.1. Il valzer.

Màu nền
Font chữ
Font size
Chiều cao dòng

Barcellona,
26 Gennaio 1803.

Avevo quindici anni quando varcai per la prima volta i grandi cancelli della tenuta dei Castro. Ero così timida ed insicura, conoscevo a malapena lo spagnolo ma ce la mettevo tutta per imparare. Avevo lasciato il mio paese d'origine ormai da anni, ma faticavo ancora a capire la lingua. Infondo, avevo solo cinque anni quando divenni orfana e mi trasferii a Barcellona dalla Francia con mia nonna.

Le donne giovani come me venivano messe al servizio dei più ricchi già dall'età di dieci anni, e la maggior parte delle volte non erano lavori raccomandabili. Servii i Garçia per quattro anni, poi mi vendettero ai Castro.

Per quello che ne sapevo a quell'età, i Castro erano una famiglia composta da due coniugi e tre figlie femmine. Non sapevo nient'altro. Per questo motivo mi ritrovai incantata nel guardare quel giardino costellato da enormi cespugli dalle svariate forme e misure, una lunga scalinata di gradoni di marmo, le scuderie e una tenuta così grande che avrebbe potuto ospitare l'intero mio paese d'origine.

Almeno era quello che pensava una ragazzina di quindici anni.

Nei primi giorni di soggiorno il mio unico pensiero fisso era imparare il più possibile dalle altre domestiche, quindi avevo poco tempo per guardarmi intorno per ammirare la lussuria della tenuta. Ero molto incuriosita dal padrone di casa che non avevo mai visto; da quello che dicevano le altre domestiche sarebbe tornato l'anno dopo o addirittura quello dopo ancora, a causa di qualcosa che comprendeva l'utilizzo della pittura. Ma io non avevo idea di cosa significasse.

Il padrone di casa tornò prima del previsto, e restai sorpresa dal suo aspetto: un uomo sulla trentina con lunghi e ondulati capelli castano scuro che scendevano morbidi sulle spalle rigide, gli occhi verdi e lo sguardo cupo. Mi chiesi spesso il motivo per il quale fosse sempre arrabbiato, ma non lo seppi mai. Almeno non fino ai miei vent'anni, ma questa è un'altra storia.

Del signor Castro sapevo che si faceva chiamare padrone e nessuna di noi domestiche poteva chiamarlo in altri modi.

Di lui ricordo bene il giorno in cui rovesciò volontariamente la tinozza dell'acqua insaponata con cui stavo pulendo l'ultimo gradino della lunga scalinata. Mi riservò uno sguardo carico di disprezzo, parole poco consone per un uomo del suo rango, e sputò lì dove avevo già pulito.

Se ne andò dandomi una spallata e facendomi quasi scivolare giù dalle scale che avrei dovuto pulire da capo.

Da quel giorno non lo vidi più, si vociferava che fosse nuovamente partito per una mostra lontano da Barcellona e che sarebbe stato fuori per qualche anno, e io ne ero sollevata.

Qualche giorno dopo che compii vent'anni il padrone tornò a casa. Era esattamente come lo ricordavo, con la sola differenza di qualche ruga sotto gli occhi.

Sembrava esausto.

Ironia della sorte, il giorno del suo ritorno io stavo pulendo le scale. Quando lui passò e mi rovesciò la tinozza dell'acqua lungo la scalinata, mi alzai da terra e serrai i pugni cercando di trattenere la mia ira. Quei cinque anni in quella tenuta mi avevano fatto capire che non me ne potevo stare zitta a sottostare sempre e comunque al volere dei padroni, anche se le punizioni erano dure.

Anche io ero un essere umano, proprio come loro.

Il padrone aveva lo sguardo stanco ma arrabbiato, gli occhi verdi serrati nel guardare me, inutile domestica che si stava ribellando al padrone. Ma anche i miei occhi erano ridotti a due piccole fessure, per dimostrare tutto il mio disprezzo. Dopo qualche secondo però cambiò espressione, si mise a studiare il mio viso, il mio corpo così intensamente che forse arrossii dall'imbarazzo. Ma ero determinata a non perdere il mio orgoglio.

Il padrone fece un passo indietro, poi lateralmente e infine tornò nella posizione iniziale, improvvisando un valzer. Ma non stava di certo ballando, mi stava studiando. In quel momento decisi che l'orgoglio non mi avrebbe portato da nessuna parte, quindi raccolsi le mie cose da terra e me ne andai. Però, poco prima di varcare la soglia, mi voltai curiosa.

Lui era ancora lì, ad osservarmi.

Me ne andai.

In cinque anni avevo avuto modo di crescere, non avevo più le forme di una bambina; ormai ero una donna e non ero stupida, notavo gli sguardi maliziosi che mi lanciavano gli uomini al mercato. I lunghi capelli rossi li legavo spesso in una treccia laterale lasciando qualche ciocca dal lato opposto, mentre la divisa nera mi fasciava il corpo a pennello.

Non dimenticai mai quell'incontro.

E niente mi avrebbe potuto preparare a ciò che sarebbe successo dopo. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Tutto ciò che avrei fatto da quel giorno sarebbe girato intorno al padrone.

Lui, il nucleo della mia esistenza.

Lui, la mia rovina e la mia salvezza. 

......................................................

Importante: mi è stato fatto notare che questa storia somiglia ad una che stava qui su wattpad qualche anno fa. Ebbene, è la stessa storia, sono io l'autrice. Ho cancellato quella (che comprendeva solo 3 capitoli) e ho iniziato questa.
Buona lettura! ⚘

Importante pt.2: fai caso alle date riportate in alto, sono molto importanti al fine di capire dove sono collocate le varie vicende. Noterai che a volte si ripetono, è una mia scelta. 

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen2U.Pro