CAPITOLO 2

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«Principessina! Principessina! Non correte così, è imprudente!» Urlò la balia, mentre mi seguiva affannosamente.

Io, poco curante delle sue apprensioni, continuavo a correre, zigzagando tra le diverse aree del castello, entrando e uscendo dalle sale, nascondendomi tra le piante della serra e infastidendo i cavalli che riposavano nella scuderia.

«Vi prego, fermatevi! »Continuava la donna, nella vana speranza che potessi darle ascolto.

Fino a qualche anno prima ero stata una bambina molto educata e rispettosa, fine ed elegante, esattamente come chiunque si sarebbe aspettato da una Principessa. Andavo in giro sempre ben vestita, seguivo con diligenza le lezioni di ricamo e cucito pomeridiane, bevevo il tè con le figlie dei generali più prestigiosi... Mi sentivo importante e viziata: nulla mi era imposto e nulla mi era vietato, se non le riunioni politiche e strategiche di mio padre, che però non mi avevano mai interessata. Insomma, essere 'la Principessa' mi piaceva. La situazione però era cambiata con l'arrivo di Markus, che si era appropriato delle mie attenzioni, obbligandomi a cambiare quel mio atteggiamento così accondiscendente. L'unica cosa che, invece, era rimasta sempre uguale anche nel corso degli anni era il mio amore per il nascondino. Provavo un'emozione indescrivibile quando l'adrenalina, causata dal rischio di essere scoperta, mi invadeva il corpo, e un senso di libertà assoluto quando correvo per fare 'tana' contro la corteccia di un albero dell'immenso giardino del palazzo.

Una radice sporgente, che mi fece quasi inciampare, mi riportò alla realtà, strappandomi dai miei pensieri: rivolsi lo sguardo alle mie spalle, notando che, della balia, non c'era più nessuna traccia. Ma proprio quando decisi di smettere di correre, sentii la sua voce chiamarmi in lontananza. Di riflesso, iniziai a guardarmi intorno, cercando una via di fuga: l'opzione migliore che mi si parò davanti agli occhi fu un albero, sul quale mi arrampicai incastrando le unghie e puntellando le ginocchia nella corteccia secca, fino a raggiungere un ramo abbastanza robusto da reggere il mio peso.

«È ora di rientrare, il Monarca vi aspetta per cena!» Parlò di nuovo la balia, ora più vicina.

Dopo quella frase però, la mia voglia di rincasare diminuì maggiormente.

In seguito alla morte di mia madre, mio padre non era mai più stato lo stesso. Lui l'aveva amata di un amore così puro da essere senza precedenti e quella morte improvvisa lo aveva distrutto. Ma come se tutto quel dolore non fosse già stato abbastanza da sopportare, mio padre aveva scoperto come lui fosse l'unico, dei due, ad essere così infatuato: infatti, proprio da quella relazione illegittima della regina, era nato Markus.

Mio padre, di buon cuore, aveva comunque deciso di trattarlo come fosse stato suo figlio, crescendolo a palazzo. Ma a me non piaceva l'idea di passare del tempo con lui, infatti trascorrevo la maggior parte delle mie giornate in compagnia di una balia. Tuttavia c'erano dei momenti, come i pasti, in cui non potevo proprio evitare di incontrarlo.

«Cosa ci fa una così bella Principessa su un albero?» Bisbigliò improvvisamente un ragazzino castano, osservandomi con il naso all'insù.

«Finiscila Rubyo! Così mi farai scoprire!»

«Ma è mio dovere badare alla vostra sicurezza.» Continuò lui, a sopracciglia alzate, enfatizzando lo scherzoso sguardo di sfida, mentre mi porgeva una mano per aiutarmi a scendere.

«Sei la guardia del corpo di mio fratello, non la mia.»

Un po' indispettita, scesi dall'albero, ma assicurandomi di ignorare il suo braccio teso.

«Già, è un vero peccato.»

Rubyo, con fare teatrale, si portò sul cuore quella stessa mano che prima mi aveva offerto.

«Cascamorto.» Lo stuzzicai.

«Moderate il linguaggio, siete una Principessa voi!»

La giovane guardia imperiale aumentò il passo per raggiungermi, mentre fingeva un'esagerata reazione di shock.

«Finiscila di fare l'attore, non sei portato.» Lo spintonai scherzosamente con la spalla. «Piuttosto aiutami a rientrare in camera inosservata.»

«Ai vostri ordini, Principessa.» E con un amichevole sorriso mi fece un lieve inchino, per poi scortarmi fino all'interno del palazzo.

*

Un violento mal di testa mi fece recuperare i sensi e mi ritrovai intrappolata tra due immensi tronchi che dividevano a metà il letto del fiume. Realizzai in quale situazione mi trovassi solo quando una delle guardie imperiali urlò, rivelando la mia posizione ai compagni.

Cercai di rimanere razionale e mi sforzai di reagire subito, ma fu più difficile di quanto pensassi: ero debole e le rapide ostacolavano ogni mio movimento, spingendomi con sempre più forza verso i tronchi scivolosi, dai quali stavo iniziando a perdere l'appiglio. Nel mentre, le guardie approfittarono dei miei tentativi falliti di venirne a capo per trovare un modo di calarsi giù dal pendio e raggiungermi.

Un altro fulmine illuminò il cielo, rivelando altri alberi caduti poco più in là nel letto del fiume.

In quell'attimo, cambiai strategia e, senza troppi indugi, presi un'abbondante boccata d'aria e lasciai definitivamente la presa sul tronco, facendomi così guidare dalle rapide fino all'albero successivo, contro cui sbattei con violenza. Senza mai uscire con la testa in superficie, usai la corteccia ruvida per spostarmi verso la riva opposta, nella speranza che le guardie imperiali perdessero le mie tracce.

Miracolosamente, dopo aver rischiato di perdere l'appiglio più e più volte, raggiunsi la sponda opposta e mi strusciai sul terreno fangoso, in un tentativo di riuscire a nascondermi tra i cespugli prima che le guardie mi vedessero. Ma di nuovo un lampo illuminò a giorno il cielo, rendendomi nuovamente visibile ai miei inseguitori che, come un branco di lupi affamati, continuarono a inseguirmi usando i tronchi caduti come ponte.

Merda.

Nonostante la loro lenta e traballante traversata mi avrebbe fatto guadagnare terreno, ero davvero allo stremo e questa volta temevo che non sarei stata in grado di sfuggirgli.

Ma proprio in quel momento di disperazione, poco più in là sulla riva, vidi una figura bianca poco distinta, che sembrava quasi risplendere nel buio. Quella visione fu come ipnotica e mi fece dimenticare di essere inseguita. Abbandonai la mia fuga continua e mi avvicinai lentamente, a passi felini, spostandomi lateralmente, mentre con una mano tastavo l'aria notturna davanti a me.

Quando finalmente fui abbastanza vicina da distinguere quella misteriosa figura, rimasi senza parole: maestoso apparve davanti ai miei occhi uno dei cavalli più belli che avessi mai visto.

Aveva il muso umido chinato nell'erba bagnata, intento a brucare, mentre i fulmini improvvisi illuminavano il suo manto candido e lucido per la pioggia, creando dei meravigliosi riflessi argentei. Ma a contrastare la bellezza di quell'animale, pesante e appesa al collo, pendeva una spessa e rozza catena in ferro. Nonostante ciò però, la mia attenzione fu attirata dall'orecchio, che vidi muoversi improvvisamente, poco prima di sentire i passi pesanti delle guardie imperiali.

Con un gesto rapido il cavallo sollevò la testa, rizzando entrambe le orecchie. Ciò mi fece capire quanto davvero vicini fossero i miei inseguitori.

Senza perdere più un attimo di tempo feci la prima cosa che mi venne in mente in quel momento: saltai in sella al cavallo e, con un ampia, speronata partii al galoppo, reggendomi con forza alla pallida, ma impregnata, criniera e a quella pesante catena, chiusa come un collare attorno al collo dell'animale.

Non avevo mai corso così veloce con un cavallo e l'aria, che mi premeva in volto, risultava così rarefatta da respirarla a fatica.

Riuscii a percorrere ad una velocità straordinaria quelli che mi sembrarono un paio di chilometri, prima che il cavallo iniziasse a ribellarsi cercando di disarcionarmi, conseguenza alla quale, per la fretta, non avevo riflettuto.

Cercai di mantenere il mio equilibrio e resistere, ma l'assenza di una sella e l'incredibile forza dell'animale ebbero la meglio e, con una frenata improvvisa, venni sbalzata via dal suo garrese.

La mia presa sul collare in ferro però, era così salda, che me lo ritrovai in mano. Perplessa, un po' per la caduta e un po' per la catena spezzata ancora stretta nel mio palmo, non mi accorsi subito che quello splendido cavallo bianco era scomparso e che, al suo posto, c'era un ragazzo dai lunghi capelli bianchi, disteso sopra di me. 

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