Laudano*

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Izuku scese di corsa le scale, il cuore che batteva all'impazzata. Si sentiva un pazzo per ciò che stava facendo, ma non poteva fermarsi.

Si ritrovò a bussare forte alla porta del vecchio medico che abitava al primo piano.

Nessuno rispose.

Bussó ancora, con più insistenza. «Dottore! dottore apra! È urgente!».

Dopo alcuni istanti di attesa frenetica, la porta si aprì con un cigolio, rivelando un uomo magro, curvo e dal volto scavato, con uno sguardo assonnato e irritato e i capelli biondi che spuntavano da un cappello di lana morbida di colore blu.

Lui era un vecchio amico che aveva aiutato in passato con una questione di gioco. Izuku sperò tanto che avrebbe ricambiato il favore.

«Che diavolo vuoi a quest'ora, ragazzo?» grugnì il vecchio, strofinandosi gli occhi. «Non lo sai che è notte fonda?»

«Dio... Lo so dottor Toshinori... e mi dispiace tantissimo averla svegliata, ma è urgente!», disse Izuku, cercando di non sembrare troppo disperato. «Ho... Ho un ferito al secondo piano. E ha bisogno del suo aiuto, subito!»

Il medico lo fissò con uno sguardo scettico, poi sbuffò. «Sempre nei guai ti devi cacciare, eh?», poi gli fece cenno di seguirlo all'interno della casa. «Va bene, va bene. Dammi una mano a portare su la borsa mentre mi vesto...». Si voltò lentamente, indicando una poltrona logora con una borsa di pelle marrone, sparendo invece all'interno di una stanza per un momento, prima di riemergere con addosso una vecchia vestaglia in tartan sui toni del marrone, che sembravano abbinarsi bene alla borsa di cuoio che Izuku stringeva tra le braccia come un tesoro. «Andiamo, ragazzo!»

Izuku lo guidò su per le scale, il cuore che batteva all'impazzata. Quando entrarono nell'appartamento, Bakugo li guardò con occhi socchiusi, tentando di rimanere cosciente.

«Bene, vediamo che abbiamo qui...», mormorò il medico, avvicinandosi al letto e osservando la ferita alla gamba di Bakugō e poi il suo viso, contratto dal dolore e pallido come un cencio.

«Mi sa che questo è grave.», disse, osservando il giovane detective e facendogli cenno di passargli la borsa, aprendola e frugandoci dentro per estrarne gli strumenti che gli servivano.

Bakugo fece un sorriso storto, le parole gli uscirono stentate. «Non... peggio... di ascoltare... questo idiota... parlare...».

Izuku arrossì di nuovo, mentre il dottore borbottava qualcosa a mezza voce: «Dovrò togliere la pallottola, e cauterizzare rapidamente.», poi si rivolse di nuovo a Izuku: «Scalda dell'acqua, trova degli stracci puliti e una bacinella o un secchio. In fretta!».

Il giovane annuì, correndo a destra e manca per quel piccolo appartamento per ravvivare il fuoco nella stufa, scaldare l'acqua e trovare quanto richiedeva il dottore, che invece aveva già liberato il tavolo. «Dammi una mano: sollevalo e fallo sedere qui... gamba distesa.»

Izuku fece come gli era stato detto e con tutta la delicatezza possibile, lo sollevò da sotto le braccia mentre Toshinori lo afferrava per le gambe, aiutandolo a spostarsi dal letto al tavolo.

Katsuki soffocò un urlo di dolore, i denti serrati e le narici che si allargavano a ogni respiro. Quando fu finalmente seduto, il giovane poliziotto corse di nuovo verso la stufa per controllare che l'acqua fosse pronta.

Il dottore, intanto, aveva preparato i suoi strumenti su un panno bianco: un paio di pinze, aghi, filo e una siringa dal lungo ago scintillavano sotto la luce giallastra della lampada a petrolio, senza vetro di protezione. La sua espressione era impassibile, ma le mani si muovevano con una precisione e una rapidità che tradivano anni di esperienza sul campo. Non era la prima volta che si trovava a dover estrarre una pallottola in condizioni di fortuna, e probabilmente non sarebbe stata l'ultima.

Izuku tornò con una pentola piena d'acqua calda e alcuni stracci. «Ecco, dottore!», disse, posandoli sul tavolo accanto a Toshinori. Il medico li prese senza alzare lo sguardo, iniziando a disinfettare gli strumenti con cura, passandoli sulla fiamma della lampada.

«Tieni questi stracci a portata di mano.» gli ordinò, «Ne avremo bisogno per il sangue.».

Katsuki guardò tutto ciò che stava accadendo con una smorfia di sofferenza e, forse, un accenno di nervosismo. «Ti prego... dimmi... che sei più bravo a fare questo che a parlare, vecchio.», sputò tra un respiro e l'altro.

Toshinori non si prese la briga di rispondere, ma gli cacciò tra i denti un bastoncino di legno: «Vedi di stringere qui, o ti morderai quella tua linguaccia!» e riempì la siringa di un liquido dal colore indefinibile, che sembrava una miscela di whisky e qualche altra sostanza, presa direttamente da una boccetta di vetro scuro. «Questo ti aiuterà con il dolore.», spiegò, avvicinandosi al criminale e premendo l'ago nel muscolo del braccio.

Izuku distolse lo sguardo, non abituato a vedere simili procedure da vicino. Ma quando Toshinori si chinò sulla ferita di Katsuki, tagliando con un coltellino affilato il tessuto del pantalone, la curiosità vinse la sua repulsione.

La pallottola sembrava aver strappato la carne fino all'osso, lasciando un foro sanguinolento che continuava a gocciolare lentamente. Il dottore afferrò le pinze e le inserì con cautela nel buco.

Katsuki gemette, il corpo irrigidito mentre il metallo scivolava all'interno della sua carne.

Izuku trattenne il respiro, guardando le dita di Toshinori muoversi con delicatezza, ma fermezza. Il medico cercava la pallottola con le pinze e con una mano premuta sulla carne arrossata dal sangue rappreso,, spostando le pinze da un lato all'altro, cercando di non fare ulteriori danni. Il rumore era quasi nauseante, un misto di qualcosa di umido che viene smosso, come il fango in una pozzanghera quasi asciutta, il sangue che rende tutto più viscoso e tetro...

«Ah, eccola qui!», mormorò vittorioso Toshinori, finalmente sentendo la punta delle pinze toccare qualcosa di duro. Fece un respiro profondo e con un movimento rapido estrasse la pallottola. Il proiettile uscì con uno schizzo di sangue, facendo gemere ancora Katsuki, che poi svenne dal dolore e dallo sforzo.

«Tieni questi stracci!» asserì Toshinori, e Izuku, che fino a quel momento aveva tenuto ferme le gambe del criminale per evitare che si dimenasse, si precipitò dalla parte del medico, premendo gli stracci sulla ferita mentre il vecchio dottore afferrava un grosso ago già riscaldato sulla fiamma debole della lampada. «Speriamo bene.» mormorò, anche se il criminale era già privo di sensi. «Ha perso molto sangue, non è così?».

Izuku dovette trattenere un conato di vomito a vedere l'ago che entrava e usciva dalla carne, le dita insanguinate del dottore che combattevano con quella sostanza scivolosa, il filo nero che scorreva piano nella pelle.

Il sangue aveva già impregnato gli stracci, e il giovane poliziotto, tremante, cercava di non pensare a quante vite aveva rischiato quel criminale, quanto dolore aveva inflitto, e quanto sangue aveva fatto versare. Ma in quel momento, tutto ciò che riusciva a sentire era il battito del proprio cuore che risuonava nelle orecchie e quello che immaginava potesse essere il suono della pelle che veniva trapapassata dall'ago tenuto dalla mano esperta di Toshinori.

«Finito!», annunciò il dottore, con tono trionfante, dopo qualche minuto, alzando lo sguardo su Izuku con un'espressione di sollievo. «Ora dobbiamo solo aspettare che si riprenda. Se non si gonfia la ferita o non si arrossa vorrà dire che non ci saranno infezioni e dovrebbe cavarsela.»

Izuku annuì, finalmente permettendosi di tirare un sospiro di sollievo. Ma anche se la tensione si allentava, non riusciva a scrollarsi di dosso il senso di colpa e la confusione che lottavano nel suo petto.

Quel contrabbandiere avrebbe dovuto essere suo nemico, eppure l'aveva appena aiutato.

E mentre osservava il viso pallido e stanco di Bakugō, non poteva fare a meno di chiedersi se aveva fatto la cosa giusta.

Toshinori mise le mani nell'acqua calda della pentola, lavandole come poteva, asciugandole alla bell'e meglio su uno degli stracci puliti, lasciandovi sopra comunque una scia rosata. Poi aprì la borsa e tirò fuori una piccola bottiglia di vetro scuro, la strappò con cura e versò alcune gocce su un fazzoletto pulito, poi lo avvicinò al naso del paziente, che iniziò a riaversi, debolmente.

Il contrabbandiere sussultò al contatto, le palpebre che si sollevavano a malapena, e Toshinori gli fece un sorriso, facendogli scivolare tra le labbra delle gocce della stessa tintura che gli aveva iniettato sul braccio.

«Questo ti aiuterà con il dolore.», disse con voce calma e ferma. «Ascolta, giovane: ora devi restare immobile e tranquillo. Izuku si prenderà cura di te.»

Si voltò verso il poliziotto, con un'espressione seria, ma non priva di gentilezza. «Izuku, devi tenere la ferita pulita. Lavala con acqua bollita e sapone almeno una volta al giorno. Applica nuove bende ben pulite, e assicurati che non ci siano segni di infezione, come rossore, gonfiore o pus.»

Izuku annuì, cercando di memorizzare tutto. «E se dovesse alzarsi la febbre?»

Toshinori sospirò, come se stesse valutando l'effetto delle sue parole. «Se gli dovesse venire la febbre, devi farlo bere molto e tenerlo al caldo se ha brividi. Cerca di abbassare la temperatura con impacchi freddi sulla fronte. E se vedi che non si abbassa, chiamami subito.», e chiuse la borsa con un sonoro clack della chiusura metallica. «Il rischio di infezione è alto in queste condizioni, e dobbiamo agire in fretta se peggiora. Così non perderà la gamba.»

Izuku rabbrividì per un momento a quel pensiero e poi annuì ancora, più deciso. «Grazie, dottore. Farò tutto quello che mi ha detto.»

Il medico diede un'ultima occhiata al giovane ferito, ancora un po' intontito, disteso sul tavolo, poi rialzò lo sguardo verso Izuku, un sorriso ironico increspò le sue labbra. "Trovati amici meno scapestrati," disse con un tono che voleva essere leggero, ma con una punta di preoccupazione.

Izuku scosse la testa, sentendo un'ondata di disagio montare dentro di sé. «Non è mio amico...» rispose rapidamente, quasi troppo.

Toshinori sollevò un sopracciglio, il suo sguardo che passava da Katsuki a Izuku. «Non lo è? Eppure sei qui, a prenderti cura di lui come se fosse un amico fraterno...».

Izuku sentì il calore salire alle guance, un misto di vergogna e indignazione. «Io... Sto solo facendo il mio dovere!», ribatté, incrociando le braccia al petto, quasi a proteggersi dalle parole del dottore. «Non... Non potevo lasciarlo morire in quel-... Io non potevo stare lì senza fare nulla!»

Toshinori annuì lentamente, osservando il giovane poliziotto con uno sguardo che era più penetrante di quanto Izuku avrebbe voluto. «Hai un cuore buono, ragazzo mio. Lo vedo nel modo in cui ti prendi cura di lui, nel modo in cui hai reagito quando hai visto che aveva bisogno di aiuto. Non molti avrebbero fatto lo stesso, soprattutto con uno sconosciuto.», e fece una pausa, per poi aggiungere, con un tono pensieroso: «È un peccato che tu faccia il poliziotto. Hai un animo gentile, pronto ad aiutare... sai no? Come i medici o gli infermierI...».

Le parole di Toshinori colpirono Izuku come un pugno allo stomaco. Era esattamente ciò che aveva sempre voluto, ciò a cui aveva sempre aspirato se le cose fossero andate diversamente, prima di scegliere la strada della giustizia. Ma le circostanze della sua vita l'avevano portato a prendere un percorso diverso. Tuttavia, per quanto fosse soddisfatto del lavoro che aveva intrapreso, era quasi doloroso sentirsi ricordare quel sogno in maniera tanto inconsapevole.

Il silenzio cadde nella stanza, spezzato solo dal respiro irregolare di Katsuki. Toshinori notò il conflitto nel volto di Izuku e cambiò argomento con delicatezza. «Ascolta, Midoriya. Per il laudano... Dovrai somministrargli una dose minima, appena sufficiente per calmare il dolore e aiutarlo a dormire. Non più di due volte al giorno, e solo se davvero necessario. Troppo laudano può causare dipendenza o sopprimere il respiro. E se vedi che inizia ad avere allucinazioni o a respirare con difficoltà... smetti subito.»

Izuku annuì, memorizzando le istruzioni del dottore mentre cercava di scacciare i pensieri su ciò che avrebbe potuto essere. "Grazie, dottore. Mi assicurerò di seguire le sue indicazioni."

Il dottor Toshinori aprì la porta con lentezza.. «So che lo farai, ragazzo. «Ti fa onore questa cosa, giovane Midoriya. Ricordati che, hai la sua vita nelle tue mani ora.», poi, con un ultimo sguardo a Katsuki, il medico si avviò verso la porta. «Se hai bisogno, sai dove trovarmi», e, detto questo, uscì dall'appartamento, lasciandoli soli.

Izuku lo seguì con lo sguardo fino a quando la porta non si chiuse dietro di lui, poi si lasciò andare a un lungo sospiro, le parole del dottore che riecheggiavano ancora nella sua mente.

Per un momento ci fu solo il suono del respiro affannoso di Katsuki e del ticchettio della piccola sveglia accanto al letto. Izuku si sedette su una sedia vicino al tavolo, osservando l'uomo che aveva appena aiutato a salvare.

Katsuki sembrava sull'orlo di perdere i sensi di nuovo, ma i suoi occhi si aprirono appena, puntando su Izuku le sue iridi rossastre, così particolari, con confusione nello sguardo.

«Perché...?», sussurrò, la voce roca e debole. «Perché hai fatto... tutto questo... per me?»

Izuku esitò un momento, cercando le parole giuste. Poi si decise a parlare, con sincerità. «Perché, nonostante tutto, nessuno merita di morire in questo modo. Non sono d'accordo con quello che fai, Katsuki, ma questo non significa che voglia vedere un altro uomo morire.»

Katsuki lo guardò per un attimo, con un'espressione che sembrava sfidare sia la logica che l'emozione. Poi, con un debole sorriso storto, mormorò, «Sei proprio un idiota, Midoriya.»

Izuku abbassò lo sguardo, un lieve rossore sulle guance. «Forse. Ma forse è così che sono fatto»"

Katsuki chiuse gli occhi, il corpo finalmente cedendo alla stanchezza e al dolore, e sussurrò, appena udibile, «Dannazione... sei davvero... troppo buono... per questo mondo...»

Izuku lo osservò scivolare nell'incoscienza, il petto che si sollevava lentamente con ogni respiro, e si rese conto che, per quanto le loro vite fossero diverse, in quel momento, in quell'appartamento, erano solo due uomini che cercavano di sopravvivere in un mondo crudele.

Osservò Bakugō per un lungo momento, mentre la sua respirazione si faceva sempre più regolare e profonda. Sapeva che non c'era altro che potesse fare al momento, ma il pensiero di lasciarlo da solo, anche solo per un istante, lo turbava. Alla fine, però, sapeva di dover andare a fare rapporto alla centrale, e con un sospiro rassegnato, e con tutta la delicatezza di cui era capace, lo sollevò di nuovo, stavolta per riportarlo sul letto.

Il contrabbandiere si lamentò debolmente nel sonno, il volto contorto in un'espressione di dolore, ma non si svegliò. Izuku lo sistemò con attenzione, mettendogli sotto la testa un cuscino e tirando la coperta fino al petto, assicurandosi che fosse al caldo.

«Tieni duro...», mormorò Izuku sottovoce, più per se stesso che per Katsuki.

Poi si alzò e si diresse verso il piccolo bagno per cambiarsi. La sua uniforme era sporca di sangue e fango e fumo, e si sentiva esausto, ma non poteva permettersi di perdere altro tempo.

Si lavò velocemente il viso e cambiò abiti, poi uscì dall'appartamento, chiudendo la porta dietro di sé con un'ultima occhiata preoccupata verso il letto.

Sapeva che ogni minuto contava, e si affrettò verso la centrale, i pensieri che correvano tanto velocemente quanto i suoi passi.


•••


* Soluzione ottenuta tramite macerazione dell'oppio in alcol, con l'aggiunta di aromi e coloranti, dotata di potere antispastico e antidolorifico.

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