La scossa

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Ogni volta che Jeff pensava di propinarle l'invito a una festa, Rose cercava invano di rifiutare; alla fine lui la convinceva, sempre. Questa volta però, doveva pensare a una scusa da propinare ai suoi genitori. La festa, infatti, si sarebbe svolta a casa di Jeff, dato che i Morgan erano fuori per questioni lavorative.

Stava scendendo le scale ripetendo la balla sul fatto di dover studiare dai vicini quando trovò entrambi i genitori seduti al tavolo della cucina. Marisol, la sorellina di tre anni, stava giocando sul tappetto sotto gli occhi vigili del gatto Sun.

«Io...» esordì incerta, fissandosi i piedi. «Vado a studiare con Jeff».

«Uh, e vai a studiare con le scarpe alte?» domandò il padre squadrandola da capo a piedi. A quei due non sfuggiva mai nulla, a partire da quella volta che un ragazzo le aveva lasciato un biglietto nell'armadietto a quando aveva passato l'intero pomeriggio a giocare a basket con Jeff e non aveva fatto i compiti.

«Beh...» provò a giustificarsi inventando una scusa plausibile.

«Sai, Camille mi ha chiamato stamattina» la interruppe la madre. «Ha detto che stanotte Jeff sarebbe stato da solo in casa e che sicuramente avrebbe dato una festa. Ne sai qualcosa?» domandò con occhio indagatore. Lo sguardo colpevole che assunse parlava certamente più dell'occhiata eloquente di suo padre.

«Ci ha chiesto di controllare che non faccia saltare in aria la casa e che non arrivi la polizia, pensi di poterci dare una mano?».

Gli occhietti brillanti di Rose si illuminarono. Felice che non l'avrebbero messa in punizione per essere complice del suo migliore amico dipendente dai festini, Rose sorrise cordialmente e si avviò verso la porta.

«I libri puoi lasciarli qui» disse il padre alludendo allo zaino che portava ancora sulle spalle.

Mollò lo zaino mentre Marisol domandava a sua madre il motivo per cui la sorella poteva stare fuori tutta la notte mentre lei non poteva nemmeno guardare i cartoni fino a tardi. Le venne da sorridere pensando a quanto fosse bella la sua famiglia, non avrebbe mai voluto che si dividessero.

Il vialetto di casa Morgan era illuminato da candele profumate e la musica ad alto volume si sentiva nonostante fosse tutto sigillato. Tirò la maniglia pensando che Jeff non avrebbe mai chiuso a chiave, e infatti non si stupì di essere inondata da un forte odore di alcool e adolescenti in atteggiamenti poco consoni. Sgomitò tra la folla per poter trovare un angolino in cui starsene tranquilla a controllare la situazione quando fu letteralmente strattonata da quel bestione di un metro e novanta.

«Ciao Rosie! Tutto bene?» domandò, cercando di nascondere la preoccupazione sotto un velo di ironia. Pessima idea da parte sua.

«Lo sanno» ammise Rose con molta tranquillità, «Gliel'ha detto tua madre stamattina. Sei decisamente prevedibile» concluse con una pacca sulla spalla.

Anche Jeff sembrò rilassarsi, poi la trascinò quasi di peso al centro della calca e prese a ballare con lei. Erano abbastanza ridicoli dato che nessuno dei due sapeva danzare e si muovevano freneticamente in preda alle risate. In effetti, più che ballare, si stavano sbellicando dalle risate. Quella fu probabilmente la prima festa a cui partecipò dall'inizio alla fine, dato che Jeff non la mollò neanche un secondo.

Verso le quattro, quando gli invitati erano andati tutti via e loro due se ne stavano spaparanzati sul divano, decisero arbitrariamente che non era il caso di mettere in ordine a quell'ora, così andarono a dormire.

«'Notte Jeff» sussurrò Rose mentre si alzava dal divano.

«'Notte Rosie» rispose Jeff a fior di labbra, facendole passare improvvisamente il sonno. Peccato che quella non fu una buona notte per nessuno.

Rose si stava per infilare sotto le coperte quando udì un sordo boato. Non se ne preoccupò inizialmente dato che spesso immaginava le cose quando era assonnata, ma il tremolio che seguì subito dopo la riscosse. Quello certamente non se lo stava immaginando.

Rimase immobile per una manciata di secondi riflettendo su cosa diamine stesse succedendo e sul perché la sua libreria sembrasse molto più attratta dal pavimento che dalla parete. Fu in quel momento che realizzò, mentre il tremolio diventava più forte e i primi libri iniziarono a cadere.

L'istinto primario di sopravvivenza le fece svegliare in malo modo Marisol. Era troppo piccola per rendersi conto da sola di quello che stava accadendo. Corse in camera dei suoi genitori con l'intento di svegliarli ma si incontrarono a metà del corridoio. La madre aveva la faccia peggiore che le avesse mai visto, e gliene aveva viste molte. A confronto, quella volta che beccò Marisol a colorare sulla parete appena pittata era sorrisino benevolo. Suo padre, d'altro canto, sembrava mantenere apparentemente la calma.

La piccola di casa aveva iniziato a piangere e si era rifugiata tra le braccia del suo protettore mentre si avviavano per le scale. Rose sapeva che era una pessima idea e che le scale sarebbero precipitate a momenti, ma non c'era altra via d'uscita. Se avessero aspettato i vigili del fuoco probabilmente sarebbe stati ritrovati sotto qualche letto o qualche architrave, e al momento non le sembravano così sicuri.

Sua madre stava blaterando qualcosa a proposito di dover assolutamente prendere delle cose, ma il fatto che si trovasse esattamente dietro di lei doveva averle fatto cambiare idea. Era consapevole che Rose non l'avrebbe mai lasciata sola per seguire il padre. Esitò solo un momento prima in imboccare la scalinata su cui si intravedeva solo la testolina di Marisol con le manine sulla testa per proteggersi e il viso al sicuro sulla spalla del padre per non dover vedere nulla, ma fu fatale.

Nel momento in cui poggiò in piede precipitò assieme alla scalinata lasciando Rose impietrita. Guardava la scena immobile, senza fiatare, temendo che se avesse anche solo respirato sarebbe stata risucchiata dalla voragine che si era appena presa sua madre. Sperò con tutta se stessa che almeno suo padre e sua sorella fossero già al sicuro, all'esterno dell'abitazione.

Solo quando divenne tutta rossa e si sentì svenire liberò nuovamente i polmoni, ispirando aria e polvere, principalmente. Si riscosse, cercando di togliersi dalla testa l'immagine della madre che precipitava di sotto -l'urlo strozzato che le era uscito e le mani tese verso l'alto, a voler afferrare qualcosa che non aveva trovato, perché non c'era nulla che potesse afferrare nella discesa verso linterno della terra. Le sembrò ancora di vedere i capelli della donna quando si allontanò da quelle che erano state le scale schivando pezzi di cristalliera che vorticavano nel corridoio.

Sentì qualcuno urlare a gran voce il suo nome e in un primo momento pensò fosse il padre. Quando si avvicinò alla finestra, però, -le orecchie ovattate e una strana sensazione di star fluttuando- scoprì che quello che la chiamava a gran voce non era altri che Jeff. E prima che i suoi «Rosie» potessero apparirle sempre più lontani si lanciò di sotto.

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