XXX. Tortuga: Il consorzio

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La sala principale del forte, dove fino a pochi giorni prima troneggiava Ned Low, era illuminata dal tenue baluginio dei raggi mattutini che penetravano dalla finestra sul fondo, occultata per un quarto dalle tendine in lino su ambo i lati. Al centro, un ampio tavolo rettangolare era stato posto di fronte alla scrivania sopra la quale era accomodato Charles Vane.

Una gamba penzoloni a sfiorare il pavimento con la suola, le palpebre socchiuse come di consueto a scrutare di traverso ogni cosa che incrociasse la sua vista penetrante. I suoi bicipiti tonici e vagamente nodosi spiccavano con la camicetta aderente color guscio d'uovo che indossava, mentre gli stivali facevano risaltare lo slancio conferitogli dalle gambe allenate. Di fianco a lui lo accompagnavano i soliti Jack e Anne, taciti. Lo spettacolo che si parava loro di fronte non era altro che l'insieme dei pirati di maggior spicco tra quelli presenti in quel periodo a Nassau.

Lungo il tavolo, infatti, le sedute erano occupate da capitani influenti di cui lui stesso riconosceva il valore, e con i quali era pronto ad avviare una vera e proprio politica interdipendente composta di contributi versati da ognuno di loro.

Per conto di Lavy, erano presenti Kidd e Nick Stevenson. E accanto a quest'ultimo, con suo sgomento e nervosismo, vi era proprio una delle cause per le quali non si era presentata lei in persona. Il capitano Boyd Lafonte.

Una volta saputo che avrebbe partecipato anche lui in quanto membro della flotta di Bartholomew Roberts, uno dei tre Dominatori dei mari, per rappresentarlo in sua momentanea assenza, Lavy aveva quasi pensato di lasciar perdere l'incontro e partire senza entrare a far parte di nessun gruppo organizzato. Erano stati proprio i due suoi uomini a persuaderla su quanto fosse importante presenziare per i vantaggi di cui avrebbero potuto godere in futuro, potendo contare tanti alleati.

Dopo aver sbottato qualcosa riguardo il fatto che Lafonte non sarebbe mai stato nemmeno un uomo per lei, il capitano Sabers aveva acconsentito.

A concludere il gruppo, i capitani Henry Jennings, Benjamin Hornigold e Paul Sanders occupavano le loro posizioni. Quest'ultimo di tanto in tanto prendeva a guardare fisso Boyd senza mai staccare gli occhi da lui, il tutto accompagnato da un ghigno molesto, per il semplice gusto di metterlo in soggezione.

D'altronde, nessuno si sarebbe mai permesso di sfidare apertamente un Dominatore come Sanders. Persino la marina ci pensava due volte prima di farlo.

"Credo che voi tutti conosciate il motivo per cui siete qui, stamattina, al tramonto della riconquista di Nassau." iniziò Vane, iniziando apposta in tono solenne. "Per troppo tempo abbiamo vagato nell'indeterminatezza, razziando, depredando e uccidendo senza un vero scopo a parte la brama di denaro personale. Assecondando i nostri istinti animali come comuni bestie senza cervello." Si prese una pausa appena più lunga per indugiare qualche attimo sulla figura di Boyd, incenerendolo. "Ma da oggi, porremo le fondamenta per non essere più semplici fuorilegge privi di identità. A partire da questo giorno, saremo una vera e propria nazione di ladri e canaglie organizzate. Non troppo diversa da quelle già esistenti nel vecchio continente..."

Charles si concesse un ghigno bieco, per poi sollevare un braccio e indicare il compagno alla sua sinistra. "Jack..." sollecitò.

Lui si schiarì la voce, pronto a dar sfogo alla sua eloquenza innata. Anne alzò gli occhi al cielo, incapace di trattenere un sorrisetto esasperato alla teatralità del partner.

"Un consorzio." iniziò, diretto, Rackham. "Ciò che vogliamo creare, con l'ausilio della ricchezza posseduta dai Dominatori, è un vero e proprio sistema basato sull'accumulo dei nostri tesori, così da creare a Nassau una vera e propria società autonoma e indipendente. Non più una semplice base pirata dove nascondersi come topi. Il nostro profitto rimarrà la cosa più importante, ma lo faremo fruttare tramite investimenti mirati."

"E come intendete fare, esattamente? Voglio dire, chi lo dice che voi sapete dove è giusto investire e dove no?" Boyd lo interruppe in tono brusco, arrestando le sue ridondanti parole. "Invece di paroloni e bei propositi, vorrei che mi illustraste i fatti, cos'è che volete davvero fare."

Hornigold annuì, nonostante la sua antipatia nei confronti dell'uomo, mentre Sanders continuò a restarsene in silenzio, con quel suo sorriso enigmatico e imperscrutabile.

"Parli tu? Un tuo affiliato ha provato a gettare caos sull'isola e hai anche il coraggio di intervenire?" Con grande sorpresa dei presenti, Nick lo accusò di persona, guardandolo dritto negli occhi con le sue fumose sfere grigie. "Francamente, non so nemmeno perché ti sia permesso di partecipare quando è chiaro che il tuo capo voleva usare quel pazzo per impossessarsi di Nassau. E tu te ne stavi nell'ombra ad aspettare che tutto si calmasse, da autentico codardo."

Sia Anne che Kidd lo osservarono con lo stupore dipinto negli occhi. Tutto si sarebbero aspettato da quel ragazzo tranne quell'impeto improvviso e furente. Ma nella mente del giovane, la rabbia per aver assistito alla debolezza così debilitante del suo capitano, e per averlo fatto nel più indelicato dei modi, divampava gelida come la stella polare sopra un oceano notturno.

"Nick, calma. Non siamo qui per questo." provò a sussurrargli all'orecchio con le sue labbra simili a petali Kidd. Ma a quel punto lui non pareva nemmeno ascoltare.

"Se sei qui per accusare, allora potresti lasciare tu il forte, non credi? La mancanza di lucidità uccide, ragazzo..." Boyd lo scrutò a fondo. I due si sfidavano con gli occhi. La promessa in quelli di Nick suonava tanto una minaccia mortale. Sembravano mormorargli: ti ucciderò.

"D'altronde, se la memoria non mi inganna, è proprio il tuo capitano ad aver scatenato un putiferio alla locanda, l'ultima volta." rimarcò Lafonte.

Il battito sonoro dei palmi di Jack riportò l'attenzione su di lui, freddando con rapidità gli animi. Lui sapeva sempre come attirare gli altri, come farsi ascoltare, che tonalità usare a seconda dei contesti. Dosava sempre bene le informazioni sfruttando i momenti e le pause giuste e, cosa più importante: sapeva come apparire. Postura eretta, mento in su, tono alto e sicuro. Tutto ciò gli veniva con estrema naturalezza, tanto da farlo apparire simile a un attore di teatro.

"Cerchiamo di non sviare dal discorso principale, amici! So che possiamo avere divergenze tra noi, ma sia io che il capitano Vane sappiamo anche bene quanto potenziale abbiamo se uniamo le forze. Voglio rispondere direttamente alla tua domanda, capitano Lafonte." si rivolse a lui con fare cordiale. "L'idea di base è semplice: ognuno di noi depositerà parte del bottino che racimolerà a cadenza di sei mesi, massimo un anno, in una cassa comune, qui al forte. Raccoglieremo così le idee su come poterli usare al meglio, e insieme a un consiglio formato dai capitani che forniranno più oro, decideremo le misure finali da adottare. Ciò che ci preme di più attualmente è-"

"Aumentare le difese." terminò al suo posto Vane. "Sono aperte altre proposte, ma nell'immediato è necessario che il forte sia ben fornito per difendersi da invasioni, anche da parte della marina. Non vogliamo altri problemi come quello di Ned Low."

"Mi sembra ottimo! Lasciate fare a me, vedrete che cannoni vi procuro coi ricettatori che conosco. Ce n'è uno a Kingston che è un poeta, fidatevi." Jennings rise col suo solito zelo virile, i muscoli enormi del petto messi in risalto dal movimento ritmico dovuto alla risata.

Alcune frasi e cenni d'assenso, sommate al silenzio d'altri, segnarono il consenso per quella prima manovra collettiva. Vane si permise di sentirsi un pizzico fiero per quei risultati iniziali, notando la forma che il progetto cominciava ad assumere. Forse non era una pazzia credere davvero nell'autonomia di Nassau. Nella libertà. Forse non era folle combattere per realizzarla.

"Ci sarebbe una cosa." La voce di Sanders proruppe, attirando le occhiate di tutti su di sé. Si alzò, la cappa scoperta a mostrare la camicia stretta sul fisico massiccio.

"E cioè?" sbraitò Vane, attonito per quell'intervento. definire Il suo viso interrogativo sarebbe stato come chiamare Ned Low un birbante.

Sanders allargò le labbra, gli occhi di fuoco simili a rubini brillanti sul fondo di un forziere. "Oltre a rinforzare le difese del forte, penso che dovremmo anche pensare a come conquistarci la fiducia della gente di Nassau."

"In che senso?" domandò Kidd. "Non sono tutti pirati come noi. Molti sono persone comuni o barboni."

"Il ragionamento è semplice, bellezza. Una nazione ha bisogno di un popolo." disse Sanders. "Uomini che si sentano parte di qualcosa, protetti da una forza maggiore. Questo è ciò che fa la forza di uno stato."

A quelle parole, Jack ebbe come una folgorazione, e si chiese perché non ci avesse pensato da sé, prima. Sanders l'aveva illustrato come fosse la più banale delle ovvietà, ma in realtà non era affatto scontato, quello che stava proponendo. Voleva creare un esercito.

Persone che si sarebbero ribellate alla rottura dell'equilibrio vantaggioso in cui avrebbero vissuto grazie a loro. In tutta onestà, a Jack quell'uomo metteva i brividi.

"Giusto!" esclamò, difatti. "Comprare la fedeltà della popolazione con parte del denaro e con la persuasione che sia nel loro interesse, ecco come potremmo investire da subito oltre alle difese. Nassau ha una popolazione piccola, e proprio per questo sarà più facile far sentire tutti come parte di un sistema, uniti per una causa comune."

"Così, quando arriveranno i nemici, avranno contro una nazione." concluse Hornigold, soddisfatto. Persino Lafonte si ammutolì, convinto da quell'ultima proposta.

L'incontro al vertice proseguì per un altro po' tra proposte e congetture, con le basi ormai ben avviate. Prima che finisse, però, Sanders si alzò per andarsene, e si accostò per un momento a Vane.

Solo loro due udirono le parole che gli rivolse all'orecchio: "Ben fatto, mio uomo migliore."

Nessuno poteva saperlo, tranne loro, chi fosse il vero ideatore di quel consorzio che stava infine nascendo.

Così, mentre il biondo abbandonava la stanza e Jack finiva di esporre le sue ultime teorie sulle quote che sarebbe stato più conveniente versare e sul sostegno dei libri contabili falsati dal corrotto governatore di Nassau, Charles fissò la sua schiena larga allontanarsi con occhi dubbiosi e allo stesso tempo punti da un vago senso di ammirazione, di riconoscimento della sua gandezza.

"Prima mi chiedi di mettere in scena tutto questo, poi stravolgi tutto il piano iniziale e te ne vai prima della fine... Non ti capirò mai." pensò.

Ma la fedeltà che riponeva nei suoi confronti avrebbe sempre persistito, lo sapeva bene.

Perché quell'uomo era il Dominatore dei mari, Paul Sanders, di cui la Roger era solo una nave nell'immensa flotta di cui disponeva.

Era il tramonto, e Lavy si trovava presso la spiaggia principale dell'isola, dove la Susan era ormeggiata, anche se ancora per poco. Infatti, la mattina seguente sarebbe partita con la sua ciurma alla volta di Tortuga.

Laggiù, come le era stato consigliato, avrebbero trovato dei buoni ricettatori per apportare migliorie alla nave e acquistare merci preziose come cannoni, munizioni, magari mortai. Inoltre, gli uomini avrebbero potuto usare la loro quota del tesoro spagnolo per spassarsela in un luogo diverso dalla solita Nassau. L'entusiasmo alle stelle si viveva tra tutti loro, si respirava dietro ogni battuta, risata o torneo di braccio di ferro istituito a intervalli regolari da Hector, in cui ovviamente vinceva sempre.

La ragazza era sollevata da questo, le ombre che aveva vissuto appena il giorno precedente erano quasi meno opprimenti adesso. Sebbene sempre presenti. E dolorose. Ciononostante, Lavy sentiva di aver compiuto un passo in avanti, seppur minuscolo. Si era resa conto di aver davvero rifuggito il suo dolore dietro la durezza, la rabbia, la brama di vendetta e sangue, fin quasi ad affogarci dentro, i polmoni pregni d'oscurità a impedirle di respirare. Era riuscita a trarre il primo respiro, e sebbene il nero dei suoi peggiori intenti incombesse ancora in lei, e la riempisse quasi del tutto, perlomeno era certa di una cosa: c'era speranza.

Aver parlato del suo dramma era servito ad alleggerire un minimo il suo peso interiore. Non avrebbe mai immaginato che a donarle quella speranza potessero essere proprio due pirati. Flicker e Nick. Non sapeva se ritenersi fortunata ad averli con lei, o se ascoltare quella voce nella sua testa che la chiamava patetica per essersi mostrata tanto fragile davanti a loro. Lei, il capitano dell'equipaggio di cui erano parte. Quella voce che glielo sussurrava la conduceva a pensare anche che quel suo lato debole, attraverso il quale scopriva le ferite sempre celate con tanta cura dalla sua fredda neutralità esterna, avrebbe portato ad affondare negli abissi con lei ogni persona a cui si sarebbe legata.

Ed era una voce che somigliava molto a quella di Boyd Lafonte.

Mentre il sole morente schiariva il suo viso perso nella riflessività più totale, accentuando contaminazioni più chiare nei suoi occhi come fasce di bonaccia a puntellare porzioni d'oceano, fu raggiunta da qualcuno a passi sicuri e pesanti.

Voltandosi, riconobbe subito i corti capelli biondi, la barbetta irsuta e il petto ampio di Paul Sanders. Questo le sfoggiò un ghigno malizioso dei suoi in segno di saluto.

"Allora, parti?" esordì.

"Domattina." rispose Lavy, ricambiando con un sorriso incerto a mezza bocca. "Se volevi un saluto strappalacrime, sei venuto presto."

"Non me lo sarei aspettato in ogni caso! In realtà sono qui per un'ultima dritta, riguardo Tortuga."

"Paul, non voglio che tu mi aiuti troppo, davvero. Già mi sei stato vicino in passato, e hai fatto medicare le mie ferite di recente. So che non lo fai solo perché sono la figlia di Ginny, sono felice che tu sia mio alleato, e di certo uniremo ancora le forze in futuro, ma adesso voglio che io... che noi camminiamo sulle nostre gambe." Lavy allungò un braccio verso la sua imbarcazione poco distante da lì. "Sta' sicuro che la ciurma di Sabers si farà conoscere presto."

Sanders rimase in silenzio per un po', dinanzi all'ardore che vedeva negli occhi della ragazza. Era una luce che aveva dimenticato, in tanti anni a solcare i mari. La vedeva molto simile nello sguardo di Charles Vane. E la stessa euforia, dai racconti, era presente nell'animo di Ned Low. Forse una nuova generazione aveva posto le fondamenta per un'era d'oro che avrebbe portato la pirateria a livelli mai visti. Di certo, però, non si sentiva ancora abbastanza vecchio da farsi da parte. Sarebbe stato un traguardo da raggiungere, almeno per Charles e Lavy, così che si sentissero sempre più spronati a combattere per affermarsi.

"D'accordo, a dire il vero intendevo solo raccomandarti una certo contatto che ho a Tortuga. Non troverai di meglio se cerchi informazioni. Permettimi solo di riferirti il suo nome e nient'altro, capitano Sabers."

"Va bene, di' pure." sospirò Lavy. "Hai la testa dura, tu."

"Cercala nella locanda principale della città, il Sunk'n Norwegian. Fa' semplicemente il nome Kat. Quando saprà che ti conosco, capirà tutto."

"Kat, eh? In una locanda... e sentiamo, come fai a conoscerla? E poi, non ti aspetterai che creda a chiunque dica di conoscere Paul Sanders." incalzò la ragazza.

"Ecco... potrei essere stato suo cliente, per così dire. Comunque, basterà che dirai: cerco la chiave. A quel punto, avrai la sua fiducia, almeno momentanea." informò Sanders.

"Farò finta di non aver sentito la prima parte. Allora terrò a mente la frase, grazie. C'è altro?"

"Perché è diventata così fredda, Tutto a un tratto..?" pensò, atterrito, l'altro. "Solo una cosa, mia cara. Tortuga non è Nassau. è ancora peggio. Non scandalizzarti per ciò che vedrai una volta tra i domini coloniali."

Lavy annuì, per poi voltarsi a guardare le onde del mare infrangersi sulla bianca battigia poco più avanti, nel loro ripetuto e infinito ritmo altalenante. Stava per iniziare un nuovo viaggio, eppure le sembrava di andare solo incontro ad altra morte e sofferenza. Aveva come l'impressione che più fosse andata avanti, più il processo si sarebbe susseguito. Proprio come il perpetuo infrangersi di quelle onde sulla sabbia. Senza un vero senso, senza un motivo. Semplicemente, era così che funzionava. E la cosa che la spaventava era che si stava abituando. La sua neutralità alla morte era innegabile ormai.

Chi era lei se lo zelo positivo che l'aveva spinta a partire era ormai seppellito dentro la sua anima? Se non lo provava più, allora perché era ancora lì? Poteva definirsi una piratessa, in realtà, se stava male all'idea di essere diventata arida? Esisteva davvero Sabers, o lei era ancora Lavy, la stessa intraprendente ragazza, ma a cui avevano fatto crollare il terreno sotto ai piedi, rendendola cupa? L'ombra di sé stessa.

C'era solo una cosa che le donava gioia al pensiero di salpare. E non aveva nulla a che fare coi suoi sogni ingenui di allora. Era la convinzione che avrebbe vissuto ogni cosa insieme a persone come Nick Stevenson. O come Danny Flicker. Forse, per adesso, questo bastava. Almeno, era l'unico elemento che riusciva a placare la sua perenne crisi d'identità e renderla orgogliosa.

"Tranquillo, Paul." Quando volse gli occhi al compagno, sembravano due involucri vuoti composti di cenere. "Non penso esista qualcosa che possa scalfirmi, a questo punto."

"Nemmeno la vendetta?" chiese a bruciapelo lui. "D'altronde è per quello che sei rimasta, no?"

Anche la volontà di uccidere Lafonte era diventata più lucida e rigida, di recente. Infatti, per il momento l'avrebbe messa da parte, per elaborare più avanti un modo di mettere a punto la sua vendetta. Se quel cane era entrato a far parte di un consorzio pensando di essere intoccabile, allora avrebbe trovato un modo di ucciderlo che fosse legittimo agli occhi di tutti. E sarebbe accaduto nel momento più inatteso.

"A quella penserò a tempo debito." concluse Lavy, sorridendogli in un modo enigmatico che gli fece accapponare la pelle. Era come se il tempo attorno a lei scorresse più lento. Proprio come quella notte di sangue in cui nacque Sabers. "Adesso voglio solo che a Tortuga siano costretti ad appendere il manifesto con la mia faccia per tutta la città."

Tutto sommato, non contava quale fosse la sua identità, per lei. Perché per tutti era il capitano Sabers, e se le sue scelte l'avevano condotta su quella strada, allora era pronta a percorrerla fino in fondo.

Lo doveva ai suoi uomini, lo doveva al consorzio. E lo doveva anche a sé stessa.

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