CAPITOLO 8

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Quando riaprii gli occhi era notte fonda. La poca luce emanata dalla luna entrava tra le colonne portanti, in cui non erano mai state costruite le pareti. In lontananza si sentivano rapidi passi, probabilmente di bambini, ladruncoli che, alle prime armi, credevano che andare a rubare di notte fosse l'opzione più conveniente. All'inizio anch'io, inesperta sul campo, la pensavo come loro, ma crescendo avevo capito che il trambusto e la confusione giornaliere fossero elementi da sfruttare e non da ripudiare.

Un sospiro pesante mi strappò dai miei pensieri: poco distante da me, appoggiato con la schiena ad una trave, Gideon dormiva a braccia conserte, mentre la testa gli molleggiava sulla spalla sinistra. Sorrisi a quella visione: addormentato sembrava così innocuo.

Mi avvicinai lentamente, poggiandogli una mano sulla guancia nel tentativo di risollevargli il volto, ma in quel momento un brivido mi attraversò tutta la schiena: la pelle di Gideon era tanto fredda come l'ambiente che ci circondava. Quando cercai di adagiarlo al suolo, una ciocca candida di capelli mi solleticò il palmo, rivelandosi umida. Ma non mi feci troppe domande, vista la sua natura di Kelpie, e mi limitai ad accendere un fuoco poco distante, cercando di limitare al minimo il rumore.

Evidentemente però, non fui abbastanza silenziosa da non destare l'orecchio vigile di Rubyo, rimasto a fare da guardia con i piedi a penzoloni dall'edificio, che si girò nella mia direzione. Ci guardammo silenziosamente per qualche secondo poi, lentamente, gli andai in contro, sedendomi al suo fianco.

«Sto bene.» Dissi appoggiando la testa alla sua spalla.

«Io non ti ho chiesto nulla.» Mi guardò quasi divertito, con entrambe le sopracciglia inarcate.

«Non ad alta voce.»

Un sospiro lasciò i polmoni di Rubyo, mentre gli angoli della bocca si sollevavano a formare un dolce sorriso.

«Non è stata colpa tua.» Continuai, sentendo i suoi muscoli irrigidirsi.

Ci conoscevamo da più di dieci anni e oramai era come un libro aperto per me. Non c'era pensiero o preoccupazione che lui avesse che io non riuscissi a percepire. E viceversa.

«Non avrei dovut-»

«Finiscila! Tutto il mio essere calcolatrice e oggettiva deriva dal tuo insegnamento. 'Le tue scelte sono sempre corrette, non devi dubitare di te stesso. Mai.' Me lo hai insegnato tu.» Gli strinsi la mano con fermezza.

«Così mi farai arrossire.» Gli rifilai una scherzosa gomitata nello stomaco.

«Vai a dormire ora, resto di guardia io.» Dissi appoggiandomi con la schiena ad una trave, mentre lasciavo una gamba a penzoloni.

«Sicura che-» Ma visto il mio sguardo non finì la frase. «Ai suoi ordini Principessa!» Rispose infine, sorridendomi.

«Rubyo!» Lo rimproverai.

«Si scusami, Lyra.» Gli sorrisi e lui contraccambiò il gesto, per poi dirigersi nel suo solito angolino.

Lo guardai distendersi, poi tornai a fare da guardia, ma la visione della città era troppo miserabile e le case arroccate ci facevano da barriera contro i ladri notturni, troppo pigri e assonnati per sfidare il buio della notte e venire in un posto dal quale sarebbero tornati con le mani vuote e il corpo livido. Decisi quindi di concentrare il mio sguardo al cielo, la cui maggioranza di stelle era coperta da compatte nuvole grigie.

«Wow! Fare la guardia di notte. Deve essere davvero... noioso!» Sobbalzai, colta di sorpresa, allungando la mano al pugnale con uno scatto che mi fu del tutto naturale.

«Oh! Me lo presti?»

Guardai Gideon perplessa, mentre lui mi fissava con occhi innocenti, indicando con il dito la fodera che conteneva la mia daga.

«A cosa ti-»

«Tranquilla, non voglio ucciderti, o non avrei rischiato di rompermi l'osso del collo per salvarti. Due volte.»

Si sedette al mio fianco, poi continuò, chiudendo nel pugno una ciocca abbondante di capelli.

«Mi finiscono davanti alla faccia mentre dormo, sono pesanti e non mi piacciono lunghi.»

«Potevi tagliarli prima.» Dissi porgendogli la daga, impugnandola dalla parte della lama.

«Come ho fatto a non pensarci prima! Usare gli zoccoli sarebbe stato molto più rapido.» Mi schernì, rivolgendomi uno sguardo apatico.

Dopo di che, si raccolse i capelli in una coda bassa e, senza un minimo di esitazione, li attraversò con la lama. Lo guardai a bocca socchiusa finché non furono così corti da raggiungere la punta delle orecchie.

«Grazie.»

Mi restituì l'arma, che infoderai subito.

«So che alle ragazze piace parlare di sé. Quindi raccontami un po' di te.»

La nonchalance con cui Gideon mi rivolse quelle parole mi lasciò destabilizzata e irritata.

«Per aver pensato questo anche di me, davvero non devi avere la capacità di inquadrare le persone. Diciamo che più che parlare, io preferisco agire.» Dissi con un ghigno in volto, mentre con un gesto, definibile quasi elegante, sollevavo la mano per mostrargli la sua catena.

«Ero sicuro di averla io.» Rispose Gideon con uno sguardo curioso, avvicinandosi.

«Si, infatti.»

Un mugugno lasciò la sua gola.

«Bene, ora sono ancora più curioso.»

Mi osservò dritto negli occhi, inchiodando i suoi, azzurri come le acque più pure, ai miei.

«E cosa ti interesserebbe sapere?»

Mi sporsi verso il suo petto, diminuendo pericolosamente la distanza tra i nostri corpi.

«Come una Princ- come tu sia finita a Kohl. »Si corresse, a causa del vincolo che gli impedì di parlare.

Mi irrigidii visibilmente a quella domanda, ma non mi ritrassi, cercando però di non scendere nei dettagli e troncando in fretta l'argomento.

«Dopo la morte di mio padre era la mia unica possibilità di sopravvivenza. Altro?» Chiesi più per circostanza, nella speranza che le domande finissero lì.

Ma mi sbagliavo.

«Perché hai degli attacchi di panico alla sola idea della morte?»

Questa volta non accolsi la domanda con la stessa filosofia: il respirò mi si bloccò nei polmoni e con uno scatto mi ritrassi, battendo la schiena contro la trave fredda. Strizzai un occhio per il colpo inaspettato.

«Non so di cosa tu stia parlando.» Tentai un buon viso a cattivo gioco.

«È inutile mentire, l'ho notato: non hai ucciso la guardia che ti ha pugnalata, hai mirato basso quando pensavi ci fosse qualcuno invece del bell'addormentato...» Fece cenno con la testa a Rubyo, disteso per terra, immobile. «... e infine, la mia preferita: sei andata completamente in panico quando mi credevi morto.»

Il mio petto iniziò a sollevarsi ad un ritmo più rapido di quanto avrei voluto ammettere, mentre Gideon continuava ad avvicinarsi.

«Cosa ti spaventa di più? Vedere qualcuno morire, o sapere che una persona potrebbe morire a causa tua?»

A questo punto il suo volto era così vicino da riuscire a bisbigliarmi nell'orecchio, assicurandosi di sfiorare più volte il mio lobo. Ma quell'attimo durò poco, poiché in quell'istante un pugnale volò dritto sopra la testa di Gideon, rimbalzando con un suono acuto sulla trave in pietra alle mie spalle.

«Scusa, credevo volessi un'altra spuntatina.»

Rubyo era sveglio come non mai e stava venendo nella nostra direzione.

«Si grazie, stavo proprio pensando di accorciarli di qualche millimetro in più.»

Tuttavia, prima che Rubyo potesse prenderlo per il retro del collo della camicia e allontanarlo da me, Gideon riuscì a bisbigliarmi di nuovo nell'orecchio.

«Dopo questa reazione, mi rendi ancora più curioso.»

Gli arrivò un pugno nello stomaco così forte da piegarlo in due, ma ciò non fece altro che incitarlo maggiormente.

«Più è difficile la preda da conquistare, e più mi diverto.» Continuò, con un ghigno stampato in faccia, anche dopo che Rubyo lo ebbe allontanato da me, gettandolo per terra come si fa con i prigionieri in cella.

Nel mentre, io rimasi pressata a quella trave, con le mani tremanti e un peso sul petto che mi obbligava a respirare più velocemente del solito, con il cuore che batteva troppo forte da poterlo percepire. In quel silenzio, che solo il battito del mio cuore rompeva, speravo che quella reazione fosse dovuta alla ferita che stava ancora tentando di rimarginarsi, e non a qualcos'altro, che io non potessi controllare. 

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