CAPITOLO 37 - LA NONNA NE SA UNA PIU' DEL DIAVOLO!

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Dopo la chiacchierata con Meg mi ero decisa e il giorno dopo ero andata a prendere il treno per tornare nella mia città natia con solo un piccolo zaino in spalla. Mia nonna viveva in una piccola casa nelle campagne vicine al chiasso della città. Bastavano 15 minuti di autobus per raggiungerla, ma quei pochi minuti furono un piccolo viaggio sul sentiero dei ricordi.

Mentre ero seduta su quegli scomodi sedili in plastica arancioni mi tornarono alla mente le immagini di me e Meg che dopo la scuola eravamo sugli stessi posti per andare a trovare mia nonna e raccontarle di noi, delle nostre giornate e per ricevere i suoi preziosi consigli.

Il primo tenue sorriso dopo giorni affiorò sul mio viso; forse quel viaggio era stato davvero una buona idea.

Giunsi finalmente alla mia fermata. Scendendo dal bus mi trovai davanti quel piccolo viottolo di ciottoli tanto familiare che i miei piedi avevano percorso innumerevoli volte e su cui le mie ginocchia si erano sbucciate altrettante quando da piccola imparavo a muovere i primi passi.

Non feci in tempo a giungere davanti al portone laccato di verde scuro dell'ingresso per bussare, che lo vidi spalancarsi. Ad attendermi oltre la soglia a braccia aperte c'era lei: mia nonna, la mia sicurezza. Iniziai a correre a metà strada per poterla stringere a me il prima possibile. Quando mi tuffai tra le sue piccole braccia anziane, aggrappandomi al suo vestito lungo al ginocchio di cotone leggero nero con una stampa floreale sopra, e inalai quell'odore di solventi che si usano per sviluppare le foto nelle camere oscure, per chi come lei era un amante della tradizione, mi sentii finalmente a casa.

«Ben tornata bambina mia!» la sua dolce voce mi accarezzò le orecchie.

Sì, aveva ancora l'effetto di farmi dimenticare i miei brutti incubi.

«Grazie nonna, mi sei mancata!» risposi sorridendole e staccandomi pian piano da lei.

«Coraggio, entriamo! Ho preparato il tè freddo che tanto ti piace!»

Oh, sì, quella donna mi conosceva come le sue tasche!

Varcammo la soglia, percorrendo pochi metri dello stretto andito alle cui pareti erano appese varie foto di famiglia ed alcune che la ritraevano da giovane durante uno dei suoi viaggi. Svoltammo a sinistra superando l'arcata che delimitava l'ingresso della sala, dove il camino in pietra si stagliava sulla parete centrale della stanza. Era una tipica casa di campagna molto tradizionale: mobili in legno, il già citato camino, travi a vista sul soffitto alto. Non era molto grande, ma era confortevole, emanava un senso di calore che non avrei saputo spiegare a parole.

Ci accomodammo sul tavolo in rovere, coperto momentaneamente da una tovaglia di lino bianca con gli orli lavorati all'uncinetto, sopra cui erano stati disposti dei bicchieri lunghi di vetro con un motivo a rombi nero centrale, e un piattino di ceramica bianco stracolmo di quei suoi deliziosi biscotti di pastafrolla con le gocce di cioccolato. Mia nonna versò dalla caraffa il tè che aveva preparato nei due bicchieri, porgendomene uno, prima di accomodarsi al suo solito posto di fronte a me. Cominciammo entrambe a sorseggiare quella meravigliosa bevanda fredda e dissetante in totale silenzio. Il liquido ghiacciato mi scese lungo la gola rinfrescandomi dalla leggera calura di quella mattina di fine giugno.

Preso il primo sorso, adagiò l'oggetto circolare in vetro che teneva tra le mani, prendendo per prima la parola. «Allora, Ollie, come stai? Sei pronta per la partenza la prossima settimana?»

«Sì, ormai è tutto pronto, anche mamma e papà si sono convinti a lasciarmi partire finalmente!»

Già, dopo aver puntato i piedi per mesi e mesi, e non dopo numerosi liti al telefono, in cui venivo minacciata di essere diseredata praticamente, alla fine si erano convinti, o per meglio dire, arresi. Avevano anche detto che avrebbero contribuito a pagare il mio soggiorno all'estero, ma io avevo preferito informarli che avrei ugualmente provato a cercarmi un lavoretto, di modo da evitargli di sobbarcarsi una spesa che in realtà non volevano e che era una mia scelta.

Anche su quel fronte avevamo avuto non poche discussioni, ma alla fine avevano accettato la cosa, "per il momento", come continuavano a ripetermi. Sapevo che, nonostante mi avessero dato il via libera, li avevo delusi, ma stavo pian piano iniziando a fare i conti con l'impossibilità per me di soddisfare le loro aspettative, anche se non era per nulla un percorso facile da affrontare.

«Non sai quanto sono fiera di te! Vedrai posti nuovi e i tuoi orizzonti cambieranno, ne sono certa!»

Almeno c'era ancora qualcuno della mia famiglia che continuava ad apprezzarmi. Pensai in quel momento che fosse il caso di informarla di un'altra cosa che era cambiata negli ultimi tempi e che l'avrebbe resa molto felice. «Sai, ho ricominciato a dedicarmi alla fotografia nel tempo libero.»

I suoi occhi ambrati, così simili ai miei, iniziarono a risplendere apprendendo quella novità, mentre le rughe al lati della bocca si facevano più marcate per lasciar apparire uno di quei suoi enormi sorriso che mi scaldavano dentro.

«Oh, Ollie, sono così felice! Hai sempre avuto un gran talento ma, cosa più importante, ti ha sempre fatto stare bene scattare foto sin da quando eri una bambina. Un po' ammetto mi dispiaceva non poter rivedere quei tuoi occhi sereni dietro l'obiettivo di una macchina fotografica.»

«Lo so, è sempre stato così. Infatti da quando ho ripreso mi sento meglio. Mi sento completa.»

Ci fu un momento di pausa che riempimmo con un altro sorso di tè, prima che le labbra di mia nonna si arcuassero in uno di quei sorrisetti allusivi che sapevo mi avrebbero messo a breve all'angolo con una delle sue domande insidiose. «Ma come mai questo cambiamento? Ti è successo qualcosa in particolare, o forse qualcuno di cui non so nulla?»

Ed eccola lì, la bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro. Sicuro come la morte Meg l'aveva chiamata prima che arrivassi per informarla di tutto.

«Non credo ci sia bisogno che risponda alla tua domanda. Sono certa che Meghan ti abbia già spifferato tutto e non ti serva davvero una conferma.»

«In realtà, quella cara bambina, mi ha chiamata solo per dirmi di convincerti a parlare, ma non ha voluto dirmi di cosa. E pensare che ho anche insistito parecchio! Ma ha detto che era una cosa che dovevi fare tu, anche se appena ti ho guardato negli occhi ho capito che c'entrava un ragazzo. Quello che hai addosso, mia cara, è lo sguardo di quando una donna incontra un uomo davvero pericoloso per il proprio cuore, e forse anche di uno giovanotto che ti fa ripetere il suo nome la notte», constatò tutta soddisfatta per la sua intuizione.

Ed eccola una delle strabilianti uscite poco discrete di mia nonna, capaci di lasciarti letteralmente a bocca aperta. Ma ormai ci ero abituata, e la cosa che mi sconvolse di più in realtà fu di aver dimenticato che quella donna ne sapesse una più del diavolo, oltre a conoscermi meglio di come mi conoscessi io stessa; ovvio che poi avesse capito tutto da una sola occhiata.

Sospirai affranta. Ormai era ora di parlare. «Già, ho conosciuto un ragazzo. E sì, è grazie a lui se ho ripreso in mano la mia Canon. Cioè, praticamente mi ha costretta, non mi ha lasciato molto margine di scelta!»

L'eccitazione e la curiosità si dipinsero all'istante sul suo volto. Mi sembrava davvero di aver fatto un viaggio indietro nel tempo e di ritrovarmi ancora qui seduta a questo tavolo, ma all'età di 7 anni, mentre le raccontavo che ero riuscita a salire sull'albero di cedro in giardino. Mia nonna era una donna d'avventura e ogni impresa che avevo portato a termine nella mia vita, dalle più piccole a quelle più importanti, la riempivano d'orgoglio.

«Sembra un tipo interessante per essere riuscito a tenerti testa e a costringerti a fare qualcosa che non volevi, conoscendoti.»

Quanto aveva ragione, purtroppo!

«E non immagini neppure quanto, visto che ha attentato più volte alla mia vita, costringendomi a salire su tetti tramite scale di dubbia stabilità, gettarmi con lui da una cascata, andare in giro in pigiama in piena notte e scalare una dannatissima parete che lui diceva essere solo di 10 metri, ma ti assicuro che per me erano almeno 10000, e tanto altro ancora!»

Mia nonna era affascinata da quel racconto, mentre io invece percepivo una stretta al petto al solo ricordare quei momenti in cui eravamo stati così vicini, e che invece ora mi sbavano appartenere ad un passato lontano.

«Oh, bambina mia, questo si che è un ragazzo che lascia il segno nella vita di una donna!»

Più che lasciare un segno, Luke, lasciava proprio una voragine al suo passaggio. Ma non dissi nulla, chinando il capo e fissando in silenzio l'oggetto in vetro ormai vuoto che stavo rigirando tra le mani.

«Dove è il problema mia cara? Quello che mi hai raccontato è stupendo! Per quanto tu lo abbia voluto far passare per una storia di tentato omicidio, lo vedo che ti è piaciuto ogni istante in cui ti ha spinta oltre i limiti, anche perché ti conosco, ma vedo anche che c'è qualcosa che non va, che stai soffrendo. I tuoi occhi sono spenti e pieni di preoccupazione.»

Cielo, come mi era mancata! Mi era mancato la non necessità di doverle spiegare sempre tutto, perché sapeva capirmi solo osservandomi. Mi era mancato il senso di sicurezza che mi dava parlare con lei... mi era mancata lei!

«È svanito! Gli ho chiesto di decidere se voler rimanere con me e aspettarmi fino al mio ritorno. Lui era sembrato intenzionato ad accettare. Ci stava pensando e mi ha detto che pur di non perdermi ci avrebbe provato, ma poi ha cominciato ad allontanarsi sempre più da me. E io ora non so cosa dovrei fare. Mi sento persa. Gli ho dato tutto, nonna! Tutto! Mi sono aperta con lui come mai con nessun'altro prima d'ora, ad eccezion fatta di Meg, e lui ora sta scappando. Io non so come comportarmi, cosa pensare, sto per partire e lui non mi ha risposto ancora ma, soprattutto, lui non c'è! E mi detesto profondamente, perché nonostante stia facendo lo stronzo, mi manca da morire!» rivelai tutto d'un fiato, senza interrompermi.

Buttai fuori tutto: paure, ansie, dubbi, pensieri, tutto ciò che albergava nella mia mente e nel mio cuore. Dirlo ad alta voce lo rese ancora più reale, facendo doppiamente male.

La donna dinanzi a me attese in silenzio che finissi quel mio sfogo, prima di articolare le parole che non avrei mai voluto sentire pronunciare una seconda volta.

«Oh, bambina mia, ti sei innamorata!»

"No, vi prego, non di nuovo! Non poi detto da lei!"

Già che lo avesse detto Meg, che mi conosceva come l'armadio di casa sua, era preoccupante, ma se si aggiungeva anche mia nonna mi sentivo morire. Le due persone che meglio mi comprendevano al mondo erano convinte di questa cosa. Ma nella mia testa un No grande quanto una casa continuava ad urlare.

«No, non lo amo! Basta con questa storia! Se volete tu e Meg fondate un club in merito a questa vostra sciocca convinzione. Ma io non lo amo!»

Qui dovevo pur aggrapparmi a qualcosa, e negare un ipotetico amore per Luke era il minimo. Stavo già da schifo senza metterci di mezzo la parolina con la "A", non mi servivano davvero ulteriori complicazioni. Ciò di cui avevo assoluto bisogno era un po' di stabilità emotiva e capire come mi dovessi comportare in quel frangente.

«Oh, sì, sei proprio innamorata persa, povera piccola!»

Cominciavo a non poterne veramente più. Puntai i piedi e cercai di ribadire la mia opinione ma non andai molto lontano.

«Ho detto che io non... » ma non ebbi modo di completare quella mia arringa difensiva davanti al banco d'accusa dei sentimenti a cui ero stata fatta sedere.

Mia nonna alzò una mano, chiedendomi tacitamente di chiudere il becco e ascoltarla per un attimo. E lo feci, la ascoltai. «Ollie, bambina mia, io capisco il tuo bisogno di negare questa realtà con tutta te stessa, ma questa tua abnegazione non ti condurrà da nessuna parte, quindi per piacere ascolta prima le parole di una povera vecchia che ne sa e ne ha viste molte più di te, poi sarai tu a decidere cosa farene delle mie parole. Ti dico che sei innamorata perché è ciò che i miei stanchi ed anziani occhi vedono davanti a sé. Vedono una giovane donna innamorata di un uomo che ha paura di affrontare il futuro insieme a lei. Vedo una donna che si strugge nei suoi pensieri per lui, perché mi dispiace dirlo, ma noi donne quando ci innamoriamo perdutamente di un uomo, che non è quello giusto, siamo delle grandissime idiote, le quali, nonostante il dolore che l'ipotetico disgraziato ci ha rifilato, continuano a pensarlo, a volerlo, a desiderarlo con tutte loro stesse. Vedo dinanzi a me una ragazza che sarebbe disposta a smuovere mari e monti per l'uomo che ama, se questo volesse dire renderlo felice e poterlo avere ancora al proprio fianco. Vedo una ragazza che per amore ha rimesso in discussione se stessa e che si è messa a nudo per lui, rivelandosi per come è. Vedo una ragazza che è talmente tanto spaventata da questo sentimento da arrivare a negarlo con tutta sé stessa. E non ti biasimo, piccola mia, l'amore non è sempre una bella cosa come tutti vogliono farci credere. L'amore fa soffrire talvolta. L'amore infrange gli spiriti più mordaci, lasciando, in alcuni casi, un vuoto straziante dentro di noi quando lo si perde. L'amore non è fatto solo di storie felici e a lieto fine. L'amore è fatto anche di lacrime e di speranze e sogni distrutti. Ma queste sono storie che nessuno ama raccontare quando si parla dell'amore. Sono storie che rimangono sussurrate nei cuori spezzati di molte donne e che si fa finta di non udire. E io capisco il tuo timore reverenziale verso questa parola, perché sei una ragazza intelligente e non prendi sotto gamba un sentimento che può cambiare il centro del tuo mondo. E lo capisco perché tu, mia cara, sei una donna De Vinci, e quando noi amiamo, diamo tutto e molto più di noi stesse al nostro uomo.»

Ero rimasta in religioso silenzio ad ascoltarla, mentre le sue parole fluivano una dopo l'altra dalle sue labbra, penetrandomi sotto pelle e arrivando come una coltellata dritta al cuore. Ad ogni sua affermazione avevo vacillato un po' di più. A ogni sua sentenza avevo perso quel briciolo di controllo che mi era rimasto. A ogni sua rivelazione la verità nascosta nel mio cuore si era davanti ai miei occhi anche se avevo provato a tenerli chiusi.

Lo amavo.

Io... io lo amavo!

E faceva male come diceva lei, perché io con quella verità in mano, in quel momento, non sapevo cosa farci, se non cercare di trattenere inutilmente le lacrime che avevano iniziato a scendere lentamente sul mio viso.

Lei mi guardò con un sorriso dolce di comprensione, sporgendosi oltre il tavolo con una mano per asciugarmi una piccola goccia amara di affiliazione che stava solcando impietosa la mia guancia, cercando, con quel gesto, di portare vi da me un po' del dolore che stavo provando.

«Che cosa devo fare, nonna?» chiesi con voce incrinata. Mi sentivo davvero così, come un vaso di cristallo che stava per rompersi.

«Bambina mia, io non ho purtroppo tutte le risposte del mondo, ma ti posso dire ciò che farei io. Se lo ami così tanto, allora è giusto che tu affronti questo tuo amore. Lui può nascondersi e scappare da te quanto vuole, ma all'amore non si può fuggire per sempre. Puoi costringerlo ad affrontare la realtà. Non ti posso assicurare che le cose si sistemeranno andando da lui e parlandogli di ciò che senti, anzi, sii pronta, perché potresti soffrire ancor più di così. Ma almeno partiresti con il cuore sgombro da ogni dubbio, sapendo di aver fatto tutto ciò che era in tuo potere per la vostra storia, che sei stata un autentica guerriera fino alla fine. E te lo dice una che non ha trovato il suo lieto fine subito. Prima di tuo nonno anche io ho avuto la mia storia di un amore che mi aveva fatto a pezzi l'anima. Ma quella, come ti dicevo, fa parte della serie di racconti dell'amore che gli scrittori non amano raccontare e che ai lettori non piace ascoltare.»

Guardai quella donna seduta davanti a me. Quella forte donna che aveva combattuto in passato per ciò che voleva, senza poterlo ottenere. Guardai quella donna, che a discapito di tutto, alla fine aveva trovato chi l'avesse amata come meritava. Guardai una donna che si ergeva stoica come una guerriera dopo mille battaglie, alcune vinte e altre perse, ma che, nonostante ciò, non aveva mai abbandonato il campo di battaglia.

E io volevo essere come lei! Volevo potermi guardare indietro e dire di aver combattuto anche io fino allo strenuo delle mie forze le mie guerre e di non rimpiangere nulla.

Mi afferrò delicatamente una mano con quelle sue piccoli mani curve da lottatrice, rivolgendomi un sorriso d' intesa, capendo dal mio silenzio quale decisione avessi preso. «Vai, bambina mia. Vai e lotta anche tu per la tua storia d'amore piena di sofferenza. Vai e unisciti alle storie d'amore taciute da tutti a testa alta.»

Le sorrisi grata di far parte della mia vita, asciugandomi le ultime tracce di debolezza che avevano macchiato il mio spirito indomito, prima di alzarmi dal mio posto e andare incontro a testa alta, come mi aveva detto di fare lei, verso la mia personale battaglia.

Ed eccoci qui! Non so neppure io come, ma sono riuscita ad aggiornare nonostante le mille peripezie di questi due giorni! Che ne pensate della nonna?!? Questa donna è una forza della natura oltre che ad essere una persona di enorme saggezza! La nostra Ollie sta andando da Luke per rivelargli i suoi sentimenti e per il fatidico faccia a faccia... chi sa cosa succederà? Io di certo non lo so muaaaaaah! Risponderò a quasi tutti i commenti domani mattina, mi immetterò solo in alcuni questa sera, perché dopo due giorni interi in viaggio io non ne posso più e voglio solo andare a dormire! Tenetevi pronte per sabato! ;)

Ed ora i saluti... oggi tocca al Gallese...

I PAJAMAS  NESAF!

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