CAPITOLO 23

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Mi allontanai correndo, attraversando la strada e scendendo sulla spiaggia. Proseguii solo per qualche centinaia di metri, finché non raggiunsi una nicchia nel promontorio, creata dall'irregolarità della parete rocciosa. Non avevo intenzione di allontanarmi più di tanto, volevo solo passare del tempo da sola per sfogarmi in solitudine, senza scaricare ingiustamente la mia rabbia sugli altri.

Come avevo appena fatto.

Mi ero pentita di quelle parole dette a Rubyo, uscite come vento dalla mia bocca, nel momento stesso in cui le avevo pronunciate, e forse era anche per quello che avevo deciso di andarmene: per allontanare e nascondere il senso di colpa.

Mi gettai sulla sabbia e iniziai a disegnare delle linee indefinite con la punta delle dita.

Da quando avevo iniziato a comportarmi in modo così infantile? Da quando aveva iniziato a pesarmi così tanto la salvezza di Rubyo?

Non avevo mai voluto che morisse, chiaro, ma in passato, durante una battaglia, mi bloccavo nonostante lo vedessi in pericolo. Adesso invece, la sola idea mi dava la forza di combattere e perfino di uccidere.

Non avrei esitato a proteggerlo con il mio corpo. Ma in fondo non è questo ciò che fa la famiglia?

Ora che finalmente avevo fatto pace con la mia coscienza mi feci forza sulle gambe, per alzarmi, mentre i piedi prendevano a sprofondare nella sabbia, e feci per uscire dalla nicchia.

«Cosa ci fa una principessa bella come te qui? »Un'improvvisa voce gorgogliante ruppe il ritmo delle onde.

Due uomini sulla cinquantina, con folte, ma ben curate, barbe castane e dagli eleganti, ma maleodoranti di alcool, abiti, si avvicinarono sorridendo maliziosamente.

«Sei sola! »Parlò l'altra voce, alternando diversi picchi di tono. «Ma ora ti facciamo compagnia noi. »

«Tranquilla, poi ti compenseremo come meriti. »

Sbarrai gli occhi e iniziai a sudare freddo, mentre il cuore prese a palpitare così velocemente da divenire impercettibile. Avevo avuto a che fare con ogni tipo di malvivente e situazione, ma mai mi era successo di dovermi confrontare con due uomini, più o meno nobili, che mi avessero confusa con una prostituta. Presi ad indietreggiare, non sapendo bene in quali termini avrei dovuto affrontarli.

«Dove vai, scappi? »Uno dei due mi strinse il braccio, impedendomi di indietreggiare maggiormente.

Con uno strattone liberai il braccio, ma il mio piede venne inghiottito dalla sabbia e per la fretta caddi indietro. Non riuscendo a rimettermi in piedi senza rallentare troppo, provai ad allontanarmi il necessario, proseguendo a gattoni, ma il mio tentativo di fuga fu subito reso vano non appena uno degli uomini mi prese per il mantello, immobilizzandomi e facendomi soffocare. D'istinto mi assicurai il cappuccio alla testa, impegnando, tuttavia, una delle due mani, cosa che mi ostacolò ulteriormente. In quello stesso momento l'altro provò ad ancorarmi a sé, tirandomi per i fianchi. Bastò una gomitata e fui di nuovo libera, ma sapevo che questo giochetto non sarebbe potuto durare a lungo.

Non avevo intenzione di combattere contro di loro, uomini comuni, miei cittadini, persone disarmate, e anche se le cose avessero preso la piega peggiore, scendere alle armi sarebbe stato come procurarsi un viaggio diretto di sola andata da Markus. In più, nel Regno Imperiale, la custodia delle armi era vietata, concessa solo alle guardie, e le risse rarissime. Figuriamoci cosa avrebbero potuto scatenare delle ferite da taglio su un uomo o, nel peggiore dei casi, un omicidio. Ma questo non voleva dire che non potessi difendermi. Dovevo solo trovare un modo, meno manesco e più civile.

«Vi sbagliate. »Cercai di spiegare invano. «Non sono ciò che pensate. »

«Ora non importa più. »Disse l'uomo alla quale avevo dato una gomitata, mentre si massaggiava il mento dolorante. «Ti daremo una lezione. »

In quel momento, come a sottolineare le parole del compagno, l'altro uomo mi spinse con una furia tale che, nonostante fossi già china sulla sabbia, caddi sul fianco, rotolando vicino la parte bassa della nicchia e finendo così per sbattere inevitabilmente la tempia su una roccia sporgente.

Ora avevo davvero perso la pazienza.

Avevo le mani che mi fremevano vicino all'elsa del pugnale. Avrei fatto una brutta fine in ogni caso, tanto valeva combattere. Guardai truce quegli uomini, così ben vestiti e pettinati, che sprecavano la propria vita, ignari di aver scelto la ragazza sbagliata con cui dilettarsi.

Una o due ferite non li avrebbe uccisi di certo, ma avrebbe reso quegli uomini, non avvezzi alle sofferenze, immobili per il tempo necessario della mia fuga.

Afferrai con forza il pugnale, sentendo il rubino sotto il palmo, e mi preparai ad estrarlo.

«Mia cara. »Una voce fuori campo interruppe bruscamente la mia azione. «Vi lascio sola un istante e guardate che succede... »Gideon, spuntando fuori da una roccia sporgente, mi porse la mano, invitandomi con un occhiolino a prenderla. «Ebbene voi sareste? »Si rivolse poi ai due uomini, con un tono improvvisamente sprezzante.

«C-chi siete voi, piuttosto! »Dissero i due quasi in coro, improvvisamente rinsaviti dalla sbornia.

«L'unica persona che può permettersi di toccarla. Suo marito. »

Spalancai gli occhi e mi trattenni dal fare altrettanto con la bocca.

A quelle parole avvampai in un solo istante, mentre Gideon mi stringeva al suo fianco, strusciando la leggera camicia in seta contro il mio mantello in juta. I due uomini si guardarono per un breve attimo, visibilmente increduli, ma la determinazione non scomparve dai loro occhi.

«Stupidaggini! » Urlarono, lasciando trapelare una punta di esitazione, sufficiente a Gideon per continuare il suo bluff.

«Volete davvero sfidarmi? »Gideon lasciò il mio fianco, avvicinandosi lentamente verso i due uomini, che indietreggiarono istintivamente, ma non abbastanza velocemente: con uno scatto improvviso, Gideon prese entrambi dal collo, sollevandoli di mezzo metro dalla sabbia e li trattenne così, penzolanti, per qualche secondo, finché i loro volti non divennero cianotici. «Toccatela ancora una volta e mi assicurerò di spezzarvi ogni singolo osso del corpo per farvi soffrire fino al momento in cui non deciderò di scuoiarvi vivi e scarnificarvi a morsi. »Gli occhi di Gideon si illuminarono di fiamme dorate, mentre sopracciglia e naso si avvicinavano spaventosamente.

«S-si signore. »

A quelle parole a malapena udibili, i due caddero sulla sabbia, incominciando a strusciare e scalciare per allontanarsi.

«Non ho finito! »Disse Gideon, comparendo davanti a loro con un altro scatto. «Spogliatevi. »

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