.12. I cacciatori di donne.

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Barcellona,
26 Ottobre 1808.

<<Io... io...>> balbettai terrorizzata. <<No mia signora, non potrei mai.>>

Lorein Castro strinse ancora di più la presa sul mio braccio. Gli occhi iniettati di fuoco. <<Bugiarda!>>

Il boato di un tuono mi fece ancora di più sussultare e iniziai a tremare, un po' per il freddo, avendo ancora i vestiti bagnati, e un po' per la paura che per quello che avevo fatto sarei stata cacciata. Avrei vissuto per strada, non avendo alcun parente in vita.

Lorein mi strattonò. <<Che sia maledetto il giorno in cui sposai quel disgraziato!>>

Finalmente mi lasciò e mi allontanai lentamente, poi corsi su per le scale e dritta nella mia camera a piangere.

...........................

<<Ragazzina! Ragazzina, hai capito? Tua nonna è morta!>>

Mi scuotevano, spintonavano e schiaffeggiavano. Io non mi muovevo.

Non ci credevo.

Mi ero addormentata così felice.

E mi ero svegliata piangendo.

Era morta nel sonno. Mi aveva abbandonata nel sonno.

Lei, l'unica persona al mondo che mi era rimasta. Morta anche lei.

<<Ora verrai con noi, ragazzina.>> un uomo mi prese dalle spalle e mi costrinse a guardarlo. Puzzava di alcool e di fumo. <<Faremo dei bei soldi con te.>>

<<Non diventerà una puttana.>> disse un altro uomo, mentre copriva con un telo il corpo di mia nonna. <<La venderemo a una famiglia nobile.>>

L'uomo che mi teneva stretta girò la testa verso il suo complice. <<Perché? È abbastanza grande per fare la puttana.>>

<<Ha undici anni.>>

Fece spallucce. <<Ne ho avute di più giovani.>>

Il suo amico fece una faccia disgustata, poi si avvicinò a me. <<Sai pulire e fare tutte quelle cose lì?>>

Con il viso ancora rigato di lacrime annuii.

L'uomo dai capelli neri annuì con me. <<Sarai un'ottima domestica, Geneviève. Non posso prometterti una famiglia nobile che ti rispetti, ma non posso farti fare la puttana.>>

Allungò una mano e mi accarezzò la guancia, ma mi scostai impaurita da quel gesto.

<<No.>> continuò lui. <<Non posso proprio farti fare la puttana.>>

Nel frattempo l'altro osservava fuori dalla porta di casa mia se arrivasse qualcuno. <<Dobbiamo andare.>> disse.

L'uomo mi prese per mano e mi condusse fuori dalla mia casa. Non mi diedero nemmeno il tempo di prendere le mie cose. Presi solo il mio cavallino di legno.

Passai per l'ultima volta accanto al corpo pallido di mia nonna: non sembrava morta, sembrava semplicemente addormentata. I lunghi capelli grigi sul cuscino e gli occhi delicatamente socchiusi. È cosi che la avrei ricordata per sempre.

Mi diceva spesso di stare attenta ai cacciatori di donne. Così si facevano chiamare. Rapivano le giovani donne per venderle o per far soldi con i loro corpi innocenti.

E io ero finita proprio nelle loro mani.

Me lo diceva spesso anche mia madre, prima di ammalarsi e morire. Ci trasferimmo in Spagna per sfuggire alla malattia che la aveva uccisa.

Per fortuna avevo avuto la nonna, per qualche anno.

Mi hai abbandonata anche tu, sussurrai nella mia mente, poi abbandonai quella vita.

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