23. Codarda

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Kate:

«Melanie, questa è l'ultima notte qui a Bruxelles e domani mattina ripartiamo presto. Ma il punto è: sai dove mi trovo?» sospiro e invio il vocale.

La sua risposta arriva dopo pochi secondi. Sicuramente si accorgerà dal mio tono di voce, che qualcosa non va.
Mi conosce fin troppo bene.
È la mia migliore amica dai tempi del liceo.
Io ho i capelli castani molto lunghi che ricadono con delle onde, lei rossi e completamente lisci.
Io ho gli occhi verdi, lei scuri, quasi neri.
Io ho un carattere molto espansivo, lei con gli altri, a parte con me, è abbastanza timida.
Io tendo sempre a parlare senza pensare, lei a differenza mia, prima di dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi, ci ripensa mille volte.
Vorrei tanto imparare da lei.

Siamo l'esatto opposto sia fisicamente, che caratterialmente, ma le voglio un bene dell'anima e non avrei potuto trovare un'amica migliore. È spudoratamente sincera e mi dice sempre ciò che pensa, senza giri di parole.
«Ti direi che preferirei non saperlo. Cosa hai combinato con Ashton? E soprattutto, lui dov'è? Hai parlato al singolare.»

Come sempre super attenta ai dettagli, faccio un mezzo sorriso triste. Sapevo me lo avrebbe chiesto e dato che voglio raccontarle tutto, l'ho chiamata proprio per questo.

«In realtà non ho idea di dove sia. Ti posso solo dire che è successo un casino, ma per fartela breve, ieri ci siamo ubriacati e stamattina ci siamo risvegliati insieme, nello stesso letto, in camera sua, e completamente nudi.»
Arrossisco e abbasso lo sguardo sullo schermo del cellulare, continuando il vocale. «La cosa più brutta è che entrambi non ricordiamo niente, a parte il fatto che eravamo in quel bar, a bere.
Quando ho realizzato che avessimo...»
Mi viene caldo e faccio un respiro forte. «Ecco, hai capito... sono scoppiata a piangere pensando che lo avessi dimenticato a causa dei miei vuoti di memoria.
Mi ha abbracciato ed è stato dolcissimo. Mi stava per baciare e io mi sono allontanata. Anzi, sono proprio scappata via. Avevo paura di dimenticarlo di nuovo e così, ho passato tutta la giornata fuori dall'hotel, a girovagare per la città senza meta. E adesso sono... sono lì. Di nuovo davanti all'hotel, con mille chiamate perse da parte sua e di messaggi che non ho voluto leggere, senza coraggio di affrontarlo. Che cosa devo fare?»

Prima di rispondermi passano un po' di minuti e io nel mentre respiro l'aria fresca della sera. Mi appoggio al muro vicino all'entrata, in un punto un po' nascosto da delle piante, dove non mi vedono i clienti che escono o entrano, nel caso in cui ci sia proprio lui. Mi sto nascondendo e mi sento un'idiota.
Sarà molto arrabbiato.
Quando risponde mi affretto ad ascoltarlo, un po' agitata. Sicuramente ciò che mi dirà, non mi piacerà.

«Cosa dovresti fare, Kate? Sul serio? E me lo chiedi?
Dovresti andare da lui, ecco cosa devi fare! Ti sei comportata malissimo. Ti rendi conto che sarà sicuramente preoccupato per te? Sei sparita completamente, in una città in cui non sei mai stata e che nemmeno conosci. Lo hai lasciato solo, senza dargli una spiegazione e adesso te ne stai lì, impalata, senza far niente? Vai, scusati dal più profondo del cuore e digli che soffri di quei vuoti di memoria che ti hanno spaventato, anche se, a parer mio, dato che nemmeno lui ricorda niente, è stato solo colpa dell'alcool.
Hai avuto una paura ingiustificata.
Capisco che ti dispiaccia non ricordare niente, ma di certo non risolverai nulla, evitandolo. Domani dovrete comunque partire insieme e non solo, ti ricordo che è il tuo capo. Così, però, sappi che stai solo peggiorando le cose. Se ti dovesse mandare a quel paese, Kate, non lamentarti perché ti assicuro che avrebbe tutte le ragioni di questo mondo!» Finisce il vocale, arrabbiata.

E io mi sento una stupida. Tutto quello che ha detto ha perfettamente senso.
Non so se abbia ragione riguardo il fatto che non sia colpa dei vuoti di memoria, ma in ogni caso, non ricorda nemmeno lui. Melanie potrebbe aver ragione.
Che cosa sto facendo?

Dentro di me prego che non sia davvero così infuriato, ma poi decido di farmi male da sola, visualizzando tutti i suoi messaggi.
I primi partono col dire: dove sei?
Poi: perché non torni?
-È successo qualcosa?
-Non rispondi, Kate. Cazzo, mi dici che ti è successo?
-Sto impazzendo. Ti ho cercato per tutta la città. Non ti trovo, non rispondi e io non so che diavolo fare.
Poi continua ancora.
-Sono sicuro che te ne sia andata per quello che è successo, ma se non stai rispondendo solo per evitarmi, è davvero immaturo da parte tua. Spero soltanto che stia bene.

Arrivo fino all'ultimo, che risale a un'ora fa e gli occhi si riempiono di lacrime.

-Se stasera deciderai di tornare, mi troverai in hotel. Se non dovesse succedere, sentiti libera anche di andare in aeroporto, prendere quel dannato aereo e dimenticarti di me.
Tranquilla. Se la notte che abbiamo passato, ti preoccupa così tanto, allora non ha alcun senso continuare a lavorare per me, o peggio ancora, frequentarci. Lasciamo perdere tutto. Ti chiedo solo il favore di avvisarmi se sei viva.

È arrabbiato, ma ancora più, è preoccupato, per me. Anche se non lo merito, lui si preoccupa sempre, per me.

Mi siedo in terra, sollevo le ginocchia e le tengo con entrambe le mani, nascondendo il viso all'interno, accuccinadomi su me stessa.
Scoppio a piangere in modo silenzioso, mi sfogo con me stessa e penso a tutte le ripercussioni che avrà questo gesto e a giudicare dal suo messaggio, niente di positivo.
Ho sbagliato, ma stavolta l'ho fatta grossa.
Non posso dirgli dei vuoti, perché se lo facessi capirà che ho mentito sin dall'inizio. Proprio non posso.

Mi calmo solo dopo qualche minuto, asciugo le lacrime e dalla borsetta recupero un fazzoletto per soffiarmi il naso. Aspetto di riprendermi un po' ed evitare magari di far vedere gli occhi completamente rossi, segno evidente del pianto, e poi, quando mi accerto attraverso la fotocamera del telefono siano di nuovo tornati alla normalità, mi alzo in piedi, pronta ad andare da lui.
Faccio un enorme respiro e con una paura tremenda, l'ansia alle stelle e un'agitazione addosso che non riesco a gestire, entro in hotel.

Raggiungo l'ascensore e in pochi minuti mi ritrovo al nostro piano, a bussare in camera sua. Faccio dei tocchi leggeri, quasi sperando non mi senta, invece le sue orecchie funzionano perfettamente, perché sento i piedi scalzi che velocemente raggiungono la porta dall'interno, e subito dopo, questa si spalanca del tutto.

Ashton ha gli occhi stanchi, è senza maglietta e indossa solo dei pantaloni da pigiama. I suoi addominali sono in bella vista. Inutile dire che è la perfezione in persona.
Appena mi vede la sua espressione passa da sollievo puro, ad ansia, a preoccupazione, per poi diventare rabbia. La sua mascella si contrae, i tratti del viso diventano più duri, nelle sopracciglia si forma una linea dritta, le labbra si stringono tra loro.

Riesco a leggergli tutti i pensieri in testa e quando apro bocca per dire qualcosa, non so nemmeno io come iniziare il discorso e la richiudo di nuovo.
Sono troppo agitata. Il cuore sta martellando nel petto, quasi come un attacco di panico. Ho paura di perderlo.

Rimaniamo in silenzio qualche istante a fissarci, poi lo spezza lui per primo, dato il mio tentativo andato male.
«Posso sapere dove sei stata?» il suo tono è apparentemente calmo, ma in realtà cela tutt'altro. È arrabbiato, deluso, triste, amareggiato.

Sostengo il suo sguardo, anche se è difficile guardarlo in quegli occhi blu che sembra mi vogliano incenerire.
«Avevo bisogno di stare sola. Ho fatto un giro per la città. Mi dispiace, ho letto i tuoi messaggi solo poco fa. Non volevo ti preoccupassi, io ho sba...»

«Sbagliato?» mi interrompe, facendo un passo avanti. «Uno sbaglio si fa a un compito in classe, ma questo non era uno sbaglio, questa che hai fatto, era una stronzata. Ti rendi conto che mi hai fatto impazzire, Kate? Ti rendi conto, che ho girato tutta la città e che stavo per chiamare la polizia?
Ma no, per te non significa niente. Torni qui, ti presenti alla mia porta e mi dici semplicemente che avevi bisogno di stare sola. Quando stamattina hai pianto, pensavo ti importasse qualcosa.»

«Certo che mi importa, Ashton. Sono andata via proprio per questo motivo, perché avevo solo bisogno di schiarirmi le idee e...»

«Schiarirti le idee?» Alza la voce. «E mentre tu ti schiarivi le idee, non hai pensato a me? Non hai pensato che fossi preoccupato ti fosse successo qualcosa? Che ti stessi cercando ovunque?
Ho saltato tutte le riunioni che avevo solo per te.»

Schiudo le labbra e mi sento ancora peggio.

«Diamine, Kate! Siamo stati in due a farlo. Se hai bisogno di schiarire le idee, lo fai con me, non da sola, in una città che nemmeno conosci. Sei un'irresponsabile!» grida e io deglutisco.
Non l'ho mai visto così arrabbiato e deluso.

«Mi sentivo triste e ho pensato solo a me stessa, come una egoista. Mi dispiace. Non ho pensato alle conseguenze delle mie azioni» dico piano, pentita. Dentro mi sento una schifezza.

«Il tuo problema, Kate, è che non ci pensi mai.»
Sospira forte e cala il silenzio. Non so cosa dire e lo guardo semplicemente, con uno sguardo triste. Ha ragione su tutto e non posso dargli torto.

«Mi fa piacere che tu stia bene, che non ti sia successo niente, ma per quanto mi riguarda, ho bisogno io, adesso, di stare solo.
Ci vediamo domani. In aereo saremmo di nuovo separati, quindi...sarai di nuovo per conto tuo. Immagino ti faccia piacere.»
Solleva un sopracciglio, lanciandomi una frecciatina.
Faccio cenno di no con il capo. «In realtà, no.»
«Non si direbbe» dice, gelido. «Comunque, tranquilla. Non ti sfiorerò nemmeno con un dito, così non ci sarà il rischio che finiamo di nuovo a letto insieme e che scapperai come una codarda. Buonanotte, Kate.»

Mi chiude la porta in faccia e io rimango immobile a fissarla, senza poter fare niente per recuperare.

♡♡♡♡♡

Ciaooo, cosa ne pensate di questo capitolo?
Per me, ha ragione Ashton su tutto.
Kate è una vera e grande pasticciona. 

È leggermente più corto degli altri, ma penso dovesse finire così.

Un bacione grande.

Ps: anche questo è un capitolo completamente nuovo. Per questo tardo un po' a pubblicare ❤️










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