XXVI. Tortuga: Determinazione

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SCOZIA - ISOLA DI MULL, OTTOBRE 1715

Susan passeggiava da sola lungo il largo sentiero ghiaioso che affiancava la costa.

Le braccia unite dietro la schiena con le dita intrecciate tra loro, il capo rivolto davanti a sé, gli occhi verdi come giada persi in uno sguardo sognante all'orizzonte. Alla sua destra, la vegetazione composta da alti pini, sui rami dei quali dei corvi neri si appollaiavano a studiare la distesa oceanica in lontananza, rendevano frenetico il paesaggio grigio e brullo, oscillando al forte vento d'autunno che scuoteva Fionnphort. Nella direzione opposta, le rocce lisce facevano da rampa verso la costa rocciosa, su cui da quella zona si discendeva attraverso passaggi umidi e impervi.

Le onde schiumavano contro i promontori che davano sul mare, bagnandone la fredda superficie. Quel grigio pomeriggio rispecchiava alla perfezione l'umore mogio che di rado aveva abbandonato la ragazzina negli ultimi mesi.

Da quando la sua più cara e longeva amica era partita per prendere il mare, due mesi prima, le giornate di Susan erano diventate drasticamente più solitarie. Non sapeva più come riempire gli spazi nei quali prima pescava insieme a lei, la guardava allenarsi, chiedendo di partecipare ogni tanto sebbene fosse negata per l'attività fisica, o chiacchierava insieme a lei per ore e ore.

I suoi genitori, Lisa e Donton, cercavano di coinvolgerla sempre più nelle attività di pesca, cucina e lavoro a maglia, talvolta le lasciavano i piatti più abbondanti di minestra quando il pescato a disposizione era cospicuo. Lei era grata per averli nella sua vita, ma naturalmente non era la stessa cosa.

Un pezzo di lei mancava, e ogni giorno si sentiva più incompleta.

Per questo motivo, Susan usciva spesso a passeggiare e riflettere come in quel momento, soprattutto nei pressi della costa, per poter guardare il mare che le faceva pensare a lei, la ragazza che era sempre lì ad ammirarlo con quegli occhi allegri e quello sguardo esuberante.

"Mi manchi, Lavy..." pensò la giovane. "Chissà adesso dove sei, chi hai conosciuto. Se sorridi ancora come prima." Susan era convinta che, ovunque fosse, aveva con sé persone che la seguivano ciecamente.

Perché Lavy era così, lei lo sapeva meglio di chiunque altro. Trascinava la gente dalla sua parte. Quando era presente, niente sembrava impossibile e ogni cosa che raccontava dava l'idea d'esser vera. Merito di quella sicurezza innata, quell'intraprendenza e forza interiore rarissime al mondo.

Susan non era mai riuscita a evitare di seguirla ovunque, ed era certa che altre persone l'avrebbero fatto in qualunque parte del mondo.

"Però vorrei vederti un'altra volta, me l'hai promesso. Spero non tornerai a trovarmi troppo tardi, e che tu abbia trovato l'avventura che cercavi finora. Così potrai raccontarmela." Susan sorrise, e la sua aria mesta fu sostituita dalla gioia, l'espressione nostalgica da una determinata.

"Nel frattempo, voglio diventare anch'io autonoma e capace come te!" I suoi ciuffetti biondi sembravano guizzare qua e là per l'entusiasmo, mossi dal vento. "Così magari mi permetterai di salpare sulla tua nave per un po'." Il solo pensiero la riempiva d'ingenua euforia. Lei e Lavy a solcare i mari insieme e vivere mille peripezie.

L'idea di diventare una piratessa la spaventava, e non era affatto sua intenzione, ma se si fosse trattato di viaggiare per un po'... Avrebbe solo dovuto convincere i suoi genitori, ma con l'aiuto della perspicacia di Lavy ce l'avrebbe fatta. Per questo doveva acquisire sempre più sicurezza in sé stessa, e mostrarsi a lei come una ragazza forte, una che l'avrebbe sorpresa in positivo.

Le serviva solo sapere in che modo avrebbe potuto riuscirci.

"Ehi, tu sei Susan Mclean, vero? La figlia di Lisa e Dorton."

"Eh?" La giovane si voltò di scatto verso sinistra.

Seduto su di una piccola altura con le gambe penzoloni sopra il litorale in ribasso, c'era un ragazzo atletico dal caschetto castano e occhi rosati dal taglio dolce. Non l'aveva affatto notato, tanto era presa dalle sue sfrenate ambizioni. Dalla corporatura pareva avere l'età di Lavy, ed era slanciato quanto lei, anche se più magro all'apparenza.

Notando che Susan lo osservava curiosa e un po' scettica, il ragazzo sfoggiò un sorriso luminoso. "Sono Stephen, non mi riconosci? Giocavo con te e Lavy qualche anno fa."

Lavy aprì di scatto le palpebre, mettendosi a sedere sul letto.

Subito, le fitte alle ferite che ancora conservava alle braccia e alle gambe, oltre che quelle sulla spalla e sul fianco, la attanagliarono, portandola a massaggiarsi le zone dolenti con viso sofferente. Si guardò attorno, constatando che si trovava nella sua cabina a bordo della Susan, dove da due settimane o poco più si stava ristabilendo dalle ferite.

Il piccolo giaciglio era situato presso una finestrella tonda, da cui un invasivo raggio di sole illuminava in obliquo metà del suo volto, gettando nell'ombra la parte opposta. Il suo sguardo si perse per qualche secondo nell'orizzonte lontano, oltre il mare sconfinato, mentre nella sua testa ripercorreva l'ennesimo incubo che da mesi le agitava il sonno.

Stavolta, oltre alle scene su quella nave maledetta in quella traumatica notte, si aggiungeva qualcos'altro. La presenza di Lafonte sfociava via via in quella di Ned Low, che prendeva a tagliare parti del suo corpo, lacerarne la pelle, tutto insieme a quella sgradevole, calda pressione che le riempiva la parte bassa del ventre, disgustandola fino al vomito. Ogni volta si ritrovava inerme, sola, a sopportare un dolore atroce sul quale non aveva alcun potere. Così, finiva per svegliarsi in preda al panico, sollevata che fossero solo un sogni, ma ben conscia del motivo per cui continuavano a tormentarla ogni notte.

"Cazzo, vaffanculo." mormorò, acida, scostandosi le coperte dalle ginocchia nude, sotto alla leggera veste bianca in cotone che indossava.

Le fasciature sotto di esse erano ancora bianche, anche se non le cambiava da un paio di giorni. Le ferite non sanguinavano più con la facilità di prima. Ciò le sollevò appena l'umore, attenuato comunque dal dolore alla spalla, più fitto rispetto alle altre zone. Il punto in cui Ned Low le aveva sparato.

Udì bussare alla porta, e mugugnò un rapido avanti, ritrovandosi poco dopo un Nick carico di fasciature nuove e un sorriso timido su quel suo volto pulito. Lavy non avrebbe mai detto che uno come lui fosse in grado di freddare dei nemici a colpi di moschetto, ma credere in lui si era rivelato un buon azzardo, dopotutto.

E, inoltre, la sua sola presenza riusciva a metterla di buon umore, grazie alla leggerezza dei suoi modi un po' impacciati. Un effetto diverso rispetto alle parole logiche di Flicker, che la calmavano e rassicuravano da un punto di vista mentale, più che emotivo.

"Ehi, sei venuto a usare le fasciature come scusa per guardarmi?" Lavy si divertì a punzecchiarlo, sebbene un lato nascosto di lei avesse per davvero sempre timore di simili comportamenti. Non era certo una cosa da Nick, comunque, sapeva bene anche questo.

Come a darle ragione, il ragazzo divenne rosso come un peperone.

"N-non mi permetterei mai, volevo solo lasciartele sul lett-"

"Sta' tranquillo, scherzavo." sorrise lei. "Puoi restare, se ti va. Ci sono novità a Nassau? Non vorrei restarmene qui a poltrire troppo a lungo e scoprire che un altro pazzo ha invaso l'isola."

Nick scosse appena la testa, sedendosi su uno sgabello di fianco al letto, e poggiando le fasciature sulle lenzuola. "Niente del genere. Però, pare che Vane abbia deciso di creare un consorzio tra i capitani di Nassau, proprio per evitare che accada di nuovo. Io e Kidd vorremmo partecipare in tua vece, se per te va bene."

Lavy raddrizzò la schiena e avvolse le braccia attorno alle ginocchia approcciate al petto. Assunse un'aria riflessiva, indecisa sul da farsi. "Non è che mi importi molto, la faccenda. A dire il vero, avrei altri piani..." iniziò, massaggiandosi il mento con due dita. "Vorrei viaggiare, ora che ho una nave e abbastanza uomini, ma avere alleati e una base in cui tornare non sarebbe da sottovalutare." Inoltre, se Lafonte era davvero da qualche parte a New Providence, delle conoscenze giuste potevano aiutarla a stanarlo, sempre se non si fosse fatto vivo di persona, invece che mandarle contro altri sicari da quattro soldi. "Direi che finché non mi sarò ripresa del tutto, potrete partecipare voi due al posto mio, ma assicuratevi che Vane non accentri tutto il potere su di sé. So che ci proverà."

Nick annuì, felice per la decisione del capitano. Nonostante lui stesso non vedesse l'ora di salpare insieme a Lavy per nuove mete, era d'accordo col suo ragionamento, da soli non si andava da nessuna parte. Bisognava riuscire a scegliersi gli alleati, distinguere gli ambiziosi come Vane dagli uomini aridi e crudeli come Low. E, proprio a tal proposito, un'altra spiazzante novità scuoteva l'animo inquieto del giovane fuciliere.

"Ci sarebbe un'altra cosa, Lavy."

"Mh?" La giovane donna lo guardò con sospetto.

"Ecco, un uomo è sbarcato da pochi giorni qui a Nassau, e dice di conoscerti." rivelò Nick. "Siccome non abbiamo ancora un medico a bordo, si è offerto di far dare un'occhiata più dettagliata alle tue ferite dal suo. All'inizio non volevo crederci e tutt'ora sono scettico, ma è uno dei tre dominatori dei mari. Si tratta di Paul Sanders."

Lavy sgranò le palpebre. Un sorriso spontaneo e brillante quanto il sole che le inondava i capelli dalla finestra prese vita sulle sue labbra screpolate. Nick ebbe la conferma sulla veridicità del legame tra i due solo osservando quella gaia reazione del suo capitano.

"Allora alla fine si è deciso a farsi vivo." sussurrò la piratessa, con voce allietata. "Nick, direi che ho riposato anche troppo qui dentro. Non mi farà male prendere una boccata d'aria." ghignò.

"D-d'accordo, Lavy... Preparo la tua cappa, ma non sforzarti troppo, mi raccomando. Adesso lui si trova sulla spiaggia."

Se Paul era tornato, allora doveva aver sentito delle sue ultime gesta al galeone spagnolo, o aveva urgenza di depositare un grosso carico ottenuto dalle sue razzie nei mari. Ma per Lavy poco importava, tutto sommato: non vedeva l'ora di incontrarlo di nuovo.

L'uomo era seduto sulla rampa di legno in rialzo, le gambe sospese nel vuoto e il capo basso coperto da un tricorno nero. Alle sue spalle, sulle assi di legno sopra al quale sostava con aria placida quanto indolente, un impiccato penzolava nel vuoto, il collo spezzato e una smorfia di paura ancora forgiata sulla faccia oramai bluastra, gelida. Qualche povero condannato, tanto stupido e plateale nel creare fastidi che nemmeno le giubbe rosse corrotte di Nassau l'avevano potuto ignorare.

O forse qualche indebitato che aveva pagato con la vita laddove non arrivava col denaro.

L'individuo solitario non lo sapeva, e di certo non gli importava. Aveva solo pensato che quello fosse un luogo silenzioso in cui poter riposare.

Tutto intorno, la terra stepposa e arida combaciava alla perfezione con la sua asettica cappa nera a collo alto, sotto la quale una camicia bianca di lino ne copriva il busto. Poche abitazioni mezze fatiscenti e basse delimitavano la zona deserta dell'entroterra di Nassau, l'unico suono che interrompeva la silente quiete della morte era il fruscio delle folate di vento che soffiava in maniera saltuaria. Il cielo ero tinto di sangue e oro, ad annunciare l'arrivo del tramonto.

Il suono di un paio di stivali piantati nel terreno a pochi metri da lui ne catturò l'attenzione. Un ragazzo dall'aria euforica si fermò e gli rivolse la parola in tono zelante.

"Capitano Lafonte, sono di ritorno dal centro." si annunciò, un gran sorriso allegro ad accompagnare due tondeggianti occhi color cenere e degli ordinati e lisci capelli d'un castano ramato.

Boyd alzò il capo, rivelando i neri ciuffi sfibrati tutti tirati verso destra e un malsano ghigno mellifluo. "Ebbene?" domandò, senza mezzi termini.

L'altro poggiò la nuca sui palmi delle mani, disinvolto. "Pare sia vero, Vane vuole organizzare un consorzio, persino Paul Sanders è presente sull'isola a testimoniare la veridicità della notizia!" canticchiò. "Che intendi fare?" aggiunse subito.

Il pirata rise di gusto, compiaciuto dall'informazione. "Mi sembra ovvio, Ramsey, partecipiamo. Non c'è nulla che ce lo vieti, siamo anche noi pirati di Nassau! Al buon Roberts farà piacere una certezza in più, dopo il fallimento di quel coglione di Low. Se spazziamo via ogni dubbio su una congiura più grande, parlando per conto del grande capo, avremo tutti quanti le palle coperte. Non ci prenderemo Nassau, ma puoi scommettere il culo che avremo la nostra fetta."

"C'è anche lei sulla spiaggia. Pare abbia una nave ora." affermò Ramsey, senza specificare a chi si riferisse.

Un ghigno ancora più sornione rispetto a prima prese forma sul volto di Boyd Lafonte, che scese con un balzo dalla piccola altura, di fronte al compagno. La sua stessa espressione ricordava quella di una iena dopo aver avvistato una carcassa isolata, gli occhi slavati carichi di intensa malizia.

"Meglio, direi." disse col suo tono ringhioso, come quello di un cane selvatico. Non aveva dimenticato quel messaggio minatorio nei suoi confronti, così come la testa del suo subordinato con il qual era stato allegato su di una picca nei pressi del litorale. Tantomeno aveva scordato l'adrenalina provata a causa sua.

"Quasi quasi ci speravo! Forse addirittura mi mancava, quella pesciolina smarrita... Voglio proprio vedere se ha imparato come si nuota in mare aperto."

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