aziraphale, non avrai mica un lato oscuro?" disse Crowley, quasi ridendo.

"Più di quanto tu creda."

Era così bello vederlo a proprio agio con lui. Si stava così bene, l'uno di fronte all'altro, a ridere, a parlare. Aziraphale, all'inizio, nei loro primi incontri, era sembrato un po' teso, ingessato. Invece in quel momento era così meravigliosamente tranquillo.

"Ma se tu mi porterai al sushi, sarai costretto a venire a un concerto con me. Mi spiace, sono le regole."

"Le regole di chi?"

Crowley alzò le sopracciglia in modo ambiguo "Le mie."

E ancora delle risate da idioti. Certi quadretti imbarazzanti, Crowley ne era sicuro, sarebbero risultati penosi alla maggior parte delle persone, ma tra loro due sembrava formarsi una stanza, che li separava dal mondo intero e li proteggeva da ogni sguardo. Nello spazio tra di loro, i loro sorrisi e la loro felicità di essere insieme era molto più bella di quanto chiunque, dall'esterno, potesse vedere.

Ai due furono portate le crêpes. Crowley ne aveva presa una, salata, al formaggio. Aziraphale, invece, oltre quella con prosciutto e formaggio si era premurato di prenderne una al cioccolato.

"Concerto di cosa, esattamente? - chiese il biondo, mettendosi con aria estatica la prima forchettata in bocca -Oh, se sono buone."

"Non so... di Bowie, o dei Velvet Underground. E poi c'è questa band emergente che mi piace abbastanza. I Queen, suonano nei locali e... conosco, più o meno, il cantante."

"Davvero? I Queen? È strano come nome."

"Sono fantastici." Crowley fece un cenno di assenso, ricordando sia quando li aveva sentiti la prima volta che l'imbarazzante incontro con Freddie in libreria.

"Mh-mh." Aziraphale aveva la bocca piena e non sembrava voler aprire bocca. Aveva l'espressione di chi sta per ascendere in Paradiso.

Mangiava con tanto piacere che era una gioia guardarlo.

°°°

Finito di mangiare (Crowley aveva lasciato intatta metà della propria porzione e Aziraphale l'aveva generosamente finita per lui), si erano diretti nel parco. C'erano alcuni lampioni a illuminare i sentieri in cemento, ma per la maggior parte si stava in un buio quasi totale.

Nascosti dal mondo, Crowley e Aziraphale si presero per mano.

"Agiamo nell'ombra - commentò Crowley - Come due fottutissime spie. Due agenti segreti."

Aziraphale alzò gli occhi al cielo con aria divertita. Almeno lì, al buio, nessuno li guardava male. Andava tutto bene per entrambi. Nessuno bisbigliava o giudicava.

"Sai cosa potremmo fare?" chiese Aziraphale, passando il pollice sul dorso della mano dell'altro.

"Onestamente no."

"Sederci un attimo sull'erba. Stiamo tranquilli, fissiamo il cielo..."

Crowley sorrise tra sé e sé e annuì. Sentì l'altro allungare una mano verso il suo viso e baciarlo sulla guancia.

"Solo sulla guancia? - chiese Crowley - mi stai maltrattando."

Finirono per sedersi davvero sull'erba, e lì Crowley non ebbe un granché da lamentarsi per la mancanza di baci.

Sentiva l'altro vicino a sé, che lo accarezzava e lo coccolava, mentre parlavano e ridacchiavano come ragazzini. L'uno che affondava nelle braccia dell'altro, sentendone il tepore. Era tutto sereno quella notte, Crowley avrebbe voluto stringere quei momenti tra le dita e non lasciarli mai più andare.

A guardarli c'erano le stelle.

E non solo.

Crowley non sapeva quanto tempo fosse passato, quando arrivò alle sue narici una puzza sgradevole di fumo e di erba. Vide dei ragazzi, della sua età circa o poco più piccoli che si aggiravano non lontano da loro.

"Guarda! - disse uno di loro, in controluce, fischiando e rivolgendosi ai suoi compari - Guarda, ci sono due froci! Dio, che schifo!"

Crowley si irrigidì, scostandosi rapidamente da Aziraphale.

"Ehi pigliainculo! Andate a scopare da un'altra parte, sennò qui vi spacchiamo la faccia! Fottuti invertiti del cazzo!"

A Crowley ci voleva poco, molto poco, per scattare.

Si alzò in piedi, mettendosi una mano in tasca "Chiudi la bocca, idiota."

Il ragazzo rise, barcollando un po' forse a causa del fumo "Succhiami il cazzo."

"Ti piacerebbe."

In tutta risposta un altro membro del gruppo lanciò una lattina vuota verso di lui, che atterrò però a un paio di metri dalle sue scarpe.

Crowley si sentì tirare leggermente da Aziraphale "Ehi. Andiamocene. Non risolviamo niente a parlare con questi. Per favore, non vorrei che facessero qualcosa di pericoloso."

"Loro non dovrebbero volere che io faccia qualcosa di pericoloso."

"Crowley, per favore."

Aziraphale aveva un aria spaventata. E a ragione, probabilmente. Era difficile dire se uno scambio di insulti poteva trasformarsi in altro. Era difficile dire quanto loro due si trovassero in pericolo in quel momento.

Eppure Crowley fuggì sentendosi un codardo. Sentendo gli insulti di quei ragazzi che lo rincorrevano mentre scappava, avendo l'impressione di essere un cane che teneva la coda tra le gambe e sentendosi bruciare il petto.

°°°

"Crowley guarda che va tutto bene..."

"No, e che cazzo. Non è giusto, va bene? Non è giusto che noi dobbiamo stare nascosti come clandestini, o che dobbiamo scappare via perché potrebbero picchiarci o peggio solo per chi ci piace. Io li odio, davvero, li odio."

"Lo so, ma è così che vanno le cose..."

"Beh non dovrebbero andare così! A chi stavamo dando fastidio, noi? A nessuno! Io sono... - Crowley si morse il labbro dal nervosismo - Sono stufo di avere tutta questa paura, lo capisci? Lo odio."

Crowley era in piena crisi di nervi. Con la schiena contro una cambina telefonica e Aziraphale che gli teneva una mano su una spalla.

Certo, forse se avesse potuto Aziraphale lo avrebbe stretto e abbracciato, ma c'era sempre quel cazzo di pericolo.

"Crowley, non possiamo farci molto. Bisogna solo adattarsi. Siamo sfortunati..."

"Ma perché dobbiamo esserlo? Essere gay non è una disgrazia, sono le persone che lo hanno reso una disgrazia. Sono loro che ci dicono che siamo sbagliati e ci fanno del male mentre io... io vorrei vivere in pace, cazzo. È tanto? È tanto? Già c'è quel... quel deficiente di mio padre che crede che io sia una qualche bestia infernale, se poi devo pure avere paura di essere ammazzato io, io..."

E fu lì che Crowley crollò definitivamente, scoppiando a piangere.

Quando le persone piangono non sono belle, hanno il viso rosso e caldo, quasi gonfio. Crowley se lo coprì con le mani, non sapendo cosa fare. Lui non piangeva davanti alle persone, mai.

Sentiva la mano di Aziraphale fare dei cerchi sulla sua spalla, con una carezza affettuosa che però non era in alcun modo abbastanza.

"Senti... - sussurrò Aziraphale - Allontaniamoci da qui. Andiamo dove non ci vede nessuno. Così ti puoi tranquillizzare un poco e non dobbiamo... avere paura che ci vedano."

"S-scusami. Adesso sembro proprio patetico."

Le mani di Crowley tremavano di tristezza e rabbia.

"Andiamo da me. Sembra che tu ne abbia bisogno."

Crowley lasciò che Aziraphale lo conducesse con sé, mentre cercava di ricacciare le lacrime da dove erano venute.










Yehew belli gli anni 70. La musica, lo stile, l'omofobia...

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