9.

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Gli esami sono andati bene. Saprò i risultati al ritorno dalle vacanze di Natale e non sto più nella pelle. Sto iniziando a studiare per i test di febbraio anche con l'aiuto di Andrew che mi aiuta ogni pomeriggio. Sa che se riuscissi a diplomarmi partirei con lui a settembre per l'inizio delle lezioni. Si, voglio andare a tutti i costi alla UCLA, ma ne parlerò a Georgia solo se passerò i test di ammissione e quelli per diplomarmi un anno prima. Mentre i miei compagni inizieranno l'ultimo anno io farò diciassette anni al college. Non so dire se questa cosa mi rende felice oppure se mi spaventa, ma va bene così. Domani è Natale, il 25 dicembre. Quest'anno vorrei proprio evitarlo visto che non sarò con Georgia, ma nonna Josephine verrà qui da Miami e mi manca davvero tanto. Nessun membro della famiglia White verrà qui per stare con Georgia, anche se adesso lei riesce a camminare. Però è troppo stanca per sopportare un caotico pranzo natalizio. Vorrei chiedere ad Andrew di stare con noi, per evitare Matthew, ma probabilmente vorrà stare anche con Nicolas. Aggiungerei che mia madre lo detesta e ha espresso la sua opinione su di lui svariate volte quando vedeva la sua macchina fermarsi davanti a casa nostra e io che scendevo. Lei adorava Nicolas, ma penso che abbia smesso quando è stato ricoverato in ospedale e ha distolto l'attenzione di Stella da tutto il resto. Non pensa ad altro. Tra poco si diplomerà e passa la maggior parte del tempo a pensare al suo migliore amico. Però i suoi esami di ammissione per la Columbia University sono andati bene, ma è ancora indecisa. Pensavo dall'anno scorso di diplomarmi prima con Georgia visti i nostri voti decisamente eccellenti. Poi tutto è caduto in picchiata. Ma ora sono più che intenzionata ad andarmene sembra che a Georgia stia bene. Non farei nulla se lei non fosse d'accordo, non ora che sta male. So che lei vorrebbe che me ne andassi, che lasciassi perdere la sua condizione, ma deve anche rendersi conto che le vere amiche non si abbandonano anche quando tutto sta cadendo letteralmente a pezzi.

Ed eccomi qui nell'atrio di casa mia con un maglione orrendo che nonna Jo mi ha regalato per il compleanno di due anni fa accanto a mia sorella ad aspettare che lei e mio padre varchino la soglia. Mia madre è stata felice di vedere che abbiamo indossato ciò che voleva lei e che ci siamo presentate. Io non volevo esserci. Nemmeno Stella. Solo per chiarire le cose. Lo faccio solo per la nonna. Ogni anno viene qui per Natale visto che vive da sola, così passiamo un po' di tempo insieme.

La porta si apre e entrano in casa papà e nonna Harris. Ci rivolge all'istante un sorriso entusiasta e ci abbraccia prima ancora di togliere la sua pelliccia. «Tesori miei... Come state?» il suo profumo è davvero familiare e mi era mancato davvero tanto. «Bene» rispondiamo in coro io e mia sorella prima di lanciarci uno sguardo. Abbiamo mentito. Lo fa chiunque. Tutti dicono di stare bene quando in realtà non è affatto così. È il caso mio e di Stella.

Per tutto il pranzo ho cercato di non attaccare mia madre che cercava in ogni modo di infastidire me e mia sorella. Quando ho detto che a breve avrei fatto gli esami per diplomarmi in anticipo mio padre ha sputato l'acqua, mia madre è sbiancata mentre mia nonna mi ha sorriso fiera di me. Stella, seduta accanto a me, mi ha stretto forte la mano. Vivremo questa esperienza insieme. Ci diplomeremo insieme visto che non sappiamo se Nicolas potrà esserci.

Ora sto andando in ospedale per passare un po' del giorno di Natale con Georgia, come da tradizione. A cena mi vedrò con Andrew. Ho altri tre giorni per stare con nonna Jo, quindi non è un problema mangiare fuori.

«Come sta nonna Jo?» oggi Georgia aveva voglia di fare una passeggiata, con le sue gambe. Così ha insistito per mettere i jeans e una felpa. Non aveva guanti e cappello, allora le ho dato i miei. Non importa se avrò freddo. Non le serve il respiratore da un paio di giorni e siamo felici perché vuol dir che stiamo per raggiungere il traguardo. Lei sta per vincere il cancro. Non sono quasi più preoccupata per lei perché so che ce la farà, ha dimostrato la sua forza. «Mi diplomerò in anticipo» annuncio mentre camminiamo lentamente per il cortile dell'ospedale. Tre giorni fa ha nevicato e tengo Georgia a braccetto per paura che scivoli e si faccia male vista la sua debolezza. «Era il piano sin dal principio.» Sorride malinconicamente. «Dovevi esserci anche tu.» Scuote la testa «Non importa. Ci vedremo sempre e io non so cosa potrebbe succedere.» Il problema è che è vero. Domani potrebbe stare di nuovo male. «Vado male a scuola da quando tu sei qui. Farò i test a febbraio e se passerò andrò alla UCLA. Con Andrew.» Mi abbraccia di scatto rischiando di far cadrete entrambe «Voglio che tu sia felice» sussurra.

«Lo farò solo se tu starai bene. Ho fatto i test di ammissione prima delle vacanze e usciranno i risultati tra tre settimane.»
«Lui ti piace?»

Scuoto la testa «No. Certo che no, siamo solo amici.» In realtà non avevo mai pensato a noi due in quel modo. «Skyler.» Solleva le sopracciglia. Oggi indossa la parrucca bionda. «Che cosa? Siamo amici. Lui è fantastico, ma non è il mio tipo.» Fa spallucce «Se lo dici tu.» Continuiamo a camminare e parlare tralasciando il discorso Andrew. So che andare alla UCLA sembra fatto per stare con lui, ma non è così. Andare a studiare lì è sempre stato il mio sogno e ora voglio allontanarmi da mia madre, da Washington in generale. Andrew sarà solo una persona che mi accompagnerà in questo percorso. «Mi sta aiutando a studiare per l'esame.» Sbuffa una risata leggera a cui non do troppo peso. Io so che non c'è nulla. È questo che importa, giusto? Riporto Georgia in camera quando mi rendo conto che potrebbe ammalarsi per il freddo e la copro per bene. «Ora devo andare. Vengo domani ok?» annuisce e le lascio un bacio sulla fronte. La signora White entra nella stanza salutandomi con un abbraccio. Io esco ma, prima di andarmene, lancio un'ultima occhiata alle due. Kathrine è seduta dietro Georgia con una spazzola per capelli in mano e pettina la parrucca. So che lo fa perché era una cosa che facevano ogni giorno prima della scoperta del cancro. Si aggrappano alla normalità, come me.

Andrew è seduto sulla panchina all'entrata dell'ospedale con la testa tra le mani. «Cosa è successo?» senza salutarlo mi siedo vicino a lui. Solleva il capo rivolgendomi i suoi occhi scuri. Fa spallucce «Nulla, perché?» so che sta mentendo «Così per sapere... Andiamo?» si alza per primo e mi fa cenno di incamminarci verso la sua macchina. «Com'è andato il pranzo di Natale?» domanda mentre accende il riscaldamento.

«Verità o bugia?»
«Bugia.»
«Benissimo.»
«Verità.»

Sospiro. «Uno schifo. Ho detto che mi diplomerò quest'anno e mia madre non faceva altro che dire cose a caso per sminuirmi davanti a mia nonna. Del tipo che ora ho un ragazzo che mi completa nell'avere qualcuno di caro che ha il cancro.» Ho odiato quello che ha detto. «Mi dispiace» mormoro vedendo il suo sguardo triste. «No è tutto ok. So che non lo pensi.» Poso la mano fredda sulla sua. Ho scordato i guanti da Georgia, li prenderò domani. «Lei è terribile» lo rassicuro. Andrew è una persona meravigliosa. «Almeno tu ce l'hai. Una madre.» Resto sconvolta per ciò che ha detto. «Tu hai una madre. Teresa è tua madre.» Sbatte la mano contro il volante. Per un secondo temo che faremo un incidente, ma non succede nulla. «Lei non è mia madre cazzo!» urla. «Accosta» dico. Lui non mi ascolta e svolta in una strada sterrata. «Accosta» ripeto. Ma nemmeno questa volta lo fa. Sono tentata a tirare il freno a mano, ma mi trattengo. Parcheggia su un prato, davanti ad un lago. Scende dall'auto sbattendo la portiera posteriore e si passa le mani tra i capelli. Io lo seguo. Perché è ciò che mi sono promessa quando l'ho conosciuto, quando l'ho capito. Ho detto che ci sarei stata per lui. Andrew sta piangendo. Piangendo sul serio. Singhiozza forte e lo sento anche se è girato di spalle. «Cosa succede?» questa domanda potrebbe migliorare le cose o potrebbe solo far precipitare tutto.

«Andrew, stai bene?» dopo non aver risposto alla mia prima domanda, si passa le grandi mani sul viso probabilmente per asciugare le lacrime. «Ti sembra che io stia bene?» lo dice con una tranquillità inquietante, come se non importasse davvero come sta. «Non riesco a capire.» Ed è vero. Mi confonde e non poco. «Teresa è tua madre» sentenzio. Lui si volta con gli occhi infuriati e dalla bocca gli esce una risata amara. «Lei non è mia madre» urla di nuovo, come prima in macchina. «Smettila, lei ti vuole bene come se fossi davvero suo figlio di sangue. Ti ha cresciuto.» Non considera nemmeno le mie osservazioni.

«A te non frega nulla di tua madre che si comporta da stronza ma almeno c'è. La mia invece ha deciso di morire cazzo!»
«Pensi che sia lei ad aver scelto di morire?»
«Beh, tanto non c'è nessuno in questo mondo del cazzo che vuole davvero me. Non Andrew Diamond il giocatore di football che va alla UCLA e che è pieni do soldi. Solo Andrew, quello che ha il fratello che sta per morire.»
«Davvero credi che io ti voglia solo per il tuo nome?»

Fa spallucce. «Non è così? Tu hai bisogno di qualcuno che ti capisca perché da sola non ci riesci. Eccomi qui. Quello che ti consola quando stai male e che ti aiuta a studiare perché ti vuole con sé alla UCLA. Ma cosa succederà? Un cazzo, perché capirai che sono pieno di complessi e scapperai. Mio padre mi ha spedito a Los Angeles perché non ce la faceva più.» Provo ad avvicinarmi ma lui fa un passo indietro. La neve scricchiola sotto le sue scarpe. Fa freddo, ma noi sembriamo non sentire nulla. «La tua amica sta bene, ma devi fare quella che soffre. Non sei l'unica a stare male.» Trattengo il fiato. Fa più male di quello che dovrebbe. «Lo pensi sul serio?» probabilmente nemmeno mi sente perché sussurro questa frase. «Lo pensi sul serio?» ripeto a voce alta. «Si.» Annuisco. Stringo le labbra e mi volto iniziando a camminare. «Vattene a fanculo Andrew.» Ma lui ride divertito. Qualcosa atterra vicino a me. Mi ha lanciato qualcosa. Lo raccolgo e noto che è l'anello con la pietra nera di sua madre.

«Teresa non è mia madre, smettila di pensare di sapere ogni cosa. Oggi lei stava morendo e io ero a giocare con il pupazzetto nella mia culla.»
«Eri un bambino!»

Era solo un bambino che si godeva il Natale. A passo svelto mi dirigo verso di lui e gli metto l'anello in mano.

«Solo perché mia madre è viva non significa che vada bene.»
«La tua amica sta bene. Nicolas è praticamente morto.»

Scuoto la testa. Non posso. «Non ho bisogno di persone come te nella mai vita. Mi fai pesare il fatto che io stia male e capisco il tuo dolore. Ma non sei l'unica a soffrire. Chiamami quando te ne renderai conto.»

Le sue parole fanno male. Gli faccio pesare il suo dolore. Questa volta me ne vado. Me ne vado sul serio e mi lascio alle spalle l'unico conforto che avevo trovato in questo momento terribile. Ma va bene così. In realtà andrebbe bene se non facesse così tanto male. E il dolore al petto non mi fa sentire il freddo che mi sta penetrando nelle ossa. Appena torno a casa supero il salotto dove sono i miei genitori e mia nonna e mi chiudo nella mia stanza. Mi infilo sotto le coperte e, anche se non vorrei, qualche lacrima cade sul mio viso. E non so per cosa, se per Andrew o se per tutto. Però mi ritrovo con il telefono tra le mani a fissare la foto che gli avevo fatto quel giorno al negozio di parrucche con la testa arcobaleno con la frangetta e un taglio che arrivava sotto le spalle. Quel sorriso che non vedrò più. I momenti in cui ero riuscita a scordare quasi tutto grazie a lui sono finiti e non torneranno mai. Fisso lo schermo fin quando il telefono non si scarica verso mezzanotte e si spegne. Nessuno è venuto a cercarmi per cena ed è ok. Non c'è nessuno con me e per me.

Spazio autrice
Ciao a tutti, come va? Io sono davvero stanchissima ma dovevo pubblicare. Mi piange il cuore Skyler e Andrew hanno litigato, secondo voi chi ha ragione? Chiariranno? Lo vedremo. Per ora vi lascio perché non riesco a tenere gli occhi aperti (sono le tre del pomeriggio lol) e ci vediamo venerdì! Ah non scordatevi di lasciare una stellina se il capitolo vi è piaciuto e darmi un parere nei commenti. Ciao ciao.

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