2. Il risveglio

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La stanza dell'ospedale era stata lasciata in penombra e l'unico rumore che si poteva sentire era quello dei macchinari che controllavano i valori vitali di Gloria Shell, era ormai sopita da dodici ore. I medici avevano preferito sedarla, era troppo agitata e il suo fisico risultava troppo provato per poter reggere emozioni forti.

Summer aveva passato la notte addormentata sulla poltroncina in tessuto blu accanto al suo letto. Sentiva che quella ragazza così sola aveva bisogno di qualcuno vicino. Aveva convinto Mark ad andare a casa a riposare un po', tanto sarebbe rimasta lei sul posto. Dopo qualche minuto di riluttanza il collega aveva ceduto, con la promessa di tornare alle prime luci dell'alba. Summer controllò l'orologio. Ormai il collega sarebbe stato lì a momenti per darle il cambio eppure, nonostante la stanchezza, odiava l'idea di allontanarsi. Per la prima volta nella sua vita, l'agente speciale Lewis provava un innato senso di protezione nei confronti di un'estranea, verso quell'esile figura che continuava a combattere contro la morte.

Tornò a osservarla, sembrava così in pace mentre dormiva. I capelli lunghi, mossi, cadevano sul cuscino. Nonostante fossero ancora sporchi, si poteva intravedere le sfumature rosse che attraversavano a tratti le ciocche castane. Anche il volto, sebbene fosse scarno e pallido, lasciava intravedere la bellezza indurita da una vita crudele. Le lunghe ciglia scure vibravano senza sosta sotto il peso dei sogni. I tubi dell'ossigeno che le uscivano dal naso appuntito non lasciavano dubbi sulla gravità della situazione, così come la flebo appuntata alla  mano. Le serviva molto ferro a causa della profonda emorragia. A sentire i medici aveva dovuto affrontare un parto spontaneo con lacerazione di secondo grado. Da sola.

Chiunque l'avesse rapita, le aveva strappato il bambino, e lasciata lì a morire dissanguata. Il dottor Park  le aveva confidato che durante una crisi la ragazza aveva sussurrato di averli uccisi tutti. Ma di chi stava parlando? Come era arrivata in commissariato? E il bambino dove si trovava? Era morto? Rapito?

Non riusciva a non pensarci. Avrebbe voluto entrare nella testa di Gloria per sapere tutto subito, perché il tempo stava scorrendo inesorabile e in questi casi, sapeva che era determinante agire entro tre ore dal rapimento; per non parlare del fatto che là fuori c'era un fagottino che aveva bisogno di cure, cibo e acqua, mentre lei era lì, impotente ad aspettare. Si destò dai propri pensieri solo quando vide entrare l'infermiera:

«Agente Lewis, ha passato la notte qui?» Le chiese la donna in divisa. Aveva un volto tondo e rassicurante, i capelli raccolti sotto la calotta della divisa. La sera precedente avevano parlato un po' e l'aveva trovata molto cordiale e simpatica.

«Si, Anna. Volevo esserci nel caso in cui si fosse svegliata! Mi sono addormentata sulla poltrona.» Rispose Summer. Anna la guardò con sguardo materno. Anche lei provava tanta tenerezza per quella ragazzina che doveva aver passato l'inferno. Cambiò la flebo in silenzio e poi si fermò al fianco dell'agente a guardare la giovane paziente.

«Non ho mai visto tanta crudeltà. Sapeva che è stata legata a qualcosa con i polsi? Ha numerose cicatrici e il suo corpo è ricoperto di tagli e bruciature di sigaretta.»

Summer rabbrividì; aveva letto il referto medico ed era rimasta sconvolta. Guardò Anna nelle iridi castane, con uno sguardo preoccupato.

«Pensi che si salverà?» chiese.

Anna sospirò. In tanti anni ne aveva viste di peggiori ma quello che era successo a Gloria era demoniaco.

«Le ferite del corpo possiamo curarle ma per superare quelle dell'anima, avrà bisogno di un aiuto psicologico e il calore delle persone che l'amano.»

Summer guardò di nuovo Gloria. Quella ragazza non aveva nessuno, era completamente sola. Le uniche persone che per carità Cristiana le avevano dato una mano, erano Miriam e sua madre Lisa.

Nel colloquio che avevano avuto tre giorni prima, quando avevano denunciato la sua scomparsa, le avevano confidato che di solito le portavano da mangiare. Ogni tanto l'aiutavano anche con qualche pagamento, ma Gloria era molto riservata e non accettava sempre, così come non raccontava molto della sua vita,

Si erano accorte della sua scomparsa solo perché Gloria aveva chiesto in prestito per dieci minuti la macchina a Miriam per andare al supermercato. Perché quel giorno, a suo dire, era molto stanca e non riusciva a camminare.

Dopo qualche ora, non vedendola tornare, le due donne erano andate di persona al supermercato e avevano trovato la loro vecchia Range Rover marrone, abbandonata, con lo sportello del guidatore aperto e la borsa della ragazza a terra, con gli oggetti personali sparsi sull'asfalto. Era chiaro che fosse accaduto qualcosa e avevano subito allertato la polizia.

«Il mio turno è finito, devo andare subito a casa perché mio marito soffre di diabete e devo dargli la dose quotidiana di insulina. Passerò più tardi. Ma mangi qualcosa agente, è da quando è arrivata che non tocca cibo. La osservo, sa? Non vorrei fare ricoverare anche lei per un banale calo di zuccheri!»

Summer sorrise, era vero. Non mangiava dal pranzo del giorno prima. Si era giustificata dicendo che il clima ospedaliero le toglieva l'appetito ma in realtà appena Anna le ricordò del cibo, il suo stomaco protestò rumoroso e lei si sentì in imbarazzo. L'infermiera rise silenziosa del disagio della poliziotta e le appoggiò la mano grassoccia e inguantata sulla spalla per conforto.

«Il suo stomaco mi da ragione» le due donne risero insieme e Summer si rese conto che era due giorni che non abbozzava un sorriso. Quella storia la stava tenendo concentrata al massimo. Avrebbero continuato a parlare se in quel momento qualcuno non avesse bussato alla porta, aprendola senza neanche attendere risposta. Fece capolino la testa riccioluta e scura dell'agente Ruiz, accompagnata dall'unica frase che regalò un vero sorriso alla detective.

«Ho portato la colazione!»

Le due donne si guardarono sorprese quando l'agente entrò in stanza, guardandola negli occhi, con il sacchetto contenente delle brioche calde in una mano e nell'altra un bicchiere d' asporto colmo di caffè. Anna spalancò gli occhi e disse a Summer con una leggera gomitata e un occhiolino complice: «è l'uomo ideale! Non fartelo scappare!»

La bionda era in imbarazzo, non era la prima volta che le facevano notare le attenzioni galanti del suo collega nei suoi confronti ma non le interessava. Lei non voleva quel tipo di rapporto, tantomeno con lui. Tra di loro c'era per lo più un affetto cameratesco. Non che non lo trovasse attraente. Era indubbiamente un bell'uomo, con la carnagione scura e gli occhi neri che ricordavano le sue origini messicane. Ma prima di ogni cosa, era il suo compagno di lavoro non voleva problemi.

Prese la tazza di caffè con un sorriso sincero di gratitudine, aprì il tappo che proteggeva il liquido fumante e mentre stava per assaporarlo, sentì un flebile lamento. I tre si voltarono di scatto e guardarono la ragazza nel letto. Aveva aperto gli occhi.

Gloria Shell si era svegliata.

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