zombie au

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Il sole stava tramontando da dietro i palazzi in rovina della skyline di New York.  Quel tramonto era stupendo, però i due ragazzi avevano altro a cui pensare. Tutto era accaduto troppo in fretta. Prima i timidi articoli sul giornale. Le prime trasmissioni televisive. Poi gli allarmi, persone che morivano lì, dov'erano. Il mondo era in subbuglio.
E infine, arrivarono. Le persone nello stadio terminale iniziavano a comportarsi in modo selvaggio. Diventavano piano piano animali. Senza ragione. Solo spinti dalla fame. Le persone erano barricate in casa, le città erano messe sotto assedio. New York era diventato un inferno.
I due ragazzi camminavano sulla quinta strada, un tempo cuore pulsante della megalopoli. I megaschermi erano spenti, molti rotti. I palazzi erano inghiottiti dalla vegetazione. In giro, solo due anime. <<Laf, secondo te abbiamo preso abbastanza rifornimenti?>> Chiese uno dei due. Era un ragazzo giovane, con una carnagione scura come l'ebano. Sulla testa aveva un cespuglio di ispidi capelli neri. Sulla schiena aveva uno zaino, che sembrava sul punto di scoppiare.  Affianco a lui, camminava l'altro ragazzo. Era suo coetaneo , ma era molto più alto. Aveva i capelli lunghi e color nocciola, legati in una coda alta. C'era qualche chiazza di barba sul suo volto osservatore. Sulla schiena portava a tracolla un fucile a doppia canna. Diede uno sguardo rapido al suo amico, dopodiché esclamò <<Sì Herc, va bene così, torniamo all'accampamento>>.
L'aria era frizzante, tipica delle sere d'aprile. Attorno a loro, un silenzio assordante.
<<É strano non trovi? Siamo io e te, adesso. Soli soletti.>> Concluse Hercules. Si era offerto lui di andare a "fare compere", ovvero a cercare rifornimenti. Ed essendo lui un ragazzo un po' tonto gli hanno ficcato come compagno Lafayette, uno dei più rispettabili e coraggiosi sopravvissuti. Era di origini francesi, come c'era da aspettarselo, e nessuno sapeva il suo nome. "É lungo e noioso, troppo complicato." Ripeteva spesso. E quindi lui era semplicemente Lafayette, o Laf. Tutti lo rispettavano. Non che fosse autoritario o altro, semplicemente era un ragazzo che ispirava fiducia. Era il perfetto contrario di Hercules. Lui era un po' la settima ruota del carro. Scaricato un po' da tutti, spesso e volentieri veniva usato come esca. Arrivavano gli animali con la bava alla bocca e gli occhi iniettati di sangue? Perfetto. Hercules si metteva a correre finché gli zombie non si stancavano. Lui ha riso in faccia alla morte molte volte. <<Già, propio propio strano. Perché ti sei offerto volontario? C'erano tre feriti all'accampamento, avrei dovuto stare lì ad aiutare.>> Disse l'altro con una punta di rimprovero. <<Beh ecco... Ho preso anche dei cerotti, nel caso mancassero.>> Tentò di giustificarsi Hercules. Si aspettava una sgridata, un rimprovero. E invece ebbe in risposta solo una fragorosa risata. <<Perché stai ridendo?>> Chiese in tono sorpreso. <<Il tuo senso dell'umorismo é fantastico, davvero. Non é sarcasmo il mio.>> Disse il ragazzo con la coda al suo amico, provando a trattenere un poco le risate. É veramente carino quando ride. Continuarono a camminare. Sì erano allontanati molto dall'accampamento. Una serie di tende nel centro di Central Park. Vicino allo zoo. Quella era la loro casa. Il loro rifugio, il loro nido.  Aveva trovato molti amici che condividevano il dolore di aver perso un mondo. La propria famiglia, i conoscenti, la vita normale.
Tutto stava procedendo tranquillamente. Non erano stati attaccati nemmeno una volta da quei mostri. Camminavano lentamente, mentre il sole stava scendendo sempre di più. I lampioni non c'erano, anche se si riusciva a vedere abbastanza. Il fucile sbatteva a ogni passo. Lo zaino era come non avercelo. Rimasero zitti. In un silenzio tombale. Quando sentirono dei versi. Versi gutturali, profondi. Volevano dire solo una cosa. <<Sta fermo>> gli ordinò Laf. Il mondo si fermò un secondo. Sì sentivano solo i loro cuori che battevano all'impazzata. <<Non ti muovere.>> Continuò ad intimarlo il ragazzo. Ma lui era a posto così. Era letteralmente pietrificato dal terrore. Come ogni volta del resto. Da dietro dei palazzi sbucarono due figure. Camminavano lentamente, emettendo sempre gli stessi versi. Avevano gli occhi incavati e le bocche che mettevano in bella vista i denti cariati e marci. Avevano negli occhi uno sguardo assassino. Non umano. Uno sguardo decisamente affamato. Lafayette si buttò sul lato destro della strada, dietro dei bidoni della spazzatura, pronto a sparare. I suoi movimenti erano stati agili. Mentre Herc era ancora  fermo immobile. <<Non restare lì come un idiota! Vieni a ripararti!>>
Le urla del suo amico sembravano distanti mille miglia. Il suo corpo si mosse da solo, e in pochi secondi si ritrovò affianco a lui. Erano attaccati. Riusciva a sentire il morbido dei suoi capelli e l'odore della sua felpa. Sapeva di buono. Non sentì più il rumore del fucile. I colpi erano esauriti. <<Hai preso qualche munizione?>> Domandò ansioso. Hercules svuotò del tutto lo zaino, cercando furiosamente. Lanciò via varie bottiglie di birra, qualche scatola di tonno e delle mutande. Però di munizioni non c'era traccia. Laf cacciò fuori un grido di pura esasperazione, quando vide che i mostri si stavano affrettando ad arrivare da loro. Stavano puntando a lui. Di riflesso prese un pezzo di metallo appuntito che stava vicino a lui e con quello fracassò la testa al più vicino. Ci fu un'esplosione di sangue. Nel suo campo visivo non si trovava il secondo. Non se ne preoccupò e si sedette, stanco morto. Fece per socchiudere gli occhi, quando sopra di lui passò un'ombra. Sembrava umana. Anzi, lo era. L'ombra iniziò a gocciolare. Hercules provò ancora quella sensazione di terrore immenso. L'ombra profumava di buono. <<C-cosa sta succe->> non ebbe il tempo di finire la frase che il suo amico gli cadde addosso. Aveva il pezzo di metallo ancora impiantato nella schiena. Una macchia purpurea si stava lentamente aprendo sul suo corpo. <<Idiota.>> Disse con un filo di voce il ragazzo ferito. Sopra di loro lo zombie c'era ancora. E lì Hercules di preso da una strana rabbia. Rabbia mischia allo shock. Si gettò a mani nude sul mostro. Armato solo della sua rabbia. Pochi istanti dopo il mostro non era altro che una poltiglia sanguinolenta spiaccicata contro il muro. Herc si precipitò da Laf, e iniziò a piangere. Cosa avrebbe detto ai suoi amici? A chi credeva in lui, a chi aveva ancora una speranza? Solo sedici anni. Sedici. <<Ti prego dimmi che respira dimmi che respira dimmi che respira.>> Si ripeteva da solo. Le lacrime iniziarono a scendergli sulle guance. Per fare la prova gli tolse con cura il pezzo di metallo. Sentì un sussulto. Era ancora vivo. <<Senti, mi dispiace molto, adesso ritorniamo al campo ok? Ti prego rimani. Ancora un pochino. >> Disse. Quelle parole erano più utili a lui. <<Non sei molto bravo a combattere, devi migliorare.>>
La sua voce era fragile. Quasi un sospiro. Un sussurro. Quella fu la critica più bella che Hercules avesse mai sentito. Se lo prese in braccio, come se fosse una principessa. Pesava, molto. Però, se si fosse messo a correre sarebbe arrivato prima che il sole tramontasse del tutto.
Ogni passo era sempre più pesante. Sentiva la testa del ragazzo che aveva in braccio ciondolare. Il suo sangue che gli scendeva sulla maglia. L'ansia era a mille.
Erano quasi arrivati a Central Park, quando Hercules sentì una voce. Sempre la stessa. Si fermò di botto, e stette ad ascoltare quella voce rotta e debole. <<Lasciami qui, a morire.>>
Pensava fosse una battuta. Una battuta molto brutta. Fece una piccola risatina isterica. <<Cos'hai da ridere? Lasciami qua, sono solo un peso.>>
<<Bella battuta amico, l'ultima cosa che voglio fare é proprio lasciarti qua a morire. Tu ci servi vivo.>>
E si rimise a correre. Mancavano pochi metri. Erano arrivati. Subito i membri li circondarono curiosi. I bambini tiravano i pantaloni di Herc in attesa di risposte. Gli venne incontro Eliza, quella chioma folta di capelli neri che nascondeva una montagna di gentilezza. <Allora? Cosa é successo? Cosa é successo a Laf?>>
<<Chiama Alex, ora.>>
Accorse il capo dell'accampamento. Era il più anziano, aveva trent'anni. Obbligò Hercules a poggiare a terra Laf. Gli prese il polso, dopodiché lo guardò con aria afflitta. <<La ferita é troppo profonda e il battito é al minimo. Digli adesso ciò che devi dirgli.>>
Stava morendo. Stava morendo per colpa sua. Se non avesse abbassato la guardia qualche istante adesso sarebbero insieme, a ridere e a scherzare. Sì sarebbero messi insieme? Probabilmente. Però adesso non poteva fare più di tanto. Gli strinse la mano. Più forte che poteva. Voleva sentirlo, anche se era poco. Si avvicinò a lui e disse <<Ehy, grazie per avermi salvato prima.>>
<<Sai perché l'ho fatto?>> Gli chiese l'altro, con la voce rotta.
<<No, perché?>>
<<Perché altrimenti tu saresti al mio posto, e io sarei morto dal dolore.>>
<<Ti amo.>>
<<Ti amo pure io.>>
Le loro labbra si unirono. Hercules voleva avere il suo respiro, il suo ultimo respiro, nel suo corpo, mentre la notte scendeva su quel mondo in rovina.

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