Capitolo 36

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«Quella collana è la mia, sono stata io a provocare l'incidente».

Sbarro gli occhi, questo è un incubo!

Trovo il coraggio di prendere la parola.

«E perché non ti sei denunciata?»

Chiedo.

Fa una risata nervosa prima di rispondere.

«Ero appena scappata da una festa dopo aver visto il mio fidanzato a letto con la mia migliore amica.

Ero ubriaca marcia, piangevo, non capivo nulla. Sono tornata sul luogo dell'incidente dopo qualche giorno fingendo di essere una semplice passante curiosa».

Le sue parole sono come delle lame dritte al cuore, lasciandomi senza fiato di fronte alla rivelazione sconvolgente.

Respiro e inspiro, la mia mente è piena di pensieri da dire.

«E cosa vuoi da me?»

Domando, guardandola dritto negli occhi. L'avevo sempre stimata, lei che sembrava essere dolce nei miei confronti.

«Tu allora sapevi chi ero sin da subito?»

Chiedo, con una nota di sospetto nella voce.

«No, sospettavo che fosti quella bambina, ma solo quando ho visto il ciondolo la prima volta ho iniziato a sentirmi colpevole. Per favore, non denunciarmi. Ho una figlia da crescere, ha solo i nonni, suo padre mi ha lasciata...»

Implora, con un'espressione disperata.

Scoppio a ridere amaramente.

«Mi stai chiedendo di tacere? Per anni ho incolpato il padre di Bradley! Mi sono sempre chiesta se il ricordo l'avessi rimosso io o se qualcun altro mi avesse manipolata. E ora che so la verità dovrei tacere? Scordatelo!»

Quando riprendo conoscenza, il sangue scorre dalla mia tempia, provocando un dolore intenso.

Provo ad alzarmi senza successo, ma riesco a tirare fuori il telefonino dalla tasca dei jeans e chiamo Bradley.

Squilla, una volta, due volte, finché finalmente risponde.

Poi di nuovo buio totale.

Riaprendo gli occhi, mi rendo conto di non trovarmi nella mia stanza, ma in un letto d'ospedale.

Bradley è seduto su un poltrona accanto a me, con la testa appoggiata sul mio ventre, gli accarezzo i capelli.

Alzo lo sguardo e abbozza un sorriso.

«Come stai?»

Domanda con gentilezza.

«Papà? Kate?»

«Sono fuori, vuoi che li chiamo?»

Annuisco.

Appena anche loro entrano nella stanza, li guardo entrambi mentre con la mano stringo quella di Bradle.

«È stata Jessica a provocare l'incidente, vi chiedo scusa se non vi abbiamo coinvolto».

Confesso cercando di trovare le parole giuste per spiegare la situazione.

Racconto loro ciò che mi ha detto Jessica, cercando di essere il più chiara possibile.

Qualche settimana dopo, tutti i notiziari britannici e i giornali parlano dell'arresto di Jessica e dell'incidente, portando finalmente alla luce la verità. La storia riportata sottolinea delle scelte responsabili e delle guide sicure, lanciando un forte messaggio sulla pericolosità di bere e mettersi al volante.

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