Epilogo

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Io sono dentro di te

nel misterioso modo

che la vita è disciolta nel sangue

e mescolata al respiro.

(Antonia Pozzi)

* * *

«Sei sicura?»

Rey rivolse a Ben uno sguardo scoraggiato. Stringeva fra le mani la tazza bollente di caf, mentre era appollaiata sulla sedia nella grande cucina. Eppure le sembrava di essere stata abbastanza chiara. «Ho solo detto che ho un ritardo. Non sono sicura di nulla» precisò seccata, sperando di essere più esaustiva, anche se non riusciva a mascherare la confusione e il turbamento.

«Ed è una cosa grave?» azzardò lui, teneramente ignorante. La fissava serio, con quel suo cipiglio cupo e penetrante, come se volesse leggerle dentro.

Rey sospirò. Poteva indagare nella sua mente quanto voleva, ne sapeva quanto lui.

«Dipende. Può vuol dire tutto e niente». In passato, su Jakku, le era già capitato di avere il ciclo sballato, soprattutto nei periodi in cui era più affaticata e non riusciva a mangiare abbastanza. Allora non rischiava certo una gravidanza. E nemmeno in quel momento, dato che si trovava ancora sotto l'effetto degli anticoncezionali.

Però era strano. E sospetto.

«Non c'è un modo per levarsi il dubbio?» Ben lo chiese con genuina apprensione.

Certo che c'era. Le sarebbe bastato rivolgersi all'unità medica GH-7 e lo avrebbe saputo in pochi minuti. Ma aveva paura. Paradossalmente temeva qualunque fosse stato il risultato. Se non era incinta sarebbe stata una forte delusione e avrebbe provato una sorta di velato senso di sconfitta. Ma se lo fosse stata... beh, il terrore si sarebbe impadronito totalmente dei suoi sensi. Non era ancora pronta ad affrontare psicologicamente un'altra gravidanza. Era fastidioso sentirsi così combattuta.

Quando era rimasta incinta di Han, non se ne era accorta se non dopo aver avuto le prime minacce d'aborto. Aveva iniziato a percepirlo solo quando stava per perderlo ed era stato atroce. In quel momento non sentiva nulla di particolare, stava perfettamente bene, anche troppo. Aveva soltanto un leggero indolenzimento al seno, ma questo le era capitato tantissime volte.

«GH-7 potrebbe fare un test su un campione di sangue» ammise, distogliendo lo sguardo dagli occhi scuri e indagatori di Ben, sentendosi a disagio.

«Ma...» la incalzò lui, rendendosi conto di quanto fosse in difficoltà.

Sospirò confusa. Bevve un sorso di caf, per prendersi il tempo di riflettere, e poi tornò a fissare la sua espressione tesa e corrucciata. «Ho paura». Non ebbe alcuna esitazione ad essere sincera. L'angoscia la divorava e l'inquietudine scuoteva i suoi sensi. «È da stupidi, lo so. Ma non mi aspetto che tu lo comprenda».

Forse aveva fatto male a renderlo partecipe di quel suo dubbio così presto e si sentiva in colpa. Avrebbe dovuto avere pazienza e aspettare diligentemente di esserne sicura. Magari il ciclo le sarebbe arrivato in giornata, o al massimo l'indomani, e lo aveva messo in agitazione per niente. Lei stessa si era fatta un enorme volo pindarico per nulla, ma non ce la faceva proprio a sopportare da sola tutta quella tensione. Aveva bisogno di un supporto psicologico a cui aggrapparsi. In qualche modo doveva sfogarsi.

Ben la fissò con aria stranita. Non aveva nemmeno toccato il suo caf, che si stava raffreddando nella tazza sul tavolo. Aveva raddrizzato la schiena e teneva le braccia allungate lungo i fianchi, in una posa che manifestava tutto il suo sconcerto. Quando la guardava in quel modo tramava sempre qualcosa. «L'effetto dell'iniezione non doveva durare sei mesi?» ragionò, ancora apparentemente scosso dalla sua rivelazione.

Rey si morse l'interno delle guance. Le cose non stavano esattamente così. Avrebbe dovuto fare un richiamo prima del fatidico limite, ma erano successe troppe cose e tutte in fretta, nelle settimane precedenti, e se era imprudentemente dimenticata.

GH-7 era solo un'unità medica di diagnostica, non era certo programmato per ricordarle tutte le sue scadenze. Per quello sarebbe stato perfetto C-3PO. Ma il droide chiacchierone era troppo impegnato a prestare il suo prezioso servizio su Coruscant, dove stava risorgendo il Nuovo Governo Galattico.

Il loro tanto atteso matrimonio era stato un disastro, nonostante ci fossero stati dei momenti stupendi che ricordava con emozione. Avevano stilato una lista di invitati molto limitata, perché desideravano entrambi che fosse una cerimonia intima e privata, ma Elnor aveva preso il suo incarico troppo alla lettera e aveva fatto di testa sua. Si erano ritrovati la villa di Naboo invasa da alieni che non avevano mai visto in vita loro e non avevano nemmeno potuto protestare. Ma quello era stato soltanto il male minore.

Da parte sua aveva voluto accanto solo i suoi amici più cari. Rose era stata entusiasta, Poe e Finn l'avevano accontentata a malincuore. Anche se Ben le aveva assicurato che non li avrebbe provocati (né torturati), se si fossero tenuti a debita distanza da lui, era accaduto l'impensabile. Elnor aveva disgraziatamente supervisionato anche il menù, ma tutti gli ospiti che erano atterrati sul pianeta il giorno prima e avevano dovuto alloggiare per la notte, erano rimasti vittima di una misteriosa intossicazione alimentare durante la cena. Di conseguenza, il mattino successivo si erano ritrovati in quattro gatti a celebrare le nozze, perché il resto degli invitati era knockout.

Ben si era trattenuto dal sopprimere definitivamente Elnor solo perché era riuscito laddove lui aveva miseramente fallito: mettere fuori gioco Finn e Poe, che avevano passato la peggior nottata della loro vita, tra conati di vomito e spasmi addominali. Rey era sicura che, per quel favore, gli sarebbe stato infinitamente grato a vita.

Erano partiti in fretta per la luna di miele su Kooriva perché Rose si sarebbe potuta occupare di Temiri e del gatto, solo per un breve periodo di tempo, prima di raggiungere gli altri su Coruscant.

Durante quello che doveva essere il periodo più dolce e romantico della loro vita, non avevano fatto altro che litigare. Tutto era successo a causa di un gruppetto di ragazzine squilibrate e fanatiche che vevano scambiato Ben per il fascinoso e tenebroso leader di un gruppo rock (manco a farlo apposta i Dark Side), e li avevano pedinati e stalkerati tutto il tempo.

Alla fine, esausti e incazzati, non avevano visto l'ora di recuperare Temiri e ritornare su Chandrila.

«Fai il test. È meglio togliersi il dubbio subito». Ben si dimostrò categorico e molto più coraggioso di lei, strappandola brutalmente ai suoi ricordi.

Rey si passò una mano sulla faccia avvilita. Non aveva sentito quello che gli aveva detto? Fino ad allora aveva parlato a vanvera? «Non sono sicura di volerlo sapere adesso» gli ribadì frustrata. Le serviva ancora un po' di tempo per metabolizzare la cosa.

Perché aveva avuto la malaugurata idea di confidarglielo? Ora l'avrebbe perseguitata fino allo sfinimento.

«Beh io sì. Perciò chiamo quel dannato droide medico e...»

«Fermo! Non ci provare» gli intimò, mentre stava già con la mano sul pulsante dell'intercomlink. «Dammi ancora un po' di tempo, ti prego. Magari è solo stress e ci stiamo allarmando per niente» cercò di dissuaderlo mettendo entrambe le mani avanti.

Ben invece non aveva alcuna intenzione di mollare. «Facciamo così: farai l'esame, ma il risultato lo vedrò solo io e lo terrò per me. Tu prenditi pure tutto il tempo che vuoi» le propose ridacchiando. Quanto lo odiava quando si dimostrava così irremovibile ed ostinato e le metteva i bastoni tra le ruote.

«È una cosa assurda» protestò vivamente, «me ne accorgerei subito. Tu non sai mantenere un segreto e non sai mentire. Almeno non a me» gli fece notare indignata, appoggiando la schiena alla sedia e incrociando le braccia al petto. Per lei il discorso era definitivamente chiuso.

Ben sollevò appena un lato della bocca e assottigliò lo sguardo in segno di sfida. «Credi davvero che ti farei entrare impunemente nella mia testa per svelarti tutti i miei più intimi segreti, scava rottami?» Improvvisamente gli era tornata la favella e la voglia di bere il suo caf.

«Mi stai provocando?» reagì caparbia, inarcando un sopracciglio. Perché per lui doveva ridursi sempre tutto ad uno stupido duello mentale? Non poteva semplicemente accettare l'idea che dovevano solo aspettare?

«Di cosa hai paura?» la indagò, tornando ad essere serio, «se risulterà negativo non hai nulla da temere. Se sei incinta... non c'è molto da fare. Affronteremo la cosa giorno per giorno».

Il suo discorso non faceva una piega e un po' la rincuorava, ma la questione non era così semplice. Durante il periodo in cui erano tornati a stare insieme non avevano mai affrontato seriamente l'argomento. Avevano avuto altri pensieri per la testa e una marea di cose da fare.

Dopo il matrimonio aveva raggiunto una sorta di equilibrio mentale, ma su quella questione era ancora combattuta. Anche se un bambino lo desiderava immensamente, aveva il terrore che il dramma che aveva dovuto affrontare mesi prima si potesse ripetere. Ben lo aveva intuito e aveva avuto il buon senso di non incoraggiarla a riprovarci. Aspettava pazientemente che fosse lei a sbloccare la situazione e fare il primo passo.

Lui sarebbe stato un padre meraviglioso, visto come si stava comportando con Temiri. Lo stesso non si sarebbe potuto dire di lei. Ma la cosa che più la preoccupava era un'altra e molto più seria. Era consapevole che per loro, mettere al mondo un figlio, poteva rivelarsi un rischio concreto per la stabilità dell'equilibrio, visti i tragici precedenti. Ma a Ben non aveva mai confessato il suo timore, anche se era improbabile che lui non ci avesse mai pensato.

«Quindi per te non c'è nessun problema. Ma io... non credo di essere pronta ad avere un altro figlio. È troppo presto» lo liquidò inflessibile e non poté fare a meno di sfogarsi.

Ben evitò di risponderle concentrandosi sulla sua tazza di caf.

«C'è un altro bambino in viaggio!» La voce squillante di Temiri riempì il silenzio che era sceso tra loro e li fece sussultare entrambi, distogliendoli da quella spinosa conversazione.

Rey si rivolse verso l'ingresso della cucina e vide il ragazzino correrle incontro. Si gettò tra le sue braccia e la strinse forte. «Sono tanto felice per te, Rey». Le dimostrò tutto il suo affetto e la sua approvazione.

A quelle parole si sentì tremendamente a disagio e in colpa. Lei non riusciva proprio ad essere così ottimista. «Non sono incinta... cioè sì, forse lo sono. Cioè no, non ne sono ancora sicura...» farfugliò sconcertata, spegnendo il genuino entusiasmo del ragazzo, rivolgendo contemporaneamente un'occhiata dispiaciuta a Ben.

Lui strinse le labbra e sospirò piano. Quanto avrebbe voluto tirargli un pugno sul muso, si sarebbe sentita magnificamente bene.

Temiri sollevò la testa che aveva affondato nell'incavo del suo collo e cercò perplesso il suo sguardo. «E quando lo saprai?»

Ecco, quella era una bella domanda. Se non avesse avuto una fottuta paura, avrebbe potuto liquidare la questione in pochi minuti. Invece era una stupida codarda.

Aveva affrontato i fulmini di Palpatine con la forza di mille generazioni di jedi ma, di fronte alla possibilità concreta di portare in grembo il figlio di Ben, se la stava facendo addosso. Era ridicolo.

A quel punto Ben infastidito intervenne in suo soccorso. «Piccolo delinquente, da quando hai iniziato a fare discriminazioni? A me nemmeno un misero buongiorno?» lo provocò risentito. «Voi mocciosi siete tutti uguali, vi dimostrate appiccicosi solo quando vi conviene. E comunque, se Rey dovesse aspettare un bambino, sarebbe soltanto merito mio» precisò con orgoglio e guardandolo di traverso.

Temiri allora si rivolse al lui con rinnovato interesse. «E come hai fatto a mettere un bambino dentro la sua pancia?» sparò a bruciapelo con genuina arroganza, facendolo sussultare ed ammutolire. Era tremendamente affascinante come un semplice ragazzino curioso avesse il potere di mandarlo nel panico.

Rey trattenne a stento una risata. All'improvviso tutta la sua apprensione si era attenuata. «Temi ha ragione, Ben. Perché non glielo spieghi. Ha quasi undici anni ormai, è ora che voi due facciate quel bel discorsetto, hai presente?» lo punzecchiò velenosa.

Le guance troppo pallide di suo marito si accesero di una sfumatura rosata. «Non cambiare le carte in tavola. Tu devi fare quel test. Non ti darò tregua finché non lo farai, sappilo» l'aggredì perentorio, cercando di riprendere le redini della situazione che gli stava sfuggendo di mano.

«Lo farò solo quando me la sentirò» lo liquidò in fretta e brutale, «tu invece hai il dovere morale di istruire il tuo padawan» ridacchiò.

«Sì, me lo spieghi?» strillò Temiri saltellando tutto eccitato.

Questa te la farò pagare cara.

La protesta di Ben le arrivò forte, chiara e minacciosa, attraverso il loro legame nella Forza. L'espressione corrucciata e indignata che sfoggiava era adorabile. In quell'istante gli sarebbe volentieri saltata addosso per riempirlo di baci.

Il figlio di Han Solo era fatto così e la vita con lui non sarebbe mai stata noiosa e tranquilla, ma una sfida continua. Ben aveva l'oscuro potere di scatenarle le sensazioni più disparate e contrastanti: un istante avrebbe voluto ucciderlo e quello dopo sdraiarlo sul letto e torturarlo amorevolmente per ore.

«Allora, non è onorevole che un maestro faccia aspettare il proprio allievo» lo incitò sogghignando.

Ben le lanciò uno sguardo truce e si alzò dalla sedia, sbattendo contemporaneamente la tazza vuota sul tavolo. Si avvicinò al ragazzino e gli mise una mano sulla spalla benevolo. «Sbrighiamoci. Prima mi libererò da questo supplizio e meglio sarà. Inizieremo dai Battipiuma mantelliani e le impollinazioni. E sarà un discorso piuttosto lungo» sospirò, mentre uscivano entrambi dalla portafinestra per dirigersi in veranda.

«Questo lo so già. Me lo hanno insegnato al campo-scuola. E so anche dei Can-cell e dei Mynock. E di tutte le specie di artropodi e anfibi. Io voglio sapere come si accoppiano gli esseri umani» precisò Temiri, accelerando il passo per stargli dietro.

«Merda...» Ben imprecò tra i denti e a lei scappò una sonora risata.

* * *

Rey sollevò le palpebre sbuffando e si accorse che nella stanza stavano già penetrando i primi timidi raggi solari. Sospirò tesa e prese a fissare il soffitto, incrociando le dita sul ventre. Era sdraiata supina nel letto e Ben le dormiva accanto tranquillo, russando leggermente. Raramente le capitava di vederlo dormire profondamente e non se la sentì di svegliarlo per ammorbarlo con le sue ennesime paure e insicurezze.

Si girò sul fianco e cominciò ad analizzare tutto quello che era posato sul comodino, nella speranza di riuscire a riprendere sonno.

Aveva dormito pochissimo e male, e si era svegliata agitata, continuando a rimuginare per ore. Non aveva avuto nemmeno il coraggio di avvicinarsi all'unità medica GH-7 nonostante Ben glielo avesse ricordato e imposto più volte. Si sentiva una vigliacca.

Per tutta la giornata non aveva fatto altro che pensare, riflettere, meditare ad occhi aperti e combinare un sacco di guai. Per poco non aveva dato fuoco al piano cottura, in una delle rare volte in cui si era azzardata a preparare il pranzo, e solo l'intervento tempestivo di Ben aveva impedito una sciagura più grande. Aveva chiuso Millicent in una stanza senza accorgersene e la gatta aveva provocato un disastro, appendendosi alle tende e affilandosi gli artigli sui preziosi divani. Mentre preparava la merenda a Temiri aveva riempito il suo bicchiere di latte blu di Bantha fino all'orlo e oltre, facendolo straripare sul tavolo.

Tutte le volte che si era ritrovata ad incrociare lo sguardo preoccupato di suo marito, si era sentita morire. Ma era stata caparbia e irremovibile, soprattutto per non dargliela vinta.

In quel momento si rese conto che non poteva resistere ancora a lungo in quelle penose condizioni. In qualche modo doveva sapere, poi si sarebbe potuta anche disperare, avrebbe potuto sfogarsi, piangere ininterrottamente per giorni, scaricare tutta la sua frustrazione su Ben. Tanto ormai lui era abituato a fare da paziente capro espiatorio. Di sicuro si sarebbe immolato volentieri.

Si alzò lentamente, facendo attenzione a non svegliarlo e si infilò furtiva nel bagno. Si guardò allo specchio e a stento riuscì a riconoscersi. Si sciolse i capelli arruffati, legati in un alto chignon e si passò nervosamente una mano sul viso troppo pallido.

Tirò fuori la lingua e si abbassò una palpebra per controllare che le mucose fossero a posto. Aveva la gola secca e bevve velocemente un po' d'acqua dal lavandino. Poi si tastò i seni che le sembravano ancora più doloranti del giorno prima.

Quella tortura doveva finire.

Uscì dal bagno decisa a convocare GH-7 ma, un improvviso e intenso senso di nausea, la costrinse a fermarsi. Fece retro marcia e si lanciò diretta sul water, in preda a forti conati di vomito. Rigettò solo l'acqua e i succhi gastrici quindi non si trattava di indigestione.

Si fermò a riflettere, con la testa ancora penzolante e le braccia puntellate sul vaso, e finalmente realizzò quello che si ostinava a non voler accettare da almeno una settimana. Un senso di terrore si impossessò del suo animo già parecchio provato.

«Resta con me, ti prego. Resta con me» ripeté tra sé disperata, per esorcizzare quello che più temeva, portandosi entrambe le mani sul ventre.

Si inginocchiò a terra e sprofondò in una specie di trance.

La voce calda di Ben la fece sussultare poco dopo. «Che succede?» le chiese tranquillo, affacciandosi all'ingresso del bagno a torso nudo e con un'adorabile aria assonnata.

«Io... io credo che quel test non sia più necessario» gli confidò ansimando. Un altro conato di vomito la scosse, ma ormai non aveva più nulla da rimettere. Non si era mai sentita così male, nemmeno quando aspettava Han.

Ben non le sembrò affatto sorpreso e fu una magra consolazione. Si avvicinò e si sedette per terra, dall'altra parte del water, posando le spalle larghe alla parete, con un gomito in bilico sul ginocchio piegato.

«Dimmi che andrà tutto bene. Dimmi anche una bugia» mormorò, con le braccia strette attorno al vaso. Non si sarebbe mossa di lì per tutto l'oro del mondo. Ad un tratto era diventato il suo migliore amico.

Ben ridacchiò e si scostò con le dita un ciuffo corvino dal viso, in modo molto sensuale. «Ce ne hai messo di tempo per accorgertene» la freddò sorridente.

«Che intendi dire?» chiese perplessa, sollevando la testa. Lo sguardo da marpione di Ben le rispose in modo esauriente. «Tu... Tu lo sapevi» realizzò, incredula.

Ben la guardò divertito girando solo gli occhi scuri nella sua direzione, confermando la sua intuizione.

Quel grandissimo stronzo aveva recitato per tutto il giorno una parte, per convincerla a fare quel maledetto test. Ed era stato così infame da farle credere che fosse ignaro di tutto.

«Brutto bastardo. Perché non mi hai detto nulla? Da quanto lo sai?» lo incalzò minacciosa. Se non si fosse sentita così male, gli sarebbe saltata alla gola per averla fatta dannare tutto quel tempo.

«Da subito, credo...» ammise con genuina sincerità, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Ricordi quella sera su Kooriva, quando abbiamo deciso di rifugiarci nella parte opposta e disabitata dell'isola, per sfuggire a quelle ragazzine fanatiche?»

Certo che lo ricordava. Avevano passato la notte sul bagnasciuga, accanto ad un romantico fuoco acceso e avevano fatto l'amore sotto le stelle. Per ben tre volte.

«Qualche giorno più tardi, mentre dormivi, hai parlato nel sonno. Eri agitata e mi hai svegliato. È stato allora che ho percepito qualcosa. Ti ho posato una mano sul ventre e ho sentito un infinitesimo germoglio di energia vitale pulsare dentro di te».

Rey lo fissò confusa e spaurita. «Perché non mi hai detto niente? Perché non l'ho sentito anch'io?» chiese irritata.

«Beh, è risaputo che sono sempre stato più potente di te» la prese in giro per bene.

Non poteva credere che stesse usando quella situazione per ostentare la sua mania di onnipotenza. Di fronte al suo sguardo dispiaciuto però si riscosse. «Sto scherzando» la tranquillizzò, prima che lei scoppiasse a piangere come un'imbecille. «Non l'hai sentito perché avevi paura. Hai sempre avuto il terrore che potesse succedere. La tua debolezza ti ha resa insensibile e ti ha impedito di percepirlo».

«Dimmi che sta bene... » mormorò commossa, mentre lacrime silenziose le rigavano le guance. Gli ormoni impazziti l'avevano già trasformata in una patetica piagnona.

«Lei sta bene».

Rey tirò su col naso e si asciugò gli occhi con il dorso della mano tremante. Si sentiva ridicola e fragile. «È una bambina?»

Ben annuì e le si avvicinò gattonando, si fermò davanti al suo corpo inquieto in ginocchio e le regalò un'espressione tenera e fiduciosa. Le spostò alcuni ciuffi di capelli che le si erano appiccicati alla fronte sudata e poi le accarezzò una guancia con delicatezza. «Sono qui con te, adesso. Andrà tutto bene». Le mise una mano sulla pancia e chiuse gli occhi. Improvvisamente la nausea e tutto il suo malessere svanirono e si sentì rigenerata.

Rey si gettò su di lui e si aggrappò alle sue spalle nude, godendo del calore rassicurante della sua pelle. «Promettimi che non le accadrà niente, che la terremo tra le braccia... e che la cresceremo insieme. Promettimi che ci farà arrabbiare, che ci farà gioire e disperare, come tutti i bambini... Promettimi che, qualunque cosa accada, non l'abbandoneremo mai...» lo supplicò, con gli occhi sgranati ed umidi di lacrime, nascondendo il viso contro il suo petto.

Ben le lasciò un bacio delicato sulla fronte, stringendola forte. E poi la rassicurò con la sua voce profonda. «Te lo prometto».


Dieci anni dopo...

Pianeta Byss, Sistema Beshgek, Nucleo Profondo

Temiri rivolse il suo sguardo accigliato verso l'orizzonte montuoso, avvolto da una fredda luce azzurrina. Beshgek, la stella blu di Byss, stava per tramontare. La leggera nebbia che si levava dal lago scuro e che circondava l'isola su cui sorgeva il Picco della Desolazione, gli impediva di vedere il luogo di attracco del catamarano.

Si erano stabiliti in quello strano e affascinante pianeta del Nucleo Profondo, già da qualche anno. Le motivazioni che li avevano spinti a lasciare Chandrila erano varie, ma la più importante era stata la necessità di ricostruire il Nuovo Ordine Jedi in un luogo protetto e isolato. Quel mondo misterioso, tatticamente lontano dalle rotte commerciali, era parso il posto più idoneo.

Byss doveva essere stato molto popolato, un tempo. Ma risultava completamente disabitato da secoli. Quando lui e Ben lo avevano esplorato, prima di stabilirvisi, avevano trovato innumerevoli rovine appartenenti ad immense città.

Ormai la natura aveva preso il sopravvento sui resti di quegli edifici alti e riccamente ornati e non ne restavano che monconi aggrediti dalla vegetazione lussureggiante. Alberi dal tronco contorto e dalla chioma bassa, che cresceva come una cupola irregolare, erano prosperati fino a divenire colossi in grado di sventrare tetti, aggredire ponti con le loro radici annodate. Intere città fantasma erano seminascoste da un intrico talmente fitto da impedire alla luce verde-azzurra di oltrepassare.

Avevano scelto un piccolo agglomerato, ancora parzialmente conservato, per trasformarlo nel primo Tempio jedi fondato sull'Equilibrio della Forza. Avevano lavorato sodo, partendo dal nulla, ma ci stavano lentamente riuscendo. Rey aveva voluto battezzare il Nuovo Ordine col nome del suo primo leggendario maestro, Luke Skywalker.

Spesso lui e Ben avevano intrapreso missioni, visitato interi sistemi, nella speranza di trovare ancora qualcuno che fosse sensibile alla Forza. Un vero Ordine jedi non poteva esistere senza apprendisti a cui tramandare la sapienza.

La loro estenuante ricerca li aveva portati a vivere diverse avventure, fino ai confini della Galassia. Durante quei lunghi viaggi, Ben gli aveva raccontato ogni particolare della sua vita passata. Gli aveva parlato della sua infanzia problematica, degli anni del suo addestramento con Luke e della sua rovinosa caduta nel Lato Oscuro. Glielo aveva promesso e aveva mantenuto la parola. La sua terribile esperienza gli era stata molto utile, ed aveva contribuito a farlo diventare un giovane uomo.

Ogni volta che riportavano su Byss un nuovo padawan, Rey li accoglieva esultante. Ormai erano diventati un bel gruppetto numeroso.

Non si era mai sentito figlio dei Solo, piuttosto il loro primo allievo. In tutti gli anni che aveva vissuto con loro aveva fieramente conservato il suo cognome e la sua storia, e Ben e Rey non avevano mai ostacolato la sua scelta. Sarebbe sempre stato Temiri Blagg, il ragazzino schiavo di Cantonica, il sensibile alla Forza che Finn aveva salvato dal massacro di Kalist VI e il futuro cavaliere jedi del Nuovo Ordine Skywalker.

«Dove credi di andare, è ora di tornare al tempio» si rivolse apprensivo alla ragazzina agitata accanto a lui, che si stava incautamente allontanando.

«Ancora un momento Temi, prima devo fare una cosa».

«È tardi. Non mi va di passare dei guai a causa tua». Era sempre la solita storia, quando si trattava di obbedire ad un ordine non ne voleva sapere.

«Non ho bisogno della balia, puoi anche avviarti da solo. Conosco la strada». Gli occhi blu cobalto della bambina lo fissarono caparbi sfidandolo. Nonostante avesse poco meno di dieci anni sembrava più grande. I suoi abiti candidi erano costantemente sudici e impolverati. Il suo fisico asciutto e acerbo era stato sapientemente modellato dalla vita all'aria aperta. Il visino affilato, incorniciato da una capigliatura perennemente scompigliata e corvina, la facevano assomigliare ad una piccola selvaggia.

«Sì, certo. Tra poco farà buio. Se ti succede qualcosa tuo padre mi ucciderà» sentenziò perentorio.

La ragazzina non ne volle sapere, si voltò imperterrita continuando per la sua strada. «Non è vero. Lui ti adora» lo corresse pungente.

«Mi farà a pezzi...» sottolineò tra sé con rammarico. Sul suo viso chiaro si dipinse un'espressione di terrore quando la vide avventurarsi lungo uno stretto sentiero che si inerpicava tra le rocce. Quella piccola peste era testarda come il duracciaio.

«Ehi! Hai sentito quello che ho detto?» gridò, ma la figura minuta ed agile era già sparita tra le grandi pietre acuminate.

«Ho lasciato l'asta nella Cava Argentata ieri, devo andare a riprenderla!» La sua voce acuta risuonò nella piccola gola che si apriva oltre l'ammasso roccioso.

Sbuffò spazientito incrociando le braccia al petto. «D'accordo, ma sbrigati. Non costringermi a venirti a prendere per i capelli!» le urlò in riposta scuotendo la testa.

Temiri ricordava ancora il momento in cui quella piccola delinquente era venuta al mondo. Per lui aveva rappresentato una svolta impensata, in un'esistenza che fino ad allora era stata insignificante.

Rey aveva accusato le prime avvisaglie del travaglio la mattina presto, ma per tutta la giornata aveva svolto le sue normali mansioni. Ogni tanto si fermava e respirava velocemente per resistere ad una fitta. Poi riprendeva da dove aveva interrotto. Non aveva paura e non era agitata, perché Ben le era sempre accanto e non aveva nulla da temere.

La sera la situazione era peggiorata e Rey aveva iniziato ad avere difficoltà a sopportare il dolore, sempre più intenso. Ben si era chiuso in camera con lei, lasciandolo in custodia al droide medico. Era un evento che dovevano affrontare da soli. Insieme.

Quella notte era stata infinitamente lunga. L'aveva passata fuori dalla porta, seduto lungo il corridoio con le spalle appoggiate alla parete, conversando con GH-7 e coccolando nervosamente Millicent. Ma i lamenti strazianti di Rey lo avevano angosciato tutto il tempo.

Alle prime luci dell'alba, delle urla disperate avevano squarciato il silenzio della villa. Ma subito dopo aveva sentito un flebile vagito e si era sentito sollevato. In quello stesso istante era accaduto qualcosa di prodigioso: dal nulla gli era apparsa la figura di un bambino ed aveva avuto molta paura. Ma quello strano ragazzino non aveva cattive intenzioni. Lo fissava sorridente, avvolto in una fioca luce azzurrina. Il suo corpo sembrava inconsistente ma la sua presenza era reale. Somigliava così tanto a Ben e aveva gli stessi occhi gentili di Rey.

Ti affido mia sorella. La sua vita d'ora in vanti ti appartiene.

Gli aveva sussurrato fiducioso, ma lui si era sentito inadeguato.

«Ben e Rey sono i suoi genitori, perché mai dovrebbe avere bisogno di uno come me...» si era giustificato impaurito.

Ma loro non potranno proteggerla per sempre.

Solo dopo avergli strappato una promessa che lo avrebbe impegnato tutta la vita, era svanito, così come gli era apparso.

Quando Ben era uscito dalla camera e si era chinato su di lui, mostrandogli un minuscolo esserino avvolto in un asciugamano bianco, la neonata aveva aperto i piccoli occhi un po' gonfi e lo aveva fissato con due profonde iridi blu.

«Io e Rey desideriamo che sia tu a sceglierle il nome» gli aveva sussurrato, ancora stravolto ma felice.

Temiri non conosceva molti particolari del suo passato e, della sua vera famiglia, non aveva che vaghi ricordi sbiaditi. Ma una cosa non aveva mai potuto dimenticare: il bellissimo nome di sua madre.

«Narissa».

* * *

Gli occhi di Narissa si illuminarono di un bagliore argenteo. Il blu cobalto delle sue iridi si schiarì, tramutandosi in un azzurro cristallino e trasparente, all'interno dell'antro scuro in cui brillavano miriadi di concrezioni fluorescenti. La Cava Argentata era il posto più misterioso e inesplorato del Picco della Desolazione.

Posò su una roccia sporgente l'asta che aveva appena recuperato e sorrise alla figura che le era apparsa di fronte. «Ciao».

Ciao, piccola. Bentornata.

«Stai meglio?» chiese, piegando leggermente la testa di lato.

Oh, sì. Ed è stato tutto merito tuo.

«Ne sono felice».

Oggi niente addestramento?

Narissa scosse la testa. «Come lo sai?»

Io so molte cose.

«In verità... non ho ancora iniziato un vero e proprio addestramento. Mamma dice che sono ancora troppo piccola. Mio padre invece non è d'accordo. Litigano spesso su questo argomento, a dire il vero».

Lascia che ti dica una cosa, bambina: la tua mamma è saggia.

«Adesso non posso fermarmi a giocare con te, mi stanno aspettando» spiegò, pensando al ragazzo in paziente attesa poco fuori la grotta.

Lei e Temiri erano cresciuti insieme ma non lo aveva mai considerato come un fratello. Lui era sempre stato qualcosa di diverso. Qualcosa di più. E non sapeva come spiegarlo.

Quel giovane dai capelli biondicci, dai grandi occhi verdi e buoni, e con il sorriso rassicurante, l'aveva sempre protetta. Anche se riteneva con orgoglio di non averne bisogno. Gli voleva bene ma si divertiva un mondo a farlo disperare e a metterlo in difficoltà.

«Tornerò a trovarti domani, d'accordo?» rassicurò la creatura, fiduciosa.

D'accordo. Ci conto. E ti dirò di più: desidero farti vedere una cosa, per dimostrarti quanto tengo a te.

Il suo volto si illuminò per lo stupore. «Davvero? È qualcosa di bello?»

Lo è molto di più...

«Che cos'è? Avanti, dimmelo!» esclamò eccitata, saltellando sul posto. Ma ricevette in risposta solo il silenzio.

«Dammi almeno un indizio» insistette, troppo curiosa ed impaziente.

A domani, piccola.

La figura la liquidò freddamente, facendola sentire impotente e dispiaciuta.

*

Quando Narissa uscì dalla Cava Argentata, trovò Temiri ad aspettarla spazientito che le faceva segno di sbrigarsi. Corse giù per il sentiero e gli sorrise, mostrandogli orgogliosa la sua asta recuperata.

Una risata sinistra risuonò nella caverna. Ma entrambi erano ormai troppo lontani per udirla.

Il sangue degli Skywalker non ti salverà, bambina. Ed io ti mostrerò quanto può essere immenso il potere dell'Oscurità...

"Sempre due ci sono... Né più, né meno... Un Maestro e un Apprendista"



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Note:

Kooriva era un pianeta terrestre dal clima tropicale collocato all'interno del Sistema Kooriva nell'Orlo Interno. Preso totalmente dal Legend. Il pianeta fu adottato come mondo d'origine dai Koorivar, acquistato dopo una lunga battaglia legale con la Repubblica Galattica. Mentre il pianeta subì una crisi economica sotto il regno dell'Impero Galattico, Kooriva recuperò posizione e prosperò sotto sia la Nuova Repubblica che sotto l'Alleanza Galattica.

Battipiuma mantelliani, Can-cell, Mynock sono tutte specie prese dal bestiario di Star Wars.

Byss era un pianeta del Nucleo Profondo, vicino al centro della galassia, scoperto non prima del 45 BBY. Una giornata locale in media durava 31 ore e un anno locale 207 giorni. Era il punto d'arrivo della Rotta di Byss, poi distrutta. Nel Legend: Byss era un mito, e sembrava essere il luogo ideale dove vivere. La sua strana luce blu-verde, causata dal suo sole, ha aggiunto anche un tocco di stranezza a questo mondo. Nonostante questo aspetto esteriore, tuttavia, l'energia del Lato Oscuro dell'imperatore Palpatine era ovunque, corrompendo non solo gli abitanti, ma il pianeta stesso. Secondo il Legend è poi stato distrutto. Ho ripreso questo pianeta perché mi intrigava che fosse misterioso, nascosto, e segretamente impregnato dell'energia del Lato Oscuro. (Perché sono una stronza diabolica eh eh!)

Beshgek è la stella blu primaria del sistema Beshgek e quindi del pianeta Byss.

Picco della Desolazione era un immenso sperone di roccia che sorgeva su un'isola nel pianeta Byss.

Curiosià: la bambina che presta il volto a Narissa è la stessa attrice che interpretava Rey da piccola, e cioè Cailey Fleming, con gli occhi modificati di blu. Il prestavolto di Temiri Blagg, ormai ventunenne, è invece il modello francese Steven Chevrin ;) Il volto di Han Solo Jr. è invece del famoso Finn Wolfhard ;)

Angolo dell'autrice esausta ma felice:

Dunque... da dove comincio? Ci sarebbero molte cose da dire ma in questo momento ho il blocco totale ^^'. Buffo, visto che sono stata capace di sfornare 16 capitoli da quella che doveva essere inizialmente l'idea di una shot. Non so cosa mi sia preso, ma mi sono lanciata in questo progetto a capofitto, compiendo un passo dopo l'altro, senza grosse pretese, e ne è venuta fuori questa storia. La trama doveva concludersi con loro due che finivano a letto insieme e poi... non so, ho pensato che fosse troppo facile. Sentivo che mancava qualcosa. C'erano ancora molte questioni da risolvere e l'ex-Resistenza tra i piedi che avrebbe rappresentato sempre una spada di Damocle sulle loro capocce.
Mi sono divertita un mondo con loro, mi sono disperata con loro, e ho gioito nel modellare un lieto fine che fosse nelle mie corde e che non li snaturasse troppo.
Il piccolo Interludio è un omaggio a tutte quelle lettrici che volevano tipo 15 figli Reylo. OK non saranno 15 ma UNO era d'obbligo ;)
Ovviamente per l'epilogo a sorpresa mi aspetto tante ma tante palate... ^^' ma, questo è il bello di Star Wars; non c'è mai una vera fine. Tutto si ripete in un ciclo continuo, e il male non viene mai estirpato totalmente. È sempre lì, in agguato, pronto a colpire nell'ombra e quando meno te lo aspetti. Per questo motivo la Galassia lontana lontana non cesserà mai di esistere.
Lascio quindi a voi immaginare quale sarà il destino di Temiri e Narissa... che: sorpresa! Non sono fratellini ma... due anime legate indissolubilmente da un promessa. È vero che si portano 11 anni, ma la piccola crescerà... crescerà... (probabilmente stronza come suo padre B) )
E con questo ultimo capitolo, spero che il quadro sia finalmente completo e più comprensibile.
Non so se scriverò ancora sui Reylo. Ho delle idee, ma non voglio anticipare nulla. Sono parecchio scostante e non mi va di fare annunci e promesse che poi non potrò mantenere.
A questa storia tengo molto e penso di rivederla totalmente dall'inizio, per correggere tutti gli strafalcioni che ho lasciato in giro e che la mia Onorevolissima Beta JeanGenie (Efp), mi sta aiutando a trovare (leggasi sbattendomeli in faccia, con un "Oh, ma che cacchio hai scritto?").
Anzi vi consiglio vivamente di fare un salto anche dalle sue parti perché scrive divinamente bene ;) Io ho gusti difficili e lei mi ha sempre soddisfatta ;)


Angolo dei ringraziamenti che è d'obbligo:
Ringrazio tutti i lettori, perché... Beh, noi povere autrici di fanfiction campiamo con le visualizzazioni e di queste piccole ma grandi ricompense.
Ringrazio tantissimo chi ha dato un contributo concreto al completamento di questa storia, lasciandomi ogni volta un parere, perché... sì, sapere cosa un lettore pensa è importante e fa riflettere. Anche se io non seguo mode ma scrivo solo quello che sento veramente. Perciò sarò sempre grata a chi recensisce spontaneamente.
Ringrazio George Lucas che ha inventato questa meravigliosa saga, 43 anni fa.
Ringrazio pure quel cornuto merdone di JJ Abrams, perché ha dato vita al personaggio migliore e più vero che avessi mai incontrato nell'universo di Star Wars: BEN SOLO, l'unico vero eroe della trilogia sequel, anche se poi gli ha fatto fare una fine di merda (per cui ovviamente non lo perdonerò mai).
Ringrazio il meraviglioso regista Rian Johnson per aver dato una botta alla Reylo non indifferente, e se non fosse stato per lui, e a tutto il casino che ne è derivato, probabilmente non avremmo mai avuto la Reylo canon e il fatidico bacio.
Credo sia tutto. Quando una storia lunga finisce, resta sempre un gran vuoto. Io ne ho finite poche, due o tre credo, ma ho sempre spuntato la casellina "Completa" con un gran peso sul cuore...

Grazie a chiunque sia passato di qua anche solo per sbirciare e, ovviamente...

Che la Forza sia con voi... Sempre...

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