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"A volte nell'assurdo c'è molto senso, a volerlo cercare."

Sto pulendo una delicata cristalliera, anche se non ce ne era bisogno, era già splendida e brillante. Ma infondo sono qui per questo, e, se ho imparato una cosa, è mai disobbedire a Ingrid. Pare che lei sia quella a più contatto con la Regina, quindi non ci metterebbe niente a parlarle del mio comportamento sconsiderato. La cristalliera si trova in una stanza appartata, alle mie spalle c'è un lungo divano nero, una tv più piccola rispetto a quella del salone principale, e un orologio a pendolo enorme, che ticchetta ad ogni secondo. È snervante stare attenta a non far cadere nulla quando di sottofondo c'è un continuo rumore che ti ricorda quanto tempo stai impiegando.

Tic tac. Tic tac. Tic tac.

Ora reggo in mano un bicchiere lungo e trasparente, con la base rotonda il corpo fino e la bocca un po' più piccola della base.

Tic tac. Tic tac. Tic tac.

Sono concentrata sul mio lavoro, ma non nego che vorrei buttare tutto a terra solo per sentire per un attimo un suono diverso.

Tic tac. Tic tac. Tic tac.

Ai vampiri cosa può interessare il tempo? Tanto vivono in eterno, a che serve sapere che ore sono?

Tic tac. Tic tac. Tic tac.

Non ne posso più di questo rumore, mi distraggo un attimo e il bicchiere mi scivola dalle mani. Cerco di prenderlo al volo ma i miei movimenti sono goffi e poco reattivi. Trattengo il respiro, chiudo gli occhi e aspetto che questo si infranga a terra, sparpagliandosi in mille frammenti. Ma dopo qualche secondo mi rendo conto che il rumore non è arrivato alle mie orecchie, quindi li riapro e sussulto per lo spavento. Il principe mi guarda divertito e mi porge il bicchiere, perfettamente intatto, con solo qualche ditata di troppo.

<<Principe...>> sussurro facendo un piccolo inchino. <<Non vi ho sentito entrare.>>

<<Lo so.>>

Inclina verso l'alto un angolo della bocca e mi tengo stretta con le mani al mobile dietro di me. È troppo vicino. Non credo che riuscirei a sopravvivere ad un secondo morso nel giro di così poche ore.

Afferro il bicchiere e mi volto, rimettendolo al suo posto. <<Perché siete qui?>>

<<Un semplice grazie sarebbe gradito, sai?>> dice alle mie spalle.

Faccio bene attenzione a coprire la benda bianca con i capelli che scendono dalla coda alta.

<<Grazie, principe.>> mi sforzo di dire.

<<Sono qui per la domanda. Ma sono io a fartene una, e non puoi non rispondermi.>>

Respiro a fatica e mi mordo le labbra. E se scoprisse che Victoria mi ha salvata?

<<Ditemi.>>

<<Voltati.>> ordina.

Prendo un lungo respiro e mi volto. Non si è mosso, è nello stesso punto in cui l'ho lasciato, ad un palmo da me. Porta dei pantaloni neri e una maglia a mezze maniche fin troppo stretta, niente è nascosto del suo fisico, e mi trasmette ansia il fatto che il suo petto non si muove.

<<Ditemi.>> ripeto cercando di concentrarmi solo sulla sua domanda. Solo sul dettaglio del suo viso che meno mi fa pensare alla sua bellezza: la cicatrice.

Il ciuffo nero gli cade sugli occhi e con una mano lo riporta a posto. <<Che hai sul collo?>>

Le gambe mi si congelano e mi mordo le labbra alla ricerca di una buona scusa. <<Niente, piccola allergia.>>

<<Sicura?>> ribatte. Il suo tono non è tranquillo, i suoi occhi sono stretti e concentrati sulla mia risposta.

Ha capito... ne sono sicura.

<<Si, credo di essere allergica a qualche pianta del vostro giardino. Oggi ci sono stata per vedere cosa avrei dovuto fare per migliorarlo.>> mento.

<<So che non è vero, fiorellino. L'odore del tuo sangue è più forte del solito quando menti. Che è successo?>>

<<Ve l'ho detto...>> provo a ribattere, ma noto in lui un notevole cambiamento. I suoi occhi sono rossi ora. <<Vi prego non fatemi del male...>> sussurro portando le mani sul viso.

Lui afferra il mio polso e sembra esaminarlo. <<E questo? Scommetto che sei caduta.>> ringhia strattonandolo.

Non mi ero resa conto di avere un grosso livido poco più sotto dell'inizio della mano, era il male meno doloroso tra tutti. Faccio ritroso con la mente e capisco che a farmelo è stata Daiana, quando mi ha buttata sul letto; il polso ha incontrato lo spigolo del comodino e mi ha procurato questo livido.

<<Sono inciampata e....>> bisbiglio con lo sguardo basso.

<<Cazzate.>> ringhia interrompendomi. <<Dici solo cazzate!>>

Mi prende da quel polso e mi butta sul pavimento freddo. Cado battendo con violenza la testa sul pendolo.

<<Ti decidi a dirmi la verità?!>> urla a due passi da me.

<<Ve l'ho detta! Sono inciampata!>>

Trattengo le lacrime e stringo i denti. Non. Devo. Piangere.

<<Ti devo forse ricordare le regole del patto? Devi obbidirmi, fare qualunque cosa io voglia.>>

Me lo ritrovo a due centimetri dal viso e mi prende per un braccio, lo stringe forte e ansimo per il dolore.

<<Allora?>> bisbiglia.

Le sue iridi sono ancora rosse e mi fissano intensamente.

Non hai paura Zoe, tu non hai paura. Perché devo pagare per una cosa che non ho fatto? Non è stata colpa mia se Daiana mi ha morsa, e se lo dico non credo di peggiorare la mia situazione... e se fosse così? Se il principe andrà da lei, e poi lei verrà da me a finire ciò che ha lasciato a metà?

<<D-Daiana...>> balbetto con lo sguardo basso.

<<Che significa?>> insiste.

<<Vostra sorella mi ha morsa ieri sera, qualche momento dopo che voi siete usciti dalla mia stanza. È entrata, mi ha strattonata e poi mi ha morsa, e non so nemmeno io perché non mi abbia uccisa.>> confesso sempre con lo sguardo basso.

Lui stringe gli occhi, sta cercando una spiegazione plausibile.

<<Perché non volevi dirmelo?>> afferma con un tono più calmo.

Non rispondo e distolgo lo sguardo. Ho paura che possa scoprire che nascondo altro.

<<Nascondi altro...>> sussurra più a sé stesso che a me, poi rimane ad osservare la mia reazione.

Non mi muovo e non lo guardo.

Sentendo la mia risposta mancata si arrabbia e mi solleva di peso, poi con un solo movimento rapido mi butta dall'altra parte della stanza. Il dolore alla testa è lancinante, e ora anche le gambe reclamano un po' di pace. Credo di essermi guadagnata molti lividi, ovunque. Il principe rimane immobile a pochi metri da me, mi fissa con i pugni chiusi e i muscoli contratti.

<<Sai, da piccolo ho imparato una filastrocca. Si chiama non dir mai una bugia. Vuoi sentirla?>>

Continuo a mordermi le labbra, e ora sto stringendo così forte che il sangue ha iniziato a colare giù da lì.

<<Dimmi un poco, dimmi un poco, mamma mia!
Come è fatta, una bugia?
Non si vede e non si tocca ed esce sempre dalla bocca.
Vuoi saper una cosa brutta brutta e vergognosa?>>

Avanza lentamente, strofa dopo strofa. Lo sguardo fisso su di me, poi sulle gambe, i canini bianchi ben in vista e il fuoco negli occhi.

<<Non ho paura di te!>> urlo, ma indietreggio sempre di più, con le poche forze rimaste.

<<Non ha carne e non ha ossa
E per quanto dir si possa
Per tradir la verità mai nasconder si potrà.>>

Giungo con la schiena contro la parete, mi guardo intorno alla ricerca di qualcosa da usare per difendermi, ma niente è più forte di un vampiro affamato. Ormai è a meno di due metri dal mio corpo, e per la prima volta sento qualcosa di diverso farsi spazio nel mio cuore, nelle mie ossa. Paura.

Non è come quando dovevo lottare contro Cole per difendere me e Alba. È una paura diversa, una paura che mangia il mio stomaco e manda il sangue alla testa svuotando tutto il resto del corpo. Cole non mi avrebbe mai potuto procurare il dolore che provoca il morso di un vampiro.

<<Ma tranquillo devi stare
Se tu la verità vuoi mostrare.
Ma ancora non hai visto il meglio
Quindi non aver paura e resta sveglio.>>

Mi riserva il migliore dei suoi sorrisi, rabbia fame e desiderio in un semplice gesto. Fremo l'impulso di piangere.

<<Se da un vampiro vuoi scappare
Mai mai mai dovrai farti notare.
Ma se da lui vuoi risposte
Non tenere le verità nascoste.>>

Ogni frase che dice un enorme voragine divora il mio stomaco e le lacrime scendono giù a fiumi.

<<Guardati, fiorellino. Tremi, il tuo sguardo è puro terrore e le lacrime scendono senza controllo. Come fai ancora a dire che non hai paura?>>

Le lacrime calde si mischiano al sangue e il sapore è orribile.
Sto male al pensiero che ha ragione. Non credo di aver mai avuto più paura di adesso.

<<Hai infranto il patto.>> dice poi, accovacciandosi a terra. I suoi occhi tornano azzurri.

<<Non ho infranto il patto.>> singhiozzo.

<<Si, invece.>> sorride appena. <<Mi hai mentito, e non si mente ad un vampiro.>>

Le lacrime ormai scendono senza controllo e ora anche i singhiozzi si sono uniti al ticchettio dell'orologio a pendolo.

Tic tac. Tic tac. Tic tac.

Cosa ne sarà di me? Finirò come Giorgia, mi sarà tagliata la lingua? Mi uccideranno lentamente e poi mi getteranno in una profonda fossa nel loro enorme giardino? E Alba? Farà del male anche a lei? Non riuscirebbe a vivere in questa casa senza di me, e questa consapevolezza mi uccide.

Diego fa correre lo sguardo sul mio corpo, passando dalla vena del collo alle cicatrici sulle gambe, indugiando un po' troppo sul seno. Rabbrividisco. Ho paura di quel che mi vuole fare.

<<Sai, il profumo del sangue umano per noi è come una droga. Ne abbiamo bisogno, lo desideriamo, lo veneriamo. È come per voi l'ossigeno, per sintetizzare. Solo che voi non potete stare più di qualche minuto senza, noi riusciamo a farne a meno anche per tre giorni. È proprio per questo motivo che abbiamo imparato a capire le emozioni mondane solamente odorando il vostro sangue. E il tuo urla di avere paura.>>

Ho paura di non riuscire a vedere per l'ultima volta mia sorella. Ho paura di lasciarla sola. Ho paura di morire proprio ora. Ho paura di morire mentre il mio sguardo si perde in due pozzi chiari come il ghiaccio.

<<Cosa ne farete di me?>> balbetto tra le lacrime.

<<Il patto vale lo stesso, ma io cambierò le regole a mio piacimento. Per iniziare, stasera subito dopo cena dovrai venire in camera mia. Ti spiegherò cosa farai da oggi in poi.>>

Si avvicina a gattoni verso di me, lo sguardo concentrato e gli occhi da predatore. I capelli sono sugli occhi, mi chiedo come faccia a vedere. Porta una mano sulla mia guancia e io la tolgo di scatto, ma mi raggiunge di nuovo e percorre le mie labbra con un dito. Rabbrividisco al suo tocco freddo.

<<Basta piangere e va a medicare le ferite. Ti voglio bella e pulita per questa sera.>>

Si alza velocemente e raggiunge la porta e, prima di varcarla, posa lo sguardo sul mio collo e mi riserva un ghigno. <<Ricorda bene, fiorellino. Tu sei mia.>> ed esce, chiudendo la porta dietro le sue spalle con un tonfo secco.

Resto lì, con lo sguardo sulla porta e le lacrime che solcano le guance mischiandosi al sangue sulle labbra che mi imbratta il vestito.

Ho imparato presto ad avere paura di lui.

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