36•capitolo -Che senza di te non ce la faccio-

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Ester

Devastata...

Ecco come mi sento. Non le ho neanche contate le ore, forse ne sono passate ventiquattro o forse quarantotto. Forse nel frattempo ho visto delle facce amiche o forse no. Non so più niente, so solo che una parte di me è morta la scorsa notte. Mi è bastato alzare il telefono per ricevere la notizia che non mi farà più dormire notte serene, che cambierà tutto. Il mio mondo è appena cambiato e niente di tutto quello che stanno cercando di dirmi potrà mai confortarmi. Soprattutto non potrò mai dimenticare la faccia di mia madre in questo momento, asettica, priva di emozioni. Le ha tutte nascoste dentro mentre sbriga le pratiche, che tanto lui è diventato questo.

«Ester, tesoro, dovresti mangiare» è una voce ovattata, credo sia quella della madre di Felipe a parlare. Vorrei solo che mi lasciassero in pace. Ed ecco perché mi alzo dallo sgabello in cui sono seduta da ore e mi rifugio in camera mia, ed è lì che mi accascio e prendo la mia testa tra le mani.

Non mi ha lasciata davvero, non può essere.

Non può essersene andato.

Non può essere morto.

«Ester...» una voce rotta dal pianto viene verso di me. Gli occhi rassicuranti di Felipe si posano sui miei, le mani tremano quando si poggiano sulle mie braccia, so che per tutti non è un momento facile. Eppure nessuno può sentire ciò che sento io. Nessuno.

Chi può capire come si ci sente a perdere la persona che per te era fondamentale.

Mi viene solo in mente di dire: torna se puoi. C'è ancora tempo per farmi stringere dalle tue braccia, per un tuo consiglio, per dirti tutto quello che significavi per me.

Felipe ora mi accarezza il viso, toglie lacrime amare appiccicate sulle guance e mi rivolge un piccolo sorriso atto a darmi il coraggio che mi serve per affrontare tutto. E lui non lo sa quanto è importante per me che sia qui, lo è, ma non come sarebbe avere vicino Gonçalo. E lui non c'è. Ora è chissà dove, chissà con chi, solo, senza di me. Adesso ha un masso sulle spalle pieno di sensi di colpa per qualcosa che non ha neppure commesso.

Gli ho scritto, gli ho scritto trentuno messaggi. Nessuna risposta. Non lo biasimo, perché adesso crede di farmi del male, crede che sia il peggio che mi sia potuto capitare. Ed è strano come l'unico modo di alleviare il mio dolore è alleviare il suo.

Torna, che ce lo portiamo insieme il dolore per la perdita di mio padre. Torna, che senza di te è tutto peggio. Torna che se io so che non ci sei, non va bene niente. Che ti amo al punto da non poter perdere anche te. Che non è colpa tua, no che non lo è.

«Tornerà», mi promette Felipe, un sorriso rassicurante in volto che cerca di mascherare il dolore che anche lui sente. «Adesso ha solo paura».

«Non posso perdere anche lui», dico al mio migliore amico. Lui annuisce comprensivo, vorrebbe dire tante cose ma Felipe è intelligente, sa che nulla può mettere fine alla disperazione che sento. Dunque, mi prende le mani e le accarezza, poi le alza sul mio viso e appoggia la sua fronte alla mia.

«Non lo perderai», mi promette con una convinzione che serve a darla anche a me. «Gli serve tempo!». Mi stampa un bacio sulla fronte e una lacrima viene giù dai suoi occhi, il porto sicuro in cui andare ogni volta che hai paura. È sempre rassicurante rispecchiarsi nei suoi occhi.

Quando Felipe lascia camera mia, mi ritrovo ancora col telefono tra le mani, questa volta non gli scrivo, non servirebbe a niente. Chiamo e aspetto, il telefono emette quattro squilli prima di sentire il suo respiro pesante al di là del telefono.

«Gonçalo» sussurro appena. Ci spero mi risponda, eppure non lo fa, dunque ascolto il rumore dei suoi respiri e tanto mi basta per sentirlo più vicino di quanto lo siano tutte queste persone. «Gonçalo» è rotta la mia voce quando pronuncio ancora il suo nome, ci spero con tutta me stessa di sentirlo parlare ma continua a tacere. «Ti... ti prego... torna. Ho bisogno di te!» due lacrime scorrono giù dai miei occhi e trema ogni cosa di me nel non saperlo al sicuro. Io non posso perdere anche lui, non me lo posso permettere.

«Starai... starai meglio senza di me!» sancisce. «È tutta colpa mia, Ester. Avevi... avevi ragione...» non riesce ad aggiungere altro, la voce gli si incrina al punto da bloccargli il respiro. «Avevi ragione su mio padre...»

Scuoto la testa e vorrei dire così tante cose, ma il dolore mi ha spezzato e non faccio in tempo a pronunciare altro che lui prosegue.

«Ti amo e mi mancherai» poi chiude il telefono e io rimango col cuore incatenato a quel ragazzo.

«Non posso perdere anche te», pronuncio, ma si disperdono nell'aria queste parole, non può più sentirmi.

È solo il giorno dopo che c'è il funerale e sono costretta a dire l'ultimo addio a mio padre. Non pronuncio neanche una parola per tutto il tempo, per fortuna mia madre lo fa per me, è più forte.

Mi è sembrato di vederlo Gonçalo, in disparte senza attirare l'attenzione, sperava di non essere visto neppure da me, peccato che dovunque ci sia lui io lo sento anche se non parla. Noi siamo legati e speravo che questa volta avesse capito che non possiamo stare lontani.

Quando tutto è finito, tornare a casa sotto il silenzio di qualcuno che se n'è andato fa troppo male.

Felix, mio padre, non ci sarà più a sorridermi, ad aiutarmi nei momenti difficili. Lui se n'è andato.

Ci provano le mie amiche a tirarmi su, a sostenermi, eppure nessuno ci riesce. Nessuno, anche se ci prova, può capire. Gonçalo si che avrebbe capito, visto che prova le stesse cose, lo amava come un padre. Come faccio a fargli capire che non è lui la causa? Credo che non ci sia modo. Ho perso entrambi in poche ore...

Provo a dormire e vengo avvolta dalle braccia di Morfeo dopo giorni che non lo faccio, mi ridesto quando mi sento stringere da delle braccia e anche se non mi volto, so che è lui. Sento forte il suo respiro, il pianto che cerca di inghiottire, lacrime che adesso stanno venendo giù anche dai miei occhi.

«Gonçalo...» sussurro.

«Shh...» dice come stesse facendo qualcosa di losco, come se lui qui non dovrebbe esserci. «Non ti merito!» afferma. E io non ce la faccio più, mi giro e mi ritrovo col suo viso a sfiorare il mio. Ha gli occhi arrossati, me ne accorgo anche se non c'è luce ad illuminarci. Alzo il braccio e con la mano lo accarezzo.

«Non posso perdere anche te!» gli ribadisco, mi avvicino e attacco le mie labbra alle sue. «Non andare, ti prego!»

«E come posso... come posso guardarti ancora in faccia sapendo di essere il colpevole!»

«Tuo padre lo è...» si legge il dolore nei suoi occhi quando gli faccio notare questo particolare. Vorrebbe che non lo nominassi, ma non posso non farlo perché non è colpa sua se c'è stato quell'incidente.

Quell'incidente che ha cambiato le nostre vite e ci ha portato via tutto.

Ci ha rubato la nostra spensieratezza in un nano secondo.

«Ester...» trattiene il fiato, sembra che faccia fatica a dire qualcosa. Eppure voglio che lui parli, voglio che si sfoghi. Anche se sto soffrendo, voglio condividere anche i suoi problemi. Voglio essere un po' più forte, per lui, per mio padre. Voglio che lui sia fiero di me. E vorrebbe che mi prendessi cura delle fragilità di Gonçalo. «Ho visto prendere quella roba, davanti a me, eppure sono salito in macchina con lui. E quella sera...» non c'è bisogno di aggiungere altro per capirlo, anche se mi fa male, appoggio la mia testa al suo petto.

Si sono arrabbiata, ma non con lui, non ha colpe. Sono infuriata con quella persona che avrebbe dovuto essere più maturo verso suo figlio e che invece ha fatto esattamente l'inverso. Sono arrabbiata perché Gonçalo continuerà a pensare, a causa sua, di essere il colpevole.

«Rimani qui!» sussurro. «Che senza di te non ce la faccio». Gli confesso il mio dolore. Gonçalo ha gli occhi pieni di malinconia, ha la disperazione nello sguardo di chi sa che indietro non si torna, che avrebbe potuto cambiare gli eventi. Anche io vorrei avere il potere di riavvolgere il rullino e di impedire quell'incidente, ma non possiamo. E non ci rimane che il dolore che non svanirà, perché certe cose non c'è modo di mandarle via, il dolore rimarrà nostro compagno fino al termine dei nostri giorni. Ma se lo affrontiamo insieme, probabilmente, riusciremo almeno a non sprofondare.
Poi ci addormentiamo, ma quando mi risveglio, ahimè, Gonçalo non c'è più.

🦋🦋🦋

Lo so che siete un po' confusi e vi state chiedendo come mai a rimetterci la vita è stato Felix. So che non ve lo aspettavate e giuro che è stato difficile anche per me. Ma... capirete un po' meglio nel prossimo capitolo.

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