Capitolo 16

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In seguito alla partenza di Leonard per New York, l'intera residenza sembrava caduta in un silenzio funebre. Quell'atmosfera richiamava distrattamente il ricordo di Samuel, il giorno in cui tutti vennero a conoscenza della sua morte. Da allora niente era stato veramente come prima. Anche se tutti continuavano ad andare avanti, come era giusto che fosse, l'enorme sensazione di disagio tornò ad invadere i loro cuori, così come mrs. Putnam tornò a rivolgere le sue preghiere a Dio. Ognuno in famiglia reagiva a quel dolore come poteva. E le donne più giovani, soprattutto, sentivano un peso sulle proprie spalle.

Le domestiche chiedevano quasi sempre a Raissa il menù della giornata, come apparecchiare la tavola, la biancheria da pulire. La russa, quando poteva, rimaneva fuori all'aria aperta, principalmente nel suo orto, e rientrava solo verso sera.

Uscendo di casa, Amelia aveva fatto capolino nella cucina vuota e, vedendo la porta esterna aperta, sbirciò la figura della cognata, armata di attrezzi da giardinaggio, fare delle profonde buche e aiutare gli ortaggi a crescere dritti con l'aiuto di un bastone lungo e spesso. La mancanza del fratello iniziava già a farsi sentire. Dal canto suo, Amelia aveva meditato a lungo se andare all'incontro con Cameron o meno. Aveva camminato per la sua stanza per diversi minuti, convinta che non sarebbe uscita di casa, anche perché non sapeva neanche se, dopo i recenti avvenimenti, il loro appuntamento fosse ancora valido. Poi però ci aveva ripensato. Aveva bisogno di risposte e, al tempo stesso, sfogare la sua rabbia e frustrazione sull'unica persona che le avrebbe dato retta. Nonostante tutto, mai aveva visto l'ombra della soddisfazione passare per il volto del maggiore, il giorno prima, e fu maggiormente sorpresa quando, arrivata davanti al garage di Maurice, se lo ritrovò già lì con le spalle al muro e le braccia conserte.

È in anticipo, pensò. Coincidenza?

Alle cinque mezza l'aria iniziava ad abituarsi alla stagione dal clima rigido, facendo soffiare un flebile, ma ugualmente gelido, vento pre-invernale. Senza contare che la luce del mattino iniziava ad affievolirsi e, tra pochi giorni, sarebbe stato già buio pesto alle sole cinque del pomeriggio. La stagione invernale non era certamente la sua preferita.

Il sole iniziava a nascondersi attraverso alcune case in lontananza, oltre la prateria dai fili d'erba secchi che si estendeva dietro il garage di Maurice. Il giorno regalava agli abitanti di Riverdale ancora una visione chiara delle persone e delle cose che incontravano sulla propria strada. Amelia avanzò ancora di qualche passo, manifestando la sua presenza con il rumore delle scarpe sulla breccia. Suono che mise in allarme il giovane maggiore. Nuovamente, lui e lei, erano occhi negli occhi, pupille affogate in quella che sembrava la stessa tonalità di colore ma di una tristezza differente.

Cameron si tolse il berretto, stringendolo in una mano. La sua espressione sembrava affranta, i suoi lineamenti restavano sempre duri, come il timbro della sua voce che arrivò rude orecchie della giovane. "Mrs. Putnam." La salutò incolore.

Amelia si strinse nello scialle di lana, limitandosi ad un cenno del capo. "Da quanto lo sapevate?"

Cameron alzò un sopracciglio scuro, sorprendendosi della domanda. "Temo di non capire, madame."

"Oh, avanti, Cameron! Non fingete con me." Sbraitò la giovane, stufa delle menzogne rifilate. "Da quanto sapete del desiderio di mio fratello di arruolarsi?"

"Da poco."

"Siate sincero, vi prego. Almeno con me." Gli disse, scavando nei suoi occhi chiari la verità che lui si ostinava a non rivelarle.

Cameron sospirò, scompigliandosi i capelli con una mano. L'espressione combattuta si trasformò rapidamente in una rassegnata, con tanto di palmi all'aria. Se avesse avuto una bandiera bianca avrebbe piantato anche quella. Proprio lì, ai piedi della giovane Putnam. "Va bene." Abbassò un attimo lo sguardo, raccogliendo la giusta dose di coraggio. "Il tenente generale mirava ad avere Leonard nella squadra. Vede in lui grandi potenzialità." Confessò, tornando a guardare il volto della ragazza per vedere la sua espressione.

La rabbia lasciò ben presto spazio alla delusione. Amelia deglutì, ingerendo l'amara verità che fungeva da boccone di carne avvelenato. Aveva una buona dose di intelligenza per intuire un probabile seguito delle intenzioni del tenente generale Lovett.

Tu avevi l'incarico di avvicinarti a lui.

E lei si era lasciata coinvolgere. Aveva creduto, per qualche giorno, che potevano esserci delle buone intenzioni da parte del militare. Aveva immaginato... sì, cosa aveva immaginato esattamente? Nulla. Solo sciocchezze. Ingenuamente aveva creduto davvero che, tutto quello che aveva letto nei suoi libri d'amore, poteva avverarsi. Il bel pomeriggio di soli due giorni fa era stato spazzato via dal masso di menzogne che Cameron aveva costruito su qualcosa di prezioso: la sua fiducia.

"Non immaginavo foste tanto crudele. Il destino mi ha già portato via un fratello. Che bisogno c'era di portarmene via un altro?" Magicamente recuperò l'uso della parola, avvertendo un leggero pizzicore agli occhi una volta formulata quella che appariva come la domanda più stupida del mondo.

È la guerra, Amelia. Ecco cosa le avrebbe risposto. Lo immaginava in modo così reale che contò quanto tempo ci avesse impiegato a rifilarle una risposta così scontata. Non accadde nulla di tutto ciò. Cameron si avvicinò ancora di più ad Amelia, ben sapendo che sarebbe stato meglio allontanarsi e lasciarla lì a piangere, piuttosto che abbracciarla come fece dopo qualche minuto di silenzio.

"Mi dispiace." Le sussurrò ad uno orecchio. Le labbra di lui sembravano tremare, così pericolosamente vicino alla sua guancia, dove depositò un casto ed innocente bacio. Amelia si sentì scaldata, avvertendo le prime lacrime uscire dagli occhi. Capiva anche da sola che nessuno aveva costretto Leonard, che non era stato forzato con una pistola alla tempia. Ed ora forse riusciva a capire anche perché Cameron non avesse tentato di impedirlo. Ciò nonostante riusciva a comprendere meglio anche le parole di mrs. Ferrars. Loro non sono come appaiono.

Con un enorme sforzo, Amelia si allontanò dalle sue braccia e dal suo muscoloso petto. "È troppo poco per come mi sento adesso." Rivelò, incamerando un grande respiro. Avrebbe contribuito a non farla crollare del tutto, rendendosi debole davanti ai suoi occhi. "Scommetto che anche per Ed Roges è stato così, vero? Neanche delle parole di cordoglio alla sua povera fidanzata le avete fatto! Non mi meraviglierebbe se la storia del tradimento fosse tutta una messa in scena." Amelia parlò in fretta, come un fiume in piena. Ma ogni frase e ogni parola venne incamerata da Cameron Mendel, che puntò freddamente i suoi occhi in quelli della giovane.

Amelia notò il rapido e spaventoso cambiamento dell'espressione dell'uomo. Non poteva di certo sapere che le sue parole avevano sciolto una catena di dubbi e pensieri che Cameron stesso aveva legato a doppio nodo. Il giovane militare prese il polso della ragazza, stringendolo. Amelia sussultò. "Lasciatemi!"

"Amelia, ascoltatemi bene: Ed Roges era un traditore ed è morto come tale. Non tentate di scavare alla ricerca di qualcosa che è diverso da ciò. Ve lo sto chiedendo per favore." Allentò la presa ma non lasciò il suo polso, anche perché la ragazza aveva smesso di dimenarsi e si limitò a guardare il suo viso, contratto dapprima in una smorfia di terrore ed ora in una apparentemente serena.

La giovane Putnam iniziò a credere a delle fondamenta di verità nella versione di mrs. Ferrars. Perché accanirsi così tanto altrimenti?

"Ma perché?" Chiese ingenuamente la ragazza. Il suo cervello iniziò ad andare in confusione e si ostinava a tenere lontana Amelia dalla profonda verità che l'avrebbe messa solo in pericolo.

"Non posso dirvelo ma voi dovete fidarvi di me. Non tentate di cercare ciò che non c'è e pensate solo a studiare."

Ma la giovane non si fidava, almeno non in quel momento e non dopo quelle parole. Era come se, oltre al suo cervello, anche Cameron volesse tenerla lontana da qualcosa, qualcosa di pericoloso, visto anche il tono grave che usò il militare. Con una strattonata improvvisa e non premeditata, da parte dell'uomo, Amelia tornò ad impossessarsi del proprio polso.

"Come potete chiedermi di fidarmi, Cameron? Leonard è l'unico fratello che mi è rimasto ed ora ogni componente della mia famiglia vive nell'angoscia di rivivere il dolore straziante che abbiamo provato quando abbiamo perso Samuel." Omise di aggiungere frasi scontate che potevano solo irritarlo. Non aveva deciso di andare all'incontro per colpirlo con le parole, ma solo di capire e ciò che aveva sentito le bastava.

Cameron incamerò aria nei polmoni, pregando mentalmente di avere la forza per non cadere ulteriormente in una trappola per topi immaginaria. Era diventato fin troppo scaltro e la furbizia, che negli anni aveva ingerito come il peggiore dei veleni, aveva contribuito a fortificarlo. "Non sarà lo stesso. Non dovete temere per lui."

"E come faccio a credervi? Voi non siete un veggente, Cameron. Siete un essere umano, come me, e non avete potere sugli eventi." Le lacrime ripresero ad uscire dagli occhi della ragazza, calme e indisturbate, quasi come se fosse un fiume che scorreva tranquillo.

Il maggiore stette qualche minuto in silenzio, distogliendo lo sguardo e riversandolo sul garage del signor Maurice, completamente deserto e prossimo ad essere inghiottito dall'oscurità notturna. "Non posso avere potere sugli eventi ma posso avere il controllo dei miei uomini."

Amelia strabuzzò gli occhi, cercando di respirare nel modo più tranquillo possibile. Nella sua mente stava elaborando qualche frase che le servisse da conforto.

Andrà tutto bene. Leonard sa badare a sé stesso. Ha giurato di tornare e lo farà.

Ma anche Samuel l'aveva promesso e non è più tornato.

Un giuramento vale più di una promessa.

"Che volete dire?"

"Che vostro fratello è in ottime mani." Rispose Cameron, tornando ad osservare il volto triste della ragazza. Allungò una mano, prendendo la sua, calda nella lana dello scialle che l'avvolgeva. "Vi prego di fidarvi di me, Amelia. Questa è una promessa, la promessa di un uomo che tiene più alla sua parola che alla sua vita. Vostro fratello sarà di ritorno a casa per il nuovo anno. Per il momento, posso fare solo questo."

Gli eventi avevano preso una piega che Cameron non aveva premeditato. Distratto, aveva cercato di sorvolare le intenzioni del tenente generale Lovett, ma quando Sunford si era presentato da loro con quella che sembrava, a tutti gli effetti, una buona idea, non poteva certo manifestare del malcontento. Aveva avuto modo di vedere Leonard Putnam, quella mattina, e il suo volto determinato e la sua voglia di iniziare subito con l'addestramento base lo preoccupava. Non se ne era reso conto subito ma, vedendo il viso dalle gote rosse e umide dal pianto di Amelia, si disse di esserci dentro fino al collo. Qualcosa che non era decisamente nei suoi piani.

La giovane si limitò a fare un cenno d'assenso, tirando il su col naso e iniziando a calmare le proprie lacrime. Sentiva un gran bisogno di dormire, di dimenticare quel pomeriggio e la sera precedente.

"Va bene." Non aveva scelta, realizzò poco dopo. Non si fidava cecamente di Cameron Mendel ma se voleva avere una sorta di collegamento con il fratello e il suo soggiorno a New York, doveva farlo.

Cameron tirò un sospiro di sollievo. Aveva ancora qualcosa da chiarire. "Molto bene. Mi aspetto lo stesso da voi, però." Davanti al sopracciglio biondo alzato della sua interlocutrice, si apprestò a proseguire. "Che farete tesoro del mio consiglio. Ed Roges è morto ed era un traditore."

Amelia non dimenticava la sua reazione di poco prima, il modo in cui i suoi occhi si erano ingranditi alla sua provocazione. Poteva essere il senso dell'onore ferito, certo, ma era abbastanza intelligente da sapere che dietro al consiglio e alla apparente verità che vedeva Roges come traditore, c'era un senso di protezione nei suoi confronti. Ma se voleva aiutare mrs. Ferrars doveva mostrarsi docile e, soprattutto, collaborativa. "Sì, Cameron. Prenderò alla lettera il vostro consiglio e mi concentrerò sullo studio."

Il sorriso che il militare le rifilò, però, le parve sincero, realmente contento della sua risposta. Che cosa nascondeva quell'aria angelica e cavalleresca? Intendeva scoprirlo, senza accrescere altri sospetti. Se poi non avrebbe scoperto nulla di nuovo si sarebbe messa l'anima in pace, ma brancolare nel buio non faceva per lei.

"Non potrò venire molto spesso a darvi lezioni, mrs. Putnam." Le rivelò in seguito, facendo riferimento ai loro incontri segreti lì nel garage di Maurice. Aveva delle nuove reclute da addestrare e il suo obiettivo principale rischiava di essere troppo trascurato.

"Comprendo, maggiore. Non preoccupatevi." Posso anche pilotarlo da sola. Non sono più una bambina! Aggiunse mentalmente, cercando di frenare la lingua appena in tempo. Il fatto di essere tornati in toni formali non le dispiaceva, mai come il fatto che non avrebbero volato insieme. Quest'ultimo particolare preferì ignorarlo, come le altre cento fantasie che avevano assediato la sua mente nelle ultime ventiquattro ore.

Stupida!

Stringendosi ancora di più nel suo scialle, Amelia avvertì un senso di freddo colpirla in pieno volto, gelando le guance umide. "Si sta facendo tardi. Devo tornare a casa." Fece un passo indietro, voltandosi.

"Vi accompagno." Disse Cameron, raggiungendola con tre semplici falcate.

"No!" Esclamò lei con tono alto, spostandosi di lato per non affiancarlo. "Maggiore, vi prego. È meglio per me e voi se torniamo ad essere formali, sia nelle parole che nei gesti. Dimenticate quello che è successo negli ultimi giorni ed io farò lo stesso. Farò tesoro del vostro consiglio ma la nostra confidenza si ferma qui."

Cameron osservò la ragazza. Teneva lo sguardo altrove, evitava i suoi occhi e sentiva un leggero astio nel tono della sua voce. L'espressione da bambolina innocente sembrava assumere sfumature delineate di una malcelata delusione. Delusione per colpa sua, del suo comportamento, del fatto di essersi approfittato della sua vicinanza per arrivare al fratello. Se avesse saputo che ci voleva così poco per farlo crollare... già. Cosa avrebbe fatto? Avrebbe cercato comunque una vicinanza con Amelia Putnam?

"Se è questo quello che volete, mrs. Putnam." Gioisci di questo, stupido! Ti sei tolto un problema non indifferente.

Amelia annuì. Per un attimo, il militare aveva sperato in un altro tipo di gesto. "E' ciò che voglio, maggiore."

Gli stivali della divisa affondarono in un pezzo di terreno più molle, con l'umidità che iniziava ad avvolgere i due come una coperta. Cameron indietreggiò, allontanandosi dalla ragazza. "Allora questo è un addio?"

Cosa voleva ancora? Un invito scritto?

Amelia sospirò, sentendo ogni forza abbandonare il suo corpo. Aveva solo voglia di tornare a casa, buttarsi sul letto e dormire. Dormire fino alla fine dell'anno. "Vi auguro una buona serata, maggiore." Tagliò corto lei, superandolo per addentrarsi nella stradina che l'avrebbe ricondotta sulla strada per casa sua.

Alle sue spalle, Cameron non la chiamò. Rimase ad osservarla allontanarsi sempre di più, fino a quando non fu definitivamente lontana. Da lui, dal suo essere, dalle sue idee che mangiavano il suo lato cavalleresco. Doveva sentirsi soddisfatto del suo operato, lieto di non essersi ficcato in altrettanti guai. E invece fu assalito da un senso di colpa per essersi comportato come il peggiore dei traditori.

Ci avrebbe bevuto su. Magari quella sera stessa, nel suo alloggio. Avrebbe affogato ogni sentimento in un bicchiere di whisky, vomitato sul pavimento il mattino seguente e restando con lo stomaco sottosopra per gran parte della giornata. Una prospettiva abbastanza interessante.

meglio così. Non è più un mio problema. Continuò a ripetersi quella frase per tutto il tragitto che fece da Riverdale a New York, arrivando alle porte della base militare con uno sguardo torvo e gli occhi che sprizzavano fiamme ad ogni sguardo che lanciava ai suoi sottoposti. Nella hall, dalle pareti verde oliva, incontrò un paio di generali e l'ultimo uomo che avrebbe voluto vedere: Trevor Scott, il sottotenente e lacché di Lovett.

"Maggiore! Avete passato una buona serata?" Lo provocò lui, con il suo solito sorriso compiaciuto, che tendeva ad assomigliare più ad un ghigno.

"Splendida, Scott. Immagino, però, che tu debba occuparti d'altro che di come ho passato la serata io." Rispose prontamente lui, unendo le mani dietro la schiena. Chiese ad un militare della reception il registro per confermare la sua presenza alla base. La sua guardia iniziava tra due ore e poteva concedersi un meritato riposo sulla sua branda fino ad allora.

"Indubbiamente, maggiore. Stavo proprio uscendo per godermi la mia serata libera."

"Ne sono lieto. Buon divertimento!" Esclamò, tutt'altro che amichevole, incamminandosi verso il suo alloggio.

"Sarà felice di sapere che sua cugina le ha voluto fare una sorpresa. È nel suo alloggio e la sta aspettando."

All'ennesima provocazione da parte di Scott, Cameron sentì il sangue gelargli nelle vene. Il suo sguardo divenne ancora più cupo, mentre la sua mente visualizzava un solo volto, quello di sua cugina. Si voltò verso Scott, solo per verificare che non si trattasse di un brutto scherzo. L'espressione compiaciuta, di chi ha appena vinto una partita a poker, li lasciava intendere che era tutto vero. Senza rispondere, a passo rapido, si precipitò nell'alloggio che condivideva con altri due ufficiali del suo grado e quella serpe di Scott.

Non appena spalancò la porta, sentì distrattamente questa cigolare, perché il metallo sbatté direttamente contro il muro dell'arco, facendo sussultare l'unica presenza vivente nell'alloggio.

"Cameron, mi hai spaventata!" Esclamò la donna, mettendosi una mano sul petto per ascoltare il cuore che le martellava all'interno della gabbia toracica. "Vuoi farmi venire un infarto, forse?!"

Il maggiore lanciò un attimo lo sguardo per il corridoio, verificando che fosse totalmente deserto. Entrò, richiudendo la porta dietro di sé e rivolgendo la sua attenzione verso la sua ospite. Aveva dimenticato il fascino che emanava, il profumo di rose selvatiche nell'aria, la chioma bionda fluente ora chiusa in un elegante chignon. Con quel vestito panna dalle righe nere, in un perfetto taglio militare, sembrava richiamare all'attenzione la sua posizione lì. Gli occhi verdi iniziarono a scintillare, cerchiati dal nero del trucco, e in una movenza sensuale e femminile li fu subito vicino.

"Non sei felice di vedermi?" Chiese lei, abbracciandolo.

"No." Cameron si scansò appena in tempo per non farsi cingere dalle sue braccia. Era già abbastanza adirato, non serviva aggiungere altra benzina sul fuoco. Preferì andare subito al sodo. "Che cosa fai qui?" Le chiese duro, avanzando verso il suo armadietto per prelevare una bottiglia di whisky. Ne trovò solo metà. Dannato Scott!

La donna lo guardò con un'espressione ironica sul volto, ridacchiando appena. "Pensavo ti facesse piacere un po' di compagnia." Rispose con falsa innocenza, accomodandosi sulla branda del militare senza invito.

"La verità, Elmira." Le disse, chiamandola per nome. Anche nominarla dopo tanto tempo gli provocava una fitta al petto. Erano i pezzi del suo cuore che gli ricordavano quanto quella donna, in passato, gli avesse fatto male.

Elmira Becker sospirò con aria scocciata. Buttò da qualche parte il suo cappello nero, in perfetta armonia con le righe dell'abito, e si stese sulla branda in una perfetta posa da diva. "Ha ragione Scott quando mi ha scritto che sei diventato noioso." Sbadigliò, facendo intravvedere un'aria spossata per via del lungo viaggio affrontato. "Visto che vuoi proprio saperlo, sono qui per conto del grande capo. Vuole sapere come procede il piano, visto e considerato che sono mesi che non ti fai sentire."

Cameron sorrise amaramente, scuotendo appena il capo, tracannando un bicchiere di whisky. "Procede." Aveva inteso fin da subito che Elmira fosse lì per conto di Wagner e non per fargli della semplice compagnia.

"Trevor mi ha scritto che hai avuto dei problemi con un militare quando è affondato il Lusitania. Qualcuno sospetta qualcosa?"

Cameron ripassò mentalmente il momento in cui aveva ucciso Samuel Putnam. Il momento in cui aveva distrutto le speranze della sua famiglia e, inevitabilmente, il volto addolorato e deluso di Amelia si materializzò davanti a lui. "Nessuno."

"Perfetto." Elmira osservò il profilo di colui che, per molto tempo, era stato il suo compagno. Non solo durante le missioni ma anche per parecchie notti, in seguito a ciò che avvenne a Berlino. Lo sentiva stranamente distante, freddo come il ghiaccio. In parte riusciva a comprenderlo. L'aveva attirato a lei con l'inganno, con l'arte della manipolazione che poi, a sua volta, gli aveva insegnato in quelle che erano state brevi lezioni di sopravvivenza. Tuttavia, rivederlo così cambiato e calato alla perfezione nel personaggio, provocava alla donna pensieri ed emozioni tutt'altro che caste. "Mi sono sentita così sola in questi mesi." Cantilenò lei, cercando di attirare la sua attenzione.

"Quando tornerai a Berlino?"

La bionda sospirò. "Non lo so ancora. Fin quando Wagner non mi richiamerà all'ordine immagino."

"Tuttavia non puoi rimanere qui." Non gli servì sapere come aveva fatto a spacciarsi per un parente che neanche aveva. La presenza di Scott, in quella base, serviva proprio a quello.

"Tranquillo. Ho prenotato una stanza in un hotel a Little Italy e ogni novità ti verrà comunicata direttamente da me." Neanche quello servì ad ottenere la sua attenzione. Iniziava davvero a stancarsi. Fece scoccare la lingua al palato, inclinando la testa di lato. "Paulne ti manda i suoi saluti." Con sua soddisfazione, stavolta gli occhi glaciali di Cameron furono su di lei.

"L'hai vista?" Chiese interessato lui, finendo il terzo bicchierino di whisky.

Elmira annuì. "Sì. Non vede l'ora di riabbracciarti. Sai, penso ti abbia perdonato." Omise nel rivelargli altri particolari che avrebbero contribuito a farlo incupire ancora di più.

Cameron sentì il cuore più leggero. Sapere che sua sorella non ce l'aveva più con lui era una grande consolazione. Per mesi e settimane aveva sperato in una sua lettera, in una sua buona parola, e finalmente poteva dire che la presenza di Elmira a qualcosa era servita. Mandò giù per la gola altri due bicchierini di whisky. Non era saggio iniziare la sua guardia pieno di alcol in corpo, doveva fare qualcosa per recuperare la lucidità, sfogarsi in qualche maniera. Aveva ancora del tempo.

Strabuzzò gli occhi, cogliendo lo sguardo di Elmira, ancora sdraiata sulla sua branda. "Spogliati." Ordinò con tono pacato, riponendo la bottiglia di whisky e il bicchiere su uno sgabello di metallo. Nessuno ci avrebbe badato.

Elmira recuperò il suo entusiasmo, ben visibile sul suo viso di porcellana, finemente truccato. Si tirò in piedi, iniziando a sbottonare la giacca dell'abito con movimenti lenti. Il suo sguardo, in direzione del militare, lasciava trasmettere un accecante desiderio di rivivere le notti in sua compagnia di qualche mese prima. "Erinnerst du dich, wie Frauen sind, Cam?" Lo provocò lei, lanciando la giacca accanto al cappello, rimanendo con un busto lungo e bianco, da pizzi e merletti arancioni. Benché stava iniziando ad andare di moda girare senza, Elmira era ancora restia ad abbandonare un capo che per anni aveva segnato la moda femminile, rendendo le donne sensuali e sicure di loro.

Cameron le riservò una smorfia maliziosa, avvicinandosi pericolosamente a lei. "Jetzt wirst du sehen." Le rispose con tono grave, marcando la profondità del suo accento tedesco. Stanco di giocare al gatto col topo, catturò le labbra della donna con violenza e necessità, facendola indietreggiare fino a cadere nuovamente sulla branda. In poco tempo la liberò dell'incombenza dei vestiti, catturando più volte i suoi seni con famelica malignità.

Perché di questo si trattava. La fame dei corpi non aveva nulla a che vedere con i profondi sentimenti amorosi che potevano coinvolgere facilmente le donne. In quel caso, coinvolgevano solo Elmira che, regalandosi a Cameron e richiamando all'attenzione i ricordi del passato, sperava sempre di entrare definitivamente nel suo cuore. Ciò che la tedesca non sapeva era dell'esistenza di una pericolosa rivale, che albergava già nella mente del giovane militare.



Wolf's note:

.....

*si inchina in un saluto cinese* 

Followers, cercate di capirmi che solo ora riesco a riemergere dal guasto che ho avuto la settimana scorsa. Vi chiedo ancora scusa ma spero che la ricchezza di questo capitolo, ultimo della prima parte, possa piacervi. Valeva la pena aspettare, no? No, okay, siamo seri. Nell'ultima parte del capitolo avete fatto la conoscenza di una donna (volto alla quale mi sono ispirata lo trovate insieme agli altri al lato) che ci regalerà emozion...no. Anche no. Comunque Elmira sarà un personaggio abbastanza enigmatico. Vi starete chiedendo del perché Cameron ne sia così attratto fisicamente, come abbia fatto la donna a spezzargli il cuore, come si sono conosciuti... okay, magari l'ultima parte interessa poco ma vi anticipo che, nel prossimo capitolo, avremo delle risposte.

La seconda parte inizierà proprio con un flashback su come si sono conosciuti Cameron ed Elmira e che ruolo ha la donna all'interno della sua vita e conosceremo meglio anche Paulne, la sorella del nostro bel maggiore.

Appuntamento, quindi, a Mercoledì 21 Novembre con l'inizio della seconda parte, il capitolo 17 insomma. Per la prossima settimana andrà online di Mercoledì, ma dal capitolo 18 cercherò di riprendere il ritmo regolare di far uscire i capitoli ogni Martedì. 

Traduzione del dialogo (mini scambio di battute) tra Cameron e Elmira:

Erinnerstdu dich, wie Frauen sind, Cam?  = Ti ricordi come sono le donne, Cam?   

Jetzt wirst du sehen. = Ora vedrai.


Per avvisi (speriamo che non ce ne siano), foto, video, booktrailer, link, quote, sulle mie storie vi invito a mettere "like" o "segui" alla mia pagina Facebook: Le memorie di Wolfqueens Roarlion. Link cliccabile dalla mia pagina d'autrice qui su Wattpad.

In conclusione, ringrazio tutti voi lettori, silenziosi e non, che avete seguito i nostri protagonisti fino a qui. A voi che vi siete appassionati così tanto a loro. Ricordate i fazzoletti che vi ho regalato all'inizio della storia? Ecco... teneteli a portata di mano. Ci serviranno. Vi dico solo che ci aspettano battaglie su battaglie, di tutti i tipi. 

Alla prossima settimana con la seconda parte! <3

Un abbraccio,

Wolfqueens Roarlion.

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