CAPITOLO 34 - LO FACCIAMO?

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Ero appena rientrata in casa. Quella mattina le lezioni erano finite prima, ringraziando il cielo, per via di un convegno fuori sede che aveva tenuto impegnato il mio professore.

Finalmente potevo avere un pomeriggio libero. Avevo già deciso di studiare un paio di ore e poi buttarmi sul letto a guardarmi qualche serie tv, raggiungendo infine i ragazzi dopo cena.

Stavo posando la mia tracolla sulla scrivania, quando sentii bussare alla porta. Per un attimo mi accigliai, non capendo chi potesse essere, visto che Henry era all'università e Luke ancora a lavoro. Con passo spedito raggiunsi l'ingresso e gettai un'occhiata dallo spioncino per scoprire di chi si potesse trattare.

La risposta, ovviamente, era una sola, e io ero stata un'ingenua a credere diversamente quando parlavamo di stalking. Spalancai la porta trovando la mia scimmietta sul pianerottolo ad attendermi.

«Niente panda oggi?» domandò sogghignando. Ovviamente si riferiva al pigiama che mi aveva visto addosso la sera prima. Io non capivo davvero cosa ci fosse di così divertente nei miei pigiamoni! Quello poi era la versione estiva con i pantaloncini!

«No, sai com'è, all'università mi camuffo da persona così gli altri animali non mi riconoscono. Tu, piuttosto, che ci fai qui? Non dovresti essere a lavoro?» chiesi lievemente preoccupata, conoscendo lo stacanovismo di Luke.

«Oggi ho chiesto un permesso e sono uscito prima, sapendo che avresti terminato in anticipo le lezioni. Vorrei portarti in un posto, andiamo?»

Ed eccole le parole fatidiche: posto e andiamo. Erano un'altra sentenza di morte sicura per me emessa dalla donna oscura con la falce in mano.

«Dove? Non puoi sempre sbucare così e chiedermi solo di seguirti! Ammetto di divertirmi al termine delle tue avventure, ma c'è tutta la parte prima del divertimento in cui mi limito a pregare tutti i Santi affinché abbiano pietà della mia povera anima, e chiedo anche a San Pietro di non farmi entrare da loro perché il caffè in paradiso non lo voglio!»

Lui, come sempre del resto, scoppiò a ridere per il mio originale modo di dirgli che non lo avrei seguito senza prima avere indicazioni, ricomponendosi però velocemente.

«Io ti adoro quando vaneggi, starei ad ascoltarti dalla mattina alla sera! Comunque, no, topino, non te lo posso dire perché è un'altra sorpresa, ma posso rivelarti che se verrai con me e farai quello che ti chiedo avrai ben due ricompense!» Nell'udire quella parola drizzai subito le orecchie.

La cosa si poteva fare interessante!

«Che genere di ricompense?»

La mia mente intanto era partita a mille, dai pensieri più indecenti, fino ad arrivare alla mia passione: i dolci.

«Te ne posso dire solo una per ora, l'altra forse te la svelerò quando arriviamo lì. È una cosa che adori: cornetti alla crema e pasticcini annessi!»

Ok, aveva vinto! È vero che ormai io e i cornetti eravamo un tutt'uno, perché Luke spesso me li portava per colazione, ma quella mattina non avevo avuto la mia dose di zuccheri quotidiana. E poi chi rinuncerebbe ad un cornetto gratis? Tanto poi sicuramente lui in qualche modo mi avrebbe condotta dove voleva, almeno così se non morivo potevo strafogarmi!

«Ok, scimmietta, ma sappi che se è qualcosa che mi farà incavolare ti taglio la liana!» lo minacciai, prendendo la borsa e le chiavi per poi iniziare a scendere le scale.

«Uhm... Ollie... detta così suona un po' male!»

Mi bloccai di colpo davanti al furgoncino parcheggiato sotto casa mia, sgranando gli occhi per via di quell'allusione per una volta non intenzionale. Mi venne in automatico di spostare lo sguardo verso il basso del suo corpo.

"Ok, se intende in quel senso mi serviranno delle cesoie belle grosse per riuscire nell'intento."

«Beh, a tuo rischio e pericolo, scimmietta, in un modo o nell'altro la liana non sarà più pervenuta se me le fai girare!» asserii stando al suo gioco, prendendo posto sul nostro mezzo di trasporto e allacciandomi la cintura.

Lui mi guardò per un attimo con occhi sgomenti, per poi mettersi a ridere scuotendo la testa mentre saliva dal suo lato e metteva in moto.

"Scusa scimmietta, è Meg che devia la mia mente, o semplicemente ce l'avevo già deviata di mio e lo stare insieme peggiora solo le cose", pensai.

Dopo 15 minuti di auto giungemmo davanti al parcheggio di un enorme palestra con una stratosferica insegna luminosa che svettava dalla sua sommità: Energy.

Ve bene, le palestre erano innocue, anche se io avevo l'orticaria per ogni forma e genere di attività sportiva.

«Scimmietta, se questo è un modo velato di dire che con tutta la roba che mi mangio sono una culona, allora di' pure addio alla liana!» lo incalzai, scendendo dal furgone una volta parcheggiato e dirigendoci a piedi verso l'ingresso che era completamente a specchio.

«No, topino, anche perché, se così fosse, non ti comprerei più i cornetti. E poi il tuo sedere mi piace così com'è! Oltre al fatto che è troppo divertente sentire i tuoi mugolii d'apprezzamento mentre addenti uno dei tuoi amati dolci!»

Ok, aveva guadagnato punti. Almeno non era uno di quei tipi che prima si lamentavano che le donne stavano sempre attente alla linea e poi quando ne trovano una a cui piaceva mangiare rompevano perché dovevano tenersi in forma. Una categoria di uomini a dir poco detestabile.

Varcate le porte scorrevoli ci ritrovammo davanti un enorme atrio con un lungo bancone della reception che prendeva tutto il lato principale. Una donna bionda, sulla quarantina, con un paio di occhiali dalla montatura quadrata, sollevò lo sguardo verso di noi e salutò con un cenno della mano Luke che contraccambiò prima di proseguire oltre.

"I due si conoscono, ergo questa deve essere la palestra dove lui si allena."

Ormai le mie ipotesi e congetture iniziavano a moltiplicarsi, ma vennero interrotte quando la scimmietta si fermò davanti a una porta laterale che indicava gli spogliatoi per le donne, dove mi consegnò un piccolo zainetto nero di cui mi resi conto solo in quel momento.

«Conoscendo la tua fobia per lo sport ho provveduto a prenderti qualcosa da indossare per oggi, quindi ora vai e cambiati, io ti aspetto qui fuori!» ordinò assertivo.

Presi la borsa che mi stava porgendo sbuffando.

"Che tocca fare per avere un cornetto!"

Entrai nello spogliatoio, aprendo immediatamente la sacca che avevo tra le mani. Dentro vi trovai un paio di leggings neri, una canotta sportiva blu, e un paio di scarpe da tennis del medesimo colore. Mi cambiai al volo legandomi anche i capelli in una coda alta, per far terminare il prima possibile quell'incertezza che mi stava ammantando, uscendo di lì in meno di 10 minuti.

Luke era esattamente dove lo avevo lasciato, appoggiato alla parete davanti lo spogliatoio a braccia incrociate. Adoravo quando assumeva quella posizione, gli si vedevano meglio i pettorali e le braccia scolpite. Quando mi vide, avanzò lentamente verso di me con un sorrisetto laterale a incurvargli le labbra.

«Mi piace come ti sta addosso questa tenuta, ma ti preferisco sempre in pigiama» mi sussurrò all'orecchio con voce roca.

"Ok... viva me! Al ritorno mi sarebbe andata alla grande!"

Mi prese per mano, conducendomi lungo un corridoio con diverse stanze adibite a vari tipi di corsi che si stavano svolgendo: step, spinning, fitboxe e così via. Le superammo tutte, puntando verso l'ultima in fondo. Ma non appena varcai la soglia la salivazione mi si azzerò di colpo.

Io dovevo sempre dare retta al mio sesto senso, perché quello che si stava presentando dinanzi ai miei occhi non preannunciava nulla di buono: una finta parete in roccia si ergeva verso il soffitto. Era una di quelle che servivano per fare pratica per le arrampicate, con tanto di quei cosi sporgenti colorati che servivano per aggrapparsi.

Ok... quella era decisamente la palestra dove andava Luke, ma non per utilizzare la sala pesi, bensì per la sua folle passione!

«Ti prego dimmi che non mi vuoi far fare quello che penso!» lo pregai con voce malferma, continuando a fissare con occhi terrorizzati quella dannata struttura che si stagliava verso l'alto.

«Ebbene, sì, oggi ti voglio far provare quello che faccio io!»

"Non lo ha detto sul serio?!? Ti prego Buddah, Zeus, Dio, o chiunque ci sia in ascolto lassù, vi scongiuro, ditemi che ho sentito male!"

«Io me ne vado! Te e le tue amiche scimmiette giocate pure ad arrampicarvi sugli alberi per raccogliere banane, noci di cocco, o quello che vi pare, io torno nel mondo civilizzato. Ti aspetto in auto!» Stavo già facendo dietro front, quando venni bloccata dal mio assassino che mi ghermì per la vita con un braccio.

«Aspetta! Non vuoi neppure sapere quale è il secondo premio che ti spetta se sali sulla parete più piccola?»

"Che infame! Gioca la carta della mia curiosità per abbindolarmi! Ma se crede di convincermi con dell'altro cibo si sbaglia di grosso. Non ci sarei salita su quell'affare neppure per il mio amato gelato!"

Ma non potevo negare che avesse catturato la mia attenzione, così decisi di chiedere ugualmente. D'altronde si sa che la curiosità è donna.

«Sentiamo che cosa vuoi propinarmi. Tanto qualunque genere di dolce tirerai fuori non mi convincerà, sappilo. Questa volta sono irremovibile!»

Mi fece voltare verso di lui, guardandomi dritta negli occhi con un mezzo sorriso. «Niente cibo, tranne i cornetti ovviamente. No, ti farò leggere un'altra delle mie poesie che un po' di tempo fa mi avevi chiesto!»

"Brutto babbuino malefico e tentatore!"

Non ci credevo che me lo stava facendo! Sapeva quanto desiderassi poter leggere qualcos'altro di suo. Ogni volta che lo vedevo con la moleskine in mano lo fissavo sempre, ma non mi ero mai permessa di dirgli nulla perché quella era una scelta che doveva compiere lui. E ora invece me lo stava sventolando davanti alla faccia neppure fosse un pezzo di carne e io un cucciolo affamato, maledizione! E stava anche funzionando! Avrei dato qualunque cosa pur di avere un altro scorcio sul suo mondo. Non mi importava nulla di regali materiali, io con lui agognavo più ricevere le chiavi per poter visitare quel piccolo e strano universo che aveva creato dentro di sé.

«Quanto è alta?» chiesi sospirando affranta per l'ennesima sconfitta, mentre lui si allargava in un sorriso di pura soddisfazione.

«Tranquilla, topino, solo 10 metri, non ti chiedo molto.»

"Che culo! L'altra volta mi ha fatta gettare da una cascata a 15-20 metri di altezza, oggi mi dovevo arrampicare solo su 10. Facciamo progressi!"

«Levati quel sorrisetto del cavolo dalla faccia o ti cavo gli occhi e fammi strada!»

Tanto stavo solo per morire; io e la grande mietitrice ormai eravamo culo e camicia. Sperai solo che anche questa volta ci limitassimo a prendere un caffè insieme e non decidesse di portarmi fuori a cena. Non ero pronta per quell'avanzamento nella nostra relazione.

Luke mi condusse davanti ad una delle 3 pareti presenti in quella stanza. Effettivamente era la più piccola, tuttavia, osservandola dal basso, a me sembrò ugualmente davvero troppo alta da scalare a mani nude.

Un ragazzo moro, con due occhi color cioccolato come i capelli tagliati corti e con delle braccia ben tornite ricoperte di tatuaggi, si avvicinò a me con delle corde in mano e dei moschettoni.

Sì, lo so che ero impegnata, ma non per questo ero diventata cieca improvvisamente e non fossi più in grado di apprezzare un bel ragazzo! Che diamine, gli uomini le guardavano in continuazione le donne anche quando erano sposati o fidanzati, perché noi donne non potevamo farlo? Almeno avevamo la classe di non sbavare e girarci due volte per fissare il culo.

«Ciao, io sono Stefano, l'istruttore di questo corso. Luke mi ha parlato di te e che oggi saresti venuta qui per la prima volta per una prova, sei pronta?»

"No Stefano, sarai anche un bel vedere, ma questo non toglie la paura dannata che sto provando in questo momento. E sappi che, se muoio, ti riterrò responsabile e complice del primate che mi sono presa come ragazzo!"

«Certo!» affermai con velleità, prima che l'amico della scimmietta iniziasse a illustrarmi la procedura per arrampicarmi.

Dopo una serie di nomi a me del tutto ignoti per spiegarmi come salire fino in cima e ottenere la salvezza, visto che poi sarei ridiscesa solo con la corda, Luke iniziò a mettermi l'imbracatura addosso. Mentre mi legava quell'arnese infernale lo vidi sghignazzare malizioso e non resistetti dal punzecchiarlo un po'.

«Scimmietta, sappi che se mi succede qualcosa poi ne paghi le conseguenze. Ti piace l'idea di legarmi? Sta' sereno che poi prendo il frustino e ti ammaestro una volta per tutte! Poi vediamo se hai ancora voglia di ridere!»

Lui ovviamente scoppiò a ridere buttando la testa all'indietro, per poi sporgersi in avanti fermandosi ad a un millimetro dalle mie labbra, tenendomi per il mento con due dita. «Attenta a quello che dici, topino, potresti farmi venire strani pensieri su come giocare con te. E ora vai, che poi voglio tornare subito a casa!» E terminò quella sua promessa per l'imminente futuro con un bacio abbastanza lungo sulle mie labbra che concluse scompigliandomi i capelli neppure avessi 3 anni.

Con le guance rosse per l'imbarazzo avanzai verso il mio obiettivo. Presi un profondo respiro ed iniziai a salire facendo leva con le braccia e dandomi la spinta con le gambe. Era faticoso ma fattibile; grazie alla scala degli inferi avevo fatto allenamento a quanto pare. Ma poi purtroppo commisi il medesimo errore della prima volta che ero salita sul tetto di casa di Luke: guardai in basso. Mi bloccai completamente. Non avanzavo più, con il cuore in gola e la vista che cominciava ad appannarmisi.

Ma Luke capì subito quello che mi stava succedendo, intervenendo immediatamente per spronarmi. «Coraggio, Ollie, ti mancano solo 4 spit poi sei arrivata. Dai che ci sono i cornetti ad attenderti una volta finito!»

«Stupida scimmia infame, quando torniamo a casa facciamo i conti! Ti levo le noccioline la sera, ora vedi!» bofonchiai a mezza bocca.

«Che hai detto?»

«Niente, niente, ce la faccio!»

Sì, sì, col cavolo che gli avrei detto i miei pensieri prima di ottenere il mio premio, non ero mica fessa! Una volta avuto ciò che bramavo non gliel'avrei data per due giorni! Di più no perché altrimenti avrei punito troppo anche me stessa e io non me lo meritavo.

Ripresi la mia salita e finalmente arrivai in cima con un sospiro liberatori. Ce l'avevo fatta!
Ringraziai mentalmente la signora Morte per aver deciso di non tramutare la nostra situazione sentimentale su Facebook in "impegnato".

Mi fecero ridiscendere lentamente e alla fine toccai terra per la gioia dei miei muscoli che cominciavano a bruciarmi. Luke mi venne incontro per stringermi forte a sé con un sorriso che gli andava da guancia a guancia.

«Grazie per esserti fidata un'altra volta di me! Non puoi immaginare neppure quanto lo apprezzi!»

Anche se avrei voluto strozzarlo, ricambiai l'abbraccio. Per me e lui la fiducia era una questione molto delicata: io non ero abituata a darla e lui a riceverne. In quella nostra strana relazione in realtà ci stavamo dando molto reciprocamente e, anche senza che mi dicesse altro, io sapevo di avergli fatto un enorme dono quel giorno, come lui mi aveva aiutata ad avanzare sulla mia strada fidandomi di lui.

Dopo che mi fui cambiata ritornammo verso casa. Ci fermammo solo per un attimo a cenare in una pizzeria nei dintorni lungo il tragitto. Una volta rientrati ci dirigemmo immediatamente in camera sua, non prima che Matt potesse urlarci dietro un: «Non toccare la mia regina oppure ti taglio le mani, plebeo!» ed Henry un: «Non fate troppo baccano anche questa notte, ogni volta mi fate mangiare le mani per l'invidia voi due!»

Luke non si degnò neppure di rispondere ai suoi coinquilini e mi trascinò in camera sua mentre io come ridevo divertita di quei due casi irrecuperabili che erano i nostri amici. Ci chiudemmo la porta alle spalle, lasciando fuori il resto del mondo. Quella minuscola stanza per noi era diventato il luogo in cui più ci sentivamo a nostro agio, un mondo tutto nostro, un piccolo rifugio in cui potevamo sempre essere noi stessi.

«Allora? La mia ricompensa la esigo subito!» gli intimai a bracci incrociata, fissandolo burbera.

Lui invece si limitò a sorridermi e a passarmi l'ormai familiare sacchetto di carta bianco che aveva messo sul tavolino basso. Lo afferrai immediatamente e, gettandomi sul letto, iniziai ad addentare il mio amato cornetto alla crema, facendo i miei classici versi estasiati ogni qual volta le mie papille gustative entravano in contatto con quella delizia.

Il materasso si abbassò leggermente e voltandomi vidi che Luke si era seduto al mio fianco, porgendomi la sua moleskine nera. La afferrai in silenzio e, con enorme curiosità, iniziai a leggere ciò che vi era scritto sulla pagina aperta:

"Come posso fare per averti?

Uccidi il mio corpo,

divora la mia essenza,

tutto a te concedo

purché tu mi degni di un tuo languido sospiro.

Un brivido mi pervade.

Dai tuoi occhi non scorgo altro che indifferenza

ed i miei intanto versano lacrime di desiderio.

Guardami!

Io ti vedo!

Eppure tu silente ti tiri indietro..." (*)

Come la prima volta che avevo letto qualcosa di suo anche in quel caso un brivido mi pervase, percependo come se quelle parole fossero dirette a me soltanto. Questa volta però non ci fu bisogno della mia sfrontatezza per saperlo, perché fu lui a darmene conferma di sua spontanea volontà.

«L'ho scritta la sera che siamo tornati dal faro mentre tu ti eri addormenta. Io stavo un po' fatto e quando mi sono accorto che eri ormai nel mondo dei sogni avevo ripercorso quella serata e avevo avuto l'impellente bisogno di trascrivere quello che avevo in mente.»

A quanto sembra, senza saperlo, le nostre emozioni nei periodi passati a cercare di far finta di nulla combaciavano. Come io ero stata profondamente turbata da quella notte in cui avevo capito che lui stava vedendo chi ero davvero, anche a lui quell'episodio aveva lasciato un segno indelebile addosso. Ci stavamo legando in modo indissolubile ad ogni strato che ci toglievamo di dosso e ad ogni maschera che lasciavamo cadere a terra per rivelarci per quelli che eravamo.

«Anche per me quella notte è stata unica. Per la prima volta qualcuno, oltre a Meg, mi aveva vista... vista davvero, anche se debbo ammettere che la cosa inizialmente mi aveva terrorizzata a morte» ammisi ad occhi bassi, ma lui, appuntandomi il mento con due dita, mi incitò a non abbandonare i suoi occhi e a lasciarlo continuare a leggermi dentro.

«Lo so!» rivelò con quel suo sorrisetto strafottente che un tempo avevo detestato e a cui invece ora non potevo più rinunciare, prima di far aderire le nostre bocche che non avevano bisogno di muoversi per comunicare.

Il semplice contatto con le sue labbra iniziò a riscaldarmi, il leggero morso che mi diede mi fece ansimare, le sue dita che percorrevano lentamente il profilo del mio viso lasciavano una scia incandescente al suo passaggio fino ad imprimere un marchio indelebile quando giunsero alla base del collo. Io lo respiravo, io lo vivevo... lo vivevo in ogni suo gesto, in ogni carezza, in ogni sua accortezza, in ogni silenzio riempito solo dal rumore della nostra pelle che si sfiorava, che si esplorava.

I suoi baci avevano sempre il sapore dell'Autunno. Le stagioni principali come l'inverno e l'estate secondo me erano sopravvalutate. L'autunno aveva il meglio di entrambe: il suo bacio era sempre lento all'inizio, come il freddo dell'inverno, ma poi si scaldava dei raggi dell'estate e si prendeva tutto di me, facendo razzie e lasciandomi inerte al suo cospetto. E io ci danzavo su quelle labbra, proprio come le foglie che staccandosi dai rami volteggiavano prima di depositarsi al suolo. Lui era il mio autunno dei sensi.

Quando finalmente le nostre labbra decisero di separarsi, consentendoci di riprendere fiato, fissando quei suoi grandi occhi neri che mi avevano stregata dal primo momento, desiderai tuffarmici un'altra volta al loro interno per continuare a perdermi, come Arianna nel labirinto del Minotauro, a cui però non era stato concesso un filo per poterne uscire, perché una volta che mettevo piede nel suo mondo perdevo la volontà di ritrovare la strada di casa, perché era diventato lui la mia casa.

Un'idea mi balzò alla mente e subito volli metterla in atto.

Mi avvicinai lentamente al suo orecchio per sussurrargli in modo seducente: «Ehi, Luke, lo facciamo?»

«Ah, ma allora ti è piaciuto veramente tanto farlo!» disse con un sopracciglio inarcato e un sorrisetto smaliziato.

Lo so che ora voi starete pensando a quello! Ma noi non eravamo una coppia come tutte le altre, e per noi ogni parola, ogni gesto, aveva un significato tutto nostro.

Mi stesi sul letto con la testa poggiata sulle sue gambe, mentre lui invece prendeva il libro che avevamo lasciato in sospeso qualche giorno prima. Lo aprì dove eravamo rimasti e, accarezzandomi placidamente i capelli, iniziò a leggere per me le poesie e i racconti dei suoi poeti e scrittori preferiti. Quelle per me erano diventate le mie nuove favole della buonanotte.

"La strinse forte come se lei fosse tutta la vita e gliela volessero portar via. La strinse sentendo che lei era tutta la vita che poteva esserci per lui."

E sulle parole di "Per chi suona la campana" di Hemingway, mi feci trasportare dal suono della sua voce verso il suo universo fatto di allitterazioni e onomatopee.    

(*) Solito discorso dell'altra volta, abbiate pietà di me per un qualcosa scritto quando ero più piccola. Almeno qua 18 anni li avevo fatti ahah :D

Lo so, avrei dovuto pubblicare domani, ma mi annoiavo e comunque parliamo solo di 10 ore di differenza rispetto a quanto programmato! Io ve lo avevo detto che questi due erano strani un bel po' come coppia e ora ne avete avuto l'ennesima prova. Ma dal prossimo capitolo torniamo un po' da Meg che ormai comincia a mancarmi, a voi no?!? Pericolo bomba scampato anche oggi Lukelandia! Ma attenzione, vedremo quanto rimarrete in piedi muaaaah. :D

Ed ora i saluti... oggi tocca al Turco...

SONRAKI PIJAMA! 

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