.15. Signorino.

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Barcellona, 
10 Novembre 1808. 

<<Geneviève.>> disse di nuovo, stavolta convinto. Mi aveva riconosciuta. <<Sei tu. Sei...>> si tirò appena indietro e mi slegai dalla sua presa. <<Cambiata. Molto cambiata.>>

Non mi sentivo tanto diversa da com'ero quando servivo la sua famiglia. Erano passati cinque anni, il mio viso era cambiato così come le mie forme, ma non mi sentivo affatto diversa. Ero sempre la bassa domestica dai capelli rossi e migliaia di lentiggini.

<<Signorino.>> mi inchinai appena in segno di rispetto facendo bene attenzione a coprirmi il più possibile con la coperta sulle spalle.

Mi affrettai ad asciugare le ultime lacrime dal viso.

Solo in quel momento Juan spostò lo sguardo sul mio corpo e notò la coperta. Corrucciò le sopracciglia. <<Dove stavi scappando con così tanta fretta? E perché sei vestita così?>>

Allungò una mano per spostarmi la coperta dal corpo, ma mi allontanai prontamente. Non avrei mai più permesso a nessuno di guardarmi nuda.

Lui sembrò sorpreso: osservò il mio viso, il segno delle lacrime sulle guance e gli occhi gonfi, il modo in cui mi proteggevo con il tessuto.

E allora capì.

I suoi splendidi occhi azzurri si incresparono. <<Chi è stato?>>

<<Nessuno.>>

<<Geneviève Aguilar, chi ti ha ridotta così?>>

Abbassai lo sguardo. Che senso aveva mentirgli? Non avevo chiesto io di essere violentata. E avrei preferito essere mandata via da quella tenuta che rischiare di essere stuprata di nuovo dal padrone.

Con la coda dell'occhio lo vidi incrociare le braccia al petto e di colpo mi vennero in mente le giornate nella sua tenuta.

Era una splendida villa, con numerose fontane nel giardino che ammiravo spesso per la loro grandezza ed eleganza. Mi vennero in mente le giornate passate a rattoppare i vestiti strappati del signor Garçia, eterno uomo distratto; le ore passate in compagnia della signora Rosina che non faceva altro che parlare e parlare, non le importava che stesse raccontando tutto ad una domestica di nemmeno quindici anni.

E poi mi venne in mente lui.

Quando me ne andai avevo quindici anni e lui diciassette, era quasi un signore e non più il signorino Juan Garçia. Ma nel suo sguardo da adolescente non leggevo l'autorità e la maturità che doveva possedere un uomo del suo rango, io vedevo un ragazzino perennemente annoiato e desideroso di viaggiare, fuggire da quelle mura che lo opprimevano. Chissà se in quegli anni che non avevo avuto più sue notizie era riuscito a realizzare il suo sogno.

Ora però vedevo un uomo. Portava i capelli leggermente più corti ma ugualmente lunghi e sugli occhi, era più alto e gli zigomi erano più pronunciati. Era... semplicemente bellissimo.

Mi morsi un labbro nel capire cosa dicessero i miei pensieri. Ero appena stata violentata e stavo pensando alla bellezza di un altro uomo.

<<Il padrone di casa.>> dissi dopo un po'. <<Ha abusato di me.>>

Sgranò gli occhi. <<Sapevo che fosse un donnaiolo, ma non pensavo che addirittura violentasse le donne.>> mormorò. <<Quella canaglia...>>

<<Non... non fa niente...>> balbettai a disagio.

Non lo vedevo da anni e stavamo parlando di ciò che mi era appena successo. Io volevo solo dimenticare.

<<Cosa? Non fa niente? Come puoi dire una cosa del genere?>>

<<Forse me la sono cercata. Forse io... forse non avrei dovuto cedere...>> continuai a balbettare.

Mi strinsi ancora di più nella coperta. Soffocai le lacrime serrando gli occhi.

<<Come può essere colpa tua, Geneviève? Ti ha violentata, dannazione! Non credo che tu volessi farti stuprare.>> affermò serio e mi costrinsi ad aprire gli occhi per guardarlo.

Se ne stava lì, con i pugni serrati nella giacca nera elegante. Non mi guardava, preferiva posare gli occhi altrove.

<<Perché siete qui, signorino?>>

Finalmente mi guardò. <<Non sono più un ragazzino. Non devi più chiamarmi così.>>

Annuii. <<Perché siete qui, signore?>>

<<Te lo dirò, ma prima va a cambiarti, ti aspetterò in giardino. I miei genitori stanno parlando con la signora Castro ed io ho del tempo libero.>>

Annuii di nuovo e mi voltai, dritta verso le mie stanze, nella soffitta. Avevo bisogno di lavare via dal mio corpo i segni della sua malvagità.

<<Sei cambiata molto, Geneviève. Ma sei sempre la bambina curiosa che non la smetteva di guardarmi.>>

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